Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro IV/II
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CAPITOLO SECONDO
Si descrive la Real Villa di Madrid, e ciò che vi è
di più ragguardevole.
dalle finestre ogni reo escremento. In Inverno si patisce più, perche buttandovisi da’ carri molte botti d’acqua, a fine di sciogliere, e dar moto alle bruttezze ammassate; s’incontrano talvolta fiumi di cosi reo licore, che impediscono la strada, ed appestano col puzzo.
Le abitazioni generalmente non ponno stare appetto delle Italiane; essendo per lo più malamente fabbricate, e con ossatura di legno. In particolare però vi sono i Palagi del Re superbissimi, sì per la grandezza delle fabbriche, come per le ricche supellettili, famose dipinture, copia di fontane, e peschiere, e per gli boschetti da caccia. Eglino sono, oltre quello della residenza ordinaria; il Ritiro, l’Escuriale, Pardo, Aranjuez, ed altri, de’ quali avendo abbastanza favellato ne’ primi miei viaggi di Europa, tralascio quì di ripeter lo steso. Tra’ migliori Palagi de’ Grandi, non ha l’ultimo luogo quello del Sig. Duca di Uzeda, così per l’Architettura, come per gli ornamenti di marmo; onde la Reina madre di felice memoria l’avea eletto per sua abitazione. Le Chiese tutte sono anche bene adorne, e servite.
Fra gli edificj pubblici molto vistosa è la piazza maggiore. Ella è quadrata perfettamente, e vi si entra da più parti. Le case tutte son fatte in un modo all’intorno, con cinque piani, a’ quali corrispondono altrettanti ordini di balconi di ferro, con ottima, ed ugual simmetria collocati. Nelle botteghe poi degl’inferiori portici si veggono ogni sorte di ricche mercatanzie; siccome nel vano della piazza tutto ciò, che può desiderarsi intorno al vitto. Sembra più che mai bella però allora, che vi si fà la caccia de’ Tori; perocchè tutta superbamente s’adorna di drappi, e vi si vede il Re, i Ministri, la nobiltà, e le spiritose Dame, riccamente vestite.
Le vettovaglie sono tanto care, che appena basta una pezza d’otto al dì. Il vino è pessimo, perche vi pongono calice, ed altre cole nocevoli; il pane però è ottimo, e la carne di castrato. Fuori della Città si truova per lo contrario buon vino, ed a buon prezzo, non pagandosi la gabella, che vale più del vino.
Due costumanze trovai in questo ultimo mio soggiorno in Madrid, nuovamente introdotte. L’una si è la gran quantità di lacchè, per correre avanti le carrozze; l’altra le perucche, usate da ogni genere di persone; con tanta farina sopra, che non dee recar maraviglia, se il pane vale di presente il doppio di prima.
Andai il Lunedi 28. a riverire la Signora Don Elvira di Toledo, Contessa di Galve, ch’essendo stata V. Regina della nuova Spagna, havvi rimasa un’eterna memoria della generosa sua pietà, affabilità, e cortesia.
Il Martedi 29. passai a far riverenza al Signor Don Giovan-Francesco Pacecco Duca d’Uzeda, glorioso per lo Governo della Sicilia; e come che egli si è un Signore molto curioso, e virtuoso mi ricevette amorevolmente. Avendomi richiesto nel licenziarmi, che gli facessi vedere le cosette, da me raccolte in sì lunga peregrinazione; glie le portai il Mercordì 30. ed egli avendole vedute, e commendate molto, si compiacque all’incontro di farmi vedere la sua Libraria; che tra per l’ampiezza del vaso, e scieltezza di libri, ottimamente ligati, e per lo lavorio d’ebano negli armarj, chiusi da cristalli, non ha che cedere alle migliori di Spagna. Nel Gabinetto poi, oltre le preziose medaglie, vi avea moltissimi ritratti di Re, e Principi, de’ quali alcuni appena sono noti in Europa, adorni tutti d’argento, oro, e gemme.
