Gli sposi promessi/Tomo II/Capitolo V
Questo testo è stato riletto e controllato. |
Capitolo V
◄ | Tomo II - Capitolo IV | Tomo II - Capitolo VI | ► |
Cap. V.
Il quartiere, dove abitavano le educande e con esse Geltrude e le sue damigelle, era annesso al monastero, ma appartato, e 1 comunicava con esso per mezzo d’un corridojo. 2
Era un cortiletto quadrato, ricinto a terreno da un porticato continuo, sul quale per tutti e quattro i lati girava un basso ed unico piano di abitazione. Il lato 3 appoggiato a quella parte del chiostro ove dimoravano le suore, era un lungo stanzone, che serviva alla scuola ed alla ricreazione delle educande; un altro lato era occupato pure da un lungo stanzone che serviva da dormitorio; il terzo diviso in varie camere era l'appartamento della Signora e delle sue damigelle; il quarto finalmente più stretto degli altri 4 era tenuto da corridoio, 5 che conduceva nell’interno del chiostro, 6 il quale abbracciava il cortiletto da tre 7 lati.
8 L'altro, e appunto quello occupato dall’appartamento di Geltrude, era contiguo ad una casa privata e signorile, o per meglio dire ad una parte rustica e non finita di quella casa. 9 Era dessa 10 elevata al di sopra del quartiere delle educande, 11 ma quello che se ne poteva vedere da 12 quindi pareva piuttosto una catapecchia, un casolaraccio, che una parte di casa civile 13 erano tetti e tettucci diseguali di altezza e di forma; 14 soprapposti l’uno all’altro come a caso. Ma 15 in uno di quei tetti v'era un pertugio, un abbaino, 16 che dava luce ad un solajo, 17 e adito a passare su quei tetti, e dal quale si poteva guardare nel cortiletto delle educande.
18 Era severamente prescritto alle monache dagli ordini ecclesiastici, 19 che dovessero togliere ai vicini ogni vista nel loro chiostro; ma o fosse che, per essere quella parte di casa disabitata, 20 le monache non avessero mai badato a quel pertugio, o fosse che 21 la spesa per liberarsi da quella servitù eccedesse la possibilità del monastero, o che non si potesse venirne a capo senza quistioni il fatto è che da quel pertugio si guardava nel cortiletto delle educande; e un altro fatto assai tristo si è che il padrone di quella casa era 22 un giovane scellerato: e questa parola, applicata ad un uomo di quei tempi 23 ha un senso molto più forte di quello che generalmente vi s’intende nei nostri; perché a quei tempi tante cagioni favorivano la scelleratezza, 24 che in coloro i quali vi si distinguevano, essa giungeva ad un segno del quale 25 grazie a Dio, non 26 si può avere una idea dalla esperienza 27 comune del vivere presente. I mezzi d'impunità erano allora varj ed infiniti; la frequenza dei delitti ne aveva diminuito il ribrezzo e la vergogna: 28 gli animi erano avvezzi ed allevati per dir cosi nel sangue: 29 da questi fatti era nato un pervertimento quasi generale nelle idee, e allo stesso tèmpo la perversità delle idee rendeva quei fatti più comuni e più tollerati. La vendetta, per esempio, era comunemente stimata non solo lecita, ma onorevole; 30 e benché i ministri della religione non 31 l’avessero mai fatta piegare nelle istruzioni pubbliche a questa massima perversa, benché non avessero anzi cessato giammai di 32 inveire contra la vendetta e contra le massime che l’autorizzavano, pure l’opinione quasi generale del mondo sussisteva col favore di 33 una distinzione, che 34 a malgrado della assurdità, o forse a cagione della sua assurdità, non è ancora del tutto caduta in disuso: si diceva che i preti facevano il loro dovere, che dicevano benissimo, che la vendetta secondo la religione era viziosa, ma ch’ella era un dovere secondo le leggi dell’onore: 35 cosi si diceva e non dai più perversi, né dai più stolti. Ora queste leggi dell’onore erano in allora molto draconiane; e domandavano sangue per molti casi; 36 senza che questo onore cosi delicato si stimasse poi offeso, se per necessità, il sangue si fosse dovuto versare a tradimento, o per mano di sicarj. 