Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri/Libro I/VIII

Libro I - Cap. VIII

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CAPITOLO OTTAVO.

Si descrive Gerusalemme, e i Santi Luoghi.


G
Erusalemme, per l’addietro detta Salem, Solima, e Capitolina; da’ [p. 122 modifica]Turchi Cuzumobarech, e Leucost; da’ naturali Chutz, e Godtz, è a 31. grad. di latitudine. Fu fabbricata da Melchisedech in mezzo a due monti, Calvario da Occidente, ed Oliveto da Oriente, fra il quale, e la Città corre il torrente Cedron, che và a perdersi nel Mar morto. Senza che io molto m’affatichi, fanno testimonianza dell’antico splendore di questa Città le vestigia di tanti insigni edificj, che intorno a lei si veggono; giacche tutta si è ora mutata da quel di prima, per le tante vicende di fortuna, e straggi crudelissime da varie nazioni in diversi tempi operatevi. Jo. Bapt. Nicolos. Hercul. par. 3. pag. 265.. Ed in vero quai crudeltà non vi commisero Antioco figlio di Seleuco, Giuda Maccabeo, e l’altro Antioco di costui figliuolo? non perdonando nè alle sue mura, n al Tempio di Salomone! Avendola soggiogata, e postavi la Reggia Simone Maccabeo (611. anni dopo la sua fondazione) venne 81. anni dapoi Pompeo il Grande ad espugnarla, lasciando della sua magnificenza solamente il nome, e l’ombra. Erode il Tiranno anch’egli, dopo un potente assedio, togliendola ad Antioco (nel quale cessò, dopo 106. anni, la stirpe degli Assamonei) la pose [p. 123 modifica]crudelmente a ferro, e sangue, 717. anni appresso la di lei fondazione. Nè punto migliore fu Agrippa, ultimo della sua stirpe, che malamente poi, qual visse morì circa i tempi di Giulio Cesare. In lui certamente finì il nome Regio appò i Giudei, ma non già le sciagure di Gerusalemme; poiche fu ella poi non solo desolata, ma distrutto il suo famoso Tempio, con memorabile eccidio da Tito Imperadore, il quale, e con la fame, e col ferro condusse a morte un milione, e cento mila cittadini, circa gli anni del Signore 71. Chi delle sue miserie maggior contezza desidera, potrà nelle sacre, e profane istorie averne abbondevolmente, non essendo questo ora il mio proposto.

Non è adunque la Gerusalemme di oggidì, qual fù l’antica, ma, per lo contrario, il suo giro è meno di 3. miglia, con meno di 20. mila abitanti. E’ situata su le pendici de’ già detti monti, alta ad Occidente, e bassa ad Oriente. Ha sei porte, dette di Betlem, del Monte Sion, Sterquilina, di S. Stefano, di Erode, e di Damasco; oltre la porta Aurea, che è serrata. Le sue mura non sono forti, non essendovi bastioni, ma picciole torri, senza [p. 124 modifica]artiglieria, e senza fosso; fuorche dalla parte di Ponente, dove non è molto profondo. Vedesi ivi vicino il Castello, fabbricato da’ Pisani sopra le ruine della Torre di David, che si stende sopra le muraglie della Città. Vi sono pochi soldati di guarnigione, ed alcuni pezzi di artiglieria smontati, che sognano essere stati di Gottifredo Buglione. L’antico Castello, avandovi Davide stabilito la sua Reggia, dopo il discacciamento de’ Jabusei, fu dal medesimo chiamato Sion.

Nella Città non si beve altra acqua, che di cisterna (che scioglie il ventre come una purga) poiche l’acqua del Fons Signatus corre solamente nel Tempio di Salomone, e nel palagio del Cadì; e sono parecchi anni, che l’acqua si compra non men cara, che il pane. E’ governata la Città, e sue vicinanze da un Sangiacco dipendente dal governo dì Damasco.

Erano stati i Religiosi rinserrati sette mesi, a cagion della peste, che avea empiute di straggi tutte le vicine contrade; e dovendosi fra pochi giorni ammettere i Cristiani alla comunione, per amor mio si anticipò. Per tal cagione tutti i Fedeli furono la Domenica 30. a udir [p. 125 modifica]la Messa nella Chiesa de’ Padri: dove osservai, che le donne non portano ivi coperto il viso, con una maschera, come l’Egeziache, ma scoperto; e’l rimanente del corpo involto tutto in un lenzuolo bianco, tenendo in testa una Tadema, che è una berretta con molte punte. Si fece un battesimo, e’l padre del bambino mi chiamò per compadre.

Andai circa ora di vespro a visitare i Santi Luoghi, accompagnato da un Religioso a ciò destinato, e dal turcimanno del monistero. Fummo primieramente al monte Calvario: e montando per molti gradi, entrammo in una picciola Chiesa, tenuta da’ Greci, dove Abramo per ordine di Dio volle sagrificare il suo figliuolo Isac. Pochi passi più avanti si entra in una volta oscura, che fu già carcere di S. Pietro, e di presente serve di carcere anche a’ Turchi.

In un’altra Chiesa di Greci, che prima fu casa di Zebedeo, si mostra il luogo, dove nacquero S. Giovanni Evangelista, e S. Giacomo suoi figliuoli; e dietro la medesima gli appartamenti, che furono de’ Cavalieri del Santo Sepolcro. Passammo dopo per una mezzana volta (che dicono, la Porta Ferrea) per [p. 126 modifica]dove S. Pietro, liberato dalla prigione uscì fuori della Città in compagnia dell’Angelo. Indi non lunge entrammo nella casa di S. Marco, dove dicono, che S. Pietro lasciato dall’Angelo, si ritirò per ritrovare gli altri Apostoli; i quali si dice, che ivi cominciassero a battezzare in un fonte di pietra, che vi si vede: oggidì questo luogo è una picciola Chiesetta di Soriani. Non guari lontano si vede la casa, dove abitava S. Tommaso, che di presente è Moschea: e le case delle tre Marie, Cleophe, Jacobe, e Salome, nelle quali non si può entrare, per essere abitate da donne Turche. Più avanti, entrato in uno spazioso atrio, vidi la Chiesa di S. Giacomo, con un buon monistero abitato da 50. Frati Armeni. Per due porte grandi s’entra nella Chiesa, la quale è sostenuta da quattro gran pilastri, che formano un quadro, e tre navi, lastricate di buon marmo. Ella fu fabbricata dalla nazione Spagnuola, in onore di S. Giacomo, che quivi fu decollato; e’l luogo particolare del martirio si vede in una picciola volta, nella terza cappella a sinistra della porta. Nella prima, dallo stesso lato, s’adora il corpo di S. Macario Vescovo di Gerusalemme. [p. 127 modifica]La sedia del Patriarca Armeno è situata a destra del presbiterio. In una nicchia della picciola Chiesa delle donne, a man sinistra della grande, sono tre pietre mischie: nella maggior delle quali, venuta dal Sinay, ruppe Mosè le tavole della legge, allor che il popolo non voleva osservarla; l’altra a destra fu presa dal Giordano, presso al luogo, dove Cristo fu battezzato da S. Giovanni Battista; la terza a sinistra, stava nel monte Tabor, in quel luogo appunto, dove il medesimo si trasfigurò. Tutti i pellegrini, che vengono a visitare i santi Luoghi, sono ben trattati da questi Padri Greci; dando eglino buone stanze, e stalle per gli cavalli.

Usciti fuori della Città, per la porta del Re David, o del monte Sion, vedemmo la sepoltura di tutti i nostri Cristiani Cattolici; ed ivi vicino il residuo d’un antico muro della casa, dove morì la Madre Santissima, e S. Giovanni celebrò alcune Messe.

