Edipo a Colono (Sofocle - Romagnoli)/Primo episodio
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antigone
da qualche tempo rivolta a un punto lontano dell’orizzonte,
ad un tratto esclama
O Giove, che dirò? Quali pensieri
debbo formare, o padre?
edipo
O figlia mia.
340Antigone, che c’è?
antigone
Vedo una donna
muovere verso di noi ratta: un puledro
etnèo cavalca, ed un cappello tessalo
sopra il suo capo le circonda il viso,
la ripara dal sol. Che dico? È lei?
345Non è lei, forse? Il mio giudizio oscilla.
Affermo e nego, e piú non so ch’io dica.
Oh misera!
Altra non è: ben chiaro or mi lusinga
il volto suo che s’avvicina, e segno
350mi dà: non altri, è mia sorella Ismene.
edipo
Che dici, o figlia?
antigone
La tua figlia giunge,
la mia sorella: or la sua voce udrai.
Giunge Ismene accompagnata da un famiglio.
ismene
O due voci dolcissime per me,
del padre mio, della sorella mia,
355vi trovo a stento, a stento fra le lagrime
vi riconosco.
edipo
O figlia mia, sei qui?
ismene
O padre mio, ti vedo e m’addoloro.
edipo
Figlia, abbracciami!
ismene
Entrambi al sen vi stringo.
edipo
Germi d’un sangue!
ismene
Tristo germe duplice!
edipo
360Me dici, e questa?
ismene
E me terza, o tapina.
edipo
Figlia, a che vieni?
ismene
Per la cura ch’ebbi,
padre, di te.
edipo
Per ciò tu mi bramavi?
ismene
E per novelle che vo’ darti io stessa,
con questo, che fra i servi unico ho fido.
antigone
365E i fratelli ove sono? A che travaglio?
ismene
Sono ove sono: a un orrido frangente.
edipo
O per indole entrambi e per costume
di vita, uguali ai popoli d’Egitto!
Ché quivi, entro le case, i maschi seggono.
370a tessere la tela; e le consorti,
fuori di casa, a procacciare pensano
quanto alla vita occorre. E cosí, quelli
dei figli miei che a ciò pensar dovrebbero,
a casa, come verginette restano;
375e, in vece loro, le miserie mie,
voi v’addossate. Appena questa uscí
di puerizia, e invigorí le membra,
sempre errando con me, misera, il vecchio
conduce, molto fra selvaggi boschi
380aggirandosi scalza e senza cibo,
e, travagliata dalle piogge fitte,
dalle vampe del sol, trascura, o misera,
la domestica vita, affinché il padre
abbia sostentamento. E tu, figliuola,
385prima, di Tebe uscivi, e i vaticinii
tutti, quanti su me ne pronunciavano,
mi riferivi, né i Cadmèi sapevano;
e, mia custode, quando poi bandito
fui dalla terra, a me fedele fosti.
390Ed ora, poi, quale novella al padre,
Ismene, rechi? Qual causa ti spinse?
Senza ragione, ben lo so, non giungi.
Forse mi annunci qualche nuovo orrore?
ismene
I patimenti ch’io soffersi, o padre,
395per ricercare a lungo ove tu vivere
potessi, non dirò: patire a doppio
non vo’, narrando il mal di già sofferto.
Ma i mali ch’ora incombono sui tuoi
miseri figli, a dirti questi giungo.
400Gara fra loro in prima fu, che il trono
si lasciasse a Creonte, e la città
non si contaminasse: ché vedevano
sagacemente la rovina antica
della prosapia, che la casa tua
405misera invase. E invece ora, per opera
di qualche Nume, e della scellerata
furia dell’alma, divampò fra loro,
sciagurati tre volte, un’empia gara
d’afferrare il comando, e il regio scettro.
410E il piú giovine d’anni1 e baldanzoso,
privò del trono Polinice, nato
prima di lui, da Tebe lo bandí.
