Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 31

Lettera 30 Lettera 32

[p. 183 modifica]133 A TRE CARDINALI ITALIANI (A).

I. Deaera tcdergl! illuminali con perfetto lnm

per conoscer la verità e sorger dalle tenebre del peccato con ritornare all obbedienza del sommo pontefice, mostrando come, per ottenere questo lume, è necessario prirarsi dell amor proprio.


II. Detesta la miseria e 1’ingauno dell auior proprio, mostrando come da questo erano stati essi acciecati «d indotti a ribellassi al pontefice, con ebe riprende la loro ingratitndine.

IH. Dimostra con Yarie ragioni, come Urbano VI era vero pontefice, contro ciò che essi pretendtrano, e detesta 1 elezione dell’ antipapa.

IV. l’rorura anonarli a ritornare all’obbedienza drl medesimo Urinino VI, con dolore della colpa e con speranza del perdono, promettendogli ajularli con le sue orazioni.

31.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

r .

I. ilarissimi fratelli e padri in Cristo dolce Jesù.

Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi tornati a vero e perfettissimo lume, ed uscire di tante tenebre e cecità, nella quale sete caduti; allora sarete padri a me, in altro modo no. Sicché padri chiamo, in quanto voi vi partiate dalla morte e torniate alla vita, che quanto che ora sete partiti dalla vita della grazia, membri tagliati dal capo vostro, onde traevate la vita: stando voi uniti in fede ed in perfetta obbedienzia a papa Urbano VI, nella quale obbedienzia stanno quelli che hanno lume, che con lume [p. 184 modifica]18 4 conoscono la verità, e conoscendola l’amano; peroccliè la cosa che non si vede, non si può conoscere; e chi non CQnosee, non ama, e chi non ama e non teme il sno Creatore, ama sè d’amore sensitivo, e ciò che ama e delizie’; e onori, e stati del mondo, ama sensitivamente.

Perchè l’è creato per amore, non può vivere senza amore; che o egli ama Dio, o egli ama sè ed il móndo d’amore che gli dà morte, ponendo l’occhio dell’ intelletto offuscato dall’amore proprio di sè sopra Queste cose transitorie che passano come il vento, quivi non può’conoscere verità; nè bontà veruna: altro òhe bugia non conosce, perchè non ha lume; che veramente se egli avesse lume, egli conoscerebbe che di questo così fatto amore non ha, nè trae altro che pena e morte eternale; fagli gustare l’aria dell’inferno in questa vita, perchè è fatto incomportabile a sè medesimo colui che disordinatamente ama sè e le cose del mondo. Oh ciechità umana: non vedi tu disavventurato uomo, che tu credi amare cosa ferma e stabile, cosa dilettevole, buona e bella, ed elle sono mutabili, somma miseria, laide e senza alcuna bontà, non per le cose create in loro, chè tulle son create da Dio, che è sommamente buono, ma per I’ affetto di colui che disordinatamente le possiede. Quanto è mutabile la ricchezza ed onore del mondo in colui che senza Dio le possiede, cioè senza il sno timore che oggi è ricco e grande, ed ora è povero. ” Quanto è laida la vita nostra corporale, che vivendo da ogni parte del corpo nostro gittiamo puzza, dirittamente un sacco pieno di sterco, «cibo di vermi, cibo di morto: la nostra i vita e la bellezza della gioventù, passano’via come la bellezza del fiore, poi che è colto dalla pianta, ninno è che possa rimediare a questa bellezza, conservare che non gli sia! tolto quando piace al sommo Giudice, di Cogliere questo fiore della vita col mezzo della morte, e ninno sa quando. v * 11. 0 misero, la tenebre delfamore proprio non ti lascia conoscere questa verità, che se tu la conoscessi/ [p. 185 modifica]185 tu eleggeresti innanzi ogni pena, che guidare la vita tua a questo modo; porresti ad amare e desiderare colui che è; gusteresti la verità sua con fermezza, e non ti moveresti come la foglia al vento: serviresti il tuo Creatore, e oj.ni cosa ameresti in lui, e senza lui nulla. O quanto sarà ripresa nell* ultima estremità, e con quanto rimproverio questa ciechità in ogni creatura che ha in sè ragione, e molto maggiormente in quelli che Dio ha tratti dal loto del mondo, e posti nella maggiore eccellenzia che possino essere; d esser fatti ministri dei sangue dell’umile ed immacolato Agnello. O.mò, oimè, a che v* ha fatti giungere il nonne avere seguitato in virtù la vostra eccellenzia. Voi foste posti a nutricarvi al petto stalla’santa Chiesa, come fiori messi in questo giardino, acciocché gittaste odore di virtù: foste posti per colonne a fortificare questa navicella ed il vicario di Cristo in terra: foste posti come lucerna 111 sul candelabro per render lume a’fedeli cristiani e dilatare la fede: voi sapete bene, se avete fatto quello perchè foste creati: certo no, che lamore proprio non ve l’èia fatto conoscere; che in verità solo per fortificare e render lume, ed esemplo di buona e santa vita, voi foste messi in questo giardino; che se voi l’aveste conosciuta, l’areste amata, e vestitivi di questa dolce verità. E dov’è la gratitudine vostra, la quale dovete avere a quésta sposa che v’ha nutricati al petto suo? Non ci veggo altro che ingratitudine, la quale ingratitudine disecca la fonte della pietà. Chi mi mostra che voi sete ingrati villani e mercennaj? Là persecuzione che voi con gli altri insieme avete fatta, e fate a questa sposa nel tempo che dovevate essere scudi, e resistere a colpi dell’eresia, nella, quale sapete e conoscete la verità che papa Urbano VI è veramente papa, sommo pontefice eletto con elezione ordinata e non con timore, veramente più perspirazione divina che per vostra industria umana, e così l’annunciaste a noi quello che era la veri-tà: ora avete voltate le spalle come vili e miserabili cavalieri; 1’ om[p. 186 modifica]186 bra vostra v’ha fatto paura: partiti vi sete dalla verità che vi fortificava, ed accostativi alla bugia che indebilisce l’anima ed il corpo, privandovi della gra-.

