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capitolo vi - la signora tuttavia. | 249 |
lo ricoperse, e, pigliati da un mucchio che ivi era, cocci, mattoni e rottami, ve li gettò sopra per ricoprirlo, proponendosi di 1 trasportare poco a poco 2 su quel sito tutto il mucchio, un monte se avesse potuto. Le due donne, rimaste sole, 3 esaminarono in silenzio, se tutto era nello stato di prima; e poi... che avevano a dirsi? L’omicida, ruppe il silenzio, dicendo: «andiamo a cercare la Signora;» l’altra 4 le tenne dietro senza rispondere.
Bussarono sommessamente alla porta di Geltrude, la quale vi stava in agguato, e disse macchinalmente: «chi è?» «Chi potrebb’essere?» rispose l’omicida: «siam noi: apri e vieni, e vedrai che le cose sono tutte come jeri.» Geltrude aprì, e venne con loro nella più orrenda stanza 5 di quell'orrendo quartiere: 6 volse in giro entrando un’occhiata sospettosa, e disse: «che faremo qui?» «Quel che faremmo altrove» rispose l’omicida. «Perché non andiamo nella mia stanza?» replicò Geltrude. «È vero,» disse quella che non aveva mai parlato; 7 «è vero: andiamo nella stanza della Signora.» 8 Ognuna delle tre sciagurate sentiva nella sua agitazione come il bisogno di far qualche cosa, di appigliarsi ad un partito che avesse qualche cosa di opportuno; e nessuna sapeva pensare quello che fosse da farsi: quando una faceva una proposta, le altre vi si arrendevano, come ad una risoluzione. Geltrude si avviò, le altre le tennero dietro, e tutte e tre sedettero nella stanza di Geltrude.
«Accendete un altro lume,» disse questa.
«No, no,» rispose questa volta l’omicida: «ve n’è anche troppo: abbiamo ristoppate le finestre, è vero, ma se qualche educanda vegliasse... »
«Santissima...!» proruppe con un moto involontario di spavento, Geltrude, e non 9 terminò l’esclamazione, spaventata in un altro modo del nome puro e soave, che stava per uscirle dalle labbra.
«E perché dunque,» continuò, rimessa alquanto, «perché avete lasciato il lume nell’altra stanza?»
«Perché...» rispose l’omicida: «non si ha testa da far tutto.»