Pagato poscia un zecchino, entrai a veder la Chiesa de’ SS. Apostoli, che di presente serve di Moschea. Ella si è ad una nave, e grande all’uso del paese, con due colonne. Dalla parte d’Occidente [p. 128 modifica]ha la Torre, o campanile, donde il Santone chiama il popolo alle preghiere. Per alcuni gradi si scende alla Chiesa inferiore, la quale è bassa sì, ma più lunga della superiore. In quello luogo Cristo N.S. celebrò la Pasqua co’ suoi Apostoli, instituendo il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia; apparve loro dopo la Resurrezione, e consecrò San Giacomo Vescovo di Gerusalemme. Quivi scese lo Spirito Santo in lingue di fuoco sopra gli Apostoli. Quivi dicono, che venisse S. Pietro, quando fu dall’Angelo liberato dalla prigione; che fusse eletto S. Mattia Apostolo in luogo di Giuda; e che S. Stesano fusse fatto Diacono, con altri sei compagni: vi si nascosero gli Apostoli in tempo della persecuzione del Re Agrippa; e vi fecero il Concilio, determinando, che non era necessaria la circoncisione. Quivi fu riposta la colonna, dove su flagellato Cristo. Quivi S. Pietro celebrò la prima Messa nel giorno della Pentecoste, come anche S. Giovanni. Vi si vede il sepolcro del Re David (lungo palmi sedici) fattogli fare da Salomone. Dicono alcuni Autori, che vi sia anche quello di S. Stefano. Presso al Cenacolo mostrano il [p. 129 modifica]luogo, dove su sepellito il Re Manasse. Sotto la scala, per cui vi si scende, vogliono in ogni conto, che fusse arrostito l’agnello, che Cristo mangiò co’ suoi Apostoli nell’ultima Cena; ciò che siccome è verisimile, è anche di poca importanza. Fuori della Chiesa è la cisterna, dove i discepoli si separarono, per girne a predicare per tutto il mondo la Fede. Ella fu fabbricata dà S. Elena (siccome tutte l’altre de’ luoghi santi) e ristorata poi da Sancia Regina di Napoli, e di Sicilia.

Sopra il monte Sion ivi vicino (dove si vedono ancora le vestigia della Reggia di Davide) è un’altra picciola, ma pulita Chiesetta, tenuta dagli Armeni, nel luogo della casa di Caifas, nel cui atrio era la cucina, dove si scaldava S. Pietro, quando negò tre volte Cristo; e perciò mostrano nel muro dell’istessa Chiesetta il luogo, dove cantò il gallo, non essendovi più oggidì la colonna. Mostrano eziandio, dalla parte sinistra dell’altare, una volta, dove Cristo fu posto prigione, e flagellato la prima fiata. Su l’altare sta fabbricata, ed occupa gran parte di esso, la pietra del Santo Sepolcro, che tolsero gli Armeni da quella Chiesa, in tempo delle guerre [p. 130 modifica]di Candia; quando su loro data in custodia, essendo stati carcerati i Frati Cattolici. In questo medesimo luogo Giuda vēdè Cristo per 30. danari, ed ivi anche gli rese per girsi ad impiccare da disperato.

In un quadrivio fuori della Città mi fecero vedere, dove Maria Vergine fece il primo miracolo dopo morte, mentre che gli Apostoli portavano il suo corpo a sepellire nella Valle dì Giosafat.

Rientrando in Città per l’istessa porta, osservai dietro il giardino del Convento di S. Giacomo, la casa d’Anna; dove Cristo fu legato ad un’ulivo, di cui sono ancora i rampolli nell’atrio della Chiesa ivi edificata, e tenuti in gran venerazione dagli Armeni, che vi ufficiano: dentro la medesima, a man sinistra, si mostra la porta (oggidì serrata) per la quale uscì Nostro Signore, dopo essere stato interrogato della sua dottrina, e discepoli, e percosso con una guanciata.

Passammo di nuovo fuori, per la porta Sterquilina (così detta dalle immondizie, che vi scorrono da presso) per la quale Cristo entrò, venendo ligato ad Anna. Cento passi lontano vidi una grotta affatto rovinata, dove S. Pietro pianse amaramente il suo fallo, di aver [p. 131 modifica]negato il Maestro.

Rientrati di bel nuovo in Città, scendemmo verso la parte inferiore, e per un giardino, entrammo sotto le volte del Tempio, dove Maria Vergine fu presentata da’ suoi Genitori. Fu già Chiesa intitolata della Presentazione, con monistero di Monache; oggi però si è Moschea, dove i Turchi, sotto la disciplina di alcune matrone, tengono ad educar le loro figliuole, infin che siano in età da marito. La fabbrica è magnifica, di pietre lavorate molto grandi, essendo la minore di quattro palmi in quadro: e per quello che si potea scorgere, andando sotto con lumi, la Chiesa è grande con sette ale, formata da sei ordini, ogn’un de’ quali ha tre colonne.

Camminando per lo Bazar, arrivammo alla porta detta Speciosa, per dove entrò Cristo, quando andò al Tempio, e disputò co’ Dottori; per l’istessa venne Maria Vergine a presentare il Bambino Gesù nelle mani di S. Simeone, ed ivi ancora S. Pietro sanò il paralitico. Per questa si entra in lunghe, ed alte volte, dalle quali si passa al Tempio di Salomone, vietato affatto a gli occhi de’ Cristiani. [p. 132 modifica]

Lunedì ultimo di Agosto fui a vedere l’Ospedale di S. Elena, che in vero è una gran fabbrica. Fu edificato per alloggiarvi i pellegrini, che visitavano i santi luoghi; perlocchè vi si veggono più ordini di lunghe corsie, e ancora vi sono sette grandi caldaje, nelle quali si cucinava per gli poveri. I Turchi di presente sanno lo stesso, dando limosina in alcuni giorni anche a’ Cristiani.

Camminando avanti, vicino la porta Cedron, oggi detta di S. Stefano, mi fu mostrata la Probatica Piscina, dove Cristo sanò quell’infermo di 38. anni. Ella si è lunga 100. passi, larga 60. e profonda 40. fabbricata di buone pietre. Nella strada superiore si truova la casa del Fariseo, dove la Maddalena sparse il prezioso unguento sui piedi del Redentore, lavandogli con le lagrime, ed asciugandogli co’ capelli; onde ottenne il perdono de’ suoi peccati. In memoria di che, vi si vede allato una divota Cappella della stessa Santa; giacché la casa serve d’abitazione a’ Turchi. Vicino alla medesima porta di S. Stefano, attaccata alle mura della Città, è la casa di S. Anna, dove nacque Maria Vergine; con una buona Chiesa, ma poco ornata, per esser in [p. 133 modifica]potere di Maomettani. Fuori la porta poi, per una strada, che va all’in giù, mi fu mostrato il luogo della lapidazione di S. Stefano, e la cisterna tagliata nel vivo sasso, in cui fu buttato il suo corpo.

