Gli sposi promessi/Tomo II/Capitolo VI
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Capitolo VI
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Cap. VI.
Accorse al romore Egidio, che stava alla bada nella stanza vicina, ed incontrò le colpevoli che fuggivano spaventate, come avrebbero fatto, se per caso e a mal loro grado, si fossero trovate 1 presenti ad un misfatto. Egidio le fermò, e chiese premurosamente se la cosa era fatta. «Vedete,» rispose tremando l’omicida. «Ebbene! coraggio» replicò lo scellerato, «ora bisogna fare il resto;» e 2 dava tranquillamente gli ordini all’una e all’altra su le cose da farsi, per togliere ogni vestigio del delitto. Avvezze, come elle erano, ad ubbidire a colui che aveva 3 acquistata una orribile autorità 4 su gli animi loro,5 a colui che faceva loro sempre paura, e dava loro sempre coraggio; 6 e rianimate, e come illuse dall’aria naturale con la quale egli dava quegli ordini, come se si trattasse di una faccenda ordinaria; 7 raccomandando ora la prestezza, ora il silenzio, elle fecero ciò che era loro comandato. «E la Signora, perché non viene ad ajutarci?» disse l'omicida: «tocca a lei quanto a noi, e più.» «Andate a chiamarla,» rispose Egidio: l’omicida che cercava anche un pretesto per allontanarsi, almeno per qualche momento, da quel luogo e da quell’oggetto che le era insopportabile, si avviò alla stanza di Geltrude. Questa si stava nelle angosce di chi sente l’orrore del delitto, e lo vuole. Sedeva, si alzava, andava ad origliare alla porta: 8 intese il colpo, e fuggì ella pure a rannicchiarsi nell'angolo il più lontano della sua stanza, orribilmente agitata tra 9 il terrore del misfatto, e 10 il terrore che non fosse ben consumato. L’omicida entrò, e disse: «abbiamo 11 fatto ciò ch'era inteso: non resta più che di riporre le cose in ordine: 12 venite ad aiutarci.» «No no, per amor del cielo,» rispose Geltrude. 13 «Che c’entra il cielo?» disse l’omicida. « Lasciami, lasciami» continuò Geltrude. «Come!» replicò l’omicida 14 «chi è stata quella...?» «Si è vero» rispose Geltrude; «ma tu sai ch’io sono una povera sciocca nelle faccende; non son buona da nulla; lasciami stare per amor...» 15 Gli atti e 16 il vólto di Geltrude riflettevano in un modo così orribile l’orrore del fatto, che l’omicida non potè sopportare la sua presenza, e tornò in fretta 17 presso a colui, l’aspetto del quale pareva dire: - non è nulla. - 18 «Non vuol venire» diss’ella, con un 19 moto convulso delle labbra, che avrebbe voluto essere un sorriso 20 di scherno: «non vuol venire: è una dappoca.» «Non importa» rispose Egidio; «non farebbe altro che impacciare: ecco tutto è 21 finito senza di lei.» «Resta ancora....» volle cominciare l’omicida, ma non potè continuare. «Ebbene» disse Egidio:22 «questa è mia cura; datemi 23 tosto mano, e poi lasciate fare a me.» Le donne obbedirono: Egidio, carico del terribile peso, ascese per una scaletta al solajo: 24 e l’omicidio uscì per la porta che era stata aperta al sacrilegio. Quando lo scellerato fu nelle sue case, cioè in quella parte disabitata che toccava il monastero, discese per bugigattoli e per andirivieni, 25dei quali egli era pratico, ad una cantina abbandonata, o che non aveva forse mai servito; quivi in una buca, scavata da lui, il giorno antecedente, depose il testimonio del delitto; lo ricoperse, e, pigliati da un mucchio che ivi era, cocci, mattoni e rottami, ve li gettò sopra per ricoprirlo, proponendosi di 26 trasportare poco a poco 27 su quel sito tutto il mucchio, un monte se avesse potuto. Le due donne, rimaste sole, 28 esaminarono in silenzio, se tutto era nello stato di prima; e poi... che avevano a dirsi? L’omicida, ruppe il silenzio, dicendo: «andiamo a cercare la Signora;» l’altra 29 le tenne dietro senza rispondere.
