I Calabroni (Aristofane-Romagnoli)/Prologo

Prologo

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Persone della commedia Parodos
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PROLOGO
In fondo, la casa di Filocleone. a fianco della quale si vede una statua
di Lieo, l’eroe che presiedeva alla vita dei tribunali, circondata da una
siepe. Davanti alla porta, Rosso, seduto in terra, si sta appisolando.
Sull’altana dorme, sdraiato. Schifacleone. Da un angolo del muro sbuca

sosia

Ehi, che fai, Rosso, poveraccio?
ROSSO
scuotendosi.
Monto
la guardia! Cerco d’ammazzare il tempo!

sosia

Hai qualche vecchio conto da saldare
alle tue coste? Sai che bestia è quella
che custodiamo?

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ROSSO
 Altro se lo so!
 Ma voglio appisolarmi un pocolino!

sosia

E tu risica! Giusto anche a me scende
un sonno dolce dolce sulle pàlpebre!
S’appisola anche lui. Sogna c gestisce impetuosamente.
ROSSO
si scuote e guarda il compagno.
Che davvero sei pazzo? o Coribante?

sosia

scuotendosi.
No! Ma Sabazio in me sopore infuse!
ROSSO
Ah, coltivi Sabazio! Io fo lo stesso!
Ed a me pure poco fa le ciglia
un grave sonno persiano invase;
ed ebbi, or ora, un sogno portentoso.

sosia

Ed uno anch’ io, mai visto! Ma racconta
prima il tuo!
ROSSO
Mi parea vedere un’aquila
grande grande volar giù nella piazza,

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e uno scudo di bronzo entro gli artigli
ghermito, al cielo sollevarlo; e poiio gittò via Cleònimo, lo scudo!

sosia

Dunque, nulla ci corre, fra Cleònimo
ed un indovinello!
ROSSO
E come mai?

sosia

« Quale bestia — diranno nei conviti
in terra, in cielo, in mar... gitta lo scudo? »
ROSSO
Ah! Che disgrazia mi succederà,
che ho fatto un sogno tale!

sosia

Sta tranquillo:
niente di grave t’accadrà, perdio!
ROSSO
Uomo che perde... l’arme, è segno brutto!
Ma via, sentiamo il tuo!

sosia

Serio è! Riguarda
la nave dello Stato intera intera!

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ROSSO
Pinsto, comincia dalla chiglia, dunque!

sosia

Mi parve di veder, sul primo sonno,
dei pecori seduti a parlamento,
con bastoni e mantelli, entro la Pnice;
e mi pareva che fra questi pecori
arringasse una foca bettoliera
che urlava come un porco abbrustolito.
ROSSO
Ohibò!

sosia

Che c’è?
ROSSO
Sta zitto, basta, basta!
Puzza di cuoio rancido, il tuo sogno!

sosia

L’empia foca poneva indi in bilancia
grasso di bove.
ROSSO
Ah, poveretto me,
vuol divenire grassator del popolo!

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sosia

E mi parea che a lui vicino, in terra,
sedesse Teoro, e sulle spalle avesse
una testa di corvo. Ed Alcibiade
mi dicea scilinguando: « Gualda, Tèolo
ha la testa di coivo»!
ROSSO
A scilinguare,
l’imbroccava!

sosia

Oh non è brutto presagio
Teoro fatto corvo?
ROSSO
Punto, punto:
eccellente, al contrario!

sosia

E come?
ROSSO
E come?
Da uomo, a colpo, è divenuto corvo:
non è ovvio concludere che presto
se lo dovranno divorare i corvi?

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sosia

E non lo piglio a nolo per due soldi,
un sf sottile interprete di sogni?
ROSSO
agli uditori.
Sll’, che dico il soggetto della favola
agli uditori: e vo’ prima avvisarli
con queste due parole, che da noi
non aspettino un gran che, ma neppure
delle buffonerie prese a Megara!
Qui non ci sono i due servi che gittano
noci agli spettatori, né quell’ Ercole
frodato del suo pranzo; né di scherni
sarà di nuovo ricoperto Euripide;
né se Cleone ha il vento in poppa e sfolgora
si vuol ricucinarlo in salsa d’aglio!
Abbiamo un soggettin tutto buon senso,
di levatura... non più della vostra,
ma concludente più della commedia
da trivio. Abbiam dunque un padrone, quello
che dorme costassù, quel pezzo d omo
su in altana. Costui, serrato il padre
in casa, impose a noi di stargli a guardia,
ché non infili l’uscio. Ché patisce
duna malattia strana, questo padre,
che nessuno potrebbe né conoscere
né indovinar, se non la sa da noi!
Oh volete provare a indovinarla?
Momento di silenzio.

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sosia

indicando uno degli spettatori.
Baratta, il figlio di Vallone, qui,
dadofilo, lo dice!
ROSSO
E non l’imbrocca!
Ma già, perdio, gli affibbia il male proprio!
Però, la coda del malanno, è filo.

sosia

come sopra.
Dice allo Sbircia, Sòsicle, che è
bicchierofilo!
ROSSO
Punto! £ un male, questo,
da brava gente!

sosia

come sopra.
Il figlio dello Scianca
Vittorio, lo direbbe stranierofilo,
oppur sacrificofilo.
ROSSO
Ah Vittorio!
Stranierofilo poi, corpo d’un cane,
no! Perché Stranierofilo l’ha rotto!

sosia

agli uditori.
Cianciate a vuoto: non ci azzeccherete!

