Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 33
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Se adunque il succhio discendente non può essere considerato siccome quello che fornisce il cambio, non avendo peranco agito sui materiali terrestri, importerà provare che il succhio ascendente sia quello che trasporta, per l’interno di tutto l’organismo vegetale, le sostanze nutritive già elaborate e scelte dalle radici.
Come già dissi, solo il Raspail ammette che il succhio ascendente sia il nutritivo, e se tutti gli altri ammettono un succhio ascendente non sono però interamente d’accordo sulla direzione da esso mantenuta nel salire. Alcuni volevano che salisse pel midollo, ed altri per gli strati più recenti del legno. Raspail per essere conseguente alla propria opinione, collocava gli strati più recenti nel mezzo della pianta, e per conseguenza lo faceva salire per essi. Quasi tutti fanno salire verticalmente il succhio verso le foglie come se camminasse entro cilindretti, verticali e chiusi. — Tagliando trasversalmente un ramo vigoroso, scorgesi che il legno tramanda una maggior quantità di umore dalla periferia che non dal centro. E se togliamo un lembo di corteccia ad una pianta, mettendo a nudo buona porzione d’alburno vediamo esservi un leggier trasudamento, che poi scompare, e la superficie denudata disecca. Pertanto si dedusse che l’umor ascendente non avesse alcuna relazione, l’influenza od azione oltre l’ultimo alburno; che salisse per gli strati più recenti od esterni di questo; e che soltanto l’umor discendente trasportasse il cambio od umor plastico, destinato ad ingrossare la pianta, mediante il deposito esterno d’un nuovo strato d’alburno. A mio credere, queste deduzioni non derivano naturalmente da quelle osservazioni che loro servirono d’appoggio. — Prima di tutto, se si considera un vegetale come un’agglomerazione di cellule di diversa forma ed azione, a norma del mezzo in cui si trovano, bisognerà necessariamente prendere per norma il modo col quale le cellule aumentano di volume o si moltiplicano.
A tale riguardo due sono finora le maniere riconosciute. L’una per produzione di nuove cellule interne alla prima, la quale col tempo deperirebbe a profitto delle successive interne. Sopra questo modo soltanto fondò il Raspail la propria opinione circa formazione del legno. L’altra è per segmentazione d’una stessa cellula, dapprima per uno stringimento nel centro, indi per successivi ed eguali stringimenti nelle cellule che si trovano all’estremità: tale segmentazione succede anche lateralmente quando la superficie delle cellule sia libera. Perciò una cellula può dar luogo ad una serie di cellule in senso verticale per segmentazione delle cellule poste alle estremità, ed ingrossare per mezzo di segmentazioni laterali. In ogni modo le cellule che si segmentano aumentano in grossezza e solidità per una produzione interna. Così un germe vegetale posto nel terreno può considerarsi come una cellula segmentantesi pe’ suoi poli, approfondando le cellule del polo inferiore nel terreno, e quelle del superiore nell’aria, sopra terra. Tanto la serie superiore quanto l’inferiore, nelle condizioni opportune, segmenterebbesi poi lateralmente in radici nel terreno, ed in rami sopra terra. Perchè poi la cellula si segmenti per l’estremità; perchè una di queste tenda a portarsi in basso nella terra, e l’altra in alto nell’aria; perchè in terra prenda la forma di radice ed in alto quella di rami, per ora lasciamolo allo stato di problema. — Owen dice, che quelli che studiarono gli animali vertebrati riconobbero che le arcate mascellari, mandibulari, costali, pelviche e loro appendici, formanti spesso membra dotate di facoltà diverse, sono elementi modificati d’una serie essenzialmente simile di segmenti vertebrali: mi parebbe quindi di voler spiegare perchè nell’uomo si chiamino braccia le estremità superiori e gambe le inferiori. Pertanto preferisco il non spiegare al spiegar male.