Bussarono sommessamente alla porta di Geltrude, la quale vi stava in agguato, e disse macchinalmente: «chi è?» «Chi potrebb’essere?» rispose l’omicida: «siam noi: apri e vieni, e vedrai che le cose sono tutte come jeri.» Geltrude aprì, e venne con loro nella più orrenda stanza 30 di quell'orrendo quartiere: 31 volse in giro entrando un’occhiata sospettosa, e disse: «che faremo qui?» «Quel che faremmo altrove» rispose l’omicida. «Perché non andiamo nella mia stanza?» replicò Geltrude. «È vero,» disse quella che non aveva mai parlato; 32 «è vero: andiamo nella stanza della Signora.» 33 Ognuna delle tre sciagurate sentiva nella sua agitazione come il bisogno di far qualche cosa, di appigliarsi ad un partito che avesse qualche cosa di opportuno; e nessuna sapeva pensare quello che fosse da farsi: quando una faceva una proposta, le altre vi si arrendevano, come ad una risoluzione. Geltrude si avviò, le altre le tennero dietro, e tutte e tre sedettero nella stanza di Geltrude.
«Accendete un altro lume,» disse questa.
«No, no,» rispose questa volta l’omicida: «ve n’è anche troppo: abbiamo ristoppate le finestre, è vero, ma se qualche educanda vegliasse... »
«Santissima...!» proruppe con un moto involontario di spavento, Geltrude, e non 34 terminò l’esclamazione, spaventata in un altro modo del nome puro e soave, che stava per uscirle dalle labbra.
«E perché dunque,» continuò, rimessa alquanto, «perché avete lasciato il lume nell’altra stanza?»
«Perché...» rispose l’omicida: «non si ha testa da far tutto.» «Andate a prenderlo.»
«Andate, andate... andiamo insieme.»
Le due serventi partirono, Geltrude le seguì fino alla porta, aspettando che tornassero col lume. Lo deposero sur una tavola, lo spensero, e 35 sedettero di nuovo intorno a quello che ardeva da prima. Stavano cosi tacite, guardandosi furtivamente di tratto in tratto: 36 quando gli sguardi si incontravano ognuna abbassava gli occhi, come se temesse un giudice, e avesse ribrezzo d’un colpevole. Ma l’omicida, più agitata, e 37 agitata in un modo diverso dalle altre, cercava ad ogni momento di cominciare un discorso, voleva parlare del fatto e del da farsi come di cosa comune, parlava sempre in plurale, 38 come per tenere afferrate le compagne nella colpa, per essere nulla più che una loro pari. Concertarono finalmente la condotta da tenersi quel primo giorno, perché nei concerti presi antecedentemente non avevano preveduti che 39 i pericoli materiali: non avevano pensato che al modo di 40 commettere il delitto segretamente, e di cancellarne ogni traccia esterna; ma il delitto aveva loro appresa un’altra cosa: che il sangue si sarebbe rivelato nei loro atti, nel loro contegno, nel loro vólto. Stabilirono dunque che Geltrude si direbbe 41 indisposta, che avrebbe un 42 forte dolor di capo, che starebbe chiusa all’oscuro nella sua stanza, e le 43 altre 44 si rimarrebbero 45 ad assisterla. 46 Ma in questo concerto stesso, quante difficoltà, quanti dibattimenti! Il punto più terribile era di decidere a quale delle due serventi sarebbe toccato di avvertire le suore della indisposizione di Geltrude, 47 per evitare che, non vedendola comparire, o la badessa, o qualche suora non venisse nel quartiere a chiederne novella. 48 Ognuna voleva rigettare su l’altra questo incarico. L’omicida aveva una buona ragione per esimersi; 49 ma questa ragione, poteva ella parlarne? 50 Dire: — io sarò più confusa, più tremante, perché... — Cercava ella dunque pretesti come l’altra, ma li sosteneva con più furore. Geltrude indovinò, anzi senti quella ragione, e persuase l'altra ad assumersi l’incarico, dicendole che sarebbe stato facile e spedito 51 annunziare la sua indisposizione dalla finestra ad una delle suore che 52 governavano le educande, 53 pregando nello stesso tempo che non si facesse romore, per non disturbarla.
Egidio intanto eseguiva gli altri concerti che erano stati presi, o per dir meglio, ch'egli aveva proposti; giacché il disegno era tutto suo. Occultata la vittima, egli uscì 54 di notte fitta, accompagnato da alcuni suoi scherani, come soleva non di rado per qualche spedizione. Gli dispose 55 in un luogo distante da quello a cui aveva disegnato di portarsi, e gli lasciò come a guardia, 56 lasciando loro credere che andasse ad una delle sue solite avventure. Quindi per lunghi circuiti, 57 si condusse 58 ad un campo disabitato, col quale confinava l’orto del monastero, e ne era diviso dal muro. Ivi, dopo d’aver ben guardato intorno se nessuno vi fosse, si trasse di sotto il mantello gli stromenti da smurare, che aveva portati nascosti con le armi; e pian piano in una parte del muro già intaccata dal tempo, e ch'egli aveva fissata di giorno, aperse un pertugio, tanto che una persona potesse passarvi. Riprese i suoi ferri, si ravvolse nel mantello, e camminando non senza terrore minacciato com'era da più d’un nemico, raggiunse i suoi scherani; si mostrò ad essi lieto, 59 s’avviò con essi, 60 gittò per via qualche 61 motto misterioso di 62 altre avventure, e 63 tornò alla sua casa.