zia spirituale e temporale. Chi ve n’è cagione?,il veleno dell’anior proprio che ha avvelenato il mondo!

egli è quello che voi, colonne, ha fatti peggio che paglia, non fiori, che gittate odore, ma puzza, che tutto il mondo avete appuzzato: non lucerne poste in sul candelabro, acciocché dilatiate la fede, ma nascosto questo lume sotto lo stajo della superbia, fatti non dilatatori, ma contaminatóri della fede, gittate tenebre in voi ed in altri: d’ angeli terrestri che dovreste essere posti per levarci dinanzi ai dimonio infernale, e pigliare l’officio degli angeli, riducendo le pecorelle all’òbbédienzia della sanla Chiesa, e voi avete preso, l’officio delle dimonia; e di quello male che avete in voi, di quello volete dare a noi, ritraendoci dall’obbedienzia di Cristo in terra, ed inducendoci all’obbedienzia d’anticristo, membro del diavolo, e, voi con lui insieme, mentre che starete in questa eresia. Questa non è cicchila d’ignoranzia, cioè che venga per ignoranzia!

non vi viene che vi sia porto dalle creature una cosa,;e sia. un’altra no, che voi sapete quello che è la verità, e voi avete annunciata a noi e non noi a voi.

III. Oh come sete matti, che a noi deste la verità, e per voi volete gustare la bugia: ora volete seducere questa verità e farci vedere in contrario, dicendo che per paura eleggeste papa Urbano, la qual cosa non è; ma chi il dice parlando a voi non reverentemenle, perchè vi sete privati della *r2verenzia, mente sopra il capo suo; perocché quello che voi mostrate d’avere eletto per paura, apparve evidente a chiunque il volse vedere, ciò fu messere di santo Pietro (B). Potreste dire a ine/perchè non credimi: meglio sappiamo noi la verità, che lo eleggemmo, che voi: ed io vi rispondo, che voi medesimi mi avete mostrato che voi partite dalla verità in molli modi; e che io non vi debbo credere che papa Urbano VI non sia vero papa. Se [p. 187 modifica]iSj io mi volgo al principio della vita vostra, non vi conosco di tanta buona e santa vita, che voi per coscienzia vi ritraeste dalla bugia. E chi mi mostra la vostra vita poco ordinata ? il veleno della eresia. Se io mi volgo alla elezione ordinata per la bocca vostra, aviamo saputo che voi lo eleggeste canonicamente e non per paura: detto aviamo che quello che mostraste per paura, fu messere di san Pietro. Chi mi mostra la elezione ordinata, con che eleggeste messere Bartolomeo arcivescovo di Bari, il quale è oggi papa Urbano VI, fatto in verità? nella solennità fatta della sua coronazione, ci è mostrata questa verità: che la solennità sia fatta in verità, ci mostra la riverenzia che gli faceste e le grazie domandate a lui (C), e voi averle usate in tutte quante le cose, non potete denegare questa verità altro ch