Ammettendo il suesposto modo assai verosimile di organogenia, dovremo eziandio ammettere che la pianta aumenti in lunghezza e grossezza per nutrizione interna, il succhio dovrà essere nutritivo al primo suo ingresso nell’organismo vegetale, salendo con una direzione dal basso in alto e dal centro verso la periferia. Il trasudamento all’esterno potrebbe chiamarsi una segmentazione delle cellule più superficiali dell’alburno, un vero addentellato a quanto già esiste, il quale prendendo consistenza, sebben di recente formazione, formerà aderenza allo strato sottoposto, e quest’aderenza, che si fa maggiore coll’invecchiare delle cellule, non si potrebbe ammettere coll’addensamento del cambio somministrato dal succhio discendente. Questo trasudamento però non ha luogo, come ben può intendersi, quando le cellule superficiali dell’alburno siano scoperte ed in condizione da essiccare.
Per tal modo di considerare l’andamento del succhio ascendente s’intenderà come, facendo un taglio orizzontale ad un ramo vigoroso in corso di vegetazione, debba sgorgare maggior quantità d’umore verso la periferia del legno che non verso il centro. Poichè verso la periferia concorre il succhio che ascende verticalmente e quello che vi si dirige in direzione trasversale, nel senso dei raggi midollari: e perchè la parte più recente è meno densa dell’interna, siccome più povera di materiali incombustibili od inorganici. L’aumento si forma adunque più facilmente verso la superficie libera, sebbene le cellule che costituiscono il legno già formato, continuino esse pure a nutrirsi di nuove sostanze, per le quali aumentano ed acquistano maggior consistenza. Quindi l’aumento in altezza delle piante non si fa soltanto con materiali nuovi o nuove cellule, ma vi concorre eziandio l’aumento delle cellule vecchie. Se noi osserviamo lo spazio che già esiste sul tronco fra un punto e l’altro di partenza delle diramazioni, come facilmente può osservarsi coi pini e cogli abeti, vedremo che, oltre all’allungamento per la gemma germinale, ha luogo eziandio un allungamento degli spazi compresi fra i detti punti, da dove si dipartono le diramazioni; allungamento che riesce però tanto meno sensibile quanto più questi tratti si osservino verso la base della pianta, poichè le cellule, sempre più indurite, meno si prestano ad un aumento di volume. — Questo allungamento del legno, già formato, difficilmente potrebbe spiegarsi col cambio discendente.
Così, quando venga tolto un lembo di corteccia, e posto a nudo ed in contatto dell’aria una porzione più o meno ampia d’alburno, da questa trasuderà nei primi momenti l’umor nutritivo, ma poi essiccandosi e disorganizzandosi le cellule più superficiali, più non si vedrà trasudamento, sebbene questo continui ad esercitare il proprio ufficio nella parte superiore alla porzione denudata. Per provare il movimento del succhio dal centro alla circonferenza pei raggi midollari basta fare un’incisione alquanto profonda nel legno, la quale supporrebbe un’interruzione del succhio ascendente nel senso verticale, e si vedrà che nella parte ricoperta, al dissopra della ferita, continuerà il deposito regolare degli strati legnosi, poichè, se è intercettato il corso verticale, è ancor possibile il movimento laterale pei raggi midollari. Solo, vi sarà una modificazione nelle fibre corticali discendenti.
Perchè avvenga il trasudamento, ho detto essere necessario che l’alburno sia ricoperto, come lo è anche in natura della corteccia vivente, e che, soltanto quando è scoperto, l’essiccamento l’impedisce. Infatti, prima d’altri molti, Duhamel tolse compiute zone di corteccia a giovani piante dicotiledoni, ed abbandonata la piaga agli agenti atmosferici non ebbe trasudamento di sorta. Ma quando la ricoprì con cilindro di cristallo ben lutato, ed impedì che i raggi solari vi penetrassero, vidde uscire a poco a poco, da varj punti dell’alburno denudato, alcune prominenze gelatinose, dapprima isolate, che poi si riunivano, formando uno strato che ricopriva tutta la piaga. Trecul ed Hetet, più recentemente, fecero le stesse sperienze col medesimo risultato. Crede quindi Duhamel potersi conchiudere che il diametro dei fusti cresca senza intervento delle fibre legnose discendenti dalle foglie o dalle gemme, e che il tessuto legnoso si forma sul posto.
