Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 191

Lettera 190 Lettera 192

[p. 239 modifica]A MESSER lì E K N A B Ò VISCONTI SIGISORE DI MILITO (.A) Per certi ambasciatori da esso signore mandati a lei.

J. L’esorta all’jmore di Gesù Cristo, dimostrandoli l’obbligo cbe ce abbiamo.

II. L’ esorta a custodire l’anima propria coll’odio al vìzio e l’amore alla virtù..

III. Cbe nel moudo non è vera signoria, ma solo quella cbe abbiamo sopra l’anima nostra.

IV. Della riverenza cbe dobbiamo aveve al vicario di Cristo, ancorché fosse nomo perverso; onde prega il sopraddetto a non voler perseguitarlo.

V. Lo prega ad andar con le sue armi contro gl’infedeli, dimostrando quanto sia male il ino ferie contro i cattolici.

191* Al nome di Jesìi Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. H^everendo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi parlicipare il sangue del Figliuolo di Dio, siccome figliuolo creato dal sommo Padre alla immagine e similitudine sua, e servo ricomprato, acciocché andiate [p. 240 modifica]24o con amore e col santo timore di Dio. Sapete clie colui che non ama il suo Creatore d’amore figliale, non può participare il sàngue; evvi bisogno dunque d’amare.

II. 0 padre carissimo, quale è quel cuore che sia tanto induralo e ostinato, che se egli ragguarda l’affetto e l’amore che gli porta la divina bontà, non si dissolva? Amate, amate; guardate che prima fusti amato, che voi non,amasti; perocché ragguardando Dio in sé medesimo innamorossi della bellezza della sua creatura mosso dal fuoco dell’ineslmabile sua carità solo per questo fine, perchè ella avesse vita eterna e godesse quel bene infinito che Dio godeva in sè medesimo.

O amore inestimabile, bene hai dimostrato questo amore; che perdendo l’uomo la grazia per lo peccato mortale, per la disobbedienzia che commise contra le, Signor mio, ne fu privato. Or ragguardate, padre, cbe modo ha.tenuto la clemenzia dello Spirito Santo a restituire là grazia nell’uomo. Vedete che la somma altezza di Dio ha presa la servitù della, nostra umanità in tanta bassezza ed umiltà profonda, che debba confondere ogni nostra superbia. \ ergogninsi li stolli figliuoli di „Adam. Che si può più vedere, che vedere Dio umiliato-all* uomo ? nè più, nè meno, come se l’uomo avesse a tenere Dio, e non Dio l’uoiuo; conciossiacosaché 1’ uomo non è in sè medesimo; ciò che egli ha si ha da Dio per grazia e non per debito; e però non’sarà veruno che cognosca sè medesimo,.

eli’egli offenda Dio mortalmente mai, o caggia in superbia o per stato, o grandezza, o signoria: s’egli signoreggiasse tutto il mondo reputasi niente, che così è soggetto alla morte egli come una vilissima creatura:’e così trapassano le stolte delizie del mondo e vengono meno in lui come iu ini altro, e iioti le può tenere, che vita e sanità ed ogni cosa creata "non passi come il vento. Adunque per veruna signoria che abbiamo in questo mondo, ci poliamo, reputare signori. Non sorche signoria posàa essere quelli che mi può esser, tolta, e non sta nella mia libertà. [p. 241 modifica]24» Non mi pare che se ne debba chiamare nè tenere signore, ma piuttosto dispensatole, e questo è a tempo, e non per sempre, quanto piacer?, al dolce Signore nostro.