Passando più oltre, di là del Cedron, entrai nella Chiesa, dove fu sepellita la Madre Santissima. Calatovi per 47° gradi, vidi a destra gli altari, dove furono sepelliti S. Gioacchimo, e S. Anna; ed a sinistra verso il mezzo della scala, dove fu sepellito S. Giuseppe. Nel piano della Chiesa, vicino al pozzo, è l’altare, in cui celebrano i Sacerdoti Copti; a destra è quello de’ Giacobiti; a sinistra de’ Giorgiani: l’altar maggiore stesso della parte di fuori è degli Armeni; a destra de’ Soriani; e dietro de’ Greci. Dentro un’altra Cappella poi picciolissima, in cui s’entra per 2. porticciuole, è l’altare, dove fu sepellita la Vergine, ch’è servito da’ nostri Cattolici; ivi sentii la Messa, che dissero due Frati di S. Salvatore. Prima d’entrare nella Chiesa, a man destra, si può andar nella grotta, dove Cristo Signor nostro sudò sangue. Ella fu ingrandita, e fatta più luminosa, per capirvi maggior numero di fedeli; e perche sconvenevole cosa parca (oltre [p. 134 modifica]l’incomodo) entrarvi dalla parte dell’orto di Getsemani, per quell’angusto forame, per cui entrò Cristo; vi fu fatta la porta, che serve di presente, serrando l’altra per venerazione. Restano ancora in quest’orto di Getsemani otto alberi di ulivi, che sono germogli, per quel che dicono, degli stessi, che vi erano, quando vi orò il Signore; il nono essendo stato bruciato da’ Turchi. Evvi anche il luogo, dove stava la Madre Santissima, mentre era lapidato S. Stefano, come anche dove ella lasciò la cintura a S. Tommaso. Nel rimanente non è molto fruttifero, essendo, per la più parte, pietra scoverta; però vi sono ottimi fichi, de’ quali per divozione mangiai a più non posso, invitato da’ Padri, a’ quali appartiene, per la pietà d’un Inglese, che lo donò loro, ricomperandolo da un Maomettano.

Ritornando in Città, camminai per la strada dolorosa (che comincia dalla casa di Pilato, e termina al Monte Calvario) nell’istessa maniera, che Cristo la passò, con la Croce in su le spalle. Entrammo in prima nella casa di Pilato, (presso alla quale si vede una stanza a volta nerissima, dove su flagellato il Signore la seconda volta) e montammo in [p. 135 modifica]alto per gradi diversi da quelli, per cui fu menato ii Redentore, trasportati già è gran tempo nella Scala Santa dì Roma. Nel primo piano si vede una stanza a volta luminosa, ch’era il Pretorio, dove Pilato sentenziò a morte Cristo; vedendovisi come un Divan, o strato elevato d’un gradino: sotto è una danza oscura, che ora serve di stalla, nella quale fu coronato di spine. Montato poscia sul tetto, potei a mio bell’agio osservare il Tempio di Salomone.

Questo Tempio fu da quel Re, con incredibile spesa edificato nello spazio di anni otto, impiegandovi non solo le sue immense ricchezze, ma le spoglie più preziose altresì, che suo Padre avea riportate de’ suoi nimici. Di quanta magnificenza, e splendore si fusse, mi taccio a bello studio, parlandone ampiamente le sacre carte; ed accennerò solamente di passaggio le lagrimevoli sciagure, che in diversi tempi sostenne. Primieramente Sesaco Re d’Egitto lo spogliò di tutti gli ornamenti; ristaurato poscia dal Re Josias, nel 18. anno del suo Regno, l’esterminò di nuovo l’empietà di Sedecia Re; il quale non andò impunito di sua sceleraggine; essendo fatto prigione da [p. 136 modifica]Nabuchdonosor, e privato della luce, dopo aver veduti i miseri suoi figliuoli tagliati in pezzi Io. Bap. Nicolos Herc. par. 3. pag. 265.. Rifatto di nuovo, Antioco figliuolo di Seleuco, 584 anni dopo la fondazione di Gerusalemme, lo spogliò del tutto, e lo profanò. E ristorato un’altra fiata, (non però giusta l’antico suo splendore) fu da Tito Imperadore distrutto, non men che desolata la Città, negli anni 71. di Cristo. Finalmente su le di lui rovine Adriano Imperadore eresse un Tempio a Giove, dopo aver domata la rubelle Giudea: per tacer d’altre vicende, che ne’ tempi appresso, questo maraviglioso edificio ha sperimentate; onde tutt’altro da quel che si era, n’è divenuto.

Quel che io dal mentovato luogo potei osservare, è una gran Piazza quadrata, del circuito d’un miglio, con 12. porte. All’intorno sono molte cappellette, ed abitazioni di Sacerdoti, come anche il palagio del Cadi, dove prima abitava il nostro Patriarca: e nel mezzo più alberi. Indi si passa alla seconda Piazza di figura rotonda, che ha meno dì un quarto dì miglio di giro, serrato di muraglie, cō molte porte bellissime, e colonne di marmo. Nel mezzo di questa è il Tempio di Salomone, di figura ottangolare, (con [p. 137 modifica]quattro porte opposte diametralmente) fabbricare al di fuori di porcellana, sin dove principia la cupola di piombo, che vagamente la termina. Dalla parte d’Oriente, allato del Tempio, è una galleria scoperta, e sostenuta da colonnette, dove dicono che sia una pietra tolta dal monte Oliveto, sopra la quale tenne i piedi nostro signore, quando salì al Cielo. Altro non potei osservare così di lontano, poiche i Turchi fanno o morire, o pur rinegare que’ Cristiani, che vi entrano.

Dirimpetto alla casa di Pilato, è quella d’Erode (benche tutta sia ammodernata, e poco vi si vegga dell’antico) dove entrammo per una porticciuola (essendo la prima serrata) presso alla quale è una picciola volta, dove stiede Cristo, prima d’esser menato in presenza d’Erode: e salendo su, vedemmo la stanza di giustizia, a guisa d’una saletta, dove fu interrogato dal medesimo Erode; e non rispondendo, fu vestito d’una veste bianca, e come pazzo rimandato a Pilato.

Nella piazza si vede l’arco, che sosteneva la loggia, donde fu mostrato al popolo da Pilato, dicendo; Ecce Homo: e non ha dubbio, che sia l’istesso, poiche [p. 138 modifica]le pietre corrose dal tempo fan testimonianza della loro antichità.

Più avanti si vede la porta, per dove passò Maria Vergine, per farsi incontro a Cristo (non potendo venire dalla strada a cagion della calca) e vedendolo a terra caduto, per lo peso della Croce, svenne; onde la Chiesa, che di presente vi è, si chiama dello Spasimo. Ivi dicono, che Simone Cirineo ajutò a portare la Croce. Pochi passi più oltre a man destra è la picclola casa di Lazaro, e più avanti quella del Ricco Epulone, sopra di alcuni archi, sotto a’ quali si passa. In questa abita il Governadore, in quella di Pilato il Bassà, ed in quella di Erode un Turco appellato Mustafà. Nell’istessa strada dolorosa è la picciola casetta di S. Veronica, che giusta l’antica tradizione, presentò a Grido un velo, per asciugarsi il volto, e vi restò del medesimo impressa l’effigie. Non guari lontano è la porta Giudiciaria (ma chiusa) per la la quale uscì il Signore fuori della Città, con la Croce in su le spalle; dove si vede una colonna di marmo, in cui fu affissa la sentenza di morte, com’era di costume. Poco lungi è una picciola Torre di pietre vive, che non merita nome di [p. 139 modifica]Fortezza detta Torre Antoniana, dove si fortificò Saladino, quando prese la santa Città: ed ivi vicino si veggono le reliquie del palagio di Gottifredo Buglione Re di Gerusalemme.

Il medesimo giorno di Lunedì, verso ora di vespro, fece il Padre Guardiano la cerimonia di lavare i piedi a me, e sei altri Religiosi pellegrini, con tanta solennità, e divozione, che durò due ore. Questo buon Religioso chiamato Fra Giovanni Battista d’Atine, si esercita ogni giorno in atti di virtù, e di cristiana umiltà, lavando i piatti, e scudelle del Refettorio. Io certamente molto debbo alla sua bontà, perocche m’assisteva con continua attenzione in alcune indisposizioni, che avea; e regalavami affettuosamente di confetture del paese.

