Edipo a Colono (Sofocle - Romagnoli)/Parodo

Parodo

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Sofocle - Edipo a Colono (401 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Parodo
Prologo Primo episodio

[p. 128 modifica] INGRESSO DEL CORO

Si avanzano molti vecchi, movendo a lenti passi,
e cercando tutto attorno.

coro
A
Chi dunque era? Investiga. È qui?
Oppure, quell’uom temerario
130fra gli uomini tutti, partí?
B
Guarda a te innanzi, cercalo,
volgi attorno lo sguardo.
C
Estrano, certo, estrano è quel vegliardo,
non è di qui: schivato avrebbe l’adito
135del bosco venerando
di queste fiere vergini,
cui nominiam tremando,

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ed oltre trascorriam, senza né l’occhio
levar, né il labbro schiudere,
140senza né voce, né parola.
D
Ed ora,
è giunto un uom che reverenza ignora.
E
Ma io, per quanto muova
l’occhio per tutta questa sacra cerchia,
discernere non posso ove si trova.
edipo
145Quello io sono: l’espresse parole
veggente mi rendono.
corifeo
Ahimè, ahimè!
Orribile vista, parole
orribili!
edipo
No, ve ne supplico,
150non crediate ch’io sprezzi le leggi.
corifeo
O Giove che dai la salute,
chi è questo vecchio?

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edipo
Non tanto alla sorte diletto,
che tu possa chiamarlo felice.
155È chiaro: se no le pupille
degli altri, guidar mi dovrebbero?
A deboli forze
io grande, appoggiarmi dovrei?
coro
A
Ahimè, tu con gli occhi nascesti
160già spenti!
B
Ben misero e vecchio
mi sembri; ma nuovi funesti
mali non vo’ che piombino
su te, per colpa mia:
ché troppo, troppo inoltri.
C
Oh, no, non sia
165che in quella muta ombrifera boscaglia
tu piombi, ove nell’onde
d’una grande urna, un rivolo
di puro miel s’effonde.
D
Guarda, guàrdati bene, ospite misero,
170vòltati, parti. Un tramite
troppo lungo ci sèpara.
Odi ciò ch’io ti dico?

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E
Or, se tu vuoi,
misero peregrin, parlare a noi,
da questi luoghi santi
175scostati; e, giunto dove a tutti è lecito
favellare, favella; e non avanti.
edipo
Qual consiglio seguire, o mia figlia?
antigone
Consentire con quei della terra,
e ascoltarli, ove occorra, e ubbidire.
edipo
180La tua man dunque porgimi.
antigone
Prendila.
edipo
Stranieri, non fate che quando
io v’abbia ubbidito, e di qui
sia lungi, patisca sopruso.
corifeo
O vecchio, da questa contrada,
185nessuno, ove tu non lo voglia,
t’allontanerà.

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Strofe
edipo
Piú oltre?
corifeo
Piú oltre.
edipo
Ancora?
corifeo
ad Antigone.
Tu guidalo,
o fanciulla, ché bene tu vedi.
antigone
190O padre, dove io ti conduco
mi segui coi ciechi tuoi piedi.

· · · · · · · · · · ·


corifeo
Misero! Estraneo sei
su estranëa terra: t’è d’uopo
195aborrir ciò che Atene aborrisce,
amar ciò ch’ella ama.
edipo
Su’ dunque, figliuola, ov’è lecito
posare, si posi,

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a udire, a risponder. Se il Fato
200ci preme, che giova il contrasto?
corifeo
Fermati li, su quel margine
di rocce sporgenti:
piú oltre non muovere il piede.

Antistrofe
edipo
Cosí?
corifeo
Cosí, basta:
205non odi?
edipo
M’arresto?
corifeo
Sí: obliquo, all’estremo
della roccia, piegandoti un po’.
antigone
È mio cómpito, o padre: tranquillo
l’un piede su l’altro componi.
edipo
210Ahimè, ahimè!

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antigone
Su la mia mano amorosa
il vecchio tuo capo reclina.
edipo
Ahi, me misero! Ahi, tristo destino!
corifeo
O misero, adesso che posi,
215rispondi: fra gli uomini
chi sei? Quali fitti travagli,
t’incalzan? Possiamo sapere
qual sia la tua patria?
edipo
Ospiti, io sono proscritto;
220ma voi non chiedetemi....
corifeo
Che cosa non vuoi che ti chieda?
edipo
No, no, non mi chieder chi sono,
non cercare piú oltre!
corifeo
Perché?

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edipo
La mia stirpe è terribile.
corifeo
Parla.
edipo
225Ahimè, figlia, che cosa dirò?
corifeo
Il tuo seme paterno qual’è?
Straniero, rispondi.
edipo
Ahimè, figlia,
che cosa farò?
antigone
Poi che a tanto sei giunto, rispondi.
edipo
230Parlerò: non c’è modo a nascondermi.
corifeo
Troppo a lungo indugiate: t’affretti?