Mi disse poi, che Sua Maestà il dì antecedente avea richiesto di me, e che di facile avrebbe voluto vedere le mie rarità. Avendomi alla fine imposto, che andassi dalla Sig. D. Isabella Pacecco, Contessa d’Oropesa, sua sorella, vi fui il Giovedi ultimo. Ella era dama di subblime intendimento, e me ne diede bastevol saggio in ben due ore, che ragionò meco.
Il Venerdì primo d’Agosto fui dal Sig. Cardinal Portocarrero; e’l Sabato 2. visitai il Reggente D. Lucas Jacca, y Niño, Ministro di tutta integrità.
Passeggiando la Domenica 3. fuori la porta de los pozos de la nieve, passò il Rè, e la Regina in una carrozza a sei. Andavano amendue con perucche sciolte; avendosi la Regina tagliati i capelli, per una infermità.
Il Lunedì 4. per esser giorno di S. Domenico, S. Domingo el Real; e vi sentii le Monache cantare assai bene.
Per ubbidire alla Signora Contessa d’Oropesa, andai il Martedì 5. dal Signor e Marchese di Castel Rodrigo; il quale essendo molto intendente nella Geografia, mi tenne ben tre ore in varie dimande. Il Mercordì 6. feci riverenza al Sig. Marchese di Villafranca, Presidente del Supremo Consiglio d’Italia. Nel Corral del Principe il Giovedì 7. vidi rappresentare un’atto Sacramentale; e’l Venerdi 8. tornai dai Signor Duca d’Uzeda, che avea mandato a richiedermi.
Il Sabato 9. andai a ricordare le mie obbligazioni al Signor D. Francesco Moles Duca di Parete; perocchè egli, mentre si trovava Reggente nel Supremo Collateral Consiglio di Napoli, mi era stato costantissimo protettore, contro le persecuzioni di potentissimi emoli. Si truova oggidì alla Corte (dopo aver esercitata degnamente la carica d’Ambasciadore in Genova, e in Vinegia) chiamato da S. M. per occuparlo in qualche posto, proporzionato al suo gran merito, e servigj.
La Domenica 10. sentii rappresentare nel Teatro della Crux, una commedia, intitolata: Los effectos de amor, y odio.
Essendo andato il Lunedì 11. appiedi di S.M. con un memoriale; me ne partii sconsolato, vedendolo con viso smorto, e con poco buona salute.
Il Martedì 12. andai a riverire il Sig. Principe, e Principessa di Cariati, i quali(particolarmente il Signor Principe, Cavaliere di sublime intendimento) ebbero gran piacere, di sentirmi più ore ragionare della mia peregrinazione.
Ritornai il Mercordì 13. dal Sig. Duca d’Uzeda; e benche stasse occupato ne’ suoi soliti studj, non lasciò di ricevermi, con molta cortesia, e tener meco dotti discorsi.
Il Giovedì 14. andai a vedere il Convento della Mercè. Egli si è magnifico con tre dormentorj, l’un sopra l’altro, capaci per 150. Religiosi; e la Chiesa è anche molto ben’ornata.
Fui il Venerdì 1 5. a sentir Messa nelle Reales Descalzas, dove fu celebrata la festività della Madre Santissima, con musica, e sermone divotamente. Il dopo desinare osservai un gran concorso di carrozze in Nostra Signora d’Atoccia. Questa immagine è riccamente coperta {{Ec|dì|di} gioje, non meno, che d’argento la Cappella, dipinta tutta dal famoso pennello del nostro Luca Giordano.
Udii Messa il Sabato 16. in S. Martin Parrocchia de’ PP. Benedettini Cassinesi. La Chiesa non è gran cosa, però il Monastero è grande, con magnifiche fabbriche. La Domenica 17. entrai a vedere la Casa Professa de’ PP. della Compagnia. La Chiesa non era ancor compita; v’erano però bellissime dipinture nelle Cappelle già terminate.
