Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro I/I

Libro I - Cap. I

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Libro I Libro I - II
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CAPITOLO PRIMO.

Narra l’untore ciò che gli accadde mentre fece dimora

fece dimora in Acapulco con alcune notizie

di quella Città


I
O non posso se non biasimar sommamente coloro, i quali, soverchio invaghiti delle ragguardevoli imprese degli antichi, quelle con ogni studio, sino alle stelle, s’ ingegnano, d’innalzare; senza porre in considerazione, che alcune assai più maravigliose, e magnifiche ne’ [p. 2 modifica]secoli a noi più vicini, ne sono state recate a capo. Chi avrà udito mentovare la penosa navigazion d’Ulisse, penserà senz’alcun dubbio, che egli spaziosi Mari, e ben distanti Terre per veduta avesse comprese; ma se dritto poi vorrà riguardare, assai maggior tempo gli sarà d’uopo, a legger cotal peregrinazione in Omero, che a farne una simigliante. I travagli di Enea, venedo dalla Grecia in Italia, che gran cosa potran sembrare oggidì a un che mezzanamente sia andato ramingo? e pure il Poeta con tante parole gli magnifica, che non par che vi sia chi non debba molto il suo Eroe, da tante Deità perseguitato compassionare. Ma tutto ciò mi sembra un nulla, quante volte vado fra me stesso considerando, quella gran follia d’Alessandro, soprannominato il Grande, il quale appena soggiogata buona parte d’Asia, narrasi, che piangesse, perche non vedea altri Mondi, da poter conquistare: e pure se Aristotile suo Maestro non avea perduto il cervello, poteva avergli fatto conoscere, quanto grande spazio rimanea nel Mondo, in cui stava, ove neanche il grido delle sue vittorie era giunto. In somma ovunque rivolgo il pensiero, non veggo che una prodigiosa vanità de [p. 3 modifica]gli antichi, allor che scrivendo fan giudizio delle loro cose, e una straordinaria sciocchezza de’ moderni, a volerne far tanto rumore. Venivano allora alcuni scioperati, e talora scellerati in riputazione d’Iddii, per ogni qualunque azione, a comun prò eseguita: ogni quattro palmi di terreno facevano un Reame: ogni due, o tre legioni di Romani (meno vantatori certamente de’ Greci) erano un grande esercito; e pure una legione non solea eccedere il numero di sette mila soldati. Io non voglio quì andar divisando tutte le macchine inventate a’ di nostri, nè le, veramente maravigliose, imprese a glorioso fine condotte; ma solo mi par, che debba porsi in considerazione, come sarebbono rimasi confusi que’ buoni Poeti, ed Istorici antichi, se avesser voluto (nell’altro secolo passato risorgendo) colle dovute parole ragionare dello scoprimento d’America, e delle ricchezze quivi dalla Natura allogate. L’esser celeste, divino, o le più alte parole, che possano invenirsi, avendole essi già usate per azioni poco men che da nulla; non avriano potuto poscia loro parere sufficienti, a voler lodare il coraggio del Vespucci; e a fare una qualche idea d’un paese, ove [p. 4 modifica]può dirsi, che tutto ciò che si vede è prezioso; e quanto si calpesta, e argento, od oro. Adunque egli bisogna pur dire, che il Mondo già non è invecchiato, nè che il valore sia spento, e l’altre virtù fuggite dalla Terra; ma che egli sia nella sua miglior giovinezza; e che quelle, che chiamiamo Virtudi, sono più tosto cresciute, che mancate; perche ciascun giorno di nuove cose, l’uomo divien consapevole, e sempremai sopra il suo essere maggiormente s’innalza. E se non veggiamo più di quegli uomini, cotanto dall’antichità celebrati; ciò avviene, perche quelle doti d’animo, che allora essendo più rare, cagionavano negli altrui petti stupore; al dì d’oggi, divenute più comunali, non v’ha chi gran fatto le stimi da mentovarsi.