[p. 136 modifica]

edipo
Sapete d’un figlio di Laio....
corifeo
Ohò!
edipo
Conoscete la stirpe di Làbdaco?
corifeo
235Oh Giove!
edipo
E un misero Edipo?
corifeo
Sei quello?
edipo
Non temiate per quello ch’io dico.
corifeo
Ahimè, ahi me misero, ahimè!
edipo
240O figlia, che cosa accadrà?

[p. 137 modifica]

corifeo
Via! Partite da questa contrada.
edipo
Le promesse cosí tu dimentichi?
corifeo
Trar vendetta dei mali sofferti,
non è colpa, nessuno la sconta.
245E l’inganno ch’è teso a contrasto
d’altri inganni, produce travaglio
per compenso, e non gaudio. E tu, lungi
ancor da quel seggio
ti lancia, il mio suolo abbandona,
250ché tu sulla mia
città, nuovo mal non attiri.
antigone
Stranieri clementi, se pure
pietà non avete
di questo mio padre vegliardo,
255poiché delle colpe
ond’ei non è reo
udiste il ricordo,
di me sventurata
abbiate pietà, stranieri,
260che per questo mio povero padre
vi prego, vi prego, e gli sguardi
non ciechi nell’occhio tuo fisso

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cosí, come io fossi
dal sangue tuo nata,
265perché questo misero trovi
pietà presso voi:
ché in voi, come in Numi,
noi siamo affidati.
Su, dunque, annuite,
270la grazia inattesa accordatemi.
Per quello che t’è piú diletto,
o figlio, o consorte,
o Nume, o ricchezza, io ti supplico.
Per quanto lo sguardo tu aguzzi,
275mortal non vedrai
che possa sfuggire al destino,
se un Nume lo spinge.
corifeo
Sappi, di te pietà, figlia d’Edipo,
e di costui, per la sciagura vostra,
280sentiam del pari; ma temiamo i Numi;
né da ciò che dicemmo, altro diremo.
edipo
A che giova la gloria, a che la bella
fama, quand’ella è falsa? Atene, dicono,
è la piú pia fra le città, capace
285solo essa è di salvar l’ospite afflitto,
di tutelarlo solo essa; e per me,
dove andò questo vanto? Ecco, da questi
seggi levare mi faceste, ed ora
via mi scacciate, pel terror del nome

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290mio solamente, e non della persona,
non dell’opere mie: ch’io le patii
piú ch’io non le commisi, ov’io dovessi
di mio padre gli eventi e di mia madre
narrarti, onde ora tu di me sgomenti:
295ché questo io ben lo so. Ma come, dunque,
di trista indole son, che offesi offeso?
Sí, che, seppure fosse stata conscia
l’opera mia, non sarei stato tristo.
E invece, giunsi dov’io giunsi, senza
300nulla sapere: io sterminato fui
da gente che sapeva. Onde or vi supplico,
ospiti, per gli Dei, come or di qui
sorgere mi faceste, ora salvatemi.
Se gli Dei venerate, ora non sia
305che in nessun conto li teniate. Certi
siate, ch’essi distinguono, chi pio
è fra gli uomini, l’empio anche distinguono:
né scampo trova mai lo scellerato.
Intendi questo, e la felice Atene
310non offuscar, piegandoti a tristizia.
Ma poi che già nella tua fede il supplice
accolto fu, salvami adesso, guardami:
non dispregiarmi, il viso mio vedendo,
non gradito a mirar; ché sano e pio
315giungo, e vantaggio reco alla città,
e a questi cittadini. E quando il Sire
qui giunga, quale ei sia, che vi governa,
allora udrà da me, saprà. Frattanto,
contro me non volere essere tristo.
corifeo
320Reverenza sentir di tue preghiere

[p. 140 modifica]

d’uopo è, vegliardo: espresse già non furono
con parole da poco. A me, che sappiano
tutto i signori della terra basta.
edipo
Di questa terra il re, dov’è?
corifeo
D’Atene
325nella paterna rocca abita: a lui
l’esplorator che qui mi spinse muove.
edipo
Riguardo alcun, pensiero alcun del cieco
credete ch’abbia, sí ch’egli qui venga?
corifeo
Com’egli intenda il nome tuo, verrà.
edipo
330E chi mai tale annuncio a lui darà?
corifeo
La lunga via. Dei mercatanti sogliono
le parole vagare; e quegli, udendole,

[p. 141 modifica]

fa’ cuor, qui giungerà. Fra tutti, o veglio,
corre il tuo nome. Udendolo, sebbene
335a tempo e luogo ei tardo è, giungerà.
edipo
Giunga, e alla patria la fortuna rechi,
e a me: chi non amico è di sé stesso?