Guida di Castiglione dei Pepoli/XX
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XX.
Da Castiglione al M. Gatta
(m. 1159)
Dalla Piazza della Chiesa ci rechiamo al nuovo viale della Fiera, più volte ricordato; si prende l’antica strada toscana fino alle Crocicchie, e di lì ci rechiamo all’Abetaia. Anche da Cà di Legrante, anzi meglio dalla Casina Fedeli, si diparte un sentiero che conduce in breve all’abetaia. Di qui la via al vertice del Gatta è chiaramente indicata: si passa pel piano del Bargello, sempre costeggiando per sud-ovest.
Tra erto e piano era un sentiero sghembo, |
Chi ama il nuovo, ed ha buoni polmoni e garretti eccellenti, può far il sentiero, alto, alto indicato da un benemerito amatore di questi paesi1.È il seguente.
Si sale, per accorciare il cammino per sentieri noti ai tagliatori dei boschi, ai custodi del gregge, molto probabilmente tracciati da essi; sentierucoli sassosi, irti di pietre disgregate degli affioramenti macignosi per le piogge e pei geli.
Traversiamo una magnifica selva di castagni, selva celebre fra quante ve ne hanno nella regione Emiliana. Ad 800 m. circa di altitudine, questa ha termine. Qui incominciava una foresta stupenda di abeti, belli per isveltezza di tronco, per simmetrica ramificazione, persistenza di foglie di una tinta verde-cupa, che ascendevano un giorno fino all’estrema regione dei faggi dai quali è coronato il monte.
Adesso la bellissima abetaia non è più: o meglio bensì poco ce ne rimane; ma vi sono delle giovani piantazioni, una delle quali assai sviluppata. La solerzia di alcuni amanti del paese, e lo spettacolo desolante degli sperperi trattati hanno fatto prendere all’avvenire.
L’estremo vertice del Gatta ha l’appellativo di Baducco, (m. 1159) ed ivi, oltre la torricella del Genio Militare, una specie di colonna miliaria, destinata presto a sparire dinanzi ai geli, alle pioggie, all’imperversare delle bufere, fu costruito un piccolo, ma solido edificio, ov’è situato l’«Anemografo. — Si desidererebbe, che ormai, trattandosi d’un osservatorio minuscolo sia pure, costruito per il vantaggio della metereologia, fosse meglio curato; tanto più che desso, per quanto compendioso, dovrebbe occupare uno dei primi posti fra i congeneri d’Italia.
La cima del monte è, addirittura pianeggiante, ed è bello vedere quelle alture coperte di erbe freschissime, frammiste ai bianchi petali delle margherite, alle umili, tremolanti corolle dell’olezzante mammola, ai pallidi globuli del delicato mughetto.
Sull’ampia vetta coperta di faggi dalle foglie multicolori, offerenti riposo ed ombria, quanto è mai bello e piacevole il giungere dopo l’erta faticosa, montana! Quanto è mai grato respirare quelle aure così ricche di ozono! Che magnifico orizzonte, contemplando quelle sconfinate distese di monti e di cielo, quelle convalli così pittoresche.
I monti si succedono ai monti, come giganti disposti in linee svariate. — Ti fa quella vista sovvenire alla mente gli asclepiadei carducciani,
«Sorgono ed in agili file dilungano |
Siamo sul Baducco, vertice ultimo del Gatta (m. 1159) sulle prime ore del mattino, un mattino roseo, tranquillo, quale si gusta solo da chi veglia sui monti. Vedi da qui le alture, le pendici che biondeggiano di mèssi, altrove le vedi coperte di verdi boscaglie, ed in cima un gruppo di nubi che lor fanno cappello. Di qui per una fuga aerea di monti, di valli, l’occhio corre rapidissimo all’Uccelliera (m. 1797), al Cimone (m. 2163), candido di neve sino alla fine di maggio, al Corno alle Scale (m. 1939), ai M. di Granaglione (m. 1229), al M. Pollaio (m. 1194), alla graziosa Venere (m. 975), all’Adone maestoso, al dirupato M. Vigge (m. 1091); ai vicini Scoperta (m. 1285) Poggio di Petto (m. 1121), M. Calvi (1285), Tronale (m. 1168), e poi al m. alla Tosa (m. 1139), alle vette del Perlo (m. 1196) che sormontano Sambuca Pistoiese, Posola, S. Pellegrino del Cassero, Molino del Pallone, alla Calvana, al M. alle Coste, che domina Val di Bisenzio; a Barbadibecco sovrastante la severa Limentra treppiese...,
Lo sguardo si distende fino al M. della Falterona (m. 1619), e rapido disioso trascorre alla Verna, facilmente riconoscibile per la sua forma speciale, dove Francesco parlava al sole, agli augelli, ai fiori2. Si intravedono, nei dì sereni si scorgono, pianure ubertose, e casolari e castelli e villaggi, che si prendon l’aspetto di esseri viventi, parlanti, ragionevoli, pronti a narrarti, chi sa mai quali istorie lontane, lontane, o di tempi che ci son tuttora vicini.
