Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro IV/V

Libro IV - Cap. V

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CAPITOLO QUINTO.

Navigazione sino a Genova, e descrizione di essa Città.


A
Vrei voluto andare a vedere la saincte baume, overo la grotta, ove dicesi, che stette 30. anni la Maddalena; però parendomi ogni ora mill’anni di riveder la patria, feci all’infretta le provvisioni necessarie; e mi partii per Genova la Domenica 12. sopra una Tartana. Uscimmo dal Porto con un’ora di Sole; e costeggiando sempre, fra le riferite Isolette la terra vicina, deliziosa per le tante case di campagna; non facemmo altro [p. 416 modifica]che 20. miglia, per lo vento contrario, e demmo fondo la notte in un picciol Seno. Ripigliammo il cammino, dopo mezza notte, con un buon vento; e allo spuntar della luce il Lunedì 15. lasciammo a sinistra un villaggio, che dicono la Città; e poi ne facemmo cinque leghe distante da Marseglia, a vista del monte di Sainte Baume; dove non si permette a’ peregrini di mangiar carne. Al tramontar del Sole fummo all’incontro Tolon, e vedevamo il Castello, e molte case di diporto. Navigammo quindi tutta la notte, e la mattina del Martedi 14. ci trovammo a fronte la villa d’Hyeres, e poi passammo fra le tre Isole del medesimo nome, e terra ferma. C’innoltrammo quindi lentamente, per esser cessato il vento; ma essendosi di nuovo mosso nel tramontar del Sole, andammo bene avanti sino a due ore dopo mezza notte. Divenuto quindi più forte, fu d’uopo dar fondo vicino la Fortezza di Santa Margherita, per attender il nuovo giorno. E’ questa situata in una Isola della Francia, picciola, però abbondante di vino.

Sopraggiunta la luce il Mercordì 15. ne ponemmo in cammino, costeggiando la terra, a veduta d’Antibò (terra di Francia, con un castello, e presidio), e [p. 417 modifica]S. Lorenzo, dove un fiume divide la Provenza dalla Savoja. Passammo poscia così vicino Nizza, che ella ben vedevasi sul piano al lido del mare, e serrata da buone mura; non meno che l’opra l’alta, e straripevol rocca, la sua Fortezza; inespugnabile, e per Natura, e per arte. Demmo fondo dopo 180. miglia di cammino in Villafranca, dovendosi pagare per lo passo, il due per cento delle mercanzie da qualunque nave, che vada, o venga da Ponente. Villafranca è una picciola terra, cinta di mura appiè d’alti monti, che non ha porto, ma una mal sicura spiaggia. Vien guardata da un Castello al lido del mare, e da un Forte fabbricato, nell’alto monte Alban; dove pone guernigione il Duca di Savoja.

Dopo aver desinato, e pagati i diritti, tornammo in barca; e date le vele al vento, passammo a vista del Castelletto di San Spizio, e del Forte d’Oviezza, posti nell’alto del monte, ed appartenenti all’istesso Duca. Giugnemmo, con due ore di Sole, a Monaco; dove, posto piede a terra, andai sopra la piazza, per una strabbochevole strada, alla metà della quale si truova un picciol corpo di guardia. Arrivato alla porta superiore, trovai le altre [p. 418 modifica]guardie, con un ponte levatojo, e fosso tagliato nel sasso. Quivi entrai per una gran porta, a vedere il palagio del Principe di Monaco. Si monta al medesimo per due spaziose scale di marmo, fatte in forma di mezzo circolo, che s’uniscono poi in una bella, e lunga loggia, dalla quale si passa agli appartamenti, e stanze; che in numero, magnificenza, ed arredi ponno servire a molti Principi insieme.

Monaco è un luogo fortissimo, su di una rocca, con innaccessibili mura da tutte le parti, e una sola porta, a cui, com’è detto, si monta per malagevol sentiero; è però picciola, e non ha che un sol Convento di Religiose di S. Teresa; perche il luogo è sterile, e non può sostentar Frati. Vi sono molti, e grossi cannoni, oltre i piccioli, tutti ben montati. La guernigione è di circa 900. soldati, pagati dal Rè di Francia. In Monaco si riscuote il diritto del due per cento solamente dalle navi, che tornano da Ponente; quando in Villafranca lo pagano tutte.

Il Giovedì 16. a buon’ora ne spingemmo avanti, lasciando a sinistra sul monte il Casale di Rocca-oscura, ed altri dell’istesso Principe (per dieci miglia di paese [p. 419 modifica]arido); e cominciammo a costeggiar terreno Genovese, che principia dalla Città di Ventimiglia; però in tutto il dì non passammo S. Remo, Terra abbondevole di limoni, melaranci, ed olive.