con menzogne. Ahi stolti degni di mille morti: come cicchi non vedete il mal vostro, e venuti sete a tanta confusione, che voi stessi vi fate menzogneri ed idolatri, che eziandio se fosse vero che non è, anche confesso e non lo nego, che papa Urbano VI è vero papa: ma se fosse vero quello che dite, non avreste voi mentito a noi (D), che cel diceste per sommo pontefice come egli è ? e non avreste voi falsamente fattoli reverenzia, adorandolo per Cristo in terra ? e non sareste voi stati simoniaci a procacciare le grazie, e usarle illecitamente? Sì bene: ora hanno fatto l’antipapa, e voi con loro insieme: quanto all’atto ed aspetto di fuora, avete mostrato così, sostenendo di ritrovarvi quivi (E), quando li dimonj incarnati elessero il dimoino (F). Voi mi potreste dire, no, non eleggemmo: non so che o mel creda, perocché non credo che voi aveste sostenuto di ritrovarvi quivi, se la vita ne fosse dovuta andare: almeno il tacere la verità e non scoppiare, che questo non fosse giusta il vostro potere, mi fa inchinare a credere: che poniamo che forse faceste meno male, che gli altri nella intenzione vostra, voi faceste pur male con gli altri insieme, e che posso dire? posso dire che chi non

[p. 188 modifica]i88 è per la verità è contro alla verità; chi non fu allora per Cristo in terra padre Urbano VI, fu contra à lui; e però vi dico che voi con lui insieme faceste male, e posso dire che sia eletto-uno membro del diavolo, che’se fosse stato membro di Cristo, arebbe eletto innanzi la" morte che consentito a tanto male, perocché egli sa bene la verità e non si può scusare per ignoranzia. Ora tutti questi difetti commettete, ed avete commessi in verso questo dimonio, cioè di confessarlo per papa, ed egli non è così la verità, e di fare la reverenzia a cui voi non dovete: partiti vi sete dalla luce, ed itene alle tenebre; dalla verità e congiunti alla bugia: da qualunque lato io non ci trovo altro che bugie; degni sete di supplicio; il quale supplicio veramente io vi dico e ne scarico la coscienzia mia, che se voi non ritornate all’obbedienzia con vera umiltà, verrà sopra di voi. O miseria sopra miseria, o ciechità sopra ciechità, che non lascia vedere il male suo, nè danno dell’anima e del. corpo; che se il vedeste, non vi sareste così di leggieri, con timore servile, partiti’ dalla verità, tutti passionati come superbi e persone abituate arbitrarie nelli piaceri e diletti umani. Non poteste sostenere non solamente la correzione di fatto attualmente (G), ma la parola aspra reprensibile vi fece levare il capo, e questa’è la cagione perchè vi sete mossi, e ci dichiara ben la verità che prima che Cristo in terra vi cominciasse a mordere, voi il confessaste e riveriste come vicario di Cristo che egli è!

ma * ultimo frutto, che è uscito di voi, che germina morte, dimostra che arbori-voi sete, e che il vostro arbore è piantato nella terra della superbia che esce dall’ amor proprio di voi, il quale amore v’ ha tolto il lume della ragione. .

IV. Oimè, non più così per amor di Dio: pigliate lo scampo da umiliarvi sotto la potente mano di Dio, ed all’obbedienzia del vicario suo, mentre che avete d tempo", che passalo il tempo non c’ù più rimedio.

Riconoscete ‘le colpe vostre, acciocché vi poliate umi[p. 189 modifica]lS9 liare e conoscere la infinita bontà di Dio, che non ha comandalo alla terra che vi inghiottisca, nò agli animali che vi divorino, anzi v’ha dato il tempo acciocché potiate correggere l’anima vostra; ma se voi non il conoscerete quello che v’ ha dato per grazia, vi tornerà a grande giudicio, ma se vorrete tornare al1’ ovile e pascervi in verità al petto della sposa dì Cristo, sarete ricevuti con ’misericordia da Cristo in cielo e da Cristo in terra (//), non ostante hi iniquità che avete commesso. Pregovi che non lardiate più, nò recalcitriate allo stimolo della coscienzia, che continuamente so che vi percuote, e non vi vinca tanto la confusione della mente del male che avete fatto, che voi abbandoniate la salute vostra,.e per tedio e disperazione, quasi non parendovi di potere trovare rimedio.