Quegli, come fra noi la voce insiste,
ad Argo la vallosa andò fuggiasco,
415e parentele nuove2 ed alleati
si procacciò, ché tosto Argo dovesse
espugnar la Cadmèa terra a sua gloria,
od esaltarla sino al ciel: non sono
parole, quelle che ti dico, o padre:
420son terribili fatti. E come i Numi
abbian pietà dei mali tuoi, non vedo.
edipo
Speravi dunque che riguardo i Numi
avessero di me, che mi salvassero?
ismene
Sí, pei recenti vaticini, o padre.
edipo
425Quali? Di me che fu predetto, o figlia?
ismene
Che dai Tebani un dí sarai bramato,
per la salvezza loro, o morto o vivo.
edipo
Chi potrà d’un tale uom trarre profitto?
ismene
In te risiede la lor possa, dicono.
edipo
430Quando nulla piú sono, allor son uomo?
ismene
T’esaltano or gli Dei: pria t’abbatterono.
edipo
Vano è, vecchio innalzar, chi cadde giovane.
ismene
Eppur, fra breve, non fra molto, qui
verrà Creonte a questo fine, sappilo.
edipo
435A far che cosa, o mia figliuola? Spiegami.
ismene
Per collocarti presso Tebe, e averti,
senza che il suo confin però tu valichi.
edipo
Che gioverà che alle lor porte io stia?
ismene
Se tristo avello hai tu, male essi avranno.
edipo
440Questo, pur senza auspici, ognun l’intende.
ismene
Per questo, dunque, presso Tebe, ove arbitro
tu di te stesso più non sii, ti vogliono.
edipo
Per poi coprirmi di tebana polvere?
ismene
Lo vieta, o padre, il parricida scempio.
edipo
445E dunque, in lor balia mai non m’avranno.
ismene
Dunque, ai Cadmèi lutto si appresta, quando...
edipo
All’apparir di quale evento, o figlia?
ismene
Verranno, in ira a te, presso il tuo tumulo.
edipo
Da chi l’udisti, ciò che dici, o figlia?
ismene
450Da genti che venian da l’ara delfica.
edipo
Ed anche ciò di me predetto ha Febo?
ismene
Lo dicon quei che al pian di Tebe giunsero.
edipo
E lo riseppe alcun dei figli miei?
ismene
Del pari entrambi: assai bene lo sanno.
edipo
455Lo sanno, infami! E tuttavia la brama
piú del potere che del padre, valse!
ismene
M’è cruccio udirti; eppur, son tali i fatti.
edipo
Deh, la gara fatal mai non ispengano
fra loro3 i Numi! In me, deh!, fosse il termine
460della guerra che adesso arde fra loro,
onde le lance lor cozzano. Allora,
né quei che trono adesso occupa e scettro,
piú rimarrebbe, né colui che uscí
piú tornerebbe: ché quando io lor padre
465fui dalla patria senza onor via spinto,
non mi tennero, no, non mi difesero;
ma, per quanto era in lor, via fui scacciato,
esule fui bandito. O dir vorrai
che allora Tebe, a me che lo bramavo,
470questo dono accordò? Non è cosí:
ché súbito quel dí, quando bolliva
l’animo mio, quando per me dolcissimo
sarebbe stato a morte andar, soccombere
sotto le pietre, a secondar la brama
475mia, niuno apparve. E quando, invece, tempo
fu corso, e già lenito era il cordoglio,
e inteso avea che l’ira mia trascorsa
troppo era, nel punire, oltre i miei falli,
allora, allor, dopo si lungo tempo,
480a forza la città mi discacciò;
e questi, i figli miei, che ben soccorrere
poteano il padre, fare non lo vollero;
e, poiché dir non seppero una piccola
parola, errar dovei pitocco ed esule.
485Da queste due che son fanciulle, invece,
quanto consente a lor natura, ottengo:
luogo sicuro ov’io mi giaccia, e, cibo
ond’io mi nutra, e filïal soccorso.
Ma quei due, piú che il padre, e trono e scettro
490e aver la signoria di Tebe amarono.