64 II mattino vegnente una suora mancò, si corse alla sua cella: non v’era; le monache 65 si sparpagliarono a cercarla; ed una che 66 andava per frugare nell’orto, vide da lontano...
— Possibile? un pertugio nel muro. — Chiamò le compagne a tutta voce: si corse al 67 pertugio: «è fuggita; è fuggita.» La badessa venne al romore: lo spavento fu grande; la cosa non poteva nascondersi; la badessa ordinò tosto che il pertugio fosse 68 guardato dall’ortolano, che si mandasse per muratori, onde chiuderlo; e che si spedisse gente per 69 raggiungere la sfuggita. Il lettore sa 70 che pur troppo ogni ricerca doveva 71 riuscire inutile. 72 L’occupazione che questo affare diede a tutte le monache, fece che le tre, che erano la trista cagione di tutto, fossero lasciate in pace, o per meglio dire, 73 sole.
74 È facile supporre che da quel giorno in poi il carattere di Geltrude (giacché di essa sola esige la nostra storia che ci occupiamo) fu sempre più stravolto. Combattuta continuamente tra il rimorso e la perversità, tra il terrore d’essere scoverta, e un certo bisogno di lasciare 75 uno sfogo alle 76 sue tante passioni, e tutte tumultuose, dominata più che mai da colui che ella risguardava come l’origine dei suoi più gravi, più veri e più terribili mali, e nello stesso tempo come il suo solo soccorso, l’infelice era nel suo interno ben più conturbata e confusa che non apparisse nel suo discorso, per quanto poco ordinato egli fosse. Una immagine la assediava perpetuamente, 77 e non è mestieri dire quale. Tentava ella di 78 rappresentarsi alla fantasia la sventurata suora, quale l’aveva veduta, 79 infocata di collera e con la minaccia sul labbro quell’ultimo giorno. Ma l’immagine 80 s’impallidiva sempre nella sua mente, 81 invano ella cercava di 82 raffigurarla con la testa alta, con l’occhio acceso, con una mano sul fianco: la 83 vedeva indebolirsi, non poter reggere, abbandonarsi, cadere; 84 se la sentiva pesare addosso. Per togliere ogni sospetto, e nello stesso tempo per dare un altro corso alle sue idee, procurava ella di 85 toccar materie liete o indifferenti di discorso; 86 ma ora il rimorso, 87 ora la collera contra tutti quelli che le erano stata occasione di 88 cadere in tanto profondo, ora una ora un’altra memoria si gettavano a traverso alle sue idee, le scompaginavano, e 89 lasciavano nelle sue parole un indizio del disordine che regnava nella sua mente. 90
E quella regola nei discorsi, quel contegno nei modi ch’ella non poteva avere naturalmente, e per ispirazione dalla 91 pace dell’animo, 92 non aveva i mezzi per trovarlo nella esperienza e per comandarselo. 93 La sua esperienza non era altro che del chiostro, di quel poco che aveva veduto nel tempo burrascoso passato nella casa paterna, e di ciò che aveva imparato dall’infame suo maestro; le sue 94 idee erano un guazzabuglio composto di questi elementi, ed ella non aveva potuto attingere d’altronde cognizioni per fare almeno una scelta, in questi elementi. Le sue parole e il suo contegno sarebbero state uno scandalo insopportabile in un 95 secolo meno bestiale di quello; ma allora 96 la stranezza universale non lasciava spiccare la sua al punto da farne un oggetto di maraviglia singolare.
Due anni erano già trascorsi da quel giorno funesto [al] tempo in cui la nostra Lucia le fu raccomandata 97 dal padre cappuccino; il quale, 98 come pure ogni altro del monastero e di fuori, 99 conosceva bene la signora per un cervellino, ma era lontano dal 100 sospettare 101 quale in tutto ella fosse.
102 Siamo stati più volte in dubbio se non convenisse stralciare dalla nostra storia queste turpi ed atroci avventure; ma esaminando l’impressione che ce ne era rimasta, leggendola dal 103 manoscritto, abbiamo trovato che era una impressione d’orrore; e ci è sembrato che la cognizione del male quando ne produce l’orrore, sia non solo innocua ma utile.