Non si vuole fare così, ma con fede viva, ferma speranza pigliate nel vostro Creatore e con umiltà tornate al giógo vostro,-che peggio sarebbe 1’ ultima o;- ’ fesa dell’ostinazione e disperazione, e più spiacevole a Dio ed al mondo. Adunque levatevi su col lume, che" senza il lume andereste in tenebre, siccome sete andato per infino a qui. Considerando questo 1’ anima mia, che senza il lume non potiamo conoscere nè amare la verità, dissi e dico, ch’io desidero con grandissimo desiderio di vedervi levati dalle tenebre, ed unirvi con la luce; a tutte le creature che hanno in loro ragione s’estende questo desiderio, ma molto maggiormente a voi tre, dei quali io ho avuto massimo dolore ed ammirazione più del vostro difetto che di tutti gli altri che 1’ hanno commesso, che se tutti si partivano dal padre loro, voi dovevate essere quelli figliuoli che fortificaste il padre,.manifestando la verità, non ostante che il padre non avesse con voi usato altro che rimproverio, non dovevate però esser guida, denegando la santità sua» per ogni modo:.pure, naturalmente parlando, che, secondo virtù, tutti dobbiamo essere eguali, ma parlando umanamente, Cristo in terra italiano, e voi italiani v che non vi poteva [p. 190 modifica], *9° muovere la passione della patria come gli oltramontani; cagione non ci veggo se non 1’ amore proprio. Atterratelo oggimai, e non aspettate il tempo, che il tempo non aspetta voi, conculcando co’piedi questo affetto con odio del vizio ed amore della virtù. Tornate, tornale, e non aspettate la verga della giustizia, perocché dalle mani di Dio non potiamo escire: noi siamo nelle mani sue, o per giustizia, o per misericordia, meglio è a noi di riconoscere le colpe nostre e staremo nelle mani della misericordia, che di stare in colpa e nelle mani della giustizia; perchè le colpe nostre non passano impunite, e specialmente quelle che sono fatte contra alla santa Chiesa: ma io mi voglio obbligare di portarvi dinanzi a Dio con lacrime e continua orazione, e con voi insieme portare la penitenzia, purché vogliate ritornare al padre, che come vero padre v’aspetta con Tale aperte della misericordia. Oimè, oimè, non la fuggite, nè schifate, ma umilmente la ricevete,

non crediate a malvagi consiglieri che v’hanno dato la morte. Oimè, fratelli dolci, dolci* fratelli e padri mi sarete in quanto v’accostiàte alla verità: non fate più resistenzia alle lacrime ed ai sudori che gittano li servi di Dio per voi, che’dal’capo ai piedi ve ne lavereste, che se voi le spregiaste e l’ansietati, dolci e dolorosi desiderj che per voi sono offerti da loro, molta più dura reprensione ricevereste. Temete Dio ed il vero giudizio suo: spero per la infinita sua bontà che adempirà in voi il desiderio de’servi suoi: non vi parrà duro se io vi pongo con le parole (/), che l’amore della salute vostra m’ ha fatto scrivere, e più tosto vi pungerei con la voce viva, se Dio mel permettesse!


sia fatta la voluntà sua, ed anco meritate più tosto li fatti che le parole. Pono fine, e non dico più, che se io seguitasse la voluntà, anco non mi resterei, tanto è piena di dolore e di tristizia l’anima mia di vedere tanta ciechità’in quelli che sono posti per lume, non come agnelli che si pascono del cibo dell’onore di Dio e salute dell’anime,

riformazione

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  • 9l della santa Chiesa, ma come ladri involano quello onore che debbono dare a Dio, e dannolo a loro medesimi, e come lupi divorano le pecorelle: sicché io ho grande amaritudine, pregovi, per amore di quello prezioso sangue sparlo con tanto fuoco d’amore per voi, che diale refrigerio all’anima mia, che cerca la salute vostra. Allro non vi dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio: bagnatevi nel sangue dell’Agnello immacolato, dove perderete ogni timore servile, e col lume rimarrete nel timore santo. Jesn dolce, Jesù amore. [p. 192 modifica]J92 . * * Annotazioni alla Lettera 31.
  • .’.. ■....