Or dovendo io delle cose vedute dell’America, in quest’ultimo volume del mio GIRO, alquanto far parola, vorrei, che ne facesse il curioso lettore una sì grande idea, che solo a diritto della mia penna attribuisce, se in alcun luogo punto non verrà ad averne stupore, non già delle cose da me descritte; perocchè son sicuro, che in tal guisa egli non si discosterà dal vero, ed io di avergli detto [p. 5 modifica]altresì il vero, potrò il fin conseguire.

Non essendo alcuno albergo in Acapulco, bisognommi andare il Lunedi 21. di Gennaio 1697. nel Convento di Nuestra Señora di Ghya de’ PP. Francescani, da’ quali fui umanamente ospiziato.

La mattina del Martedì 22. il Tenente del Castellano mi riferì, che egli avea vegghiato tutta la notte; per lo sospetto, che avea, non fussero di nemici i due vascelli, che già dicevano essere stati scoverti: imperocchè si era avuto contezza, esser venuti, per lo Stretto di Magallanes, cinque vascelli Francesi, mandati dal Rè Cristianissimo ad inquietar que’ Mari: al che s’aggiungea la Cedola Reale, che spressamente imponeva a tutti i Castellani, e Governadori della Costa Meridionale, che si ponessero in arme, ogni qual volta iscoprissero vascelli in Mare. Dopo mezzo dì ritornò il Sergente Maggiore Arambolo, il quale ne tolse ogni dubbiezza, riferendo; essere l’Almirante, e’l petacchio dell’Armata del Perù. Non stette guari, ed entrò in porto l’Almirante, salutando con cinque tiri il Castello, che gli rispose con tre. Il Galeone San Giuseppe salutò con sette, ed essendogli risposto con undici, replicò con altri sette. [p. 6 modifica]

Il Mercordì 23. collo schifo d’un petacchio Peruano, appartenente a un Napoletano, andai a bordo dell’Almirante, prima che fusse visitato. Egli si era un buon vascello (con 42. pezzi di cannone di bronzo, di buona grandezza) che era venuto a prendere il nuovo V. Rè Conte di Cañette: e dissero, che avea consumati 48. giorni da Panamà sino ad Acapulco, a cagion delle gravi tempeste, avute nel golfo, e nojosa calma nella Costa della Nuova Spagna: di più, che avea perdute 21. persone d’infermità, quasi contagiosa; oltre uno, che cadendo in Mare, vi era rimaso affogato.

Quanto alla Città d’Acapulco, a me pare, che se le doverebbe più tosto nome d’umil villaggio di pescatori (sì basse, e vili sono le sue case, composte di legno, loto, e paglia) che lo specioso di primo Emporio del Mar del Sur, e scala della Cina. E’ situata a 17. gradi di latitudine meno qualche minuto, e 266. di longitudine, appiè d’altissimi monti; che la difendono dalla parte d’Oriente, ma la rendono soggetta a gravi infermità, dal mese di Novembre per tutto Maggio. Eravamo nel mese di Gennajo, e pure io sentiva il medesimo caldo, che in Europa in [p. 7 modifica]tempo della Canicola: ciò che viene in parte cagionato dal non cadervi mai pioggia ne’ sette mesi mentovati; ma solamente alcuna da Giugno per tutt’Ottobre, la quale però non rende fresco l’ambiente. Dee notarsi però, ch’in Acapulco, Mexico, ed altri luoghi della Nuova 5pagna non piove giammai la mattina; onde chi non vuol bagnarsi, bisogna, che prima di mezzogiorno spedisca i suoi affari, e poi se ne stia in casa. Per tale stemperanza, e per lo suo terreno alpestre, egli è d’uopo, che si provveda Acapulco, in ciò che appartiene al sostentamento, da altri luoghi; e perciò vi si vive caro, non potendosi spendere meno d’una pezza d’otto al dì, per una comoda tavola: l’abitazione, oltre l’esser carissima, è fangosa, e scomoda.