Non mancano adunque le sperienze per provare l’importanza del succhio ascendente, e la nessuna influenza del discendente sulla formazione del tessuto legnoso; poichè nel caso dell’incisione profonda v’era formazione di nuovo legno tanto al dissopra quanto al dissotto di essa, dove precisamente il succhio discendente non avrebbe avuto accesso, tranne che facendolo penetrare nel legno indi ritornare alla superficie per mezzo dei raggi midollari, cosa che nessuno vorrebbe ammettere, e che non è possibile.
È certo però che l’aumento in grossezza ed altezza dei vegetali, succedendo contemporaneamente in ogni punto del loro tessuto legnoso, ma più evidentemente all’esterno, il nuovo strato legnoso, organizzantesi alla superficie, spingerà all’infuori la corteccia e la farà screpolare. Se fosse vera l’opinione del Raspail, che il maggior aumento della parte interna del legno spinge all’infuori ed esaurisce la parte più esterna dello stesso tessuto, considerando egli la parte più esterna del legno siccome la più antica, le fenditure che noi riconosciamo soltanto nella corteccia dovrebbero in parte appalesarsi anche negli strati più esterni del tessuto legnoso. D’altronde nelle piante dicotiledoni, che non hanno un largo midollo, le parti più interne sono sempre le più compatte, epperò è impossibile il supporre le più recenti.
Ammettendo il trasudamento dell’umor plastico da tutta la superficie dell’ultimo alburno, una vera formazione sul posto, non viene punto ad alterarsi quanto si osserva nella disposizione delle fibre del tessuto legnoso. Un tronco dicotiledone di clima a stagioni alternate, calde e fredde, presenterà delle zone concentriche di strati o depositi legnosi perchè, la vegetazione essendo interrotta, deve lasciare una differenza di colore e densità, nonché di coesione fra i diversi strati o zone del tessuto legnoso. E questa distinzione dovrà verificarsi ogniqualvolta sia interrotta la vegetazione per una causa qualunque, sia per freddo, sia per siccità; e nessuna differenza o disposizione a strati esisterà nelle piante poste in condizioni che permettano una continua ed uniforme vegetazione sino al termine prefisso od eventuale della loro vita, notandovisi soltanto una maggior densità ed un più forte coloramento verso le parti più antiche centrali. — Calcolare gli anni di vita d’una pianta dal numero di queste distinzioni è possibile soltanto nei climi a stagioni; ed anche in questi climi potrebbero verificarsi due distinzioni per un solo anno, quando la vegetazione sia stata interrotta per una delle accennate cause.
Parimenti, colla formazione in posto, riusciranno sempre meno densi gli strati più esterni perchè di formazione sempre più recente. Ma quel che col cambio discendente non potrebbesi spiegare e la coesione che succede fra uno strato e l’altro, e che va sempre, più aumentando, sino a confondere assieme gli strati dalla periferia al centro. Questa coesione non può spiegarsi che ammettendo la formazione sul posto, ossia una vera continuazione di tessuto, succedente pel trasudamento o segmentazione delle cellule più superficiali dell’ultimo alburno. Simile aderenza, come ognun vede, sarà debole fra gli strati recenti e più ancora fra gli ultimi due alburni, perchè ad un tessuto, che già direi maturo, dopo un tempo più o men lungo, altro se ne aggiunge ancor tenero ed in via di formazione. Ma siccome dal centro alla periferia tutte le cellule del tessuto legnoso vanno acquistando sempre maggior copia di materiali, così l’aderenza si farà anch’essa sempre maggiore fra gli strati più antichi, al punto per anco di togliere ogni distinzione e confonderli assieme.
Il colore più intenso che ordinariamente presenta un vecchio tronco in confronto d’altro più giovine della stessa specie, e maggiormente verso il centro che verso la periferia, mostra chiaramente la precedenza degli strati più oscuri, i quali sono eziandio i più duri e quelli che forniscono, non già la maggior quantità di fiamma, ma la maggior quantità di ceneri, indicando con ciò un’esistenza anteriore. Impossibile è adunque ritenere valida l’opinione del Raspail il quale considera l’alburno siccome il legno più antico, e che deve la sua poca densità all’essersi consumato a vantaggio di nuove e sottoposte formazioni.