(J) I tre cardinali italiani a’quali e diretta questa lettera, furono Pietro cardinale Corsini fiorentino, Simone di Borzano milanese e Jacomo Orsini romano. Questi erano i soli cardinali che aveva l’Ital ia tra gli antichi porporati,’ dacché l’altro cardinale, ch’era il Tebaldescili, mancò a sette’di settembre del 1378, cioè prima, e della creazione di Clemente e de’nuovi cardinali, avvegnaché «Ini BaInr.io, che lo fa morto sul finire d’agosto o sol principiare del settembre, facciasi vivo il vigesimo primo di questo mese, in cui Roberto cardinale di Ginevra ebbe a Fondi )e Insegne del pontificato.

Eransi eglino tenuti ad Urbano nella partenza de’ Francesi e del mese di luglio erano a Ti voli con esso seco, e sottoscrissero alla concordia fermatasi tra la Chiesa e la Toscana. D’ordine pure del pontefice aveano introdotto negozio d’adunare un concilio generale, affine di dare acconcio opportuno al gran litigio, che della validità della elezione d’Urbano erasi mosso da que’ cardinali, prima che il male passasse più oltre a danno della Chiesa. Ala non pure a nulla andarono quei maneggi, tenendosi sempre lungi i francesi dal porgere orecchio alle voci di concilio, ma da questi vennero essi staccati dal partito contrario, e tratti al loro con finissimo inganno.

Scrissero adunque a ciascuno de’ tre cardinali a parte lettera ingannevole, con cui promettersi loro sicuro il pontificato, se indotto avessero l’cìnimo a torsi dal più seguire Urbano, ed a portarsi ad Anagni ove stavansi adunati. A sì potente impulso non ebbe veruno di Joro cuore che si tenesse costante; onde senza scuoprire a’com* pagni il vero motivo che vel portava, per non dar gelosia se ue andò ognuuo d’essi ad Anagni, indi a Fondi con speranza sicura di doversi ’osto cangiare in pontefice. Nè s’avvisarono della frode e della loro follia in crederle, che quando venutosi all’elezione, videro eletto il cardinale di Ginevra, che fu l’antipapa Clemente settimo. Ma non avendovi per essi rimediò al mali: già latto; pieni di vergogna e di dispetto si partirono dal luogo della elezione, e per allora si fermarono come nel punto di mezzo, senza accostarsi pi 1 all’uno de’partiti che all’altro, tenendogli lungi da quello di Clemente lo sdegno, e da quello d’Urbano il timore. Di questa promessa fatta agli, italiani dai cardinali francesi, non fa parola l’nutorevolissima relazione di questo infausto scisma, scritta da Tomaso di Acerno vescovo di Lucena, stampata la prima volta dal Muratori, ller. (tal. lorn. 3, parte 3. In questa potrà?vedere chi il bramasse, la fine del cardinal Corsini e la confessione 111 favore di Urbino che egli fece prima di morire. S. Caterina reca altro motivo di loro partenza da Urbano, cioè lo sdegno conceputo contra il’ esso per 1’ asprezza de’ suoi costumi e maniera «li favellare, come di poi s’avvertirà. Questa lettera quasi tutta a disteso,t è rappor[p. 193 modifica]iq3 fata «lai Rinaldi, il qnale delle lettere di santi Caterina giovasi mirabilmente, non pnre a sostenere la causa d’Urbano, uia s pure per altri affari che correano a q«ic«li anni.

