XX — Da Castiglione al Monte Gatta

../XIX ../XXI IncludiIntestazione 5 gennaio 2021 75% Da definire

XIX XXI

[p. 117 modifica]

XX.

Da Castiglione al M. Gatta

(m. 1159)

Dalla Piazza della Chiesa ci rechiamo al nuovo viale della Fiera, più volte ricordato; si prende l’antica strada toscana fino alle Crocicchie, e di lì ci rechiamo all’Abetaia. Anche da Cà di Legrante, anzi meglio dalla Casina Fedeli, si diparte un sentiero che conduce in breve all’abetaia. Di qui la via al vertice del Gatta è chiaramente indicata: si passa pel piano del Bargello, sempre costeggiando per sud-ovest.

     Tra erto e piano era un sentiero sghembo,
Che ne condusse al fianco della lacca,
Là dove più che a mezzo muore il lembo.

Chi ama il nuovo, ed ha buoni polmoni e garretti eccellenti, può far il sentiero, alto, alto indicato da un benemerito amatore di questi paesi1.È il seguente.

Si sale, per accorciare il cammino per sentieri noti ai tagliatori dei boschi, ai custodi del gregge, molto probabilmente tracciati da essi; sentierucoli sassosi, [p. 118 modifica]irti di pietre disgregate degli affioramenti macignosi per le piogge e pei geli.

Traversiamo una magnifica selva di castagni, selva celebre fra quante ve ne hanno nella regione Emiliana. Ad 800 m. circa di altitudine, questa ha termine. Qui incominciava una foresta stupenda di abeti, belli per isveltezza di tronco, per simmetrica ramificazione, persistenza di foglie di una tinta verde-cupa, che ascendevano un giorno fino all’estrema regione dei faggi dai quali è coronato il monte.

Adesso la bellissima abetaia non è più: o meglio bensì poco ce ne rimane; ma vi sono delle giovani piantazioni, una delle quali assai sviluppata. La solerzia di alcuni amanti del paese, e lo spettacolo desolante degli sperperi trattati hanno fatto prendere all’avvenire.

L’estremo vertice del Gatta ha l’appellativo di Baducco, (m. 1159) ed ivi, oltre la torricella del Genio Militare, una specie di colonna miliaria, destinata presto a sparire dinanzi ai geli, alle pioggie, all’imperversare delle bufere, fu costruito un piccolo, ma solido edificio, ov’è situato l’«Anemografo. — Si desidererebbe, che ormai, trattandosi d’un osservatorio minuscolo sia pure, costruito per il vantaggio della metereologia, fosse meglio curato; tanto più che desso, per quanto compendioso, dovrebbe occupare uno dei primi posti fra i congeneri d’Italia.

La cima del monte è, addirittura pianeggiante, ed è bello vedere quelle alture coperte di erbe freschissime, frammiste ai bianchi petali delle margherite, alle umili, [p. 119 modifica]tremolanti corolle dell’olezzante mammola, ai pallidi globuli del delicato mughetto.

Sull’ampia vetta coperta di faggi dalle foglie multicolori, offerenti riposo ed ombria, quanto è mai bello e piacevole il giungere dopo l’erta faticosa, montana! Quanto è mai grato respirare quelle aure così ricche di ozono! Che magnifico orizzonte, contemplando quelle sconfinate distese di monti e di cielo, quelle convalli così pittoresche.

I monti si succedono ai monti, come giganti disposti in linee svariate. — Ti fa quella vista sovvenire alla mente gli asclepiadei carducciani,

«Sorgono ed in agili file dilungano
«Gl’immani ed ardui steli marmorei,
«E nella tenebra sacra somigliano
«Di giganti un esercito».