37 Ne veniva di conseguenza che gli omicidj erano molto frequenti, che uno commesso diveniva causa di un altro, e cosi all'infinito, e che 38 l’orrore del sangue si diminuiva con l’abitudine, anche negli uomini che non erano sanguinarj, e che si era formato come un sentimento universale che una certa misura di animosità, di crudeltà e di delitti fosse una condizione necessaria inevitabile della società; chi avesse detto che quello, 39 era un male temporario, e speciale sarebbe deriso come un ottimista, un utopista, un sognatore metafisico: appena uno si sarebbe degnato di rispondergli: «gli uomini sono sempre stati e saranno sempre così.» 40 Portate le idee comuni a questo punto di 41licenza in molti, e di tolleranza e di rassegnazione 42 in quasi tutti gli altri egli è chiaro che gli uomini i quali avevano una tendenza distinta alla perversità, 43 per giungere al colmo di essa, pigliavano le mosse da un punto ben più avanzato, ben più vicino al termine che non 44 sieno le idee comuni dei nostri giorni; trovavano meno ostacoli e più incitamenti che ai nostri giorni a giungervi, e vi giungevano. 45 L'omicida ai nostri giorni, 46 quand'anche fosse impunito, sarebbe un oggetto di orrore, oggetto forse di più profondo orrore sarebbe chi, senza commettere l'omicidio di propria mano, ne avesse dato l’ordine ed il prezzo; 47 e tali rei, oltre le pene legali, dovrebbero temere di perdere tutte le dolcezze della comune società. Quindi l’uomo, che in qualunque condizione, aspira a goderle, ha 48 pure da questo lato un freno potente. Ma allora v’erano molti casi in cui l’avere l’ucciso, o fatto uccidere, non toglieva alla riputazione d’un uomo: l’omicida volontario era ammesso a giustificarsi e a render ragione dinanzi alla opinione publica: non si trattava che di provare che il caso 49 richiedeva l'omicidio, che il delitto era una azione tollerata, o prescritta dalle leggi della opinione stessa. La speranza di poter fare questa giustificazione, 50 dinanzi ad opinione già tanto perversamente indulgente, e di 51 farla accettare col terrore doveva essere, ed era uno stimolo ai tristi potenti, per correre allegramente la loro via. 52 Bastava quindi un leggero interesse, una picciola passione a spingere anche i meno tristi fra i tristi ad attentati, 53 ai quali ora si risolverebbero a fatica gli uomini i più avvezzi al delitto, 54 benché vi fossero tratti da un interesse molto maggiore, 55 da una passione molto più violenta. Sarebbe un soggetto degno di curiosità, la ricerca delle cagioni per cui quelle idee e quei costumi, dopo 56 aver regnato per troppe 57 età in quasi tutte le nazioni d'Europa, sieno poi stati 58 da migliaja di scrittori, e da milioni di parlanti attribuite poi esclusivamente agli Italiani. Ma noi 59 invece di avviarci in una nuova digressione, ne abbiamo ora una e anzi lunghetta che no, da farci perdonare: torniamo quindi alla [nostra] storia.
Il padrone della casa contigua al 60 quartiere delle educande, era dunque un giovane scellerato: e si chiamava il signor Egidio: perché di cognomi, come abbiam detto, 61 l’autor nostro è molto sparagnatore. Suo padre, uomo 62[dovizioso] bastantemente non aveva avuta altra mira nell’educarlo, che di renderlo somigliante a se stesso: ora egli era un solenne accattabrighe: Egidio non aveva quindi sentito dall’infanzia a 63 parlar d’altro che di soddisfazioni e di fare stare, non aveva veduto quasi altro che schioppi e pugnali 64 e dalle braccia della nutrice era passato in quelle degli scherani. La madre, ch’era di un carattere 65 mansueto e pio, avrebbe potuto forse temperare in parte questa educazione, 66 ma ella era morta lasciando Egidio nella infanzia, dopo una lenta malattia cagionata dai continui spaventi. Il padre fu ucciso 67 dopo una brevissima quistione da un suo emolo, membro di una famiglia emola della sua da generazioni; ed Egidio restò solo e padrone 68 nella giovinezza. La prima sua impresa fu di risarcire l’onore della famiglia, con 69 una schioppettata nelle spalle dell’uccisore di suo padre. Questa impresa però lo pose da quel momento in un continuo pericolo; e per assicurarsi, egli dovette crescere il numero de' suoi bravi, e non camminar mai che in mezzo ad un drappello. 70 Suo padre aveva, non solo nel paese ma altrove, amici assai, e conformi a lui di massime e di condotta: Egidio gli ereditò tutti, e gli coltivò, tanto più che aveva bisogno della loro assistenza. Ma i garbugli e il macello non piacevano a lui, come al padre, per se medesimi: l’educazione lo aveva addestrato a non temerli, e a corrervi anzi ogni volta che un qualche fine ve lo spingesse; ma non erano un fine, un divertimento, un bisogno per lui. La sua passione predominante era l’amorèggiare: a questa si abbandonava con quelle precauzioni però, che esigeva lo stato di guerra in cui egli si trovava, e per questa egli veniva ai garbugli ed al macello, quando non si poteva fare altrimenti.