Abbiamo lasciata, se il lettore, se ne ricorda, Lucia sola nel parlatorio con la signora. Il dialogo fra quelle due cosi dissimili creature continuò a questo modo: 104 «Ora» disse la Signora, «parlate con libertà. Qui non c'è né madre né padre; e ditemi il vero, perché le bugie che mi potreste dire,105 le ravviserei tosto come una antica conoscenza: 106 non 107 temete di nulla: 108 qualunque sia il vostro caso, io vi proteggerò, purché siate sincera con me.» Lucia pose 109 la picciola destra sul cuore, e con quell’accento che toglie ogni dubbio, rispose: «Signora, la verità è quello che ha detto mia madre, e che ha scritto il padre Cristoforo: io non ho mai giurato finora, ma se 110 Ella, reverenda signora111 vuole ch’io giuri in questa occasione, io son pronta a farlo.»
«Non dite più, ché vi credo,» rispose la Signora. Ma contatemi 112dunque tutta questa storia.» 113 E qui cominciò ad affogare Lucia d’inchieste, 114 volendo sapere tutti ì particolari della persecuzione di D. Rodrigo, e delle relazioni di Lucia con Fermo.
Questa curiosità era come ognuno può figurarselo 115 assai molesta alla povera Lucia. All’istinto del pudore, 116 ed 117 alla ripugnanza naturale di 118 parlare di se stessa, 119 su questa materia, si aggiungeva il timore anche di dire qualche cosa 120 di sconvenevole in presenza della reverenda madre. Lucia, che aveva parlato con un uomo, e che gli aveva dato promessa di sposarlo, 121 che aveva tentato un matrimonio clandestino, si riguardava come una donna 122 esperta e più forse che non conveniva, nelle cose del mondo, 123 come una scaltritaccia 124 al paragone di una monaca, velata, rinchiusa, separata dal consorzio degli uomini, e 125 pigliava le inchieste 126 della Signora a un di presso come si fa a quelle talvolta indiscretissime dei ragazzi,127 dalle quali uno si sbriga alla meglio, cercando di non rispondere direttamente e di mandare in pace l’interrogante.
E 128 quanto 129 le domande erano più avanzate, Lucia le attribuiva ancor più ad una pura e santa ignoranza. 130 Rispose dunque sopra Fermo, che quel giovane l’aveva chiesta a sua madre 131 e che essendo a lei 132 dalla madre proposto il partito, ella lo aveva accettato volentieri, e che133 tanto bastava per conchiudere un matrimonio.134 Ma per ciò che risguardava Don Rodrigo, per quanto Lucia135 ponesse cura a schermirsi, le fu pur forza entrare in qualche particolare per 136 ispiegare alla Signora la persecuzione ch’ella aveva sofferta, e 137 contra la quale cercava un ricovero.
«Egli pativa dunque davvero per voi,?» domandò la Signora.
«Io non so di patire,» rispose Lucia, «so bene che avrebbe fatto meglio per l’anima e per il corpo a lasciarmi attendere ai fatti miei, senza curarsi d’una138 tapinella che non si curava niente di lui.»
«Poveretto!» sclamò la Signora, con una certa aria di compassione, nella quale pareva tralucesse quasi un rimprovero a Lucia. .. .
«Poveretto?» riprese questa, «poveretto? Oh Madonna del Carmine! Ella lo compatisce,139 illustrissima!»
«Si, poveretto,» rispose la Signora. Convien dire che voi non abbiate mai avuto chi vi volesse male, giacché 140 sentite tanto 141 orrore per chi vi ha voluto bene. 142 — Birbone, cattivo, tiranno! - Che parolone, figliuola, per una quietina, come parete! E la carità del prossimo?... Se gli aveste provati i tiranni davvero...! Vorrei un po’ che mi ripeteste le ingiurie che vi diceva, per vedere quanta ragione avete di 143 chiamarlo con questi nomi.» _
«Le ingiurie dei signori,» rispose144 Lucia con quella sicurezza che145 non manca mai a chi 146 comincia un discorso147 con una148 persuasione viva ed intima, «le ingiurie dei signori, sono tremende pei poverelli;149 ma se gli era pur destino che quel signore150 dovesse aver qualche cosa a dirmi, sa il cielo, che io sarei ben contenta che m’avesse detto ogni sorta d’ingiurie151 piuttosto che 152 quello che mi è toccato sentire da lui. 153 Io non avrei risposto, le avrei sofferte (è il 154 destino di noi poverelli); e quando egli 155 si fosse 156 stato stanco, l’avrebbe finita; ed ora io non sarei qui lontana dalla mia patria, come una sbandata, a domandare un ricovero per amor di Dio; sarei... pensi, Signora, s’io posso dir bene di lui. Non ch’io gli desideri del male: no grazie a Dio, ma 157 quanto al bene ch’egli mi poteva volere ... Santissima Vergine, che razza di bene! Io non vorrei dir cose 158 da non dirsi in sua presenza, signora madre, e, so ben io quel che dico: ella sa molto di cose alte, di quelle che si trovano sui libri, ma le cose del mondo non è obbligata a conoscerle, e certe cose che potrei contare sarà meglio tacerle.»