III. E se voi mi dicessi; non ci ha l’uomo 111 questa vita niuna signoria ? rispondovi sì: ha la più dolce e la più graziosa e più forte che veruna cosa che sia, e questa si è la città dell’anima nostra. O ecci maggiore cosa e grandezza, che avere una città che vi si riposa Dio, che è ogni bene, dove si trova pace, quiete ed ogni consolazione ? Ed è di tanta fortezza questa città e di perfetta signoria, che nè dimonio, nè creatura ne la può torre, se voi non vorrete. Ella non ?i perde mai, se non per lo peccato mortale: allora diventa servo e schiavo del peccato, diventa non cavelle e perde la dignità sua. Veruno ci può costringere a commettere un minimo peccato, però che Dio l’ha posto sì, e no nella più forte cosa che sia, cioè nella volontà; che se ella dice sì per consentimento, di subito ha offeso pigliando diletto e piacere del peccato, e se dice di no, innanzi elegge la morte che offendere Dio e l’anima sua: questo non offende mai, ma guarda la città, signoreggia sè medesimo e tutto quanto il mondo; che se ne fa beffe del mondo e di tutte le delizie sue, reputandole cosa corruttibile, peggio che sterco; e però dicono i Santi, che i servi di Dio sono coloro, che sono signori liberi e hanno avuto vittoria. Molti sono quelli che hanno vittoria di città e di castella: non avendola di loro medesimi e dei nemici suoi, come è il mondo, la carne e il dimonio, può dire che abbi non cavelle. Orsù, padre, vogliate tenere ferma la signoria della città dell’anima vostra, combattete forte con questi tre nemici; togliete il coltello dell’odio-e dell’amore, amando la virtù e odiando il vizio; con la mano dell’arbitrio gli percotete, e non dubitate che la mano è forte ed il coltello è forte, che, come’detto è, non è veruno che vel possa torre. Questo parve che dicesse Pavolo, quando di[p. 242 modifica]2 42 cea: JJè fame, nè sete, nè persecuzioni, nè angeli, nè dimonj mi partiranno dalla carità di Dio, se io non vorrò. Quasi dica il dolce Pavolo, come gli è impossibile che la natura angelica mi parta da Dio, così è impossibile, che veruna cosa mi costringa a un peccato mortale, se io non vorrò. Diventat, «sono impotenti questi nostri nemici, perocché l’Agnello immaculalo, per render la libertà all’uomo

farlo libero, diè sè medesimo alla obrobriosa morte della santissima croce. \ edete amore ineffabile, che con la morte ci ba data la vita; sostenendo obrobrj e vituperj, ci ha renduto l’onore; con le mani chiavellate e confitte in croce, ci ha sciolti del legame del peccato; col cuore aperto ci toglie ogni durizia; essendo spogliato ci veste, col sangue suo c* inebria j con la sapienzia sua ha vinta la malizia del dimonio; con flagelli ha vinta la carne nostra, colf obbrobrio ed umiltà ha vinte le delizie e la superbia del mondo; lavali ci ha dell’abbondanzia del sangue suo, sì che non temiamo per veruna cosa che sia, che con la mano disarmata ha vinti i nostri nemici, renduto ha il libero arbitrio.


, IV. O Verbo dolce figliuolo di Dio, tu hai riposto» questo sangue nel corpo della santa Chiesa, vogli che per le mani del tuo vicario ci sia ministrato. Provede la bontà di Dio alla necessità dell’uomo, che ogni dì perde questa signoria di sè offendendo il suo Creatore.

E però ha posto questo remedio della santa confessione, la quale vale solo per il sangue dell’Agnello.

Non ve la dà una volta, nè due, ma continuamente!

però è stolto, colui che si dilunga, o fa contra questo vicario: che tiene le chiavi del sangue di Cristo crocifisso: eziandio se fusse dimonio incarnato, io non debbo alzare il capo contro a lui, ma sempre umiliarmi, chiedere il sangue per misericordia, che in altro modo noi potete avere, nè participare il frutto del sangue. Pregovi per 1’ amore di Cristo crocifisso, che non facciale mai. più contra il capo vostro, e non innate, che il dimoinovi porrà e vi ha posto innanzi [p. 243 modifica]il colore della virtù, cioè unn giustizia di voler fare contra i inali pastori per lo difetto loro: non credete al dimonio, non vogliate fare giustizia di quello che non tocca a voi. J1 nostro Salvatore non vuole; dice che sono i suoi unti; non vuole che nè voi, ne veruna creatura facci questa giustizia, perchè la vuol fare egli. 0 quan to sarebbe sconvenevole, che il servo volesse torre la signoria di mano al giudice volendo fare giustizia del malfattore; molto sarebbe spiacevole, perocché non tocca a lui, il giudice è quello che 1’ ha a fare. E se dicessimo, il giudice noi fa, non è ben fatto uh’el faccio? no, che ogni volta ne sarai ripreso; nè più uè meno ti cader a la sentenzia addosso, se tu occiderai, d’esser morto tu; non scuserà la legge la tua buona intenzione, che l’hai fatto per levare il mal fattore di terra; non vuole la legge, nè la ragione, che, perchè il giudice sia cattivo, e non facci la giustizia che tu la facci, però tu debbilo lasciar punire al Sommo giudice, che non lascierà passare le ingiustizie e gli altri difetti che non sieno puniti a luogo e a tempo suo, singolarmente nell’estremità della morte, passata questa tenebrosa vita; nel qual punto passato, ogni bene è remunerato e 0"ni colpa è punita.