Siamo sul Baducco, vertice ultimo del Gatta (m. 1159) sulle prime ore del mattino, un mattino roseo, tranquillo, quale si gusta solo da chi veglia sui monti. Vedi da qui le alture, le pendici che biondeggiano di mèssi, altrove le vedi coperte di verdi boscaglie, ed in cima un gruppo di nubi che lor fanno cappello. Di qui per una fuga aerea di monti, di valli, l’occhio corre rapidissimo all’Uccelliera (m. 1797), al Cimone (m. 2163), candido di neve sino alla fine di maggio, al Corno alle Scale (m. 1939), ai M. di Granaglione (m. 1229), al M. Pollaio (m. 1194), alla graziosa Venere (m. 975), all’Adone maestoso, al dirupato M. Vigge (m. 1091); ai vicini Scoperta (m. 1285) [p. 120 modifica]Poggio di Petto (m. 1121), M. Calvi (1285), Tronale (m. 1168), e poi al m. alla Tosa (m. 1139), alle vette del Perlo (m. 1196) che sormontano Sambuca Pistoiese, Posola, S. Pellegrino del Cassero, Molino del Pallone, alla Calvana, al M. alle Coste, che domina Val di Bisenzio; a Barbadibecco sovrastante la severa Limentra treppiese...,

Lo sguardo si distende fino al M. della Falterona (m. 1619), e rapido disioso trascorre alla Verna, facilmente riconoscibile per la sua forma speciale, dove Francesco parlava al sole, agli augelli, ai fiori2. Si intravedono, nei dì sereni si scorgono, pianure ubertose, e casolari e castelli e villaggi, che si prendon l’aspetto di esseri viventi, parlanti, ragionevoli, pronti a narrarti, chi sa mai quali istorie lontane, lontane, o di tempi che ci son tuttora vicini.

Dovunque ci volgiamo una catena infinita di valli, di poggi, che tra loro s’incontrano, s’intrecciano, gli uni sugli altri s’innalzano.

La Futa, il Formicone, l’Appennino di Muschieto, la massa grandiosa della Falterona, la Consuma, si abbracciano collo sguardo. E bellissimo spettacolo di sè, offre il M. Senario, colla stupenda abetaia ed il celebrato Santuario e monastero, che ebbe inizio nel 1234 da sette gentiluomini fiorentini, stanchi delle lotte [p. 121 modifica]mondane, delle discordie civili, desiderosi, assetati della pace di Dio.

Di fronte a noi, a mezzodì, lontano, è M. Morello (m. 954) ondulato. Come appaion belle le vette tondeggianti, dell’Aia, della Cornacchiaia, della Casana! Peccato che per il dissennato malvolere e poi, per l’incuria sia ridotto questo bel gruppo di monti nello stato in cui si trova!3

A nord torreggia il M. della Guardia, ove si eleva il tempio sacro alla Vergine, che la pia leggenda vuole effigiata dal pennello di S. Luca.

Quante memorie da questa altura, se spingiamo lo sguardo sui monti, sui piani, sui clivi della fatal penisola si affacciano alla mente!

Per chi non voglia vestigia retexere, ritornare sui propri passi, havvi un altro sentiero, che, non molto comodo, ma più breve, riconduce, siccome il primo che è più agevole, alla Chiesa parrocchiale.

I più forti camminatori posson prendere il sentiero, che volgendo, obliquamente a sud-est, mena a Rasoro: ciò allunga di non poco la gita, ma la rende più svariata. Costeggia M. Lisi e M. Bagucci.

Da Castiglione alla cima del Baducco, per la via, prima assegnata, ossia per la mulattiera all’abetaia, andata soltanto, circa un’ora e mezzo. [p. 122 modifica]

Per salire all’Osservatorio, dai paese, si può prendere anche la via, che conduce alle Cascine: al punto detto «Romitorio del Fabron»4 si devia, salendo, a sinistra. Da qui, per un sentiero aspro e dirupato, possiamo giungere alla Citerna, all’antichissimo castello dei Conti Alberti, al Castellaccio, del quale si vedono pochi ruderi sparsi, ed all’«Ara di Castro», della quale anche ora appariscono delineate le dimensioni da mura solidissime, resistenti tuttavia ai secoli ed all’opera devastatrice dell’uomo.

Costeggiando il Gatta a Nord-Ovest, si perviene alla sommità del Baducco, passando per la borgata omonima, ove abitano un 14 famiglie, ben remote da ogni consorzio, e che vivono patriarcalmente delle loro fatiche.