«Vi ho detto di parlare con sincerità: dite pur tutto;» rispose la Signora ridendo, e senza quell’imbarazzo che le aveva cagionata una proposizione somigliante nella bocca del padre guardiano.
«Spero dunque di poter parlare con prudenza,» riprese Lucia, «ma di poterle far toccare con mano che cosa 159 poteva essere il bene di quel Signore. Sappia che io non sono stata la prima, a cui per mala sorte egli abbia badato. Eh!... 160 le cose si sanno 161 purtroppo: e d'una poveretta in particolare, io non 162 ho potuto a meno di non saperlo, perché eravamo amiche, e me ne piange il cuore tuttavia. Questa poveretta, (non la nomino) diede retta al bene di quel signore; e sa ella che ne avvenne? Cominciò a disubbidire ai suoi parenti; quando 163 fu ammonita 164 si rivoltò; la casa le venne in odio, non ebbe più amiche, disprezzava tutti, e diceva: — puh villani! — come avrebbe potuto fare una gran dama. Quando i parenti s’avvidero di qualche cosa, sulle prime negò, e poi, rispose in modo da farli tacere per paura. Comparve con un vestito 165 troppo bello per una ricca sposa, e credeva, la poveretta, che tutti avrebbero fatto le maraviglie, e l'avrebbero inchinata: e tutti la sfuggivano; i ragazzi le facevano dietro mille visacci. Un fior di giovane, mi compatisca se parlo male, che voleva ricercarla in matrimonio, non la guardò più; nessuno le parlava, nessuno, voglio dire, della gente come si deve, perché i cattivi 166 se le avvicinavano per la via con una famigliarità come se 167 le fossero sempre stati amici, e fino, a parlare con poca riverenza, i birri la salutavano ridendo, e le gittavano168 parole da non dire. Poveretta! di tratto in tratto pareva più 169 lieta che non fosse mai stata, ma170 le lagrime che 171 spargeva in segreto! e quante volte la vedevamo da lontano piangente, e si nascondeva da noi; e io 172 mi ricordava di quando ell’era 173 allegra come un pesce, di quando ridevamo insieme alla filanda. Basta: la disgraziata non potè più vivere nel suo paese,174 e un bel mattino, fece un fagottello, e 175 fini a girare il mondo.»
«Girare!» interruppe la signora, «non è poi la peggior disgrazia.»
«E tutto questo,» continuò Lucia, «senza parlare dal tetto in su; perché all’altro mondo, Dio sa come andranno le cose. Ma povera la mia Bettina! oh poveretta me, ho detto il nome... spero che Dio le farà la misericordia; perché poi finalmente è stata tradita. Ma per me dico davvero, che se per andare in paradiso bisognasse fare176 la vita di quella povera figlia, la mi parrebbe ancora molto dura.»
«Ma 177 quel signore,» riprese la monaca, «era egli di stucco? non la sapeva far rispettare? 178 lasciava la briglia sul collo a quei tangheri?»
«Fortunata lei,» rispose Lucia, «che non sa come vanno queste cose. Il signore dopo qualche tempo non si curò più di quella meschina;179 e si venne a sapere che un giorno ch’ella si lagnava con lui d’essere disprezzata, egli le rispose: — si provino un po’ a farvi qualche sgarbo in mia presenza, e vedranno. — Tutto quello che la poverina doveva patire fuori della sua presenza, non era niente. 180 Ma tutto questo non bastava a disingannarla: 181 soffriva, ma non sapeva staccarsi da colui. Finalmente bisognò che fossi 182 tormentata io, per farle 183 conoscere il suo stato. Quando costui, 184 sfacciato! ... cominciò a pormi gli occhi addosso, allora...»
«È un vile birbante,» interruppe la signora, «avete ragione: avete fatto bene a voltargli le spalle, e io vi proteggerò.»
«Dio gliene renda merito. Lo diceva ben io che se avesse saputo...»
«Si si, è un birbante: son tutti cosi costoro. Date loro retta sul principio: voi, voi sola siete la loro vita:185 che cosa sono le altre? nulla; voi siete la sola donna di questo mondo, e poi...186 Fortunata voi che potete sbrigarvene. Vi avrebbe voluta vedere amica di Bettina...amica! e sprezzarvi tutte e due; e vi so dire io come vi avrebbe trattate: peggio che da serve. Se aveste fatto il primo passo...»