Così vi dico, carissimo padre e fratello in Cristo dolce Fesù, che Dio non vuole che voi, nè veruno vi facciate giustiziere deJ ministri suoi. Egli 1’ ha commesso a sè medesimo, ed esso l’ha commesso al vicario suo, e se il vicario non lo facesse ( che lo debba fare, ed è male se non si fa ) umilmente doviamo aspettare la punizione e correzione del sommo giudice Dio eterno; eziandio se ci fussino tolte per loro le cose nostre, più tosto doviamo eleggere di perder le cose temporali e la vita del corpo, che le cose spirituali e la vita della grazia; perocché queste sono finite, e la grazia di Dio è infinita, che ci dà infinito bene: e così perdendola aviamo infinito male!

e pensate, che per la buona intenzione che voi abbiate, non vi scuserà però nè Dio, nè la legge di[p. 244 modifica]vina dinanzi a lui; anzi caderesti nel bando della mòrte eternale. Non voglio che cadiate mai in questo inconveniente. Dicovelo, e pregovi da parte di Cristo crocifisso che non ve ne impacciate mai più. Possedetevi in pace le città vostre, facendo giustizia dei sudJili vostri quando si commette la colpa, ma non per loro mai, che sono ministri di questo glorioso sangue e prezioso; per altre mani che per le loro voi noi potete avere, non avendolo non ricevete il frutto d’esso sangue, ma sareste come membro putrido tagliato dal corpo della santa Chiesa. Or non più, padre, umilmente voglio che poniamo, il capo in grembo di Cristo in cielo per affetto ed amore, e di Cristo in terra, la cui vece tiene per riverenzia del sangue di Cristo, del qual sangue ne porta le chiavi; a cui egli apre è aperto, ed a cui egli le serra è serrato.

Egli ha la potenzia e l’autorità, e veruno è che gliela possa torre delle mani, perocché, glf è data dalla prima dolce Verità; e pensate che fra 1’ altre cose che sieno punite, che dispiaccia bene a Dio si è, quando vede, che sono toccali gli unti suoi, siano cattivi quanto si vogliono. E. non pensale, perchè vediate che Cristo facci vista di non vedere in questa vita che sia di meno la punizione deU’altra, quando l’anima sarà dinudata dal corpo, allora le mostrarà che in verità egli ha veduto. Adunque voglio che siate figliuolo fedele della santa Chiesa, bagnandovi nel sangue, di Cristo crocifisso, allora sarete membro legato nella Chiesa santa, e non putrido. Riceverete tanta fortezza e libertà, che ne dimonio’ nè creatura ve la potrà torre; perocché sarete fuore della servitù del peccato mortale della ribellione della santa Chiesa; sarete falto forte della fortezza della grazia, che allora abitarà in voi, e sarele unito col vostro padre.

Così vi prego cbe pèrfettamente facciate questa unione e non indugiate più tempo.

V. Ma cbe vendetta faremo del tempo che sete slato fuore? di questo, padre, panni che s’ apparecchi un [p. 245 modifica]tempo che ne potremo fare una dolce e graziosa vendetta, che come voi avete disposto il corpo e la sustanzia temporale ad ogni pericolo e morte in guerra col padre vostro, così ora v’invito da parte di Cristo crocifisso a pace vera e perfetta col padre benigno Ciisto in terra, ed a guerra sopr a degl infedeli, disponendo il corpo e la sustanzia a dare per Cristo crocifisso.