Continuò la notte medesima calma, onde ci trovammo il Venerdi 17. al far del giorno, a fronte del Casale del Cervo. Divenuto poi il vento contrario, bisognò andar bordeggiando sulla bellissima riviera di Genova; ove l’industriosa mano Genovese fa verdeggiare alberi fruttiferi sullo sterile terreno. Dopo mezzo dì il vento si fece favorevole, e ne menò molto avanti, a veduta sempre di bellissimi villaggi. Passata la Città d’Albenga, lasciammo anche in dietro Finale, co’ due Castelli, uno sul monte, e l’altro al lido del Mare, ove sta presidio Spagnuolo; e quindi la Città di Noli, ben grande, e con alte Torri, che appartengono alle case de’ particolari Cittadini; e venimmo in fine a buon’ora in Savona, dove pernottammo. Questa Città, sebbene picciola, è serrata di mura; e tiene un borgo altrettanto grande, con case ugualmente ben fabbricate; oltre le deliziose casette di campagna all’intorno, con fruttiferi giardini, a [p. 420 modifica]dispetto quasi della natura. Le Chiese però di Savona sono assai belle, sì per la quantità de’ marmi, come per l’architettura, e dipinture; spezialmente il Duomo. Il Castello sta sulla riva del Mare, ed è forte di tre ritirate; oltre più fortificazioni esteriori, e un profondissimo fosso, tagliato nella pietra viva. Il porto, benche picciolo, è sicuro, però malagevolmente vi si entra. Lontano cinque miglia dalla Città è una Immagine di nostra Donna, celebre per gl’infiniti miracoli. La sua Chiesa, oltre i Preti, e Religiosi, sostenta, circa 700. orfani dell’uno, e l’altro sesso. E’ rinomata anche Savona per gli fini vasi, che chiamano di porcellana, migliori di tutti gli altri, che si fanno nel Dominio Genovese. I Vescovi così di questa Città, come di Ventimiglia, e Albenga appena hanno mille scudi di rendita; imperocchè la giurisdizzione è ben limitata.

Presa una filuca il Sabato 18. mi partii a buon’ora da Savona; e passata la vicina Villa d’Arbisola, e quindi il delizioso verde di Arenzano, Cogoletto (discosto 17. miglia da Genova.) Vultri, ed altre bene ordinate Ville sulla riva, con bellissime casette di diporto, sino alla valle, e [p. 421 modifica]fiume di Polsevera (i di cui monti non hanno che invidiare a’ più leggiadri luoghi della riviera) giugnemmo finalmente in Genova prima di mezzodì.

Genova è bagnata dal Mar mediterraneo dalla parte di Mezzo giorno in altezza di gr. 43. e 40. m. Ella elevandosi a poco a poco sul colle, sembra a chi viene dal Mare un bel teatro. Le fabbriche sono molto arricchite di finissimi marmi, in tutto il suo circuito di cinque miglia; nè meno belle saranno col tempo, quelle, che alla giornata anderanno facendo i suoi ricchissimi Cittadini, nello spazio di 15. miglia, che abbraccia la muraglia, nuovamente fabbricata. Il male si è però, che le strade sono anguste, e tenebrose. Il suo porto ha più di un miglio di lunghezza, con un Fanale nella parte Occidentale, e valide fortificazioni; sotto la cui difesa stanno anche due Darsene, una per le galere; l’altra per le barche del vino. Nel 935. fu bruciata da’ Saraceni, e tutti i Cittadini trucidati, o fatti schiavi, però venne poscia, con più magnificenza, ristorata. Viene chiamata la Superba, perche i suoi nobili sono superbi, e intrattabili; tanto presumono di loro stessi, nel picciol [p. 422 modifica]dominio della loro Repubblica; che non si stende più di cento quaranta miglia in lunghezza sulla riva, da Levante a Ponente, e meno di dodici in larghezza.

Dopo il flagello delle bombe Francesi nel 1684. fabbricarono due piatte forme, e vi allogarono buona artiglieria, per tener lontani sì fatti fulmini, valevoli ad abbattere qualsivoglia superbia.

Le dame sono bellissime, e spiritose, se non che la favella, così tronca, le rende ridicolose. Gli uomini sono parchissimi, e inchinati al traffico, per mezzo del quale hanno accumulato immense ricchezze.