Da questa borgatella all’Osservatorio si possono impiegare un 25 minuti circa: in tutto la sola andata da Castiglione potrà compiersi in un’ora circa.

Al ritorno può farsi la medesima strada, ovvero, possiamo girando il monte a sud-est, traversando una selva di faggi, un dì bellissima, recarci al piano così detto delle Forche, al di sopra della «Fonte del Baia» non lontano dal «Piano del Bigallo» — nomi caratteristici d’antiche attribuzioni di luoghi — e di qui per un sentiero lungo il «Rio dei Gradon» (scalèe immani, scogliose, a sinistra) che immette in quello della Chiesa Vecchia, possiamo ritornare a Castiglione, su per giù, al medesimo punto; al Viale della Fiera. [p. 123 modifica]

Dopo asceso per la prima volta sul Gatta scrissi i seguenti versi, che riporto, non come opera d’arte, ma come cara memoria.


Sul Baducco


ODE

Del Baducco dal pinnacolo
     Allo sguardo si stendèa
     L’ineffabile spettacolo
     Della splendida vallèa;
     E di monti un’irta schiera
     Ammiravasi severa:
     Affacciavansi davanti
     E parevano giganti.

Poco sotto, all’ombra, levasi
     Antichissimo castello,
     Castiglione, un giorno, ai Pepoli
     Propugnacolo ed ostello....
     Ancor oggi il bel paese
     È gentile ed è cortese;
     Aria ha fresca, profumata,
     Acqua limpida, gelata.

Dalla vetta travedevansi
     Il lombardo e il tosco piano,
     Le tirrene, e l’onde adriache,
     Che rimugghiano lontano....

[p. 124 modifica]

     L’occhio ansioso intorno giro
     Ed estatico t’ammiro,
     O mio dolce suol natio,
     Caro agli uomini ed a Dio!

Tuoi romiti dossi ingemmano
     Ciclamini e margherite,
     Le convalli si coronano
     Di pendici ampie fiorite;
     Scorron rivoli d’argento,
     Fa stormir le fronde il vento
     E riempion la foresta
     Gli augelletti in lieta festa.

Ma se i monti tuoi ci allettano,
     Se ne piaccion le lor cime,
     Se trasportan le nostre anime
     In un’estasi sublime;
     Più ci allietan perchè, forti
     Essi affrancan le tue sorti;
     Son il nido dei gagliardi,
     Sono i nostri baluardi.

Dalle eccelse vette impervie
     Fulminati gli stranieri,
     Non vedran più di lor patria
     I diletti al cuor sentieri....
     Tardi allor si pentiranno
     Del voluto nostro danno,
     E l’Italica bandiera
     Splenderà più bella e altera.

[p. 125 modifica]


Il plorato delle vedove,
     Degli orbati fanciulletti,
     Il sospiro delle vergini
     Fiaccherai gli ostili petti....
     Temerari le piagge care,
     Che dall’Alpi vanno al mare,
     Ed in pace, non in guerra
     Regnerà la nostra terra.


Il 16 Ottobre 1900 compiei la gita all’Osservatorio, col signor Alberto Pasquini ed il signor Leo Ruggieri, che m’incitò caldamente a scriver qualcosa su Castiglione.

Nel fior degli anni, mentre più gli arrideva la vita, per malattia fulminante, ai 7 Aprile del 1901 Leo Ruggeri fu rapito all’affetto della sposa amatissima, signora Rosa Nucci, del figlio unico pargoletto, Leopoldo, degli amici, del paese, che in lui perdevano un’anima buona, generosa, aperta ad ogni nobile affetto. Aveva appena 27 anni.

Note

  1. Giannitrapani.
  2.      Nel duro sasso fra ’l Tevere e l’Arno
    Da Cristo prese l’ultimo sigillo,
    Che le sue membra due anni portarno.

                        Dante, Paradiso. Canto XI. V. 106 ec,

  3.      Una montagna v’è, che già fu lieta
    D’acqua e di fronde.....
    Ora è deserta come cosa vieta.
                                                 Dante, Inferno XIV.

  4. Vernacolo-equivalente a fabbrone.