Essendo il Martedì primo di Settembre uscito a buon’ora per la porta di Bettelemme, e scendendo dal monte Sion per la strada, per la quale gli Apostoli portarono la Madre Santissima al sepolcro, come di sopra ho riferito; mi fu mostrata all’incontro la valle, chiamata Mal Consiglio, perche ivi Caifas co’ suoi Consiglieri deliberarono la morte di Cristo: ciò che ha dato nome eziandio al [p. 140 modifica]picciolo Casale abitato da Arabi, su la sommità del monte, che domina la valle. Passati a piedi dall’altra parte della valle suddetta, trovammo varj sepolcri di Giudei, ed alla falda del monte il Campo Santo, comperato co’ trenta danari, con cui fu venduto Cristo, per farvi la Sepoltura de’ Pellegrini. Questa sepoltura è di 30. passi in quadro, cavata nel sasso. Dalla parte di sopra sono alcuni spiragli, per gli quali gli Armeni calano giù i corpi de’ loro. Più sotto si vede cavata la grotta, dove si nascosero otto Apostoli, quando Cristo su crocifisso: e più in giù si truova un pozzo profondo, dove Neemia sommo Pontefice nascose il cuoco santo, allora che gli Ebrei furono condotti schiavi in Babilonia. Poco più sopra è il luogo, dove su segato per mezzo Isaia Profeta, ed un gelso bianco, in vece del cedro, che s’apri, e lo nascose dentro il suo tronco. Allato di detto gelso è la Natatoria di Siloe, dove Cristi illuminò il Cieco nato. Ella è tutta di fabbrica, lunga 40. palmi, larga 16. e profonda 20. con acqua dentro non molto buona; che passa poi nella fonte, dove dicono, che la Vergine lavasse i panni del suo figliuolo bambino; si [p. 141 modifica]scende sino all’acqua per più di 20. gradi.

Camminando per la valle di Giosafat, mi mostrarono a man destra la villa di Siloe, dove Salomone teneva le sue concubine; e nell’alto della montagna l’abitazione della figliuola del Re Faraone d’Egitto: che perciò il chiama oggidì Monte dello scandalo. In fine della medesima valle, a piè d’un’altro monte (ch’è quello appunto, nella cui sommità s’impiccò Giuda ad un fico di Faraone) sono i sepolcri degli Ebrei, i quali per tal cagione pagano a’ Turchi un zecchino al giorno, o che vi sepelliscano, o nò. Più avanti si vede il sepolcro di Zaccaria figliuolo di Barachia (che fu ucciso fra l’altare, e’l Tempio) d’una sola pietra tagliata nella rocca: allato del quale è la grotta, in cui, quando Cristo fu crocifisso, si nascose San Giacomo, giurando di non voler mangiare, sino a tanto, che nol’ vedesse risuscitato; onde il Signore poi gli comparve il terzo giorno, portandogli da mangiare. Pochi passi più oltre si truova il sepolcro di Assalone, tutto d’una pietra sino al primo cornicione (simile alla grotta di S. Giacomo) e perché era vuoto vi entrai dentro sino alla cupola. Dietro a [p. 142 modifica]questo fu fatto parimente il sepolcro a guisa di grotta nel vivo sasso, per sepellirvi il Re Giosasat. In mezzo al torrente Cedron (che non porta di presente acqua) sopra una pietra, si vede l’orma di nostro Signore, quando vi cadde, essendo portato legato. Rimontando sopra, fui a vedere i due archi della Porta Aurea, per la quale il giorno delle Palme entrò Cristo trionfando; però oggi è serrata, com’è detto di sopra. Dopo vespro, con l’occasione, che si aprì il santo Sepolcro, entrai a visitare tutti i Santuarj del medesimo.

Sentita di buon’ora la Messa Domenica 2. montai sopra uno de’ cavalli del Padre Proccuratore Generale, e presi la via di Bettania, accompagnato dal turcimanno, e da’ Frati. Fatto un miglio e mezzo sul monte, mi fu mostrato il luogo, dove Cristo venendo dal Giordano, diede la maledizione al fico, del quale non resta memoria. Più avanti a destra si vede una gran muraglia, che dissero essere avanzo della casa di Simon leproso, che convitò Cristo. Più in giù sopra la Città di Bettania, è il Castello di Lazaro, di cui rimane in piedi una muraglia larga 14. palmi, e soda come una rocca. [p. 143 modifica]Sotto al medesimo, entrando per un’angusta porta, si scende per 28. gradi nel suo sepolcro, cavato eziandio dentro al vivo sasso. Si truova in prima una picciola stanza, da cui per un stretto forame, che stava serrato d’una grossa pietra, si passa in un’altra, dove non è, che un’altarino, per celebrar la Messa, sopra l’istesso Sepolcro, donde fu richiamato in vita da Cristo. Più sopra si veggono le fondamenta della casa della Maddalena, e della casa di Marta, con una cisterna tagliata nel sasso, la di cui acqua non trovai buona a bere.

Non molto lontano mostrano una pietra acuta, sopra la quale dicono, che sedesse Cristo, mentre che parlava a S. Marta intorno la morte di Lazaro: e camminandosi per la strada del monte Oliveto, a destra, nel luogo detto Bettafan, additano un monticello, dove Cristo montò sopra l’asino, per entrare in Gerusalemme il giorno delle palme.

Più in alto è il monte Oliveto, dal quale Cristo salì al Cielo, lasciando ivi due pedate, una delle quali fu portata nel Tempio di Salomone, e l’altra è rimasa su d’una selce. Questo luogo stà rinchiuso in una cappella rotonda, la di [p. 144 modifica]cui chiave tiene un Santone Maomettano. In un grand’atrio poi circondato da mura, vidi la pietra, dove sederono gli Apostoli, detta Viri Galilei. Scendendo dal monte, a man sinistra si truova per terra una colonna, presso alla quale l’Angelo apparve a Maria Vergine, che andava a visitare i luoghi della Passione, dandole una palma per annuncio di sua morte: e dallo stesso lato è la grotta, dove fece penitenza, e morì S. Pelagia.

All’incontro è il luogo, dove (come ivi si dice) Cristo compose il Pater noster; poco lungi a destra, donde egli pianse sopra la Città di Gerusalemme (oggidì vi è una casa) nè molto discosto predicò a gli Apostoli del Giudizio universale. Più in giù sono i sepolcri de’ Profeti, che s’apersero nella morte del Salvatore; e dodici grotte tagliate nel sasso, in cui è fama, che gli Apostoli componessero il Simbolo della Fede.

Non potendosi andare al fiume Giordano, se non in tempo di Pasqua, con gran numero di pellegrini, e buona scorta di soldati, per tema degli Arabi; mi contentai di vedere dall’alto del monte Oliveto, così il fiume, come il Mar morto, (dove furono inabbissate le cinque [p. 145 modifica]Città di Sodoma, Gomorra, etc.) che dissero esser lungo 60. m. e largo 16. e con acqua oltremodo puzzolente: da Mezzodì vi entra il Giordano, e n’esce da Settentrione, per girsene al Mare; qual fiume dicono, che sia rapido, e largo da 40. palmi. Mi fecero vedere altresì da lontano un’altra montagna, detta della Quarantana, dove Cristo digiunò.