Il palagio del Doge è una delle più belle fabbriche, e spaziose d’Europa; però non è sì ornato di marmi, come le case de’ particolari nobili. Da un gran cortile si monta, per una Scala di pochi gradi, in una magnifica sala; fuori della quale si veggono le due tanto rinomate Statue d’Andrea d’Oria, e di Giovanni Andrea, liberatori della patria. Allato di questa sala sono molti appartamenti, co’ loro particolari cortili, abbelliti di colonne di marmo. Montandosi poi due alte scale, si truovano gli appartamenti superiori; dove è la sala del gran Consiglio, per l’elezione [p. 423 modifica]del Doge; e allato il Collegio per gli affari di governo, dove s’assembrano 27. Senatori, e Proccuratori (come mi dissero) vestiti di lungo, quasi come i Ministri Francesi; però i Procuratori non dan parere in tutti gli affari pubblici. Nel lato opposto sono gli appartamenti del Doge, capaci non che di lui, ma di qualsisia Principe assoluto.

Verso la sera andai fuori della Città, a vedere il palagio del Principe d’Oria, posto alla riva del mare. Così per la fabbrica, marmi, fontane, e giardini, come per le suppellettili, è degno d’esser veduto.

La Domenica 19. sentii messa in S. Domenico. La Chiesa è a tre navi, formate da colonne; e benche grande, non troppo ornata di marmi, come il chiostro.

S. Ambrogio de’ PP. Gesuiti è fatta sul modello della Casa professa di Napoli; e tutta incrustata di fini marmi, e ben lavorati, con colonne ben grandi: non è però cosi grande, come la mentovata.

Il Duomo, o S. Lorenzo tiene un ben alto, e famoso frontispizio di marmi di diversi colori. La Chiesa è grande, a tre navi, sfrmata da otto colonne di marmo; però non è sì ben ornata, come S. Ambrogio. Desinai la mattina in [p. 424 modifica]casa di Giovanni Agostino Arpe, Consolo di Spagna, che mi trattò assai bene; e quindi passai a vedere il palagio d’Eugenio Durazzo. Egli ha una famosa facciata, e dentro il cortile otto buone colonne. Per una scala molto magnifica, che si divide in due, si monta a’ capacissimi appartamenti; che si veggono tutti bell’adorni di fini marmi, e dipinture. E in verità può dirsi, che i palagi de’ particolari di Genova sono Regj.

Entrai poscia in S. Carlo de’ PP. Carmelitani Scalzi, a sentire il vespro. La Chiesa è ad una nave, ed ha una buona Custodia di preziosi marmi, e geme. Sopra tutto è degna da vedersi a sinistra la Cappella de’ Franzoni, tutta coperta di marmo nero finissimo; e in particolare 4. colonne dell’istesso, dodici mezzi busti di bronzo, e un Crocifisso ben grande, che val 10. mila pezze. A destra si vede la Cappella de’ Durazzi, anche bella; però non così ricca.

Nell’uscir, che feci, vidi il Collegio di S. Girolamo (de’ PP. Gesuiti) non ancor terminato. Invero egli è ragguardevole, per la copia de’ marmi, e colonne, che ornano il frontispizio, e sostengono i due corridoi, l’un sopra l’altro; e posso dire [p. 425 modifica]d’aver io numerato circa 84. grandi colonne di marmo, solamente nel Chiostro. La Chiesa è assai bene ornata; e la sola superiore, per le conclusioni, abbellita di buone dipinture.

La sera andai nel Teatro, a veder rappresentare il Domizio, che riuscì assai bene per la bontà de’ cantori. Il Teatro è piccolo, con quattro ordini solamente di palchetti; ed ogni ordine ne ha 13. Si pagava mezza pezza d’otto.