Non v’abitano perciò che Neri, e mulati, (nati da Neri, e bianche) e ben di rado vi si vede qualche nativo del luogo, con volto olivastro. I Mercanti Spagnuoli, terminato il negozio, e la fiera, che si fà dalla nave di Cina, e Vascelli del Perù (che sogliono venir carichi di Cacao) si ritirano altrove; partendosi anche gli Officiali Reali, e’l Castellano, a causa della cattiva aria: e così rimane la Città [p. 8 modifica]spopolata. Altro adunque non v’ha di buono, che la sicurezza naturale del Porto; ch’essendo a guisa di lumaca, (come di sopra è detto) e con ugual fondo da per tutto, vi restano le navi serrate, come in un cortile, cinto d’altissimi monti; tanto, che si legano agli alberi, che stanno per la riva. S’entra nel medesimo per due bocche, una picciola dalla parte di Maestro, e l’altra grande da Scirocco, Difende l’entrata il Castello, con 42. pezzi d’artiglieria di bronzo, e sessanta soldati di presidio. Questo Porto dà di profitto al Castellano (ch’è anche Iustizia mayor) non meno di 20. m. pezze d’otto l’anno, e poco meno al Contador, ed altri Officiali. Il Cura, o Parrocchiano quantunque non abbia di soldo dal Re più di 180. pezze, ha nondimeno, per tal via, ben 14. m. pezze l’anno; facendosi pagare a carissimo prezzo la sepoltura de’ forestieri, non solo de’ morti in Acapulco, ma anche in Mare, nelle navi di Cina, e Perù: per ragion d’esemplo, non vorrà meno di mille pezze da un comodo mercante. Come che il traffico del luogo è di milioni di pezze da otto, in pochi giorni, ne siegue anche, che ciascheduno nel suo mestiere guadagna assai; onde un Nero [p. 9 modifica]appena si contenterà d’una pezza d’otto al dì. In fine tutti vivono del porto; o l’Ospedale non solo prende un tanto dalle liberanze de’ soldati; ma grandi limosine altresì da’ mercanti, che poi largamente si distribuiscono agli altri Conventi, e Missionarj.

Vi è un’altro porto dalla parte di Scirocco (detto del Marchese) due sole leghe distante d’Acapulco, con buon fondo, e capace di grossi vascelli; dove vanno ordinariamente le navi del Perù, che non ponno entrare in Acapulco, a cagion delle merci proibite, per quivi venderle.

Non mancano questi sterili monti di cacciagione, essendovi cervi, conigli, ed altri animali; e quanto a’ volatili pappagalli, Tortore (più picciole delie nostre, colle punte delle ali colorite) che volano sin dentro le case; Merli, con coda lunga; Anitre, ed altri uccelli, così Europei, come proprj del paese.

Il Giovedì 14. nacque disputa di precedenza tra’l Generale di Cina, e l’Almirante del Perù; pretendendo questi di far abbassare all’altro la bandiera, essendo la sua Armata Reale, e’l vascello di Cina mercantile. All’incontro stimava il [p. 10 modifica]General di Cina, che la sua nave, come Capitana, dovesse precedere all’Almirante. In tanto amendue tenendo innalberata bandiera, il primo nell’albero maggiore, e’l secondo nel trinchetto, scrissero al V. Re di Mexico, per terminare la differenza.

Quasi tutti gli officiali, e mercanti, venuti su i vascelli del Perù, scesero ad albergare in terra, portando con essi loro due milioni di pezze d’otto, per impiegargli in mercanzie di Cina: onde il Venerdì 25. videsi Acapulco da rustico Casale, mutato in una ben popolata Città; e le Capanne, abitate prima da foschi mulati, occupate tutte da bizzarri Spagnuoli: al che s’aggiunse il Sabato 26. un gran concorso di mercanti Mexicani, con molte some di pezze d’otto, e di mercatanzie d’Europa, e del Paese.