Dopo vespro uscendo della porta di Damasco, venne un Dervis ad aprirci la loro Moschea; dove tagliata nel vivo sasso, si truova una grandissima grotta di 150. passi di circuito, ed alta 30. Nel mezzo è un gran piano, per cui passeggiando, dicono che componesse le lamentazioni il Profeta Geremia; e nell’alto a destra della entrata la pietra, sopra la quale dormiva. Mezzo miglio più oltre si vedono i sepolcri di tre Re, cavati similmente nella soda rocca. Si entra primieramente per uno stretto forame, con la pancia per terra, in una comoda stanza di 15. piedi in quadro, nella quale sono picciole porte: la prima a sinistra dà l’ingresso in una stanza poco più picciola, all’intorno della quale sono sei altre porticciuole, che danno [p. 146 modifica]l’adito ad altrettanti sepolcri: la seconda porta conduce ad una simile stanza, che tiene sette sepolcri; però in ciascheduno sono due, e tre tombe, ed una spezialmente di marmo scoperta, dove dissero, essere stato sepellito un Re: per la terza si và parimente in una stanza, nella quale sono 9. porticciuole, donde si và in altri sepolcri con due, e tre sepolture per parte. Entrando per una di queste porte, fatta di marmo artificiosamente, e che sola resta in piedi dell’altre molte, che vi erano; vedemmo un’altra tomba di Re, anche scoperta, che teneva per impresa intagliati a capo un’arco, ed un fiasco. La quarta porticciuola della prima stanza dà il passaggio, benche difficile, nel terzo sepolcro regio, di cui la tomba di marmo è rotta. Certamente questi sepolcri sono la più singolare, e maravigliosa opera, che possa vedersi in Gerusalemme; tanto più, che tutti gli ordigni per serrare, ed aprire sono del medesimo sasso.

Camminando verso le mura della Città, si vede il carcere di Geremia, cioè a dire, una piscina a due volte, piena d’acqua, nella quale dicono, che stasse il Profeta coperto sino alla gola. [p. 147 modifica]Tutti questi luoghi si veggono colla spesa di pochi medini, poiche la miserabile condizione di quegli Arabi fa contentargli di poco.

Giovedì 3. il Padre Proccuratore mi diede il suo cavallo, per andare in Bettelemme, facendomi eziandio accompagnare da due turcimanni, e tre Frati. Non potemmo uscire di buon’ora fuori della Città, perche i Turchi tenevano serrate le porte, a cagion delle preghiere, che d’ordine del G. Signore facevano ogni Giovedì, per lo felice successo della guerra: quali terminate, ed aperte le porte, seguitammo il cammino; vedendo frattanto, presso la Città, il bagno di Bersabea, serrato d’alte mura, lungo 100. passi, largo 40. e 30. profondo; in sito tale, che potea essere scoverto dal palagio del Re David, ch’era su l’alto della collina, siccome altre volte si è detto.

Due miglia da Gerusalemme a man sinistra, si vede un’albero di fico, nel luogo appunto ov’era piantato il Terebinto, sotto il quale si riposò Maria Vergine col Bambino, venendo per presentarlo nel Tempio. All’incontro (un miglio però discosto dalla strada) su l’alto del colle è una Torre, dove vogliono, che [p. 148 modifica]morisse S. Simeone. Più avanti, nel mezzo della strada, mirasi una cisterna, presso a cui i Re Maghi videro di nuovo la Stella; ed a destra della medesima strada, pochi passi discosto, si scorgono in piedi due mura (come dicono) della casa, ove era Abacuc Profeta, quando fu portato dall’Angelo in Babilonia, per dar soccorso col cibo a Daniele, nel lago de’ Leoni. Non molto discosto è il luogo, dove riposò Elia Profeta, fuggendo dalla persecuzione di Jezabele: di che rendono chiara testimonianza le sue membra impresse nel vivo sasso, a destra della strada. I Greci per memoria di tal fatto, v’han poco lungi a sinistra fabbricato un Convento sotto l’istesso titolo, nel quale celebrano i divini uficj.

Più avanti a destra è ancora in piedi un muro della Torre, dove riposò Giacobbe, quando venne da Mesopotamia; e le vestigia del sepolcro di sua moglie Rachele, che ivi morì, sono mezzo miglio più oltre.

Prima d’entrare in Bettelemme, osservammo quella cisterna, delle cui acque avendo desiderio David, e passando i suoi Capitani, con gran periglio, per mezzo l’esercito nemico (che lo teneva [p. 149 modifica]assediato) per pigliarne un picciol vaso; egli non volle gustarne. Giugnemmo in fine dopo sei miglia di strada in Bettelem, e riposammo nel Convento de’ medesimi Padri di S. Francesco. Bettelcm, o Bethlehem, Città più d’ogn’altra nel Mondo gloriosa, per la nascita, non già di Beniamino, ma del Salvatore dell’Universo, è a gradi 31. di latitudine: abitata men che mezzanamente, e da pochissimi Cattolici. Ella essendo posta su d’un’amena collina, gode d’un’aria perfettissima; tal che a gran ragione amò di farvi suo domicilio Santa Paola Romana, che vi morì eziandio nel 404. La Chiesa maggiore di questa Città, restituita non ha guari a’ Cattolici da’ Religiosi Greci, è delle migliori, che siano in Oriente; imperocche è a cinque navi, formate da quattro ordini di buone colonne di marmo, dieci per ciaschedun’ordine, che fanno il numero di quaranta: oltre delle quali ne sono altre dieci nel Coro, ch’è chiuso con muro da per tutto. Il pavimento è ben lastricato, e’l tetto alto proporzionatamente. Il Convento poi ha un buon giardino, ed ottime stanze, in cui abitano 12. Religiosi. Hanno eglino un’altra picciola [p. 150 modifica]Chiesa, dedicata a S. Caterina, lastricata altresì di buon marmo del paese, della quale si servivano prima di ricuperar la grande. I Padri Greci allato della Chiesa grande, hanno anch’essi la loro Chiesetta, e Convento, separato da quello degli Armeni; il quale è vicino alla porta grande, con l’entrata nella Chiesa de’ nostri, per aver’agio di venerare il Santo Presepe, e’l luogo, ove nacque nostro Signore. Si scende a questa fortunata, e pregevolissima danza dal Coro della Chiesa grande, per due opposte scale di 16. gradini l’una. Il luogo appunto della Natività, nel fine della grotta, è coverto, per venerazione, di un gran marmo, segnato con una Stella, sul quale, come in un’altare, suol celebrarsi Messa. Il Presepe è abbellito, al meglio che s’è potuto, da 3.colonne; una nel mezzo, e l’altre a’ due lati: negli angoli, un gradino più in giù, sono 2. altre colonnette ineguali, fra le quali è come una mangiatoja fatta di marmo, con un picciolo spazio, quanto potria capire un bambino; e dirimpetto è la pietra, sopra la quale sedeva Maria Vergine, col figliuolo in braccio, quando vennero i Maghi ad adorarlo. E’ questa picciola grotta tutta [p. 151 modifica]divenuta nera, ed inegualmente tagliata nel sasso: dalla parte d’Occidente è stata un poco aggrandita, per farvi capire i fedeli; il suolo è lastricato di marmi, e tutto il luogo generalmente spira santità, e divozione.