Disponetevi, che vi convien fare questa dolce vendetta, che come voi sete andato contra, così andiate in ajuto, quando il padre ìevarà in alto il gonfalone della santissima croce, perocché il padre santo n’ ha grandiss’mo desiderio e volontà. oglio che siate il principale, che invitiate e sollicitiate il padre santo che tosto si spacci. Che gran vergogna e vituperio è de’cristiani di lasciar possedere quello che di ragione ò nostro a’ pessimi infedeli! Ma noi facciamo come stolti e di vile cuore, che non facciamo briga e guerra se non con esso noi medesimi, l’uno si divide dall’altro per odio e rancore colà dove noi doviamo essere legati del legame della divina ed ardentissima carità; il qual legame è di tanta fortezza, che tenne Dio e uomo confitto e chiavellato nel legno della santissima croce.

Orsù, padre, per l’amore di Dio, crescetemi il fuoco del santissimo desiderio, volendo dare la vita per Cristo crocifisso, dare il sangue per amore del sangue. Or quanto sarà beata l’anima vostra e la mia per l’affetto ch’io ho alla salute vostra di vedervi dare la vita per il nome del dolce e buono Jesù. Prego la somma ed eterna bontà, che ci faccia degni di tanto beneficio quanto è a dare la vita per lui. Or corrite virilmente a fare i grandissimi fatti per Dio e per la esaltazione della santa Chiesa, siccome avete fatto per il mondo, ed in contrario a lei; facendo questo, voi participerele il sangue del Figliuolo di Dio. Rispondete alla voce e clemenzia dello Spirito Santo, che vi chiama tanto dolcemente che fa gridare a’ servi di Dio dinanzi a lui per voi per darvi la vita della grazia. Pensatevi, S. Caterina. Opere. T. VI. 17 [p. 246 modifica]246’ padre, che delle lagrime e sudori che la bontà di Dio ha fatte gittare per voi a’ servi suoi, dal capo alli piedi ve ne laveresti. Non le spregiate, nè siate ingrato a tanta grazia. Vedete quanto Dio vi ama, chela lingua vostra noi potrebbe narrare, nè il cuore pensare, nè occhio vedere quante sono le grazie sue. che vuole abbondare sopra di voi, purché disponiate la città deU’ anima vostra a trarla della servitù del peccato mortale. Siate grato e cognoscente, acciocché non si secchi in voi la fonte della pietà. Non dico più. Siate, siate ’edele; umiliatevi sotto la potente mano di Dio.

Amate e temete Cristo crocifisso. Nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Disponetevi a morire per Cristo crocifisso. Perdonate - alla mia ignoranzia e presunzione, che presumo molto di favellare,, ma l’amore e l’affetto che io ho alla salute dell’anima vostra rni scusi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Di quello che mi pregò il vostro servigiale, che per vostra parte venne a me cc. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 247 modifica]

  • /ln notazione filiti Lettera 191» (A) Lo zelo ardentissimo di santa Cateiina per il bene spirituale

temporale dei popoli, la fece ardita di scrivere anche a Barnabò Visconti, il quale fra molti tiranni che allora tributavano l’Italia, e specialmente la nostra Cispadana, era certamente il più potente, il più ambizioso e il più disumano. Barnabò, forse trovandosi a cattivo partito nella guerra cbe aveva colla Chiesa nel 13^2 (V.


le note alla lett. 23), e cbe fini del tutto solo nel 1376, e avuta notizia della grande autorità di Caterina presso il papa, le aveva inviato un suo servigiale, di cui ella accenna sul fine della lettera.

II despoti«mo di Barnabò e le angherie d’ogni genere esercitate addosso ai chierici, la sua crudeltà bestiale, le gravezze enormi onde caricava i sudditi e i continui suoi attentati di tórre.alla Chiesa il Bolognese, gli tirarono addosso per ben tre volte la scomunica papale,

le forze temporali non solo del papa, ma del1’ imperatore e di quasi tutti i principi gelosi della sua grande potenza. L’ ambizione uon aveva però in lui spento il sentimento religioso. Nel i364 acconciasi a far la pace col papa, indotto come per miracolo dalle esortazioni del beato Pietro Tomaso (Boll. 27 genn.), dopo che si era rifiutato alle preghiere degli ambasciatori di Francia. Alla sua morte poi diede segni della più viva religione.


Merita singolare attenziuue il paragrafo IV di questa lettera.