Il Lunedì 18. sentii Messa in S. Felippe el Real. Il Convento è de’ PP. Agostiniani, e molto angusto; la Chiesa però è convenevolmente abbellita. Andai il Martedì 19. a veder la Chiesa di S. Andres. Ella tiene una bellissima cupola, e bene adorni altari, e Cappelle; particolarmente quella, ove riposa il corpo di S. Isidoro.
Il Mercordì 20. andai a visitare D. Ignazio Lopez de Zarate, Consigliere del Consiglio d’Ordenes, e Cavaliere dì S.Giacomo; (oggidì Reggente nel supremo Consiglio d’Italia) Ministro per tutti i versi ragguardevole.
Sentii Messa il Giovedì 21. nella Parrocchia di S. Xines, Chiesa ben grande, con buoni altari, e servita da molti preti. Il Venerdi 22. essendo andato, per un’affare di molta importanza, a’ piedi del Rè; si pose egli a ridere, nell’entrar ch’io feci, additandomi a’ Grandi, che lo corteggiavano; quasi dicesse, che io era il Viaggiatore, di cui s’era ragionato giorni prima. Entrai il Sabato 23. nel Consiglio d’Aragon, per sentir riferire la causa d’un considerabile Majorascato, che si trattava con tre Consiglieri aggiunti del Consiglio di Castiglia.
La Domenica 24. andai a spasso per lo Prado di S. Girolamo. Il Lunedì 25. vidi uscire al passeggio, presso al fiume, il Rè, le la Regina. Le Dame andavano vestite quasi alla Tedesca, e con portamento di testa affatto simile. Si trassero quel giorno dal Guardaroba Regale molti preziosi arredi, per addobbare una casa a Leganittos; dove avea ad esser ricevuto l’Ambasciador di Francia, e per nove dì trattato a spese Regie. La manifattura de’ lavori d’argento era bella, ma all’antica; e le pietre, che l’adornavano, tutte false, eccetto alcune turchine. Per altro il Rè tiene ciò sempre nel Guarda roba, nè se n’avvale, che per occasioni simili.
Il Martedi 26. andai a vedere l’Ospedal generale, dove d’ordinario si curano, con molta carità, presso a mille infermi. La fabbrica ben li conosce, esser opera Regale. Il Mercordi 27. fui a licenziarmi dalla Signora D. Elvira di Toledo, avendo già determinato di lasciar in brieve Madrid.
Il Giovedi 28. per la festa di S. Agostino sentij una buona musica in S. Felippe el Real, ove fu molto concorso. Il Venerdi 29. fui a sentire il vespro in S. Maria dell’Almudena, in cui soglion farsi divoti esercizj per quindici dì: l’Immagine era tutta coperta di preziosissimi diamanti, smeraldi, ed altre pietre di valore.
Il Sabato 30. mi licenziai dal Signoria Duca d’Vzeda, a cagion dell’imminente partenza; però il Regente Don Lucas Jacca mi obbligò la Domenica 31. a differirla sei altri giorni; acciò me ne venissi in compagnia del suo nipote D. Pietro Chaves, Archidiacono di Lucera nel Regno di Napoli.
Mi accommiatai il Lunedi primo di Settembre dal Signor Duca di Parete; e l’istesso officio passai il Martedi 2. col Sig. Principe di Cariati, che per sua bontà molto mi stima. Trovai in sua casa un Sergente Spagnuolo, il quale dicea aver composto certi libri, in alcuni de’ quali si oferiva alla Sede Apostolica, di farle conoscere, che tutti quegli insigni matematici, ch’eransi adoperati nella correzion Gregoriana, avean preso errore di cinque giorni nel Kalendario del 2200. e di quattro nel Martirologio; e che egli arebbe dato un modo facile d’emendar l’errore. In un’altro libro avea composte le Tavole Ecclesiastiche, sino al 2200. Commessane da Sua Santità la revisione al Signor Cardinal di Toledo, questi par che dia poco orecchio all’autore; parendogli inverisimile, che un soldato possa venire a capo di tanta impresa.
