Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 190
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I. Lo prega ad unirsi alla croce ed alla passione di Gesù Cristo, con disprezzare i diletti e vanità del. uioodo, e chele delizie smoderate di esso privano l’anima della visione di Dio.
II. Paragona i beni eterni ai terreni, con rammentare al medesimo duca il caso successogli in un convito da Ini fatto il dì « " 4.... -.. ’..
innanzi, in cui essendo rovinata un.* muraglia, vi morirono i più persone, t III. Esorta il duca a voler sempre mantenere la memoria d’un tal caso per emendare la vita sua.
IV. Esortandolo in ultimo a crociarsi contro gl’ infedeli.
- s ) 8. # * * l Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I- sLlarissimo signore e fratello in Cristo dolce Jesù.
Io Catarina, sch.ava dr servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi il cuore confitto e chiavellato in croce sì e per sì fatto modo che v’accresca il desiderio vostro, che tosto siate pronto e sollecito a levare il gonfalone della santissima croce. Son certa, che se voi ragguardcrete rAgnello svenato e consumato in croce per amore per torvi la morte e rendervi la vita della grazia, che questo sarà quella santa memoria che vi accenderà il desiderio a tosto farlo, e raffrenerà del cuore e dell’anima vostra ogni disordinato diletto e vanità del mondo, i quali diletti passano via come il vento, e 235 lasciano sempre la morte nell’ anima «.li colui che li possede, e nel fine della morte se non si corregge, il conducono alla morte eternale, sì che per suo difetto sì è privato della visione di Dio, e fattosi degno della visione, è conversazione delle dimonia; ed è cosa giusta e convenevole, che sostenga pena infinita colui che offende Dio, che è bene infinito. Dico di quello che spende tutta la vita sua in delizie ed in vivere splendidamente cercando i grandi onori nelli gran conviti, e molli adornamenti, e tutta la sustanzia loto non spendano in altro, ed i poverelli si muoiono di fame; ma essi sempre cercano le grandi e le molte vivande, nettezza di vasi, le care mense, e delicati e ornati vestimenti, ma non si curano dell’ anima tapinella che si muore di fame, però che gli tollono il cibo della virtù e della santa confessione, e della parola sanla di Dìo, cioè della parola incarnata unigenito suo Figliuolo, del quale doviamo seguitare le vestigie per affetto ed amore, amando quello che egli ama, cercando ((nello che egli cercò, amare le virtù e spregiare il vizio, cercare i’ onore di Dio e cercare la salute di noi e del prossimo nostro; e però disse Cristo, che di solo pane non viveva 1’ uomo, ma della parola di Dio. Adunque voglio, caro e dolce signore, e fratello in Cristo dolce Jesù, che seguitiate questa dolce parola con virtù vera Cristo crocifisso, e non vi lasciate ingannare al mondo, nè alla forte gioventù; però che, seguitando noi pure il mondo, potrebbe esser detto a noi quella parola che disse Cristo benedetto de’Giudei: costoro sono simili a’sepolcri che di fuore sono begli e scialbati, e dentro sono pieni d’ossa e di puzza dimoiti.
O quanto dice bene la dolce e prima Verità: e veramente egli è così, che di fuori pajono begli con molti adornamenti, empiendosi il cuore e l’affetto di queste cose morte e transitorie, che generano puzza e fastidio di disonestà nell’anima e nel corpo. Ma io spero per la bontà di Dio, che voi v’ingeguarete di corregger sì la vita vostra, che questa non toccherà a voi, ma con grandissimo a36 ’ fuoco d’amore pigliarete la croce, nella quale si spense e distrusse la morte del peccato morlale, ed avemmo la vita, e così farà a voi. Nella lcvazione della croce si levaranno tutte le offese che avete fatto a Dio, e dirà poi Dio a voi: Vieni, diletto figliuolo mio, che ti sei affaticato per me. Io ti consolerò, e menerotti alle nozze della vita durabile, dove è sazietà senza fastidio e fame senza pena, diletto senza scandolo, e non sono fatte come le nozze ed i conviti del mondo, che danno spesa senza alcuno guadagno, e quanto piò se n’empie l’uomo, più rimane vuoto; da letizia viene a tristizia; e bene lo vedeste voi nel dì di jeri (B), che avendo voi con gran festa fatto il convito, il vi tornò a grande amaritudine; e questo permise Dio per grandissimo amore che ha all’anima vostra, e volse manifestare a voi ed agli altri eh’erano d’intorno, che cosa è la nostra vana letizia, e mostrò Dio, che quegli atti, le parole, e costumi, ed i modi, e consigli^ fussero poco 1 piacevoli e accettevoli a lui. Oimè, io temo bene che la nostraBLstolliza non sia tanta che non ci lasci considerare il divino giudizio..