Lucia teneva gli occhi sbarrati addosso alla signora, come stupefatta ch’ella ne sapesse tanto addentro. Geltrude s’avvide che187 questo suo modo di disapprovare 188 il seduttore non era più conveniente alla sua condizione di quello che fosse stato quel primo compatimento, e che invece di189 togliere il sospetto o almeno lo stupore che quello poteva aver fatto nascere, lo avrebbe accresciuto, e si ripigliò dicendo:
«Del resto, son cose che190 io non posso conoscere; ma già l’avrete inteso anche dai predicatori, che quelli che seducono le povere figliole sono i primi a 191 sprezzarle. E se da principio, io ho mostrato qualche dispiacere per colui, è perché non vi eravate bene espressa: io credeva che alla fine egli avesse intenzione di sposarvi.»
«Sposarmi! sposarlo!» sclamò Lucia,192 maravigliata di questo 193 pensiero, che supponeva l’accordo di due volontà, d’una delle quali ella sentiva, e dell’altra sapeva che ne erano le mille miglia lontane. Geltrude credette che Lucia non194 alludesse ad altro ostacolo che alla differenza delle condizioni.
«E perché no?» rispose, e abbandonandosi alla intemperanza della sua fantasia continuò: «Perché no, sposarvi? Se ne vede tante a questo mondo. Sareste la Signora Donna Lucia: che maraviglia! non sareste la donna più stranamente nominata di questo mondo. Avete sentito come mi chiamava quel buon uomo colla barba bianca che vi ha condotta qui? — Reverenda madre. — Io, vedete, sono la sua reverenda madre. 195 Bel bambino196 davvero ch’io ho.» E a questa idea si pose a ridere sgangheratamente, ma tosto aggrondatasi, e levatasi a passegiare nel parlatorio... «madre!»... » continuò 197 ... « avrei dovuto sentirmelo dire, non da un vecchio calvo e barbato: 198
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Note
- ↑ vicine
- ↑ [prescrisse | prescrisse] diede tranquillamente gli ordini
- ↑ presa
- ↑ sull
- ↑ e del quale avevan terrore, e pigliavano coraggio ad un tempo;
- ↑ e animate e come
- ↑ [elle] raccomandando la celerità, e il silenzio
- ↑ paventando, e volendo il momento [in un] che avrebbe tron (lacuna)
- ↑ lo spavento
- ↑ lo
- ↑ Di qui a ordine sottolineature in lapis, e a margine: «Mutare il sottolineato: perchè? nol so dire, ma vi è in me qualche cosa che lo dice».
- ↑ vieni ed ajutaci
- ↑ lasciami, lasciami - Come!
- ↑ non siete...?
- ↑ del cielo
- ↑ le parole
- ↑ là dove ella
- ↑ Di qui a dappoca segno verticale di lapis, e a margine: «Idem», con richiamo al'osservazione precedente.
- ↑ [verso] movimento
- ↑ : non vuol venire
- ↑ fatt
- ↑ lascia
- ↑ mano
- ↑ ivi era un pertugio
- ↑ ch'egli benissimo conosceva
- ↑ tornare
- ↑ tutto
- ↑ guarda
- ↑ la seguì
- ↑ del
- ↑ girò
- ↑ e dispose le sedie, come se vi fosse un motivo di
- ↑ come se la Signora [proponesse] avesse proposto un partito. Geltrude si avviò e le altre due le tennero dietro.
- ↑ finì
- ↑ si assiser
- ↑ abbassando ognuna gli occhi quando s’incontravano in quelli dell'altra, come
- ↑ in diverso modo
- ↑ [quasi] quasi [volendo] temendo
- ↑ le diffico
- ↑ togliere ogni traccia esterna del delitto,
- ↑ leggermente
- ↑ forte
- ↑ serventi
- ↑ ai suoi
- ↑ ai suoi servigi
- ↑ Intanto
- ↑ perché
- ↑ Nessuna
- ↑ non doveva ella tremare più dell’altra a mostrarsi, a parlare? ma questa ragione poteva ella
- ↑ Sic.