L’abbaino, che guardava nel cortiletto del chiostro, non era frequentato da nessuno tanto che visse il padre, il quale non si curava di 71spiare i fatti delle educande. Soltanto egli vi aveva condotto una volta Egidio adolescente, per fargli osservare che quello era un dominio sul chiostro, 72 e quivi stendendo la mano sui tetti sotto posti, come Amilcare sull’ara, 73 aveva fatto promettere a quel picciolo Annibale: che mai in nessun tempo egli non avrebbe 74 sofferto che le monache si togliessero quella servitù. 75 Egidio, 76 divenuto padrone, 77 si risovvenne dell’abbaino, e 78 gli parve un dominio assai più importante che suo padre non lo aveva creduto.
Un consorzio di donzellette, le quali non eran tutte 79 bambine, parve a colui uno spettacolo da non trasandarsi quando lo aveva cosi a portata; e la santità del luogo, 80 il riserbo con cui eran tenute, l’innocenza loro, 81 tutto ciò che avrebbe dovuto essere freno, fu incentivo alla sua sfacciata curiosità; la quale non aveva disegni già determinati, ma era pronta a cogliere e a far nascere tutte le occasioni. Si affacciava egli dunque 82 all’abbaino 83 con quella frequenza e con quella libertà, che non bastasse a farlo scoprire da chi non avrebbe voluto. Nelle ore in cui Geltrude non faceva guardia alle educande, 84 e queste ore tornavano sovente, gettò egli gli occhi sopra una delle più adulte, e trovato 85 il terreno dolce, si diede a chiacchierellare con essa; ma pochi giorni trascorsero, che quella, 86 fidanzata dai suoi parenti 87 ad un tale fu tolta dal monastero, e cosi la tresca fini, senza che nessuno l’avesse avvertita. Egidio, animato da quel primo successo, 88 ed allettato più che atterrito dalla empietà del secondo pensiero, ardì di rivolgere e di fermare gli occhi e i disegni sopra 89 la Signora, e si 90 diede ad agguatarla. Un giorno, mentre le educande erano tutte congregate nella stanza del lavoro con le due suore addette ai servigj 91 della Signora, passeggiava essa sola innanzi e indietro nel cortiletto, 92 lontana le mille miglia da ogni sospetto d’insidie, come il pettirosso sbadato saltella di ramo in ramo senza pure immaginarsi che in quella macchia vi sia dei panioni, e nascosto dietro a quella il cacciatore che gli ha disposti. Tutt’ad un tratto sentì ella venire dai tetti come un romore di voce non articolata, la quale voleva farsi e non farsi intendere, e macchinalmente levò 93 la faccia verso quella parte; e, mentre andava cercando con l’occhio 94 per quegli alti e bassi, quasi cercando il punto preciso donde il romore era partito, un secondo romore simile al primo, e che manifestamente le apparve una chiamata misteriosa e cauta, le 95 colpi l’orecchio, e la 96 fece avvertire il punto ch’ella cercava. Guardò ella allora più fissamente per 97 conoscere che fosse; e 98 i cenni che vide non le lasciarono dubbio sulla intenzione di quella chiamata. Bisogna qui render giustizia 99 a quella infelice: qual che fosse fin’allora stata la licenza dei suoi pensieri, il sentimento ch’ella provò in quel punto fu un terrore schietto e forte: chinò tosto lo sguardo, fece un cipiglio severo e sprezzante, e corse come a rifuggirsi sotto 100 quel lato del porticato che toccava la casa del vicino, e dove per conseguenza ella era riparata dall'occhio temerario di quello: 101 quivi, tirando lunghesso il muro, rannicchiata e ristretta come se fosse inseguita, si avviò all’angolo dov’era una scaletta che conduceva alle sue stanze, vi salse, e vi si chiuse, quasi per porsi in sicuro. Posta a sedere tutta ansante, fu assalita da una folla di pensieri: cominciò prima di tutto a ripensare se mai ella avesse data ansa in alcun modo alla arditezza di colui, e, trovatasi innocente, si rallegrò: quindi, detestando ancora sinceramente 102 ciò che aveva veduto, se lo andava raffigurando e rimettendo nella immaginazione, per venire più chiaramente a comprendere come, perché ciò fosse avvenuto. Forse era equivoco? forse l’aveva egli presa in iscambio? Forse aveva voluto accennare qualche cosa d’indifferente? Ma più ella esaminava, più le pareva di non avere errato alla prima; e questo esame, aumentando la sua certezza, 103 la andava 104 famigliarizzando con quella immagine, e diminuiva quel primo orrore e