UT. Dicovi da parte di Cristo crocifisso, che sempre il dì di jeri portiate nella memoria, acciò che le cose vostre siano fatte con ordinato modo, e con virtù e timore di Dio, e non senza timore di Dio. Confortatevi, confortatevi, che io spero per la sua bontà che vel-farà fare, e non abbiate amaritudine affliggiti va di questo caso che ci è avvenuto, ma sia pena sanativa d’ un cognoscimento santo di voi medesimo.
Siavi un santo freno che raffreni in voi ogni disordinata vanità, siccome si fa al cavallo che corre, clisi tira la briglia, perchè non esca fuore dell’ ordine del corso suo.
IV. Orsù, figliuolo mio dolce in Cristo nostro dolce Jesù, abbracciatevi con la santissima croce, rispondete a Dio che con essa croce vi chiama; e così adempirete la volontà sua e il desiderio mio. li però vi dissi, che io desiderava di vedervi il cuore ed il desiderio 2Ò-J vostro ’confitto e chiavellato in croce. Fate che innanzi che il santo padre ne vada (C), voi fermiate il vostro santo desiderio pigliando la santa croce dinanzi alla santità sua, e quanto.più tosto meglio è per Io popolo cristiano ed infedele, e fate tosto senza negligenzia; non prolungate più tempo. Vogliate che più tosto vi manchi il tempo nelle cose temporali che nelle spirituali, e specialmente in questa santa e dolce operazione, la quale Dio vi ha posta in mano, e favvi degno di quello per la sua bontà, che spesse volte suol fare a’ grandi servi suoi. Non dico più. Ricordatevi, monsignore, che dovete morire, e non sapete quando. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Jesù dolce, Jesù Amore.
i » a38 f n’ ’r. f j».,. » ’ . ’ f 1 Annotazioni atta Lettera 190.
i Luigi duca d’Angiò, al quale è scrii(i questa lettera, fu figliuolo del re Giovanni 11, e stipite della seconda casa de’diichi d’Angiò, e conti di Provenza; i quali egualmente cbe gli antecedenti pretesero ragione alla corona di Napoli. Perciocché, essendo stato esso. Luigi adottato per figliuolo e chiamato erede del reame da Giovanna, spaventata dagli apparecchi di Carlo di Dnrazzo, ne fu dall1 antipapa d’Avignone investilo egli, e lui morto nell’impresa (i 384) » Luigi suo figliuolo, cbe ne fece l’acquisto (139O); ma ritoltogli nel 1400 da Ladislao ù.’lio di Carlo di Dnrazzo, vi ritornò nel 1410, e non ostante che vincesse a Roccasecca, non seppe usar della fortuna, e 1’ indugio gliela guastò. Da lui le ragioni al regno passarono al figliuolo Luigi III, che pure fu adottato da Giovanna II, sorella di Ladislao; per cui i diritti delle due case in lui si congiunsero. Da Luigi, che morì prima di Giovanna, passarono in Renato suo fratello, istituito pur da Giovanna; il qual solo da questa stirpe vi potè regnare dal i438 al i442i ne^ quale anno ne fu cacciato da Alfonso d’Aragona. Renato trasmise le sue ragioni nel conte del Maine suo fratello, e questi a Luigi XI re di Francia, il cui figlio Carlo Vili le fece valere nella sua famosa spedizione (1494).
L’ ambizione e l1 avarizia di Luigi d’Angiò ben resero necessarj i saggi ammonimenti che gli dirige la santa in questa lettera, da lei scritta, a quel che pare, in Avignone nel 1376, anche a fine di risolverlo a crociarsi pel passaggio che si andava a quei giorni promovendo contra i Turchi, minacciatiti l’isola di Rodi.
. (B) E bene lo vedeste voi nel di di jeri. Accenna la santa l’accidente accaduto il di innanzi a questo principe, cioè della caduta d’ una muraglia in occasione di soleuue convito cbe avea dato a molti signori, per cui molti n’erano morti, come già avvisavasi nel titolo di questa lettera nell’ impressioni antiche.
(C) Fate che innanzi che il santo padre ne vada. Farti il ponte* fice Gregorio XI d’Avignone a’ i3 di settembre di queH’aimo, preceduto d’ alcuni giorni dalla santa, onde questa lettera sarà probabilmente del mese d’agosto.