(B\ Perocché quello che voi mostrate d’avere eletto per paura, ap.

par\’e evidente a chiunque il volse vedere, ciò fu messere dt sanili Pietro. Il cardinale di san Pietro di cui dice la santa rhe fu «dello per paura, era il cardinale Francesco Tebaldescbi, o de’ Te ha li deschi romano di patria, ma di condizione mezzana, eletto a cardinale l’anno 1368 da Urbano V„ In quel graudissimo sconcerto mosso nel conclave dalla plebe furiosa di Rama, che a tutti i patti Tolea pontefice un romano, fu da cardinali che lemeano delle lorn «ite, pregato a voler esser alcun tempo in sembiante di pontefice,» o pure, come altri vogliono, senza che eg/’ nulla punto ne sapesse, fu appostatamele sparsa voce da uno de Cardinal’ francesi, che egli era lo eletto, ma non volea accettare la dignità; per avere* intanto il comodo di porsi 11 salvo. Sembrami però più conforme alle parole della santa, che egli ad istanza de’ cardinali s inducesse a tórre la maschera di pontefice, per tenere a bada quel» primo ’Dipelo de* Roman:. Tennela però a breve ora, ricevendo in quel mentre in abito.di cerimonia le acclarrtaz ioni di tutti e gli’ ossequj di molti, che a folla gli ^’appressavano a venerarlo: poiché essendo molto avanzato d età e mal concio "dalla podagra, piò non reggendo alla calca che l’opprimeva, gittolla da sè, e dichiarò al popolo sè non essere l’eletto a pontefice, ma si bene l’arcivescovo di Bari. * * (C) La riverenzia che gli faceste e le grazie domandate a lui,.

Stando alcuni de’cardinali ritirati pel timore, mandarono in iscritto la confermazione della elezione d’Urbano, e gli altri tutti assisterono alla cerimonia solenne della coronazione, e gli dettero pii os*eqnj «oliti dell’adorazione; onde traggono alcuni motivo nuovo di provare il pon’.ificato legittimo d’Urbano, valendo un tale atto di novella elezione. Stefano I’alosio, ^vescovo di Todi, riferisce, come essendo presentata ad Urbano una supplica a nome del cardinale di» Ginevra per una dispensa, dicesse in atto di r»derc: Dicono che io non sono papa, e per raltra parte tutto di mi chieggono grazie.

Vedasi la sopra citata relazione del vescovo di Lucena, nella quale sono annoverale molte dimaode di grazie state falle ad Urbauo dai cardinali francesi... k (D) Ma se fosse vero quello che dite, non avreste voi mentito t noi. Simigliante rimprovero usarono co’cardinali francesi i vescovi dell’ Inghilterra, allorché risposero alla lettera con cui voleano distorli dal più riconoscere Urbano,dopo avere in prima con altra epistola data loro aperta testimonianza di sua legittima elezione. Il principio d’ essa è di questo tenore. Servi nequarn ex ore vestro judicandi, ed a disteso e rapportala da Tomaso VaNmgamo nella’ sua storia del re Riccardo (I. A questo rispondeano essi, che quelle colali lettere l’avevano sciitte contro lor voglia, per timore che aveano di Urbano; ma dato che la vigilanza di Urbano sopra 1 S. Caterina dii Siena. Opere. T. III. | ^13 [p. 194 modifica]ig4 sopra di loro avesseli posti nell’impossibilità eli poter essi scrivere, dii avrebbe impediti i loro fa miglia ri ? E quando furono ad Aringhi chi ’l tngliea loro? Ri più di loro non erano forse.usciti di Roma appena fatta la elezione per paura del popolo ? E se avevano eletto l’arcivescovo di. Bari per contentare il popolo, com’essi dicevauo-.

poi, perrliè ater poscia tanta paura, ebe alcuni si chiusero «n castello s. Angelo, altri uscirono della città?

(E) E voi con loro Insieme: quanto all’ atto ed aspetto di fuorn,» avete mostrato, fosì, sostenendo di ritrovarvi quivi. Asseriscono molti,» che quésti tre cardinali italiani non dessero il suffragio loro per eleggere Clemente, e santa Caterina mostra di stare ine forse di ciò che per essi; s1 operasse a quella* occasione, favellandosene in jna-’ niera differente per allora; giacché poco dopo l’elezione, fu.scritta questa ‘Ietterà; ina che per effetto essi non consentissero a quella!