quella prima sorpresa. Cosa strana e trista! il sentimento stesso della sua innocenza le dava una certa sicurtà 105 a tornare su quelle immagini: 106ella compiaceva liberamente ad una curiosità, di cui non conosceva ancora tutta l’estensione, e guardava senza rimorso e senza precauzione una colpa che non era la sua. Finalmente dopo lunga pezza, ella si levò come stanca di tanti pensieri che finivano in uno, e desiderò di trovarsi con le sue educande, con le suore, di non esser sola. Esitò alquanto su la strada che doveva fare: ripassando pel cortiletto, ella avrebbe potuto lanciare un guardo alla sfuggita dietro le spalle su quei tetti, per vedere se colui era tanto ardito da trattenervisi, 107 e cosi saper meglio come regolarsi... ma s’accorse tosto ella stessa che questo era un sofisma della curiosità, o di qualche cosa di peggio, e senza più esitare, 108 s’avviò pel dormitorio alla stanza dove erano le educande: qui, o fosse caso o un resto di quella esitazione, ella si affacciò ad una finestra, che aveva dirimpetto appunto quei tetti: vi guardò, vide il temerario che non si era mosso, partì tosto dalla finestra, la chiuse, e uscì 109 da quella stanza, dicendo in fretta alle educande con voce commossa: «lavorate da brave;» e se ne andò difilato a passeggiare nel giardino del chiostro. L’atto repentino e la commozione della voce non diedero nulla da pensare né alle educande né alle suore, avvezze le une e le altre agli sbalzi frequenti dell’umore della Signora. 110 Ma ella stava peggio nel giardino che già non fosse nelle sue stanze. Le venne un pensiero che avrebbe dovuto avvertire dell’accaduto chi poteva 111 opporsi a tanta temerità. — Ma e se mi fossi ingannata? — Questo dubbio non le veniva che allor quando 112 la manifestazione di ciò che aveva veduto le si presentava alla mente come un dovere. 113 — Prima di parlare — diceva fra sé - voglio esser certa; troverò il modo di farlo con prudenza. E finalmente — concluse fra sé in un accesso di 114 passioni diverse, — finalmente che colpa ci ho io? questo monastero non l’ho piantato io, qui vicino a questa casa. Cosi non foss’egli stato piantato in nessun angolo della terra! Dovevano 115 pensarvi quelle che sono venute a chiudervisi di loro voglia. Vada come sa andare. Io non voglio pensarvi. —
116 Queste parole volevano dire, forse senza che Geltrude stessa lo scorgesse ben chiaro, che d’allora in poi ella non avrebbe pensato ad altro. Il nostro manoscritto, segue qui con lunghi particolari il progresso dei falli di Geltrude; noi 117 saltiamo tutti questi particolari, e diremo soltanto ciò che è necessario a fare intendere in che abisso ella fosse caduta, e a 118 motivare gli orribili eccessi d’un altro genere, ai quali la strascinò 119 la sua caduta. 120 L’assedio dello scellerato Egidio non si rallentò, e Geltrude 121 cominciò a mettersi sovente nella occasione di mostrargli ch’ella disapprovava 122 le sue istanze; quindi passando 123 gradatamente 124 dalle dimostrazioni della disapprovazione a quelle della non curanza, da questa alla tolleranza; finalmente dopo un doloroso combattimento si diede per vinta in cuor suo, e, con quei mezzi che lo scellerato aveva 125 saputi trovare e additarle, lo fece certo della sua infame vittoria. Cessato il combattimento, la sventurata provò per un istante 126 una falsa gioja. Alla noja, alla svogliatezza, 127 al rancore continuo, succedeva tutt’ad un tratto nel suo animo una occupazione forte, gradita, continua, 128 una vita potente si trasfondeva nel vuoto dei suo affetti: 129 Geltrude ne fu come inebbriata; ma era la coppa ristorante che la crudeltà ingegnosa degli antichi porgeva al condannato per invigorirlo a sostenere il martorio. L’avvenire gli apparì come piano e delizioso. Alcuni momenti della giornata spesi a quel modo, e il resto impiegato a pensare a quelli, ad aspettarli, a prepararli gli 130 sembrò una esistenza beata che non lascerebbe né cure, né desiderj; ma le consolazioni della mala coscienza, dice il manoscritto, 131 profittano 132 altrui come al figliuolo di famiglia le somme ch’egli tocca dall’usurajo. L’accecamento di Geltrude e le insidie di Egidio s’avanzavano di pari passo, e giunsero al punto che il muro divisorio non lo fu più che di nome.