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ROSSO
Lo volete sapere? State zitti,
e ve lo dico, il male del padrone.
Tribunalofilo è, come nel mondo
non c’è l’uguale. Ha la mania del giudice,
e se non siede al primo banco, piange!
E la notte non dorme un solo istante,
e se tanto s’appisola, la mente
sua, svolazza d’intorno alla clepsidra,
anche di notte; e poi, per l’abitudine
di tener sempre la pietruzza, balza
dal sonno con le tre dita serrate,
come chi sparge incensi sul braciere
al novilunio. Se mai trova scritto
sopra una porta: Popol bello, figlio
di Buttafuoco, s’avvicina, e accosto
scrive: Urna bella! — Il gallo, che cantava
a vespro, disse che lo risvegliava
tardi, perché gl’ imputati gli avevano
dato lo sbruffo. Dopo cena, strilla
sùbito pei calzari, e giunto li
assai prima dell’alba, se la dorme
appiccicato alla colonna, come
un’ostrica. E siccome bolla tutti,
scorbutico com’ è, col frego lungo,
quando rincasa, pare un calabrone
o un’ape: tanta cera ha sotto l’unghie.
Temendo poi che gli abbiano a mancare
pietruzze, ha messo in casa una petraia

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per aver sempre da votare. Ecco
come vaneggia! E più lo si richiama
alla ragione, e più vuol fare il giudice!
Quest’ uomo, dunque, custodiamo sotto
chiave, perché non esca. Ché suo figlio
manda giù male questa fissazione.
E cercò sulle prime di convincerlo
con le ragioni a buttar via la toga,
c a non uscir di casa: e quello, sodo!
Lo curò, lo purgò: peggio che peggio.
Allora lo condusse a iniziarsi
dai Coribanti; e quello, col tamburo
e tutto, via! piombò sull’Ala nuova,
e li, giudica e giudica! Falliti
questi esorcismi, se lo prese, andò
ad Egina, e lo fece pernottare
nel tempio d’ Esculapio. Era ancor buio,
e l’amico spuntò presso la barra.
Da allora in poi non fu lasciato uscire;
ma lui se la svignava pei doccioni,
per ogni foro che trovasse; e noi
sbarrali tutti, e tappali coi cenci!
Quello a piantare dei piòli al muro,
per saltar fuori, come un graccio; e noi,
tese intorno al cortile tante reti,
a far la ronda. 11 vecchio poi si chiama
Filocleone....
Guarda il pubblico come se alcuno abbia fatte le meraviglie.
Eh si, per Giove! E questo

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figlio, Schifacleone; ed i suoi modi
sono pierfi d’asprezza e di burbanza!
Si ributtano giù a dormire e ronfano.

schifacleone

si desta, si stira, si sporge dall’ altana.
Chi ronfia! Ehi, Rosso! Che ve la dormite?
ROSSO
Povero me!

sosia

Che ce?
ROSSO
Schifacleone
s’è svegliato!

schifacleone

Qui, svelto, uno dei due;
ché il babbo s’è ficcato non so dove
nella cucina, e rode come un topo:
attento, attento al buco dell’acquaio,
che non ci scappi! (-4 Sosia) Tu piàntati all’uscio!

sosia

Ecco fatto, padrone.

schifacleone

Oh re del mare,
chi fa rumore in cima al fumaiuolo?
Guarda in 9u: dal fumaiòlo sbuca la testa di Filocleone.
Coso! Ehi, chi sei?

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filocleone

declamando.
Io? Fumo! E me la fumo!

schifacleone

Tu fumo? E di che legno, poi?

filocleone

Di fico!

schifacleone

Il più acre dei fumi, giurabbacco!
Ma tanto non mi scappi! Ov e il coperchio?
Giù, giù!
Filocleone ricaccia la testa dentro. Schifacleone chiude il fumaiolo
col coperchio, e vi aggiunge una tavola.
Ti metto sopra anche una tavola!
Studiane un’altra, delle gherminelle!
Chi più di me infelice? Ora diranno
che di famiglia siamo tutto fumo!
Si sente urtare e spingere dal di dentro la porta a cui s’è poggiato Sosia.

sosia

L’amico sforza l’uscio!

schifacleone

Spingi a bono,
tien sodo, forza! Adesso vengo anch io!

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Bada bene al chiavaccio ed alla spranga...
e alla stanghetta, che non l’abbia a roderei
 Lascia l’altana, e sparisce nell’interno della casa.

filocleone

dal di dentro.
Che pensate di fare, manigoldi?
Non mi lasciate andare in tribunale,
e Dragonetto la scapolerà?

sosia

L’avresli a noia assai?

filocleone

Se il Dio di Delfo,
quando lo consultai, mi disse ch’ io
sarei spacciato il df che un accusato
fosse prosciolto!

sosia

Apollo mio, che razza
di vaticinio!

filocleone

Via, te ne scongiuro,
lasciami andare, se no scoppio!

sosia

Mai,
pel Dio del mare, mai, Filocleone!