Dalla Chiesetta di S. Caterina si scende (per una scala oscura di 24. scaglioni, tagliata nel sasso) in una grotta, dove furono sepelliti molti di quegl’innocenti fanciulli, che fur fatti morire da Erode, con un’altare in loro onore. A sinistra è la cappella di S. Giuseppe, dove dicono, ch’egli si ritirasse nella nascita del Signore; e montando poi per dieci gradi, si entra per un’altra porta, a piè della grotta della Natività. Ritornando in dietro, sulla fine di detta scala, si entra a destra, per una porticciuola, che conduce in un sentiero cavato nel sasso, a destra del quale è il sepolcro di S. Eusebio Abate: ed entrando di nuovo in una picciola grotta a destra si truova il sepolcro di S. Girolamo; a sinistra quello di S. Paolo, e di Eustachia sua figliuola. Più oltre a destra, in un’altra stanza più grande, si vede l’Oratorio di S. Girolamo, dove tradusse la sacrata Bibbia. A sinistra della Chiesa si veggono alcune magnifiche [p. 152 modifica]volte sostenute da cinque colonne, in cui dicono, che insegnasse lo stesso Santo: oggidì serve di stalla agli Armeni.

Dopo desinare andai vedendo gli altri luoghi degni di memoria fuori di Bettelemme. Prima di tutti, circa un miglio, e mezzo fuori della Città, osservai in un piano il Casale, e la grotta de’ Pastori, in cui si scende per quindici gradi sotto terra: evvi un’altare dentro per celebrarvi la Messa, ed allato una volta, sulla quale, per lo passato, fu una Chiesetta, rovinata poi dal tempo. In questo medesimo Casale, ora quali disabitato, è la cisterna, che chiamano della Madonna; perche passandovi ella, ed essendole negato da bere, l’acqua prodigiosamente venne da se stessa su l’orlo, e dapoi ch’ebbe bevuto tornò al suo luogo: siccome per antica tradizione si narra. Tre miglia lontano si scorge un monte rotondo, che dicono de’ Francesi; perocche vi si mantenne quella divota, e valorosa nazione per 40. anni dopo presa Betulia, ch’era a’ piedi del monte. Vi sono ancora reliquie di fabbriche su la sommità.

Dentro Bettelemme stessa, un tiro di pistola lontano dal Convento, è la grotta, detta della Madonna, perche ivi la [p. 153 modifica]Vergine si ritirò, fuggendo in Egitto. Entrando per angusto forame, si scende dieci gradi, a fine de’ quali è la picciola spelonca, con un’altare. Egli si è ben vero, che la divozion de’ fedeli è andata facendola sempre più grande di quel che era, per toglier di quella pietra bianca, che giova molto a’ febbricitanti, ed alle donne, che han perduto il latte; e perciò si chiama di presente la grotta del latte. Non molto lontano sono le reliquie dell’Ospedale, che fece fabbricare S. Paola. Le reliquie del Convento, fatto dalla medesima, sono un mezzo miglio lontano dalla grotta de’ Pastori. La casa di S. Giuseppe era lontana dalla grotta della Madonna un tiro di schioppo; però oggi non ne resta altra memoria, che qualche poco delle fondamenta.

Lontano da Bettelemme due miglia; nella strada di Tecuc, patria del Profeta Abacuc; si vede su l’alto d’un monte la villa di Salomone, ed un fonte copioso d’acqua, che forsi era delizia di quel Re: come anche, poco più sotto l’Orto chiuso del medesimo (chiuso in vero dalla Natura) dove furono per lo passato frutta d’ogni sorte; ma di [p. 154 modifica]presente è un campo. Sagliendosi dall’Orto alla Villa, circa due miglia lontano dallo stesso, si scorgono tre piscine grandi, situate in maniera tale, che l’acqua soprabbondante nella superiore, è ricevuta nell’inferiore. La prima è lunga passi 200. e larga 90. la seconda lunga 220. e larga 90. la terza della stessa larghezza, e lunga 160. profonde tutte e tre passi 18. In tempo di Salomone si riempievano dell’acqua del Fons signatus; ora però essendo rovinato il condotto, non ricevono altr’acqua, che dal Cielo.

Poiche abbiamo fatto menzione del Fons signatus, sie bene di sapere com’egli è situato su la strada d’Hebron, in luogo superiore alle piscine, e 14. palmi sotto il piano della strada: e che indi scaturisce l’acqua per tre sorgive, che unite insieme la tramandano, per un’aquidotto alla Città santa, nel Tempio di Salomone, e nel palagio del Cadì. Si può credere, che fusse un luogo di ricreazione del Re Salomone, vedendosi molte belle colonne, e pezzi di mosaico per terra, avanzi forse di qualche vaga abitazione.

Un miglio lontano dal fonte suddetto, truovasi una Chiesa dedicata a S. Giorgio, [p. 155 modifica]con un Convento, dove abitano quattro Caloyeri, o Preti Greci, molto miserabili, rispettati nondimeno da’ Turchi a cagion dell’istesso Santo: perocché eglino tengono la catena, con la quale fu quegli legato, che posta sopra al collo, o di Turco, o di Arabo, o di qualsivoglia altra Religione, guarisce senz’alcuno fallo dalla pazzia. Veduto tutto ciò, ne ritirammo la sera, ch’era già molto tardi, nel Convento di Bettelemme.

Il Martedì 4. udita la Messa, e comunicatomi nell’altare della Santissima Natività, mi partii con la compagnia suddetta. Un miglio discosto vidi un piano, entro la valle, appellato il Campo di Sennecherib, dove l’Angelo uccise in una notte 185. mila uomini, che andavano a porre l’assedio a Gerusalemme: ma per molto che sia certa l’istoria, contenendoli nella Sagra Scrittura; può nondimeno con gran ragione dubbitarsi dell’identità del luogo, per la picciolezza del suo spazio, rispetto a sì gran numero d’uomini accampati.

Più avanti a destra del colle mi dissero, che ivi le spie di Mosè trovarono quel grandissimo grappolo d’uva, portato da due uomini. Nell’istessa valle [p. 156 modifica]camminando, giugnemmo ad un fonte di ottime acque, dove mi narrarono, che San Filippo battezzò l’Eunuco della Regina Candace: e verso l’alto del monte è la Villa, in cui il medesimo Santo nacque.

Di là del monte due miglia, è il Deserto, dove S. Giovanni Battista dimorò 23.anni, fuggendo l’ira d’Erode. Vi si vede un’albero di corniole, o carube, delle quali dicono, che si pascesse il Santo; ed una sorgiva di buon’acqua. Scendendosi in giù, ed innoltrandosi nella concavità della rupe, si truova la grotta, nella quale egli menò asprissima vita, dormendo sopra una dura pietra: vi è un altare per celebrarvisi la Messa.

Seguendo il cammino per andare al Convento di S. Giovanni, mezzo miglio prima di giugnervi, è la casa di Zaccaria (per l’addietro monistero di monache) nella quale Maria Vergine andò a visitare S. Elisabetta, e compose il cantico Magnificat. L’edificio è mezzo sepellito nel terreno, onde conviene scendervi per 25. gradi. Vi si vede un’altare per celebrarvi, ed allato due grandi volte, che servivano di cantina, e refettorio alle monache: nella più grande è una [p. 157 modifica]cisterna di acqua freddissima, ma non molto buona a bere.

Andammo poscia al Convento, e da quei Padri fummo accolti con molta cortesia. La Chiesa è picciola con cupola sostenuta da quattro pilastri. A destra, si scende per dieci gradini nel luogo, dove nacque San Giovanni Battista, fatto nell’istessa guisa di quello della Natività del Signore. Sopra l’alto d’un monte, dirimpetto al deserto, è una villa detta Modin, o Suva, nella lingua del paese, nella quale nacquero i Maccabei, che furono sepolti poi vicino la villa di San Giovanni Battista; dove restano ancora in piedi sette archi de’ loro sepolcri. Sopra il medesimo monte su sepellito S. Samuele, e di presente vi è una Chiesa.

