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J92 . * * Annotazioni alla Lettera 31.

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(J) I tre cardinali italiani a’quali e diretta questa lettera, furono Pietro cardinale Corsini fiorentino, Simone di Borzano milanese e Jacomo Orsini romano. Questi erano i soli cardinali che aveva l’Ital ia tra gli antichi porporati,’ dacché l’altro cardinale, ch’era il Tebaldescili, mancò a sette’di settembre del 1378, cioè prima, e della creazione di Clemente e de’nuovi cardinali, avvegnaché «Ini BaInr.io, che lo fa morto sul finire d’agosto o sol principiare del settembre, facciasi vivo il vigesimo primo di questo mese, in cui Roberto cardinale di Ginevra ebbe a Fondi )e Insegne del pontificato.

Eransi eglino tenuti ad Urbano nella partenza de’ Francesi e del mese di luglio erano a Ti voli con esso seco, e sottoscrissero alla concordia fermatasi tra la Chiesa e la Toscana. D’ordine pure del pontefice aveano introdotto negozio d’adunare un concilio generale, affine di dare acconcio opportuno al gran litigio, che della validità della elezione d’Urbano erasi mosso da que’ cardinali, prima che il male passasse più oltre a danno della Chiesa. Ala non pure a nulla andarono quei maneggi, tenendosi sempre lungi i francesi dal porgere orecchio alle voci di concilio, ma da questi vennero essi staccati dal partito contrario, e tratti al loro con finissimo inganno.

Scrissero adunque a ciascuno de’ tre cardinali a parte lettera ingannevole, con cui promettersi loro sicuro il pontificato, se indotto avessero l’cìnimo a torsi dal più seguire Urbano, ed a portarsi ad Anagni ove stavansi adunati. A sì potente impulso non ebbe veruno di Joro cuore che si tenesse costante; onde senza scuoprire a’com* pagni il vero motivo che vel portava, per non dar gelosia se ue andò ognuuo d’essi ad Anagni, indi a Fondi con speranza sicura di doversi ’osto cangiare in pontefice. Nè s’avvisarono della frode e della loro follia in crederle, che quando venutosi all’elezione, videro eletto il cardinale di Ginevra, che fu l’antipapa Clemente settimo. Ma non avendovi per essi rimediò al mali: già latto; pieni di vergogna e di dispetto si partirono dal luogo della elezione, e per allora si fermarono come nel punto di mezzo, senza accostarsi pi 1 all’uno de’partiti che all’altro, tenendogli lungi da quello di Clemente lo sdegno, e da quello d’Urbano il timore. Di questa promessa fatta agli, italiani dai cardinali francesi, non fa parola l’nutorevolissima relazione di questo infausto scisma, scritta da Tomaso di Acerno vescovo di Lucena, stampata la prima volta dal Muratori, ller. (tal. lorn. 3, parte 3. In questa potrà?vedere chi il bramasse, la fine del cardinal Corsini e la confessione 111 favore di Urbino che egli fece prima di morire. S. Caterina reca altro motivo di loro partenza da Urbano, cioè lo sdegno conceputo contra il’ esso per 1’ asprezza de’ suoi costumi e maniera «li favellare, come di poi s’avvertirà. Questa lettera quasi tutta a disteso,t è rappor-