Il Lunedi 20. essendo andato in S. Ciro de’ PP. Teatini, vidi certamente una bella Chiesa a tre ale a volta, sostenute da sedici ben grandi colonne di marmo bianco. Le Cappelle sono dodici, sei per lato, ed hanno 24. colonne avanti, ed altrettante negli altari, finissimo marmo di varj colori; oltre gli altri lavori della medesima pietra. La Custodia è preziosissima, bellissimo il Coro, ed assai più l’altar maggiore, per le quattro colonne di finissimo marmo nero. La volta poi, e la cupola, sono riccamente dorate, e con grande spesa dipinte. In fine non vi è Città al Mondo, che superi Genova nell’ornamento delle Chiese, per la comodità de’ finissimi marmi, che non s’han da mendicar lontano. [p. 426 modifica]Uscito per la porta di S. Marta il Martedi 21. andai sulla montagna, per vedere l’Albergo; ch’è una delle opere più pietose, e magnifiche, che si truovino in Genova. Quivi giunto, conobbi, che i nobili Genovesi, quanto sono parchi con se stessi in vita; altrettanto sono liberali in morte verso le Chiese di que’ beni, che più non ponno ritenere. Diviene ciò manifesto dalla incredibile spesa, che per tal fabbrica, ha convenuto fare; imperocchè, per condurla a fine, oltre quello, che si è eretto di edificio, ha bisognato appianar precipizj, e tagliare la inegualità della durissima rocca. Da due spaziose strade (dopo la prima porta) s’entra in un portico; ed indi, per due altre strade più magnifiche, si va al primo piano; dove si truovano 4. statue di stucco, de’ benefattori del luogo, colle loro iscrizioni; lasciatene altrettante nel montar delle scale. Dentro la Chiesa si truovano le mura coperte d’eccellenti marmi, con 8. statue in piedi, e un’altar maggiore con 7. colonne, ed una statua della Vergine, maestrevolmente scolpita. Prima d’entrare in Chiesa, si scorgono a destra più corridoj, e stanze, e’l giardino delle donne onorate, e donzelle, con buoni ornamenti; poiche [p. 427 modifica]le donne condannate, e pentite, vivono separatamente sulla Chiesa, acciò non corrompano la mente delle vergini. Mi disse la Superiore, in menandomi a veder le stanze, che vi erano 650. donne.

Da dietro l’altar maggiore, e dal primo portico si può montare a varj appartamenti: uno de’ giovani, un’altro de’ vecchi, e un’altro de’ fanciulli, dove sono le stanze, in cui costoro faticano, per varie bisogne della casa; e tutti questi appagamenti, per l’eminenza del sito, stanno uno dopo l’altro, come una prospettiva di Teatro; e si gode molto in mirandogli dalle loggie.

Viene amministrato il tutto, con grand’ordine, ed iconomia; sostentandosi, et educandosi i fanciulli orfani, e poveri; e dandosi dote alle vergini, che si maritano. V’erano allora in tutto 1300. persone, tra maschi, e femmine.

Passai quindi a veder l’Ospedal grande, dove sostentansi da 400. infermi di ogni sesso, con grande assistenza, e carità. Nel primo corridojo non v’ha altro di bello, che la lunghezza, e capacità: e quindi si saglie ad un’altro, uguale in grandezza (ch’è l’infermeria delle donne) con tre altre stanze, per le persone nobili, [p. 428 modifica]e fanciulle. Entrandosi nel secondo corridojo, si truova una bellissima Cappella, e due lunghe volte, che si tagliano in croce; e un’altra ben capace, a destra della Cappella.

Essendo di di Senato, vi andai; e vidi nell’estremità di una gran sala, una gran Ruota, con 28. sedie all’intorno, come la Ruota della Regia Camera di Napoli. La sedia del Doge stava alquanto più alta, sotto un baldacchino. Era egli vestito di rosso; e i sette Senatori, che gli stavano intorno (essendo gli altri in Villa) aveano una veste di damasco nero, con maniche larghe, e lunghe; una berretta come quella de’ Preti, e al collo una gorgiera, o lattuga all’antica. Letto il memoriale, davano il lor parere, per bussola, tutti otto. Questo Doge s’elegge dal Corpo de’ Senatori; e finiti i due anni del governo, vien licenziato da una persona a ciò deputata, colla formalità seguente: Vostra Serenità ha finito il tempo del suo governo: Vostra Eccellenza si ritiri a sua casa.

Prima di tornare a casa, sentii Messa in S. Matteo; picciola Chiesa a tre navi, formate da otto colonne, però ben’ornata.

La Parrocchia di S. Luca, benche picciola, con soli tre altari, è altresì bella, [p. 429 modifica]per le incrustature di marmo: la loggia poi de’ banchi è un ridotto di mercanti, assai grande, nella cui fabbrica non vi è magnificenza.

Andai il Mercordì 22. a passeggiare nel giardino del Principe d’Oria; ed osservai una gran fontana, sulla quale si vede un Nettuno, tirato sopra una conca da tre cavalli marini, con molti puttini, che scherzano all’intorno. Il palagio è capacissimo, ed ha comunicazione, per un ponte di ferro, co’ giardini superiori.

Passai quindi a vedere la Torre del Faro, nella quale di notte si accendono 33. lampane, per guida de’ vascelli, ch’entrano in porto. Ella tiene 600. palmi d’altezza (per quel che mi disse il Custode) e una scala di 312. gradini, per la quale non potei salire in meno di mezza ora. Son poste le sue fondamenta su d’uno scoglio; e all’intorno, non meno che lungo la cortina, sono grossi cannoni.