Seguitarono la Domenica 27. ad entrare molte merci, e vettovaglie, per alimentare sì gran moltitudine di stranieri; perocchè, com’è detto, i vicini monti sono sterili, e le poche frutte, che producono, benche al di fuori pajan belle, non ponno mangiarli, che inzuccherate.

Giunsero il Lunedì 28. alcuni Padri di Betlem, dimandando limosina, a fine di [p. 11 modifica]passare nel Perù. Questa è una Religione fondata coll’approvazione del Sommo Pontefice Innocenzio XI. L’abito è simile a quello de’ Cappuccini, e nella stessa guisa vivono di limosine: l’istituto a quello degli Ospitalarj; poiche la loro cura è di regolare, e servire i convalescenti, sin che abbiano racquistate le forze: e ciò fanno, con molta carità, sino a servirgli inginocchione. Portano a sinistra del mantello la figura del Presepe; e perciò sono detti da’ Spagnuoli, PP. di Betlem. Eglino, come nuovi, hanno pochi Conventi nelle Città di Mexico, Popula degli Angeli, Lima, Uguaxacca, Guattimala, ed altri luoghi.

Il Martedi 29. essendo stato a render la visita a uno Spagnuolo dell’Armata; egli per complimento, in vece di Cioccolata, mi diede a bere l’erba del Paraguai. Nasce ella nel Paraguai (sottoposto al Governadore di buenos Ayres) da un’albero, che non passa l’altezza d’un uomo: e a dire il vero, non mi par molto differente dal mirto d’Europa. Le frondi si seccano all’ombra, e poi al forno; e cosi seccate si trasportano entro sacchi di pelle, vendendosi per tutto ii Perù; dove sono più in uso, che la cioccolata in Ispagna. Vien [p. 12 modifica]stimata salutevole bevanda in quel clima secco, perche ella, dicono, che sia calda ed umida: ma dall’altro canto, oltre il non esser nutritiva, e insipida; ha un gran vizio, che provoca il vomito, e toglie l’appetito. Si prepara ponendosi per mezza ora in acqua fresca, dentro un matte (ch’è una tassa, fatta di zucca, leggiadramente lavorata, e guernita d’argento); e poi mescolata quell’acqua con altra bollente, e zucchero, e separatene la polvere dell’erba, con un cucchiaro perforato, si beve: si pone poi sull’istessa erba più volte acqua, per servire a molti. Alcuni buttan via la prima acqua fresca, e postane altra, sopra quella versano la calda. Se ne consuma gran copia in tutto il Perù, stimandoli, ch’estingua maravigliosamente la sete. I villani ne prendono in acqua fresca, o pure masticano la fronde.

Il Mercordì 30. giunse il Tesoriere del Conte di Cañette, V. Re del Perù, per passare in Lima, e torre in prestanza da quei negozianti cento mila pezze, a nome del suo Signore; avendone questi d’uopo, per pagare i debiti contratti, in spendendo 300. mila pezze, per conseguire il Governo; e condurre nell’Indie la sua famiglia. [p. 13 modifica]

Il Giovedi ultimo ritornò il corriere da Mexico, coll’aggiustamento de’ diritti Reali del Galeone, per 80. m. pezze; onde il Venerdi primo di Febbrajo si cominciarono a calare i fardi, overo balle. Moriva intanto ogni giorno molta gente dell’Armata del Perù, d’un male quasi contagioso; tanto più, che la cattiva aria, ed eccessivo caldo d’Acapulco, non davan luogo agl’infermi di riaversi.

Il Sabato 2. entrai a vedere il picciol Castello, il quale come che non ha fosso, nè Baloardi, è solo ragguardevole per l’ottima artiglieria di bronzo, bastevole a difendere il porto da qualsisia nemico. La Domenica 3. andai a una piccioli fontana, posta appiè del monte, ch’è l’unico diporto del luogo. L’acqua è ottima, però sorge in poca quantità.