133 Già prima di 134 arrivare a questo estremo, nel carattere di Geltrude era accaduto un gran cangiamento: tutte le inclinazioni viziose, che vi erano come addormentate, si risvegliarono più forti e più adulte, e 135 a tutte queste si aggiunse l’ipocrisia. Cominciò ella nei primi momenti a divenire più attènta nell’esteriore, più regolare, più tranquilla; 136 cessò dagli scherni, e dal rammarichio; di modo che le suore si congratulavano a vicenda della mutazione felice. Ma quando 137 all’effetto naturale del fallo si aggiunse la scuola viva e diretta dello scellerato giovane, ognuno può immaginarsi quali diventassero le idee di Geltrude. 138 Tutto ciò che era dovere, pietà, morigeratezza era già da gran tempo associato nella sua mente alla violenza ed alla perfidia, 139 ed aveva 140 un lato odioso e sospetto: i ragionamenti che tendevano a mostrare che tutto ciò era una invenzione dell’astuzia, un’arte per 141 godere a spese altrui, 142 accolti dal 143 cuore e presentati all’intelletto, furono ricevuti in esso come amici savj e sinceri. 144 Vi ha nelle teorie del vizio qualche cosa di più pensato, di più 145 profondo, di più verosimile che non appaja nelle massime del dovere 146 espresse in un modo volgare e talvolta inesatto: di modo che il pervertimento può parere facilmente un progresso di ragioni. Ben è vero 147 che al di là di quelle teorie ve n’ha una più profonda e vera che mostra la loro fallacia: ma questa non 148 è dato trovarla se non ad una meditazione potente, o ad un sentimento retto; ma Geltrude non aveva né l’uno né l’altro di questi ajuti. Ella fu dunque una docile e cieca discepola, e 149 conobbe e ricevé tutte quelle idee generali di perversità, 150 a cui l’ignoranza e la irriflessione di quei tempi permetteva di arrivare.
Ma non andò molto che il maestro ebbe a domandarle, o ad imporle nuovi passi nella carriera ch’ella aveva intrapresa. 151 Geltrude 152 aveva a poco a poco trasandate quelle cure di apparente regolarità che si era prescritte: la licenza 153 a cui si era abbandonata le rendeva più insopportabile ogni contegno; e cosi si rilasciò tanto che negli atti e nei discorsi divenne più libera e più irregolare di prima. Insieme 154 a quelle cure cominciò senza avvedersene a trascurare anche le precauzioni, che aveva da prima messe in opera, per nascondere quello che tanto le importava di nascondere; e le trascurò tanto che ella s’accorse chiaramente un giorno che le due damigelle, che le stavano più vicine, avevano qualche sospetto. Tutta atterrita, ella comunicò la sua scoperta a colui, che era il suo solo consigliere. 155 Questi 156 ne fu pure atterrito, ma a mille miglia meno di Geltrude, 157 per la diversità delle circostanze, 158 e perché tanto era minore il suo pericolo che non quello della donna, 159 e per la diversità dell'animo: perché quello di Egidio era duro e grossolano, e in Geltrude 160 il timore della vergogna era una passione furiosa, come 161 si è veduto dalla sua condotta anteriore. Pensò egli quindi più 162 freddamente al modo di scansare il pericolo, e ne trovò uno che era per lui una nuova occasione di soddisfare alle sue passioni. Per riuscirvi, egli coltivò il terrore di quella poveretta, le fece tanta paura del male, che nessun rimedio le paresse troppo doloroso: e finalmente propose l'infame rimedio, che fu di render partecipi del segreto e di associare alla colpa le due che la sospettavano. Lo scellerato pose in opera tutta la sua astuzia, si valse di tutto il predominio che aveva sull’animo di Geltrude, 163 adoperò tutte le dottrine che le aveva insegnate e ch’ella aveva ricevute. L’albero della scienza aveva maturato un frutto amaro e schifoso, ma Geltrude aveva la passione nell’animo e il serpente al fianco; e lo colse. Con la direzione del serpente, ella trasfuse prudentemente 164 a gradi a gradi nelle menti delle 165 due suore il pervertimento che era necessario, per renderle sue complici, e consumò il proprio avvilimento nella loro colpa. 166 Venuta in questo fondo, la sventurata perdette con ogni dignità ogni ritegno, 167 e, agguerrita contra ogni pudore, si trovò disposta ad agguerrirsi 168 ad ogni attentato: e 169 l’occasione non tardò a presentarsi.
Una delle due suore addette alla Signora, quando cominciò ad avere qualche sospetto, lo confidò ad un’altra suora sua amica, 170 facendosi promettere il segreto: promessa che le fu tenuta, perché la Signora era troppo potente e il segreto troppo pericoloso; e la voglia di 171 ciarlare fu vinta dalla paura.
Non era che un sospetto, e gli indizj eran deboli e potevano anche essere interpretati altrimenti; ma la curiosità della suora fu risvegliata, e non lasciava mai di tempestare quella che le aveva fatta la confidenza, per vederne, come si dice, l’acqua chiara. 172 Quando però la suora che aveva ciarlato divenne complice, si studiò non solo di eludere le inchieste della curiosa, ma di disdirsi, e di 173 credere che il sospetto era 174 ingiurioso e stolto, e ch’ella stessa si era pienamente disingannata. Ciò non ostante la curiosa 175 ritenne sempre quel sospetto, e non lasciava sfuggire occasione di gettare gli occhi nel quartiere delle educande, e di origliare, per venire a qualche certezza.