Non avendo altra occupazione, andai dopo desinare in Nostra Signora dello Vigne. Questa è una Chiesa Collegiata, di tre navi a volta, sostenute da 20. colonne di marmo. Le Cappelle sono tutte belle, con due colonne per ciascheduna, e fine dipinture; però l’altar maggiore [p. 430 modifica]supera ogni altro.

S. Francesco de’ Padri Conventuali è grande, a tre navi, separate da colonne. Si veggono sei buone Cappelle dal lato destro, perche quelle del sinistro non sono ancor finite.

Il Giovedì 23. andai a vedere S. Maria dell’Adunca, o di Carignano; Chiesa collegiata, con dodici Canonici, un’Abate, e 18. Cappellani; fondata da Bandinello Sauli, e ridotta alla magnificenza, che oggidì si vede da Francesco Maria Sauli Doge. E’ situata sopra un’alto monte, dal quale si scuopre tutta Genova, e i luoghi vicini. La Chiesa s’eleva sopra quattro sodi pilastri, che la rendono a tre navi. Nelle nicchie de’ medesimi sono quattro famose statue d’ottima scoltura. Le otto Cappelle si veggono ben’ornate di marmi, non meno che l’altar maggiore. Per una comoda scala, fatta dentro il muro, si saglie alla cupola, per la parte di fuori; dove da tre differenti loggie, l’una sopra l’altra, vedesi tutta Genova.

Andai il Venerdì 24. nel monte di S. Giorgio, dove sono le maggiori ricchezze di Genova. Nel primo piano è la Dogana; e nelle stanze superiori si [p. 431 modifica]truova a destra l’antica sala, con circa quindici statue di Nobili Genovesi, benemeriti della patria, situate nelle mura. La sala nuova (dove alle volte s’assembrano sino a 400. interessati) è più spaziosa, e nello sue mura si veggono sedici statue di un buon marmo, collocatevi in memoria di buoni Cittadini. Si passa da questa sala al luogo del magistrato; composto d’otto Senatori, i quali determinano le cause del banco, e delle gabelle della Città, assisi in alcune sedie, adorne di damasco cremesino.

Il Sabato 25. andai a vedere il palagio del Duca d’Oria. Al di fuori ha una bene intesa facciata di marmo; ed allato vaghi giardini, e due loggie, ornata ciascheduna di otto colonne. Per entrarsi al cortile, si monta per una scala, ch’ha del Regio; e dal cortile, per una non meno magnifica, che si divide in due, si và agli appartamenti superiori, di cui meglio è dirne nulla, che poco. Il cortile solamente è adorno di 20. grandi colonne; ed altre 22. sostengono le volte del secondo piano.

Poco lungi si vede il palagio di Brignole, di cui le volte inferiori sono sostenute da sedici colonne; le scale ornate [p. 432 modifica]da ottime statue, e le stanze di preziosi arredi.

La Domenica 26., essendo andato a sentir Messa nell’Annunziata de’ Padri di S. Francesco, trovai certamente una bella Chiesa a tre navi, formate da cinque colonne ben grandi di fino marmo per lato. Le volte sono ben dipinte, e dorate riccamente. Le Cappelle a sinistra dell’altar maggiore, sono tutte finite, e incrustate di prezioso marmo; l’altre però a destra non sono terminate, come ne anche la facciata della Chiesa.

Nella strada nuova non sono case inferiori alle mentovate. Quella del Marchese Balbi (dove entrai il Lunedì 27.) ha venti colonne nel primo piano (donde s’entra a un giardino, pieno di fontane, statue, ed altri ornamenti) altrettante nelle prime loggie del superiore, e dodici altre nelle seconde. Le supellettili delle stanze sono preziosissime, non meno che le dipinture, e le statue. Questo solo argomento varrà per mille, che la fabbrica sola del palagio ha costato centomila pezze. Nel libro di ragioni di questo Marchese, vedemmo in una sola partita, la somma di cinque milioni, tra’l debito, e’l credito. Non è [p. 433 modifica]punto inferiore al suddetto il palagio di Carlo Balbi, parente dello stesso Marchese.

Il Martedì 28. andai a vedere la Darsena delle galee, e delle tartane del vino. Sul principio si veggono le tartane, e più dentro le cinque galee della Repubblica; e l’une, e l’altre a coperto di tutti i venti.

Il Mercordì 29. feci passar le mie casse (dì già venute da Cadiz per Mare) in una filuca Napoletana, per farle condurre in Napoli; avendo io determinato di fare il cammino per terra, a cagion del mal tempo, che durava da più giorni.

Il Giovedì 30. adunque presi in affitto un calesso per Milano, e disposto ciò che mi facea di mestieri, mi andai licenziando da alcuni amici.