D. Pietro Chaves, prima di partirei, volle andare a veder l’Escuriale; e benche io l’avessi veduto altre volte, andai nondimeno il Mercordi 3. a fargli compagnia. Fatte tre leghe, venimmo a desinare a Roxas; e passando poscia per Culminarejo, dopo quattro leghe pernottammo nell’Escuriale alto. Il Giovedi 4. il Padre Rettore del Collegio ci fece accompagnare da un Padre, per farne vedere le rarità di quel gran Convento. Entrammo nel gran Cortile da un gran frontispizio di pietra viva (sul quale è la statua di S. Lorenzo); donde passati nel secondo, trovammo all’intorno vistosi appartamenti, e una bellissima facciata sulla porta della Chiesa, con sei statue dì Profeti. La Chiesa è a tre navi, sostenute, come la Cupola, da ben grandi pilastri di durissima pietra. L’altar maggiore è soprammodo magnifico, et adorno di doppio ordine di colonne di fino marmo, al numero di diciotto, che servono anche d’ornamento alle famose pitture. Sagliendosi i suoi 17. gradi della stessa pietra, si vede una Custodia, guernita tutta d’oro, con preziose colonne di diaspro; e dentro di essa un’altro picciol tabernacolo, adorno tutto di gemme d’inestimabil valore. Nelle mura laterali sono di fino marmo le statue di Carlo V. e di Filippo II. A sinistra è l’Oratorio, nel quale sogliono trattenersi il Re, e la Regina. Le volte tutte della Chiesa sono dipinte dal Giordano. Ne fece poi vedere il Padre, che ne guidava, una gran statua d’argento, rappresentante S. Lorenzo, che si conservava in un armario, con molte reliquie de’ più gloriosi Santi della Chiesa.
Scendemmo quindi dove sono i sepolcri de’ Re, e Regine feconde (separato da quello delle sterili, e de’ figli de* Re): e lo trovammo tutto coperto di fino marmo nero, a simiglianza delle tombe de’ Re di Spagna, sino al dì oggi quivi sepelliti. Passammo poscia a vedere la sagrestia; e quivi ne furono mostrati arnesi guerniti di pietre preziose, ed altri di frangie d’oro, e di finissimi ricami. Dee anche esser riguardata una gran Custodia d’argento, di maraviglioso lavoro, mandata dall’Imperadore al Re di Spagna. Vedemmo di più un’avanti-altare d’argento, ben lavorato; una pietra minerale, con smeraldi ben grandi, che serve di Pace; e una Croce di diamanti, smeraldi, rubini, ed altre pietre di gran prezzo.
Fummo menati poi in una cameretta, ove erano molte Reliquie; alcuni libri manuscritti di S. Teresa, e di altri Santi; e un’Idria, o vaso di pietra, capace di 20. caraffe Napoletane, in cui Nostro Signore convertì l’acqua in vino, nelle nozze di Cana Galilea. La sala Capitolare, dove poscia entrammo, era adorna tutta di antichissime, e famosissime dipinture. Il Coro era assai ben lavorato, e’ suoi libri di canto fermo solamente, dissero i PP., che costavano 30. mila pezze d’otto. Vi sono anche due ben grandi organi, oltre i più piccioli, che stanno distribuiti per le navi della Chiesa. In passando per la scala principale, vedemmo la prima, e miglior dipintura del Giordano, cioè la battaglia di S. Quintin.