Accadde un giorno che la Signora venuta a parole con costei la aspreggiò, e la trattò con tali termini di villania, che la suora, dimenticata ogni cautela, si lasciò sfuggire dalla chiostra dei denti: ch’ella sapeva qualche cosa, e che a tempo e luogo l’avrebbe detto a chi si doveva. La Signora non ebbe più pace.
Che orrenda consulta! le tre sciagurate, e il loro infernale consigliero deliberarono sul modo d’imporre silenzio alla suora. Il modo fu 176 pensato e proposto da lui con indifferenza, e acconsentito dalle altre 177 con difficoltà, con resistenza, ma alla fine acconsentito. 178 Geltrude fece più resistenza delle altre, 179 protestò più volte che era pronta a tutto soffrire piuttosto che dar mano ad una tanta scelleratezza; ma finalmente, vinta dalle istanze di Egidio e delle due, e nello stesso tempo dal suo terrore, 180 venne ad una transazione, con la quale 181 ella si sforzò di fingere a se stessa che sarebbe men rea: pattuì ella dunque che non si sarebbe impacciata di nulla, ed avrebbe lasciato fare.
Presi gli orribili concerti, 182 determinato dalle esortazioni di Egidio 183 al sangue l’animo di 184 quella che fu scelta a 185 versarlo, costei si ravvicinò alla suora condannata, e le parlò di nuovo di quegli antichi sospetti, in modo da 186 crescerle la curiosità. E la curiosità era stimolata in essa dal desiderio di vendicarsi della Signora; ma per farlo con sicurezza, aveva essa stessa bisogno di esser sicura. La traditrice, 187 mostrando che non le convenisse di stare più a lungo
assente dalla Signora per darle sospetto, lasciò la suora nel 188 forte della curiosità, e nella speranza di scoprire qualche cosa; e come questa insisteva per trattenerla, le propose di venire la notte 189 al quartiere, dove l’avrebbe potuta nascondere nella sua cella, e dirle il di più, e forse renderla testimonio di qualche cosa. La meschina cadde nel laccio. Venuta la notte ella si trovò nel corridojo, dove la suora omicida 190 le venne incontro chetamente, e la condusse nella sua cella: quivi, 191 preso il pretesto dei servizj della Signora per partirsi, 192 promettendo che tornerebbe tosto, la fece nascondersi tra il letticciuolo e la mura, 193 raccomandandole di non muoversi finch’ella 194 non la chiamasse. Usci quindi a render conto del fatto all’altra suora e allo scellerato, che aspettavano in un’altra stanza; e, pigliato da Egidio l’orribile coraggio 195 che le abbisognava, entrò nella cella 196 armata
d’uno sgabello con la sua compagna. 197 Nella cella non v’era lume, ma quello che ardeva nella stanza vicina vi mandava per la porta aperta una dubbia luce. La scellerata, 198 parlando colla compagna, perché la nascosta non si muovesse, e parlando in modo 199 da farle credere ch’ella cercava di rimandare la sua compagna come importuna, andò prima pianamente verso il luogo dove la infelice stavasi rannicchiata; quindi, giuntale presso le si avventò, e prima 200 che quella potesse né difendersi, né 201 gettare un grido, 202 né quasi avvedersi, con un colpo la lasciò senza vita.
Note
- ↑ che
- ↑ a margine, di mano del Manzoni: « Si dirà chi (sic, forse per qui?) che Geltrude non era più maestra ma che [cancellato il quartiere le era st] continuava ad abitare quel quartiere, per distinzione etc.»
- ↑ [che appoggiato al monastero | che fiancheggiava il resto del monastero,] appoggiato al monastero
- ↑ non era che un
- ↑ per cui da
- ↑ [Questo cingeva il cortiletto] Questo
- ↑ parti,
- ↑ [ma e] Ma appunto quello dov’era l'appartamento di Geltrude era contiguo ad una casa privata (lacuna) contigua all’altro, che era quello occupato dall'appartamento di Geltrude, era una casa privata, e signorile; ma che la quale; | quello occ (lacuna) l'altro, occupato, (lacuna) l'altro; ed era quello (lacuna). Accanto a queste cancellature, a margine, in lapis: «più chiara la descrizione archittetonica. È facile farla indicando prima i tre corritoj, dire quali parti del Monastero v'erano contigue o per dir meglio confinanti all'interno. Per descrivere l’appartamento della Signora come hai fatto ed indicar la coerenza colla parte rustica della casa del sig.r Luganegaro.»