elezione, sonovene diversi testimoni. Si veda anche la sullodata relazione del vescovo di Lucena, dove sono riportate le proteste dei* tre italiani, quando videro il Cardinal di. Ginevra essere vestilo degli abiti pontificai5. ’ » \F) Quando li- ditnOnj incarnati elessero il dimonio. Cioè» Clemènte (VII, di cui ad altro luogo si favellerà. L’aggiunto di santa Caterina è assai gagliardo, ma non menò forti sono que IH die dierono a quelli anni gli avversai j ad Urbano. Roberto vescovo di» Senez cosi d esso parla. Ipse vero Bartholomaeus tanquam fatuus, eitapost(ilic/t,S) et (seudo apostolus ferii, sibi alìos cardinales; ma di questi titoli d’infamia s*è parlato di sopra, cd altrove puie si fa-» veliera. rr «A ■ ’ % ‘ u (G) Non poteste sostenere non ° solamente, la càn ezione di fallo attualmentej De’modi severi e talvolta aspri di Uibano nel riprendere la condotta de’ cardinali, vedi quel che è detto nelle note delle lettere della sauta ad esso Urbano. *l)el resto qual fosse il» bisogno di rimenare que*.cardinali a’ costumi più confacenti alla modestia.ecclesiastica, si arguisca da quanto è scroto nella » Crò-’ nica RimineséMin at. Herum Italie, toni. i5: « V’cra la maggior parte ( de’ cardinali ) che.leneva 100 cavalli per uno e aveva, io o 12 vescovadi e badie, e gran chiese e ospitali per ciascuno ec.i».-.

Checché sia di questo, certo è che ai cardinali parve una misèria là vita a-cui minacciava di ridurli Urbano* appetto, a quella larga e deliziosa che essi facevano ad Avignone. S. Caterina aveva già» alcuni anni prima svelato al silo confessore lo ? scisma. che farebbero i cardinali per le correzioui del poutcfice. V edi la Vita pari. 2,1 cap. 10. ìi i| * I I « (//) Sarete ricevuti con misericordia da Cristo in ciclo e da Cristo in terra. Il timore di essere puniti da Urbano del non aver ade-ritirali ordinedaio loro dì ritornare a Roma, e pnV dell’ essere stati presenti aU’elczioue di Clementi;, fece fermare i tre cardinali a Tagliacozfo, terra dell Orsino. Dove questi venuto à morte, gli alili due Ira per il huiore che avevano della naturi feroce di Urbano,

per le lusinghe dei ‘partigiani di Clemente, si gitlarnno alla fazione di questo, ed ambedue vi durarono, fino alla loro morte.

[p. 195 modifica](/) Aon vi porrà duro se io vi pongo con le parole. Ira Mite le lettere di santa Caterina, oiuna per avventura »e ne ha di stile più pungente di questa, onde io ultimo quasi ne fa scnsa col gettarne la colpa nelTamore che avea di loro scinte. Ma nullaraeno è poderosa che pungente, stringendo fortp quasi’ cardinali con efùcacia di ragioni a ritrarli all’ubbidienra d’ Urbauo, adoperando in gran parte quelli stessi argomenti, onde indulse altri a st3m costanti, e de’quali sonosi poi Talliti non pochi autori a proiare per legittimo il pontificato d’Urbano VI. [p. 196 modifica]96 *!.♦ .iVn ’. j ■.»’*. . V’ * « 1 ’i * ’v m* * 7 nn - ii, .!..*..* i. *...’■ ’— «ìl *..

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, i**i *. i i / n ‘; *1. y ! m *, ’ ì * * ’ ( ri f:,f n. i ■» „ I. L’esorta ad essere buon pastore, seguitando l’esempio di Gesù „ Cristo, e sopra tutto a correggere con giustizia e con zelo i difetti dei sudditi, senza timore alcuno di persecuzioni e di morte. * II. L’ esorta alla virti\dell’ umiltà e della carità, ed alPodio del peccato, nutrendo i sudditi con l’opere spirituali e corporali della misericordia.

III. Lo corregge intorno ad uno affare appartenente al vestire le sorelle di s. Caterina dell’abito di s. Domenico, informandolo della verità.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I* IH^evercndo e carissimo padre ili Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi pastore buono, con acceso ed ardito desiderio, sì e per sì fatto modo, che vi disponiate a porre la vita per le pecorelle vostre, imparando dalla prima dolce verità Cristo Jesù, che per onore del padre e salute nostra, corse all’obbrobriosa morte,della santissima croce. Voi, padre carissimo, seguitate le vestigio sue, per correggere li vizj e piantare le virtù nell1 anime de’sudditi vostri, non curando nò pene, nè obbrobrj, nè scherni, nè villanie, nè fame, nè sete, nò veruna persecuzioue che il mondo, ovvero il dimonio, ci potesse dare; ma virilmente con affamato