Dopo desinare tornammo a vedere il rimanente; e un Religioso ne condusse all’intorno della Chiesa, per dentro il muro, a bello studio lasciato aperto. Le volte tutte del piano formavano ben grandi cappelle, come quelle di S. Sofia di Costantinopoli, tutte fabbricate di pietra di taglio, come il rimanente della Chiesa. Entrammo poi nella libraria, e vedemmo una gran copia di libri di varie scienze, e con bell’ordine tutti; ne dissero però, che molti manuscritti Arabici erano andati in buon’ora, non si sa come.
Maravigliose sono le dipinture di questo luogo, fatte da eccellenti maestri; però la cosa di maggior stupore, che vi sia, è una calamita, che sostien 24. libbre di ferro; ed è cosi attiva, che opera eziandio con un corpo solido interposto. Quello però, che fa innarcar le ciglia per lo stupore, si è che ella non traggo il ferro, se non posta per lungo, con quella punta, che riguarda il Polo. Montammo anche in una delle quattro Torri angolari, a vedere un’organo di campane, mandato da Fiandra dal Conte di Monte-Rey; però non è perfettamente corista. L’appartamento del Re ha le stanze adorne delle migliori dipinture del secolo passato: e da quella, dove egli dorme, si vede il Tabernacolo dell’altar maggiore. Dal medesimo appartamento può passarsi all’Oratorio, di sopra mentovato.
Nel Convento sono 14. chiostri, con cinque ordini di dormentorj, l’un sopra l’altro: dee però sapersi, che vi abitano tre famiglie separate di Religiosi, ciascheduna co’ suoi Superiori, independenti dagli altri. Sono in tutto 200. Religiosi, sostentati dal Re, e ben serviti; poiche tutti gli abitanti del vicino Casale sono a loro servigio, essendo alimentati dal Convento. Vi sono diversi giardini, così di frutta, come di fiori, e mirti, ingegnosamente disposti, e rappresentanti l’armi del Re, ed altre figure; nè minor diletto porgono le cristalline fontane. Al lavorio de’ mirti, s’aggiugne nel principal Chiostro una famosa cupola di fini marmi nel mezzo; e vaghe peschiere, contenenti buon pesce di varie sorti. Non mancano poi attaccati al Convento artefici diversi, per servigio de’ Frati; e poco lungi appartamenti, per alloggio della Corte, quando viva il Re. Tutto ciò fu fabbricato dal Re Filippo II. per ademplire un voto, fatto a’ 10. di Agosto, nella battaglia di S. Quintin, in cui fu d’uopo, per comodità del Campo, mandar giù una Chiesa, al medesimo Santo dedicata. Si condusse a fine l’opera in 32. anni (brieve spazio a volerne considerar la struttura) spendendovi il medesimo Filippo II. venti milioni, e mezzo; oltre la dote di 46. m. pezze d’otto annue, assegnate per lo sostentamento del Monastero.
Il Venerdì 5. a buon’ora posti in calesso, tornammo in Roxas, dove rimanemmo a desinare; e quindi appena riposti in in cammino vedemmo venirci frettolosamente all’incontro uno stalliere del Reggente Jacca, colla novella, che il suo Padrone stava moribondo; onde il nipote D. Pietro si pose tosto a cavallo, e si spinse di carriera verso Madrid. Essendovi giunto ancor’io pian piano, seppi che l’infermità del Reggente era mortale; onde mi parve bene il Sabato 6. licenziare il calesso, già preso affitto, non potendo venir meco D. Pietro.
La Domenica 7. avea già preso un’altro calesso per Alicante (vedendo, che per la via di Francia era poco fortunata la partenza) e determinato di partire il dì seguente; quando seppi, che le mule non erano in istato di far viaggio: onde mi vidi astretto, a fare il cammino di Pamplona; e a torre in affitto due luoghi, per 24. pezze, in una carrozza, che colà dovea tornare. Mi licenziai adunque la sera dal Dottor D. Gaetano Marrazzo, mio amico ottimo; il quale durante il mio soggiorno in Madrid, s’era portato meco con molto amore; e quindi attesi ad accomodar le mie valige, per trovarmi pronto alla partenza.