Edipo a Colono (Sofocle - Romagnoli)/Prologo

Prologo

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Sofocle - Edipo a Colono (401 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
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edipo
Figlia del vecchio cieco, a quale terra,
Antigone, siam giunti, a qual città,
di quali genti? All’errabondo Edipo,
di poverelli doni in questo giorno
5offerta chi farà? Poco ei dimanda,
e meno ancor del poco ottiene: eppure
tanto mi basta: ché gli affanni e gli anni
lunghi, e la generosa indole, terza,
maestri a me, ch’io m’appagassi, furono.
10Ma via, figlia, se tu vedi alcun seggio,
in luogo qual pur sia, profano o sacro,
fa’ ch’io mi fermi, ch’io mi segga. E poi,
chiediam che luogo è questo. Ospiti siamo:
ai terrazzani ci dobbiamo volgere,
15e tutto ciò ch’essi diranno compiere.
antigone
Padre misero, Edipo, a quanto io scorgo,
torri lontane una città proteggono.
E sacro è, sembra, questo luogo, e florido
tutto d’allori pampani ed ulivi;

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20e fittissimi dentro vi gorgheggiano
i rosignoli. Le tue membra or piega
su questa pietra scabra: assai la via
che tu compiesti, per un vecchio è lunga.
edipo
Fammi sedere, e sii custode al cieco.
antigone
25Ben so tale arte: me l’apprese il tempo.
edipo
Che luogo è questo ove siamo? Sai dirmelo?
antigone
Non lo conosco: ben ravviso Atene.
edipo
Questo cel disse ognun dei viandanti.
antigone
Allora debbo andar, novelle chiedere?
edipo
30Sí, se tal questo luogo è ch’ivi s’abiti.

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antigone
Tale è di certo; e non è d’uopo chiederlo.
Ma un uomo io scorgo avvicinarsi a noi.
edipo
Avvicinarsi a noi? Con passo rapido?
antigone
Anzi, è già presso noi. Ciò che opportuno
35dire ti sembra, dillo: esso è già qui.
edipo
Ospite, udendo da costei, che vede
per sé stessa e per me, che in fausto punto
ad esplorar tu giungi, a dirci quello
che non sappiamo...
terrazzano
Pria ch’oltre procedano
40le tue dimande, da quel seggio lèvati:
in luogo sei che non è pio calcare.
edipo
Che luogo è questo? A qual dei Numi è sacro?

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terrazzano
Calpestar non si può, non abitarlo:
sacro è alle Dive paurose, figlie
45della Terra e del Buio.
edipo
Il nome dimmene
venerabile, ch’io l’oda e l’invochi.
terrazzano
Il popolo di qui le dice Eumènidi.
edipo
Benigne or siano al supplice: ch’io, lungi
da questa terra non andrò mai piú.
terrazzano
50Che vuoi dir?
edipo
Del mio fato un segno è questo.
terrazzano
Cuore allora non ho, senza il consenso
della città, d’allontanarti, prima
ch’io ti denunzi, e il mio dovere apprenda.

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edipo
Ospite, per gli Dei, di tue risposte
55l’onore a me ramingo non contendere.
terrazzano
Simile onor non ti contendo: chiedi.
edipo
Quale terra è mai questa ove siam giunti?
terrazzano
Tutto quello ch’io so ti dico: ascoltami.
È sacro tutto questo suol: Posídone,
60Dio venerando, lo protegge; e il Dio
portatore del fuoco, anche, il Titano
Promèteo v’è: quel luogo che calpesti,
Bronzea Soglia della Terra1 è detto,
Fulcro d’Atene; e i campi ad esso prossimi
65vantan Colono primo lor cultore,
di corsieri maestro, onde ripetono
l’unico nome tutti. O straniero,
tali son questi luoghi, a cui non ciance,
ma fregio dà l’amore di chi v’abita.
edipo
70E dunque, gente v’ha ch’ivi dimora?

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terrazzano
Certo; e da questo eroe deriva il nome.
edipo
Hanno alcun prence, oppur governa il popolo?
terrazzano
Governa il re: nella città dimora.
edipo
Chi mai col senno e con la forza impera?
terrazzano
75Tesèo si chiama; e fu suo padre Egèo.
edipo
Alcun di voi può presso lui recarsi?
terrazzano
A dirgli che? Per far ch’egli qui venga?
edipo
Perché con poca spesa abbia assai lucro.

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terrazzano
Che lucro mai potrà venir da un cieco?
edipo
80Tutto ciò ch’io dirò pupille avrà.
terrazzano
Ospite, sai che devi far, se vuoi
schivar l’errore? ché, a vederti, nobile
sembri, se pur nemica è a te la sorte.
Rimani qui, dov’io prima ti vidi,
85sino ch’io giunga ai miei concittadini,
non d’Atene, bensí di questo borgo,
e dica tutto. Essi daran giudizio,
se rimaner tu devi, oppure andartene.
Il terrazzano parte.
edipo
O figlia mia, dunque partito è l’ospite?
antigone
90È partito. E tu puoi tranquillamente
parlarmi, o padre. Io sola a te son presso.
edipo
Dee dal guardo tremendo2, venerabili,
poi che il ginocchio in questo suolo, sopra

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le vostre sedi io flettei prima, a me
95non siate avverse e a Febo, che a me, quando
tutti quei mali mi predisse, aggiunse
che, dopo lungo e lungo tempo, giunto
ad una terra estrema, ove io trovassi
di sacri Numi un seggio ed un ospizio,
100io tale requie avrei: di qui posare
la mia povera vita; e, qui sepolto,
procaccerei vantaggio a chi m’accolse,
iattura a chi m’espulse e mi bandí.
E segni avrei che questo m’annunciassero:
105tremuoto, o tuono, o folgore di Giove.
Possibile non fu, bene lo intendo,
che, senza il fido auspicio vostro, io questa
via battessi, giungessi a questo bosco,
che sul cammino m’imbattessi prima,
110di vino io scevro, o Dive, astemie3, in voi,
che mi sedessi sopra questo trono
dell’ascia ignaro. O Dee, come suonò
la profezia d’Apollo, adesso un termine
concedetemi, un fin, se pure, schiavo
115di perpetue pene, immeritevole
piú dei piú miseri uomini io non sembri.
Su, dolci figlie dell’antica Tenebra4,
e tu, che nome hai dall’antica Pallade,
piú d’ogni altra città pregiata, Atene,
120compiangete d’Edipo il tristo spettro:
ché non son queste le mie membra antiche.
antigone
Oltre non dire: uomini a noi s’avanzano,
gravi d'anni, a spiar dove tu sei.

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edipo
Più non dirò. Ma tu, dalla via fuori
125guida il mio pie’, nascondimi nel bosco,
tanto che udire i lor discorsi io possa:
è nel saper la regola dell’opera.


  1. [p. 337 modifica]Pag. 123, v. 63. - La bronzea soglia della Terra è l’entrata del sotterraneo che, secondo le credenze d’allora, conduceva al Tartaro.
  2. [p. 337 modifica]Pag. 125, v. 92. - Le Dee invocate sono le Eumenidi.
  3. [p. 337 modifica]Pag. 126, v. 110. - Le Eumenidi sono dette astemie, perché nel sacrificare a loro non si versava vino.
  4. [p. 337 modifica]Pag. 126, v. 117. - Figlie dell’antica Tenebra: già al v. 45 aveva dette le Eumenidi figlie della Terra e del Buio.