- ↑ parlare della
- ↑ vegliavano
- ↑ raccomandando
- ↑ come soleva talvolta, acco
- ↑ in certo
- ↑ dando loro ad intende
- ↑ si portò
- ↑ non senza terrore, [perché, minacciato com'era | al luogo fissato, | cioè dove] in un campo disabitato dov'era
- ↑ mormorò per via
- ↑ verso casa; mormorò
- ↑ parola
- ↑ contadine
- ↑ si a
- ↑ Il mattino
- ↑ si sparsero
- ↑ entrava
- ↑ luogo
- ↑ turato
- ↑ trovare
- ↑ pur troppo
- ↑ essere
- ↑ Il trambusto
- ↑ sole
- ↑ Da quel giorno in poi Geltrude (lacuna)
- ↑ libero
- ↑ varie
- ↑ ed è faci
- ↑ rappresentarsi
- ↑ [minaccia] minacc
- ↑ le
- ↑ perdeva
- ↑ con
- ↑ sentiva
- ↑ la sentiva pesare
- ↑ rallegrare i discorsi
- ↑ [ma la su | talvolta il | il suo | il rimorso, talvolta] ma talvolta
- ↑ talvolt
- ↑ essere
- ↑ [rendevano] davano [le]
- ↑ Questo disordine traspariva (due parole illeggibili)
- ↑ conco
- ↑ [non | ne | poteva nemmeno trovarne | ella non aveva il mezzo di] non le era nemmeno fugge
- ↑ Sic.
- ↑ idee
- ↑ tempo più
- ↑ la stravaganza
- ↑ affidata. Aveva
- ↑ come al pari
- ↑ sapeva
- ↑ sapere a
- ↑ chi ella fosse in
- ↑ Noi non continueremo (lacuna)
- ↑ Sic.
- ↑ Nella colonna sinistra della pagina 112 v., che si dà anche riprodotta, si hanno col solito carattere, in lapis, queste parole per buona parte quasi sbiadite: « Parere d un uomo di giudizio. Temere di scandalo per l’orrore dell'assassinio è da pazzo, come sei. Inverecondie, idee pericolose, o troppo passionate d'un certo genere: neppur per ombra. Avvalorare il testimonio del Ripamonti e se è breve cita il passo, l’autorità del suesposto manoscritto - forse in una nota. Desidero qualche pennellata di più alla paura che si fa a Geltrude dopo la tresca col Paggio. Del resto: speciali intimi dettagli - not are first, but are very much to Walter Scott; Byron would have imagined God as a mighty soul: thou, mere good actor (?) hast done (?) of a woman of core, of parts only extraordinarily overpowered by ungovenable passions. — Fatela tra' in moneda da l Valentin (ossia: Fattela tradurre dal Valentino). Tra la fine della pagina poi e parte della citazione inglese: «Io preferirei l'ultimo discorso».
- ↑ le fareste
- ↑ e se altri e
- ↑ tem
- ↑ se altri avesse pensato mai che
- ↑ una
- ↑ Lei
- ↑ non
- ↑ invece
- ↑ Che cosa vi [ha de] diceva questo signore?
- ↑ domandando
- ↑ molest
- ↑ tanto più forte a la
- ↑ una
- ↑ parlare
- ↑ in
- ↑ di avanzata
- ↑ si (parola illeggibile) si credeva una
- ↑ troppo
- ↑ pe
- ↑ in
- ↑ [rispingeva] riguarda
- ↑ indiscrete
- ↑ alle quali uno
- ↑ quando
- ↑ Sic.
- ↑ Rispose
- ↑ ; e che
- ↑ il pa
- ↑ questo
- ↑ Quanto a
- ↑ [po] si volesse schermire
- ↑ provare
- ↑ dalla qu
- ↑ poveretta
- ↑ Due parole illeggibili
- ↑ avete
- ↑ tanta paura di
- ↑ Birbone! Cattivo! Tiranno!
- ↑ lamentarvi così
- ↑ tosto
- ↑ è persuasione
- ↑ cominciando
- ↑ [sente di] sente
- ↑ certezza intima
- ↑ ma Dio sa che io non sono molto
- ↑ avesse
- ↑ prima
- ↑ ogni
- ↑ Le d
- ↑ nostro
- ↑ [fosse] sarebb
- ↑ appagato
- ↑ quanto il
- ↑ che non istessero bene in sua
- ↑ era il
- ↑ per quanto io vivessi ritirata,
- ↑ [e fra le] ed u
- ↑ poteva
- ↑ [fu | fu] era
- ↑ si rivoltava,
- ↑ più bello che
- ↑ [s’erano] l'accostavano
- ↑ fosse stata loro amica,
- ↑ motti da non ripetersi
- ↑ allegra
- ↑ per la
- ↑ divorava
- ↑ l'avev
- ↑ più
- ↑ e fu
- ↑ se ne andò
- ↑ quella
- ↑ il
- ↑ la
- ↑ [e quando la seppe] e si venn (lacuna)
- ↑ Alla fine delle fini ne fece quella che non po
- ↑ bisognò che
- ↑ disgraziata io, [per] se la
- ↑ capire
- ↑ cominciò a
- ↑ voi non siete una
- ↑ ; il mondo non avrebbe
- ↑ questa sua collera invece di rimediare
- ↑ D. Rodrigo
- ↑ rimediare a quella impressione
- ↑ si sentono a dire
- ↑ [sprezzarle] conculcar
- ↑ [maravigliata che questa i] la quale non avrebbe saputo dire
- ↑ supposto,
- ↑ vedesse
- ↑ Di quel reverendo padre. In verità
- ↑ in verità
- ↑ avrei [potuto] dovuto esserlo, [in un] non già d'un
- ↑ ma da - A compiere il capitolo, mancano pagine (chissà se tutte?) dei fogli 60 e 61, forse spersi, forse lacerati dall'autore (vedi Prefazione); che in parte le compendiò (e dovettero essere alcune del dialogo, onde la nota in lapis della pagina 112 v. del ms., 253 nostra), e in parte le trascrisse (e furono le narrative, come si può credere): pagine cosi date nella seconda stesura (foglio 122, pagine 246 r. e v.).
