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24» Non mi pare che se ne debba chiamare nè tenere signore, ma piuttosto dispensatole, e questo è a tempo, e non per sempre, quanto piacer?, al dolce Signore nostro.

III. E se voi mi dicessi; non ci ha l’uomo 111 questa vita niuna signoria ? rispondovi sì: ha la più dolce e la più graziosa e più forte che veruna cosa che sia, e questa si è la città dell’anima nostra. O ecci maggiore cosa e grandezza, che avere una città che vi si riposa Dio, che è ogni bene, dove si trova pace, quiete ed ogni consolazione ? Ed è di tanta fortezza questa città e di perfetta signoria, che nè dimonio, nè creatura ne la può torre, se voi non vorrete. Ella non ?i perde mai, se non per lo peccato mortale: allora diventa servo e schiavo del peccato, diventa non cavelle e perde la dignità sua. Veruno ci può costringere a commettere un minimo peccato, però che Dio l’ha posto sì, e no nella più forte cosa che sia, cioè nella volontà; che se ella dice sì per consentimento, di subito ha offeso pigliando diletto e piacere del peccato, e se dice di no, innanzi elegge la morte che offendere Dio e l’anima sua: questo non offende mai, ma guarda la città, signoreggia sè medesimo e tutto quanto il mondo; che se ne fa beffe del mondo e di tutte le delizie sue, reputandole cosa corruttibile, peggio che sterco; e però dicono i Santi, che i servi di Dio sono coloro, che sono signori liberi e hanno avuto vittoria. Molti sono quelli che hanno vittoria di città e di castella: non avendola di loro medesimi e dei nemici suoi, come è il mondo, la carne e il dimonio, può dire che abbi non cavelle. Orsù, padre, vogliate tenere ferma la signoria della città dell’anima vostra, combattete forte con questi tre nemici; togliete il coltello dell’odio-e dell’amore, amando la virtù e odiando il vizio; con la mano dell’arbitrio gli percotete, e non dubitate che la mano è forte ed il coltello è forte, che, come’detto è, non è veruno che vel possa torre. Questo parve che dicesse Pavolo, quando di-