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capitolo vi - la signora tuttavia. | 259 |
bambino1 davvero ch’io ho.» E a questa idea si pose a ridere sgangheratamente, ma tosto aggrondatasi, e levatasi a passegiare nel parlatorio... «madre!»... » continuò 2 ... « avrei dovuto sentirmelo dire, non da un vecchio calvo e barbato: 3
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- ↑ in verità
- ↑ avrei [potuto] dovuto esserlo, [in un] non già d'un
- ↑ ma da - A compiere il capitolo, mancano pagine (chissà se tutte?) dei fogli 60 e 61, forse spersi, forse lacerati dall'autore (vedi Prefazione); che in parte le compendiò (e dovettero essere alcune del dialogo, onde la nota in lapis della pagina 112 v. del ms., 253 nostra), e in parte le trascrisse (e furono le narrative, come si può credere): pagine cosi date nella seconda stesura (foglio 122, pagine 246 r. e v.).
Era circa un anno da quell’avvenimento, quando Lucia fu presentata alla signora, ed ebbe con lei quel colloquio, al quale siamo rimasti col racconto. La signora moltiplicava le richieste sulla persecuzione di don Rodrigo, ed entrava in minuti particolari con una intrepidezza, che riuscì e doveva riuscir peggio che nuova a Lucia, la quale non aveva mai pensato che la curiosità delle monache potesse esercitarsi intorno a simili argomenti. I giudizii poi ch'ella frammischiava alle interrogazioni, o che lasciava trasparire, non erano meno portentosi. Pareva quasi che ridesse del gran terrore che Lucia aveva sempre provato di quel signore, e domandava s’egli era deforme da far tanto paura: pareva quasi che avrebbe trovata irragionevole e pazza la colei (sic) ritrosia, sé non avesse avuta la preferenza data a Renzo. E su questo pure si allargava a domande le quali facevano stupire e arrossare Lucia. Avvedendosi poi di essersi troppo lasciata andare con la lingua agli svagamenti del cervello, cercò di correggere e d’interpretare in meglio quelle sue ciarle; ma non si che a Lucia non ne rimanesse una maraviglia disaggradevole, e un confuso spavento. E appena potè trovarsi sola con la madre se ne aperse con lei; ma Agnese, come più sperimentata, sciolse con poche parole tutti quei dubbii, e chiari tutto il mistero «Non te ne far maraviglia» diss’ella: «Quando avrai conosciuto il mondo quanto io, (sic) vedrai che non son cose da farsene maraviglia. I signori chi più, chi meno, chi per un verso chi per un altro, hanno tutti un po’ del matto. Conviene lasciarli dire, principalmente quando s’ha bisogno di loro, far mostra di ascoltarli sul serio, come se dicessero cose giuste. Hai inteso come ella mi ha dato sulla voce, quasi che io avessi detto qualche grosso sproposito? Io non me ne sono stupita niente. E con tutto ciò, sia ringraziato il cielo che pare che ella ti abbia preso a cuore, e voglia proteggerci davvero. Del resto, se camperai, e se t’incontrerà ancora di aver che fare con signori, ne sentirai, ne sentirai, ne sentirai!»
Il desiderio di obbligarsi il padre guardiano, la compiacenza del proteggere, il pensiero del buon concetto che poteva fruttare la protezione spesa cosi piamente, una certa inclinazione per Lucia, ed an-