Quattro miglia lontano da San Giovanni Battista, nella medesima valle, è il Convento di S. Croce, con 13. Frati Greci, nel sito, dove dicono sia stato tagliato il legno della Santa Croce. La fabbrica è buona, e la Chiesa benche picciola è assai bella, ornata di dipinture, e di un pavimento a mosaico. Nell’altar maggiore si osserva un buco, dove era l’albero, che fu tagliato per la Santa Croce.

Appressandosi a Gerusalemme, si vede [p. 158 modifica]il luogo detto Gion, delizia già del Re Davide, dove fu coronato Salomone. Dell’edificio si scorgono poche reliquie, ed una piscina lunga 50. passi, larga 30. e profonda 15. Quivi sono i sepolcri de’ Turchi, e favoleggiano esservi stata abitazione di Giganti.

Non potendo, per tema degli Arabi, andarvi col piede, proccurai almeno da lungi con gli occhi, vedere il luogo, dove Cristo si accompagnò co’ due discepoli Luca, e Cleofe: la villa di Beleazar, in cui Assalone uccise il suo fratello Ammone, per aver violata la sorella Thamar: la casa di Cleofe, dove Cristo se gli diede a conoscere nella division del pane: il campo detto Gabaon, dove Giosuè combattè, e vinse cinque Re di corona, facendo fermare il Sole, per averne compiuta vittoria: il fonte di S. Samuele, e’l sepolcro dell’istesso: i sepolcri de’ Giudei: il sepolcro della Regina Elena, con quello della Regina Saba: le celle di S. Giovanni Crisostomo, di S. Giovanni Damasceno, e di San Basilio: la sepoltura, dove si trovarono 40. Martiri: l’oratorio dell’Abate Arsenio: il fonte, ed oratorio di S. Saba: e per fine la grotta di Engaddi, nella quale David tagliò la veste al [p. 159 modifica]Re Saulle, che lo perseguitava.

Sabato 5. pagai 16. piastre d’Olanda, per far aprire il Santo Sepolcro: spesa, che non può evitarsi da niun Cristiano, ch’entra le porte di Gerusalemme; notandone a tal’effetto i Turchi l’ingresso. Fui dopo il desinare ricevuto con molta carità dal Guardiano, e da 12. Frati, che vi assistono; facendo la solita processione, uniti a’ Sacerdoti del Convento superiore, acciò potessi visitare tutti i Santuarj: cerimonia, che si pratica parimente in Bettelemme, quando vi giungono pellegrini. Restai la sera serrato in questo sacro luogo, per far le mie divozioni, imperciocche i Turchi chiudono le porte, e portan via le chiavi.

Mi confessai la mattina di Domenica 6. e poi sentij Messa, e mi comunicai nel Santo Sepolcro. Nell’atrio della porta della Chiesa, sono sei Cappelle, o Chiesette, sotto i titoli di S. Maria in Golgota, di S. Giorgio, di S. Giovanni Battista, S. Maria Maddalena, S. Michele, e S. Angelo; custodite per la maggior parte da’ Greci, Armeni, e Copti, i quali tutti hanno le lor Chiese, ed abitazioni nel medesimo luogo. I Greci però faranno al num. di 12. gli Armeni 4. ed un [p. 160 modifica]solo Copto: Soriani, ed Abissini non ve ne assistono.

La Chiesa del Santissimo Sepolcro non ha cosa alcuna di vago, ma spira d’ogni intorno pietà, e divozione. Ella è molto antica, ed oscura; non ricevendo altro lume, che dalla parte superiore della cupola, serrata d’una rete di ferro filato, per la quale l’inverno di necessità piove sopra la cappella del Santissimo Sepolcro; non potendosi dar lume per altra parte. La sua figura è rotonda sino alla sommità, con 14. colonne di marmo, e 6. pilastri antichissimi, che sostengono le volte d’intorno la medesima Chiesa, sopra le quali sono alcune stanze, 11. de’ Frati di S. Francesco, e 6. de’ Greci, però oscure, e poco ornate.

Tengono costoro una bellissima Chiesa a destra della porta, con buonissime dipinture, e cupola; siccome un’ottimo Coro, ed altare, presso al quale è situata una maestosa sedia per lo loro Patriarca. I Padri Francescani ufficiano nella loro, allato del Santo Sepolcro, e se bene picciola, ella è nondimeno ornata decentemente. Vi sono due marmi rotondi, presso a’ quali Nostro Signore apparve a Maria Vergine dopo la resurrezione. [p. 161 modifica]Vedesi anche per una inferriata la colonna, dove fu flagellato, ch’è di marmo mischio, ed alta tre palmi, vicino alla quale è una pietra, che fu trovata dentro il Sepolcro. Nella medesima Chiesa grande, scendendosi quattro gradini, si venera il luogo dell’apparizione del Signore risuscitato in forma dì Ortolano, alla Maddalena, coverto però d’un marmo rotondo per riverenza. Continuando per la prima arcata, nel fianco della stessa Chiesa (che per quella parte ha due navi) si scende per tre gradi nel carcere, ove fu tenuto il Signore, mentre si preparava la Croce; ella si è una cappella oscura a volta, sostenuta da piccioli pilastri, che la rendono a tre ale. Ritornando indietro dalla parte sinistra, si trovano due buchi, dove dicono, che cadesse Cristo: e passando alla seconda arcata dietro la Chiesa de’ Greci, vedesi la cappella di Longino, parimente a volta, e poco abellita, posseduta da’ medesimi Greci, come quella del carcere. Allato è un’altra cappella, col luogo, nel quale i soldati si divisero le vedi di Cristo, che tengono gli Armeni. Dall’istessa parte, per 30. gradi si scende nella cappella di S. Elena, la quale e più [p. 162 modifica]grande dell’altre, con una buona cupola, sostenuta da quattro colonne, che da’ lati lasciano due picciole navi; dove a destra è la cappella del buon Ladrone, tenuta dagli Armeni; dall’altra parte è una cappella, tenuta da’ Greci, in cui, vicino la scala del Calvario, è la colonna degli Improperj, di pietra mischia ordinaria, alta tre palmi, e sei di giro.

Per undici gradini tagliati nel sasso si scende nel luogo, dove fu ritrovata la Croce da S. Elena: questa è una cappella oscura, se bene alta, appartenente a’ Cattolici.

Poco avanti, dietro la Chiesa de’ Greci, si saglie per 18. gradi al Calvario, nel quale sono quattro volte: nella prima a destra, tre palmi alto dal pavimento, è nel sasso il buco, dove fu posta la Santa Croce; con un marmo rotondo sui suolo, che cuopre il sito, dove era la Madre Santissima, mentre si dirizzava la Croce; ed ivi vicino una grande, e profondissima apertura: e quello si è de’ Padri Greci. A sinistra è il luogo, dove fu inchiodato Nostro Signore, con due altari, un grande, e l’altro picciolo. Sotto la quarta volta sono cinque pietre, per legno, che ivi Nostro Signore [p. 163 modifica]fu spogliato; qual luogo è de’ Cattolici, come anche la cappella della Madonna, ivi da presso, alla quale s’entra per la porta di fuori. Nella medesima stavano Maria Vergine, e San Giovanni, mentre Cristo a lei rivolto dalla Croce, disse: Mulier, ecce filius tuus, e a S. Giovanni: Fili, ecce mater tua. Sopra il medesimo monte è l’abitazione de’ Greci.

Scendendosi dal Calvario, si entra in una cappella, tenuta da’ Greci, e che si chiama di Adamo, perche ivi dicono, che sia stata ritrovata la testa del nostro primo Padre. A destra della porta è il sepolcro di Balduino, a sinistra di Gottifredo Buglione fratelli. Ve n’è un’altro, che dicono di Melchisedech, non so con qual fondamento.