Entrarono il Lunedi 4. altri mercanti di Mexico: e con tuttociò fummi detto, che ve n’erano venuti assai meno degli altri anni; per temenza, che i mercanti Peruani non avesser fatto montare a troppo alto prezzo le merci di Cina.

Il Martedi 5. ebbi gran noja dal caldo intollerabile, e dalle Zanzare; ma assai maggiore fu quella, che mi diede, il Mercordi 6. un mercante Peruano, colle sue [p. 14 modifica]chiacchiere; perocchè volendo, solo per via di parole (giusta il costume di sua nazione) obbligarmi ad effettuar seco un negozio, fece venirmi un grave dolor di testa, senza conchiuder niente. L’opposto si vede negli Spagnuoli, che dimorano nella nuova Spagna; trattando essi generosamente, e con quella gentilezza, che si dee.

Il Giovedi 7. essendosi già scaricati tutti i fardi, fecero i facchini d’Acapulco, come un funerale; portandone uno sopra una bara, e piangendolo come morto, per esser terminato il lor guadagno; poichè v’era taluno, che si avea guadagnate tre pezze d’otto al dì, e’l più dappoco una. Due ore dopo desinare si sentì un leggier tremuoto, il di cui mugito essendosi prima fatto sentire da’ monti, avrebbe dato tempo a ciascuno di salvarsi, quando fusse stato veemente. Sono questi tremuoti così frequenti in Acapulco, che convien, per forza, far le case basse.

Il Venerdì 8. volendo il Contramestre dell’Almirante comprarmi un Nero, dopo che fu aggiustato il prezzo per 400. pezze, cominciò a premergli le labbra, le guancie, e le gambe, per vedere se le avea enfiate; nulla considerando, che naturalmente i Neri han le labbra grosse, e [p. 15 modifica]gonfie. Il Sabato 9. vidi entrare moltissime mule, cariche di merci, e vettovaglie; ma non volli la Domenica 10. uscir di casa, per l’insofferibile caldo.

Il Lunedi 1 1. il Castellano convitò in sua casa il General di Cina, l’Almirante del Perù, D. Giuseppe Lopez, Tesoriere del V. Rè del Perù, me, e varj Officiali dell’Armata, a vedere alcuni giuochi di mano, molto ordinarj, che faceva un vecchio Genovese; e’l bello si fu, che i convitati pagarono la festa, perche il buon vecchio alla fine andò in giro, dimandando la mancia, senza danneggiare la borsa del Castellano. Il Martedì 12. disposi alcune cose necessarie, per passare in Mexico: prendendo di più in affitto tre mule per 30. pezze da otto; avvegnache avessi poi a spendere sei reali al giorno, per nutrirle per lo cammino.

Il Mercordì 13. dopo mezzo dì fece vela il petacchio, per portare nel Perù il suddetto D. Giuseppe Lopez. Questi essendo stato ospiziato sempre da D. Francesco Mecca, y Falces, dove io sovente desinava; contratta meco una grande amicizia, mi propose più volte, che dovessi andare in Lima; perche quivi m’arebbe fatto dare dal Signor V. Rè [p. 16 modifica]qualche buona Alcaldia; ma perche io volea ritornare in Europa, ricusai ogni utilità propostami.

Fui il Giovedi 14. a prender congedo dal Castellano d’Acapulco; il Venerdì 15. dal General di Cina; e’l Sabato 16. da D. Francesco Mecca, rendendogli grazie delle molte cortesie fattemi.

La Domenica 17. essendo l’ultima del Carnasciale, i Neri, Mulati, e Mestizzi d’Acapulco, corsero dopo desinare Parejas, con più di cento cavalli; e così bene, che mi parve, ch’essi superavano di gran lunga que’ Grandi, che io avea veduti correre in Madrid; avvegnache costoro sogliano esercitarsi nel giuoco un mese prima. Egli non è favola che que’ Neri correvano un miglio Italiano, tenendosi alcuni per mano, ed altri abbracciati, senza punto staccarsi, o scomporsi in tutto quello spazio.