- ↑ ; di modo che qualunque fosse più elevata delle | questa (lacuna) di modo che | guard | guardandolo dal cortiletto e dal lato | lato (lacuna) Questo fabbricato so (lacuna) Era questa più elevata (lacuna)] Sopravvan
- ↑ più
- ↑ Sottolineatura, e a margine, in lapis: «— Educande — fa imbroglio: direi della Signora.» Cancellato nel testo ma a chi guardava dal lato che le era a rimpetto, e dal cortile, non sarebbe paruta mai casa signorile, perché non si c | piuttosto una catapecchia
- ↑ questo sarebbe paruto
- ↑ giacché la parte
- ↑ i quali piovevano sul (lacuna)
- ↑ per
- ↑ [che ser] o come si dice in Lombardia un (parola non abbastanza leggibile: pare arbusello, che s’usa ancora da qualcuno)
- ↑ ed agio
- ↑ [Era prescritto severamente ai monasterj] V’era una prescrizione ecclesiastica che i monasteri fossero [fatti] fabbricati in modo che [nessuno] da nessuna [parte vicina | vicina | casa vicina] abitazione vicina se ne potesse vedere nessuna parte: ma o fosse che le monache | e che se
- ↑ face
- ↑ [nessuno avesse] non si fosse
- ↑ le monache che
- ↑ uno scellerato giovane
- ↑ viene a dire molto più
- ↑ ch’ella | che ne
- ↑ non s
- ↑ si ha [più] quasi più idea cavata da una comune esperienza
- ↑ del vivere presente
- ↑ la generazione che allora viveva era cresciuta
- ↑ da questi fatti era nato un pervertimento quasi generale nelle idee
- ↑ Variante ma comandata in alcuni casi
- ↑ abbiano
- ↑ vituperare e senza
- ↑ quella
- ↑ purtroppo
- ↑ e questo
- ↑ [non] e questo
- ↑ senza rischio
- ↑ il rib
- ↑ [era in qu] in quel grado,
- ↑ quello che non
- ↑ teoria in alc (lacuna)
- ↑ in altri
- ↑ pigliavano
- ↑ si possa fare nei nostri tempi
- ↑ Ai nostri
- ↑ [è un oggetto | quand’anche fosse impunito
- ↑ [e se questi potessero evitare] riuscissero ad evita | le pene legali] e se tali rei riuscissero ad evitare le pene legali, dovrebbero però sempre temere quando fossero scoperti
- ↑ ha un
- ↑ era tale
- ↑ e di sostenerla poi col terrore
- ↑ sostenerla poi col terrore, doveva»
- ↑ A margine, in lapis: «Ti regalerò a tempo e luogo, una bottiglia di Crena se farai un cenno del Marchese Perrone e del suo libro a giustificazione della tua asserzione.»
- ↑ innanzi [ai quali] alla immagine dei | ai nostri giorni si arresterebbero attoniti e dubbiosi anche gli uomini i più perversi
- ↑ per
- ↑ per
- ↑ essere stati comuni
- ↑ [lung] generazioni
- ↑ qua da mille
- ↑ ci accorgiam
- ↑ monastero
- ↑ il nostro autore
- ↑ assai dovizioso
- ↑ Sic.
- ↑ i suoi maestri erano stati sol
- ↑ dolce e l
- ↑ se non
- ↑ in una casa dopo poche parole di risentimento
- ↑ [all’età di ven] all’età di
- ↑ un colpo
- ↑ [e ristringere | pigliare | ristringere] Strinse
- ↑ guardare
- ↑ e per fargli prometter e quivi
- ↑ fece
- ↑ permesso
- ↑ morto il padre
- ↑ rimasto
- ↑ fu tratto all'abbaino
- ↑ come [vi soleva sovente] vi si affacciava sovente, parte per ozio, parte per curiosità, e sperando di
- ↑ Variante bimbe
- ↑ dov’eran tenute,
- ↑ e la sicurtà senza sospetto con cui dovevan vivere credendosi lontane (lacuna) e la modest
- ↑ sovente
- ↑ sovente
- ↑ ed eran talvolta molte,
- ↑ trovatala terreno da porci vigna,
- ↑ promessa
- ↑ in matrimonio
- ↑ e stimolato anche dalla maggiore m
- ↑ Geltrude. Un giorno mentre
- ↑ pose
- ↑ di Geltrude
- ↑ senza sospetto
- ↑ gli occhi
- ↑ il luogo |p] donde
- ↑ si fece
- ↑ Sic.