All’incontro la porta grande si truova la pietra della santa Unzione, su di cui fu unto il Nostro Redentore. Ella si è di marmo bianco, lunga otto palmi, e larga quattro, serrata con balaustrata di ferro. Più in giù è custodito dagli Armeni un luogo, segnato nel pavimento con una pietra rotonda, dove stavano gli amici di Cristo, per vedere dove si sepelliva. Tutti questi Santuari sono illuminati da molte lampane, ed io, [p. 164 modifica]secondo l’ordine riferito, gli visitai processionalmente co’ Padri.

La cappella del Santo Sepolcro è di 24. palmi in circa di circuito, nel mezzo della Chiesa, con una picciola cupola sostenuta da dodeci colonnette. Entrandovi per una picciola porta, si vede al lume di 17. picciole lampadi, che vi stanno dì, e notte accese, la pietra, che rimosse l’Angelo dalla bocca del monumento, mezzo sepellita nel suolo. Per angusto buco si entra ne sepolcro, ch’è di otto palmi in quadro; dove si truova il monumento della stessa lunghezza, che coperto d’un marmo, serve di altare, per celebrarvi la Santa Messa. Con tutto che vi siano tre forami nell’alto, per dar uscita al fumo; è nondimeno troppo caldo, a cagion di quarantasette lampade, che vi ardono di continuo. Così quello, come l’Oratorio, che lo racchiude, sono coperti dentro, e fuori di seta. I Copti hanno la loro Cappella attaccata alla parte posteriore dei medesimo; all’incontro la quale (passando prima per la cappella de’ Soriani, e poi per una strada tagliata nella rocca) si veggono, cavati per lungo nel sasso, i sepolcri di Nicodemo, e di Giuseppe ab Arimathea; oltre [p. 165 modifica]quello, che questi fece farsi separatamente, a simiglianza del sepolcro di Cristo.

Montai poscia (per la scala vicina al luogo degli Amici di Cristo) alla cappella degli Armeni, e vidivi celebrar Messa. Era il Sacerdote vestito d’un piviale, con collaro simile a quello dell’abito de’ Teatini; ed avea una lunga berretta in testa. Uscì nella cappella, con un picciolo calice coperto di velo, al suono di varj sonagli d’argento, ch’aveano gli assistenti nelle man; perocche ivi non ponno servirsi di campane: sogliono però in lor vece avvalerli di un legno dodici palmi lungo, che ne’ bisogni percuotono con un martello parimente di legno.

L’argento, che da tanti Re, e Principi è stato donato al Santo Sepolcro, lo tengono nascosto, anzi sepellito, per paura de’ Turchi, ne fanno vederlo ad alcuna pellegrino; ma io ebbi questo special favore dal P. Guardiano, che ordinò si tirasse di sotto terra: ciò che con qualche dispiacere eseguì il pigro Sagrestano. Consisteva la ricca supellettile in una lampana di circa trecento libre, mandatavi da Filippo III. Monarca delle Spagne: in una Croce, calice, e ricchissime vestimenta, dono del Cristianissimo [p. 166 modifica]Luigi XIV. Re di Francia: in altre vestimenta ornate di oro, perle, e pietre preziose, così da Filippo II come da altri Principi Cristiani inviate: in un calice della Regina Caterina d’Inghilterra; e in sei candelieri, quattro vasi di fiori, e una Croce d’argento donati dalla fedelissima Città di Messina, in ricordanza della lettera, che credono fermamente i suoi Cittadini, essere loro stata scritta dalla Madre Santissima: (di che celebrano, con indicibile pompa, la festa a’ 2. di Giugno) de’ quali arnesi, per l’eccellenza del lavorio, soglion servirsi nelle principali festività.

Mi fu anche da’ Greci aperto il loro Sancta Santorum, dove adorai alcune pregiatissime reliquie; come un braccio dì S. Maria Maddalena, un gran pezzo del glorioso legno della Croce, e’l cranio di S. Giovanni Battista. Oltre a ciò vidi molte arche, incensieri, ed altri vasi d’argento, giusta il loro rito; e una Croce di legno di maraviglioso lavoro, per un Greco intagliata, con figure così picciole, che vi fora d’uopo il microscopio per ben distinguerle: siccome anche alcune bellissime dipinture fatte da Candiotti, o Moscoviti. [p. 167 modifica]

Sopra questo Santo Luogo ha parimente la sua abitazione un Santone Maomettano; non tanto per custodia, quanto per riscuotere il danajo, che si paga per l’apertura: onde il Lunedì 7. dopo udita cantar la Messa nel Santo Sepolcro, ed essermi comunicato, feci dal medesimo aprirmi la porta per uscir fuori. Andai incontanente a S. Salvatore, dove mi fu mostrata la bellissima, ed artificiosamente lavorata lampana, mandata dal Commissario di Napoli, di valore di 14. m. scudi: e la copia del Santo Sudario inviata dal Duca di Savoja.

Non dee però tacersi al curioso Lettore, che questi Santi Luoghi furono, è già molti anni, occupati da’ Greci, ma dopo lungo litigio nel Divan di Costantinopoli, furono renduti a’ Padri Riformati Francescani; favoreggiando spezialmente questa causa per 12. anni il Marchese di Chateauneuf Ambasciadore del Re Cristianissimo alla Porta, coll’assistenza di Fr. Domenico di Ruizaval nativo di Biscaya, uomo di grandissimo talento, avvegna che laico. In memoria di tal beneficio que’ Padri posero il Marchese nella tabella delle Messe per gli benefattori, [p. 168 modifica]immediatamente appresso le Corone. Quindi celebrandosi ogni settimana sette Messe cantate nel Santo Sepolcro, la prima s’applica per lo Sommo Pontefice: la seconda per l’Imperadore: la terza per lo nostro Re delle Spagne: la quarta per lo Re di Francia: la quinta per lo Re di Polonia: la sesta per la Repubblica di Vinegia, e la settima per Io Marchese di Chateau-neuf.

Per tornare al mio ragionamento, sono questi paesi santissimi, e degni d’infinita venerazione, per essere innaffiati col preziosissimo Sangue del Redentore; ma da fuggirsi all’incontro a cagion de’ Turchi, e degli Arabi, che non lasciano maltrattamenti, o ladronecci da porre in opra: onde fa di mestieri, che il discreto pellegrino subito fatte le sue divozioni, con sollecitudine si parta, per sottrarsi dall’insolenze di que’ barbari, nemici affatto del nome Cristiano. Nè si è lecito, per alcun conto, con esso loro porsi in difesa, ma bisogna lasciarsi bastonare; perche se avviene, che un Cristiano uccida un Maomettano, non basta il sangue di quel solo che irremisibilmente vogliono, insieme con la roba, ma più migliaja di scudi da’ complici, e dagli altri della nazione. [p. 169 modifica]

Il Martedì 8. giorno del nascimento della Vergine, avendomi a disporre per la partenza, udii la Messa quattr’ore avanti giorno, nella medesima casa, ove ella nacque. Furono assistenti molti Religiosi, e Cristiani del paese; ed oltre le Messe lette in diversi altari, vi fu la Messa cantata, dopo la quale mi comunicai, insieme con tutti i Cattolici. In altro tempo non avrei avuto tal comodità, perche i Turchi vi tengono sopra una loro Moschea, ne permettono celebrarvisi l’ineffabile sagrificio, se non in quel solo giorno; e ciò col mezzo di molto danajo.