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7 CALABRONI

filocleone

E io coi denti roderò le reti!

sosia

Ma se i denti non li hai!

filocleone

Me sciagurato!
Girne t’ucciderò? Come? (Tragico) Qua un ferro,
o una tabella giudiziaria! Presto!

schifacleone

giunge correndo e ode le ultime parole del padre.
L’amico qui, vuol fare un guaio grosso!

filocleone

riconosciuta la voce del figlio, si calma un po.
Che guaio e guaio! Vo’ vendere questo
ciuco, col basto e tutto: è luna nuova!

schifacleone

Oh che non lo potrei vendere io?

filocleone

Non come me! 9

schifacleone

Perdio, meglio! Conducilo
fuori, codesto ciuco!
Arietofane - Commedie, II ’ I!

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sosia

i Eh, che fintone?
L’ ha trovata la scusa, perché tu
lo lasci andare!

schifacleone

Questa volta tanto,
l’ha fatta corta! Ho inteso, che tirava
a infinocchiarmi. Va’ tu, dentro, e il ciuco
recalo fuori a me. Neppure il naso,
deve metterci, il vecchio, fuor dell’uscio!
Sosia entra, e toma sùbito, trascinando per la capezza l’asino carico
di due gerle, tra le quali si appiatta Filocleone, aggrappato al ventre
della bestia con le mani e coi piedi. L’asino raglia.

sosia

Ciuco, piangi! Perché? Perché venduto
sarai quest’oggi? Allunga il passo! Gemi?
Portassi forse qualche Ulisse?

schifacleone

E porta
qualcuno appeso sotto, affedidio!

sosia

Chi? Fa’ vedere!

schifacleone

Questo!

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sosia

Che robe?
Uomo! Chi sei tu mai?

filocleone

Perdio, Nessuno!

schifacleone

Nessuno tu? Di che paese!

filocleone

D’ Itaca:
di Scapponio figliuol.

schifacleone

Scapponio mio,
avrai da stare poco allegro! — Tiralo
di costi sotto! Pezzo di birbone,
dove s’era ficcato! E mi somiglia
spiccicato, al poledro... d’un cursore!

filocleone

dibattendosi.
O lasciatemi in pace, o si finisce
a bòtte!

schifacleone

A bòtte con noialtri, vuoi
lare? E perché?

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filocleone

’ Per l’ombra del somaro!

schifacleone

Eh, che pezzaccio? Come la sai lunga!

filocleone

Pezzaccio io? Tu non lo sai che ghiotto
boccone sono! Te n’accorgerai
quando dovrai gustare una pancetta
di giudice maturo!

schifacleone

respingendo dentro il padre e l’asino.
In casa, tu
e ciuco!

filocleone

reluttando.
A me! Colleghi miei... Cleone!
È respinto dentro.

schifacleone

Ora che l’uscio è chiuso, strilla pure!
A Sosia.
Ammucchia, ammucchia sassi sulla soglia,
tu, rinfila il cavicchio nella spranga,
metti la sbarra, e rotolaci accanto
pure il mortaio grosso... E svelto un po’!
Schifacleone torna di nuovo sull’altana. Intanto Filocleone tenia di
fare un buco sul tetto, e una tegola cade addosso a Sosia.

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sosia

Povero me! Di dove me cascato
questo tegolo addosso?

schifacleone

Qualche topo
l’avrà fatto cadere di lassù.

sosia

guarda in su.
Che topo! È questa vipera di giudice,
giurabbacco, che sguscia fra le tegole!

schifacleone

Ahimè! Quest’uomo mi diventa passero!
Già spicca il volo! Ove la rete, ove?
Indietro, sciò, sciò, sciò!... Vorrei bloccare,
perdio, Scione, e non un padre simile!
Ricacciano dentro Filocleone.

sosia

Andiamo, adesso, poi, che s’è scacciato,
e non c’è via che scappi di nascosto,
facciamo quanto un briciolo di sonno?

schifacleone

Disgraziato! Fra poco arriveranno
i colleghi, a chiamare questa gioia
di babbo!

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sosia

’ Ma che dici? È buio pesto!

schifacleone

Anzi, oggi, perdio, covano il letto!
Lo vengono, di solito, a chiamare
a mezzanotte, a lume di lanterna,
canterellando vecchie canzonette
dolcisidoniofrinicopiacenti,
che gli suonan la sveglia.

sosia

E noi, se occorre,
li cacciamo a sassate!

schifacleone

Ah, disgraziato!
La progenie dei vecchi rassomiglia
ai calabroni, quando uno li stuzzica!
Hanno in fondo al codrizzo un pungiglione
acutissimo, e pungono con quello,
e saltan, strillan, ti schizzano addosso
come faville!

sosia

Non te ne curare!
Dammi dei sassi, e lo disperdo io,
per quanto fitto, il vespaio dei giudici!
Tornano ad appisolarsi. Sosia avanti alla porta,
Schifacleone sull’altana.