Era circa un anno da quell’avvenimento, quando Lucia fu presentata alla signora, ed ebbe con lei quel colloquio, al quale siamo rimasti col racconto. La signora moltiplicava le richieste sulla persecuzione di don Rodrigo, ed entrava in minuti particolari con una intrepidezza, che riuscì e doveva riuscir peggio che nuova a Lucia, la quale non aveva mai pensato che la curiosità delle monache potesse esercitarsi intorno a simili argomenti. I giudizii poi ch'ella frammischiava alle interrogazioni, o che lasciava trasparire, non erano meno portentosi. Pareva quasi che ridesse del gran terrore che Lucia aveva sempre provato di quel signore, e domandava s’egli era deforme da far tanto paura: pareva quasi che avrebbe trovata irragionevole e pazza la colei (sic) ritrosia, sé non avesse avuta la preferenza data a Renzo. E su questo pure si allargava a domande le quali facevano stupire e arrossare Lucia. Avvedendosi poi di essersi troppo lasciata andare con la lingua agli svagamenti del cervello, cercò di correggere e d’interpretare in meglio quelle sue ciarle; ma non si che a Lucia non ne rimanesse una maraviglia disaggradevole, e un confuso spavento. E appena potè trovarsi sola con la madre se ne aperse con lei; ma Agnese, come più sperimentata, sciolse con poche parole tutti quei dubbii, e chiari tutto il mistero «Non te ne far maraviglia» diss’ella: «Quando avrai conosciuto il mondo quanto io, (sic) vedrai che non son cose da farsene maraviglia. I signori chi più, chi meno, chi per un verso chi per un altro, hanno tutti un po’ del matto. Conviene lasciarli dire, principalmente quando s’ha bisogno di loro, far mostra di ascoltarli sul serio, come se dicessero cose giuste. Hai inteso come ella mi ha dato sulla voce, quasi che io avessi detto qualche grosso sproposito? Io non me ne sono stupita niente. E con tutto ciò, sia ringraziato il cielo che pare che ella ti abbia preso a cuore, e voglia proteggerci davvero. Del resto, se camperai, e se t’incontrerà ancora di aver che fare con signori, ne sentirai, ne sentirai, ne sentirai!»
Il desiderio di obbligarsi il padre guardiano, la compiacenza del proteggere, il pensiero del buon concetto che poteva fruttare la protezione spesa cosi piamente, una certa inclinazione per Lucia, ed anche un certo sollievo nel far del bene ad una creatura innocente, nel soccorrere e consolare oppressi, avevano realmente disposta la signora a prendersi a cuore la sorte delle due povere fuggiasche. Per rispetto degli ordini ch’ella diede e della premura ch'ella mostrò, furono esse alloggiate nel quartiere della fattora attiguo al chiostro, e trattate come se fossero addette ai servigi del monastero. La madre e la figlia si rallegravano insieme di aver trovato cosi tosto un asilo sicuro ed onorato. Avrebbero anche avuto caro assai che nessuno venisse a sapere ch’elle si erano quivi riparate; ma la cosa non era facile, in un monastero: tanto più che v’era un uomo troppo impegnato a scoprire questo fatto, e nell’animo di cui, alla passione ed alla picca di prima, s’era aggiunta anche la stizza d'essere stato prevenuto e deluso. E noi, lasciando le donne nel loro ricovero, torneremo a quest’uomo nel suo castellotto.
A questo brano segue nel manoscritto un Fine del tomo primo; ché il secondo autografo del romanzo, come la prima stampa, è noto oramai, furono in tre tomi.