Dovunque ci volgiamo una catena infinita di valli, di poggi, che tra loro s’incontrano, s’intrecciano, gli uni sugli altri s’innalzano.
La Futa, il Formicone, l’Appennino di Muschieto, la massa grandiosa della Falterona, la Consuma, si abbracciano collo sguardo. E bellissimo spettacolo di sè, offre il M. Senario, colla stupenda abetaia ed il celebrato Santuario e monastero, che ebbe inizio nel 1234 da sette gentiluomini fiorentini, stanchi delle lotte mondane, delle discordie civili, desiderosi, assetati della pace di Dio.
Di fronte a noi, a mezzodì, lontano, è M. Morello (m. 954) ondulato. Come appaion belle le vette tondeggianti, dell’Aia, della Cornacchiaia, della Casana! Peccato che per il dissennato malvolere e poi, per l’incuria sia ridotto questo bel gruppo di monti nello stato in cui si trova!3
A nord torreggia il M. della Guardia, ove si eleva il tempio sacro alla Vergine, che la pia leggenda vuole effigiata dal pennello di S. Luca.
Quante memorie da questa altura, se spingiamo lo sguardo sui monti, sui piani, sui clivi della fatal penisola si affacciano alla mente!
Per chi non voglia vestigia retexere, ritornare sui propri passi, havvi un altro sentiero, che, non molto comodo, ma più breve, riconduce, siccome il primo che è più agevole, alla Chiesa parrocchiale.
I più forti camminatori posson prendere il sentiero, che volgendo, obliquamente a sud-est, mena a Rasoro: ciò allunga di non poco la gita, ma la rende più svariata. Costeggia M. Lisi e M. Bagucci.
Da Castiglione alla cima del Baducco, per la via, prima assegnata, ossia per la mulattiera all’abetaia, andata soltanto, circa un’ora e mezzo.
Per salire all’Osservatorio, dai paese, si può prendere anche la via, che conduce alle Cascine: al punto detto «Romitorio del Fabron»4 si devia, salendo, a sinistra. Da qui, per un sentiero aspro e dirupato, possiamo giungere alla Citerna, all’antichissimo castello dei Conti Alberti, al Castellaccio, del quale si vedono pochi ruderi sparsi, ed all’«Ara di Castro», della quale anche ora appariscono delineate le dimensioni da mura solidissime, resistenti tuttavia ai secoli ed all’opera devastatrice dell’uomo.
Costeggiando il Gatta a Nord-Ovest, si perviene alla sommità del Baducco, passando per la borgata omonima, ove abitano un 14 famiglie, ben remote da ogni consorzio, e che vivono patriarcalmente delle loro fatiche.
Da questa borgatella all’Osservatorio si possono impiegare un 25 minuti circa: in tutto la sola andata da Castiglione potrà compiersi in un’ora circa.
Al ritorno può farsi la medesima strada, ovvero, possiamo girando il monte a sud-est, traversando una selva di faggi, un dì bellissima, recarci al piano così detto delle Forche, al di sopra della «Fonte del Baia» non lontano dal «Piano del Bigallo» — nomi caratteristici d’antiche attribuzioni di luoghi — e di qui per un sentiero lungo il «Rio dei Gradon» (scalèe immani, scogliose, a sinistra) che immette in quello della Chiesa Vecchia, possiamo ritornare a Castiglione, su per giù, al medesimo punto; al Viale della Fiera.
Dopo asceso per la prima volta sul Gatta scrissi i seguenti versi, che riporto, non come opera d’arte, ma come cara memoria.
Sul Baducco
ODE
Del Baducco dal pinnacolo L’occhio ansioso intorno giro
|
Il 16 Ottobre 1900 compiei la gita all’Osservatorio, col signor Alberto Pasquini ed il signor Leo Ruggieri, che m’incitò caldamente a scriver qualcosa su Castiglione.
Nel fior degli anni, mentre più gli arrideva la vita, per malattia fulminante, ai 7 Aprile del 1901 Leo Ruggeri fu rapito all’affetto della sposa amatissima, signora Rosa Nucci, del figlio unico pargoletto, Leopoldo, degli amici, del paese, che in lui perdevano un’anima buona, generosa, aperta ad ogni nobile affetto. Aveva appena 27 anni.
Note
- ↑ Giannitrapani.
- ↑
Nel duro sasso fra ’l Tevere e l’Arno
Da Cristo prese l’ultimo sigillo,
Che le sue membra due anni portarno.
Dante, Paradiso. Canto XI. V. 106 ec, - ↑
Una montagna v’è, che già fu lieta
D’acqua e di fronde.....
Ora è deserta come cosa vieta.
Dante, Inferno XIV. - ↑ Vernacolo-equivalente a fabbrone.