- ↑ vedere
- ↑ guardando non le rimase
- ↑ alla sventurata Geltrude (seguono alcune parole non leggibili)
- ↑ il portico
- ↑ non la poteva
- ↑ [ciò ch’egli le avev] quello
- ↑ le aveva già scemato l’orrore famigliarizzandola con (lacuna)
- ↑ troppo
- ↑ [di pen | a riposare il suo pen] a ripassare quelle immagini
- ↑ che poiché ella
- ↑ [forse cosi si avreb] e per
- ↑ per le stanze del piano superiore calò nel chiostro
- ↑ di filato
- ↑ Infatti
- ↑ forse impedire un
- ↑ poteva essere un
- ↑ Finalmente dopo molto girare e pensare: Andrò io a fare un pettegolezzo? disse tra sé, [disse fra] Io non farò un pe
- ↑ molte
- ↑ pensarci
- ↑ Ma ecco come faceva la sventurata per non pensarvi
- ↑ ommettiam
- ↑ spieg
- ↑ il suo traviamento
- ↑ Dopo che
- ↑ [dopo un |da lungo e doloroso combattimento] passando gradatamente da
- ↑ il suo tentativo
- ↑ Sic: occorreva un passò
- ↑ dalla disapprovazione alla [noncuranza da] indifferenza, dalla indifferenza alla tolleranza, da questa a (lacuna
- ↑ trovat
- ↑ una falsa gioja; il suo fallo la inebbriò; [perché talvolta le passioni che preparano dolori per tutta la vita (lacuna) perché talvolta le passioni che preparano il tormen] (lacuna) pari a quella coppa ristorante che la ingegnosa crudeltà degli antichi porgeva [mesceva] al condannato per invigorirlo a sostenere il martirio. (lacuna) una nuova ma f (lacuna)
- ↑ al vuoto succed
- ↑ una nuova
- ↑ l’avvenire [le parve piano] (lacuna) gli apparì come piano, e delizioso
- ↑ Sic.
- ↑ sono
- ↑ come le
- ↑ Già prima di questa estrema (lacuna)
- ↑ questa rovina, il
- ↑ ne nacque da
- ↑ lasc
- ↑ all'effetto naturale del
- ↑ Di qui a perfidia segno verticale di lapis, e a margine: «Dici troppo; almeno in parole, perché non dici troppo nel valore che gli dava la tua mente quando scrivesti. Ma letteralmente si cade in contradizione coi movimenti devoti, per intervalli, della Signora.»
- ↑ ed ella [nutriva con] sentiva pel
- ↑ acquistato
- ↑ gabbare altrui, [le più] trovavano
- ↑ tutt furono
- ↑ suo
- ↑ Accanto al periodo seguente lungo segno di lapis a margine.
- ↑ profondo, logico
- ↑ come sono talvolta volga
- ↑ [oltre a quelle | al di là di quelle trov] che a tutte quelle teorie
- ↑ la trova
- ↑ seppe
- ↑ che
- ↑ [I frutti della sua] L’albero della scienza portò un frutto amaro e schifoso, [Da] In breve tempo Geltrude fu stanca di quelle sue cure di regolarità che s’era prescritte, e cominciò a trasandare;
- ↑ aveva cominc
- ↑ in cui si era abbandonata, in cui viveva le
- ↑ alle cure di
- ↑ Costui
- ↑ atterrito, ma non quanto
- ↑ e perché
- ↑ [e per la m] e per la
- ↑ e perché come abbiam detto, in Geltrude
- ↑ come abbiam detto
- ↑ abbiam
- ↑ pacatamente
- ↑ Cancellatura d’una parola illeggibile, cui segue un tutte. Di qui fino a complici, un segno verticale di lapis, e accanto: « Qui l’ascetismo è bellezza: di pensiero, di stile, (due parole illeggibili) alle intenzioni religiose dello scrittore.»
- ↑ nell'ani
- ↑ due damigelle
- ↑ di che (lacuna) di cui e più | Giunta
- ↑ e si trovò agguerrita
- ↑ contra
- ↑ il caso
- ↑ Questa
- ↑ sguaiterare
- ↑ La suora che aveva ciarlato si era
- ↑ convincerla che era stato
- ↑ falso
- ↑ non abbandonò il sospetto
- ↑ proposto
- ↑ con ripugnanza
- ↑ Benché Geltrude non dovesse
- ↑ fu
- ↑ accettò una transazione che
- ↑ le parve di farsi men rea; [ma l’orrore | ma la falsità, era tanta] ma la illusione era tanto
- ↑ [fortif] corroborato l’animo
- ↑ l’animo di quella [all’omicidio] all’omicidio
- ↑ [quella] costei
- ↑ commetterlo
- ↑ darle
- ↑ la condusse adunque di discorso in discorso fino a farle sperare
- ↑ mezzo di
- ↑ nel
- ↑ venne a
- ↑ la fece [rann] star nascosta, le raccomandò di star cheta,
- ↑ le raccomandò di star cheta
- ↑ Sic.
- ↑ non fosse chiamata
- ↑ per quello
- ↑ parlando
- ↑ perché la nascosta non si muovesse
- ↑ andò prima pianamente e parlando con la compagna
- ↑ ch’ella credesse che
- ↑ ch'ella
- ↑ fare
- ↑ che parve non