Ma non mi avranno mai loro alleato
né prò farà la signoria cadmèa
ad essi, mai. Lo vedo or, che d’Ismene
intendo i nuovi vaticini, e a quelli
495che Febo un dí mi diede io li raffronto.
Dunque, a cercarmi mandino Creonte,
o chi altri potere abbia in città.
Ché, pur che voi vogliate, ospiti, insieme
con queste Dee della città patrone
500venerande, un sostegno offrire a me,
una grande arra di salvezza avrete,
un gran travaglio pei nemici vostri.
corifeo
Edipo, degno di compianto sei,
e teco queste giovinette. E quando
505te protettor di questa terra annunzi,
ciò che a te giovi, consigliar ti voglio.
edipo
Tutto farò ciò che dirai, carissimo.
corifeo
Per queste Dive, a cui giungesti, e prima
calcasti il suol, la lustrazione celebra.
edipo
510Ospiti, e con qual norma? Ammaestratemi.
corifeo
Con pure mani attingi prima, e reca
libagioni di perenne fonte.
edipo
E quando attinta avrò questa pura onda?
corifeo
Brocche ivi sono, opre d’egregio artefice:
515inghirlandane il capo e l’elsa duplice.
edipo
Con ramuscelli, o bende, od a qual foggia?
corifeo
D’un’agna il vello or or tosata ponivi.
edipo
E sia. Qual rito debbo infine compiere?
corifeo
Quell’acque, volto ad orïente, effondi.
edipo
520Da quelle brocche, forse, onde tu parli?
corifeo
Certo: tre rivi; e l’ultima sia colma.
edipo
E di che l’empirò? Dimmi anche questo.
corifeo
D’acqua, di miele: non aggiunger vino4.
edipo
E poi che le berrà l’ombrosa terra...
corifeo
525Con entrambe le man rami d’ulivo
offri, tre volte nove; e cosí prega...
edipo
Come? Fa’ ch’io lo sappia; ha gran rilievo.
corifeo
Che, poi che nome han di benigne, accolgano
con cuor benigno a salvamento il supplice.
530E tu stesso per te chiedi, o chi altri
voglia, per te; ma che non s’oda il prego:
muto; né grido emetta. E s’allontani,
senza volgersi, poi. Quando avrai ciò
compiuto, ardire avrò che teco io resti;
535non prima, ospite: avrei timor per te.
edipo
O figlie, avete dunque udito gli ospiti?
antigone
Udimmo: ciò che far si deve, imponi.
edipo
Compier non posso io ciò; non son capace
di vedere, d’oprare: il male è duplice.
540Ma vada una di voi, che il tutto effettui:
ché basta, credo, solamente un’anima,
purché amorosa, questi riti a compiere.
Siate dunque sollecite; ma qui
solo non mi lasciate: orbe di guida,
545le membra mie non han forza di muoversi.
ismene
A compiere io l’andrò; ma dove il luogo
trovare io possa, ciò saper vorrei.
corifeo
Da quel lato, nel bosco; e terrazzani,
se occorre, troverai, che t’ammaestrino.
ismene
550A tale ufficio io posso andare. Antigone,
tu qui rimani, e custodisci il padre.
Pei genitori, i figli, anche se soffrono
pene, ricordo avere non ne debbono.
Ismene parte
corifeo
Strofe I
È dura cosa, di certo, o vecchio,
555destar l’angoscia di già sopita.
Eppure, è tempo che tu mi dica
edipo
Che mai desideri?
corifeo
Quale il principio fu della misera doglia insanabile
che fu compagna della tua vita.
edipo
Pel tuo benevolo senso, onde m’ospiti,
560non far ch’io sveli gli obbrobrî miei!
corifeo
Ne corre fama grande, perpetua:
ospite, il vero saper vorrei.
edipo
Ahimè!
corifeo
Accontentami, ti prego!
edipo
565Ahimè, ahimè!
corifeo
Odimi: a quanto tu mi chiedevi, feci io diniego?
edipo
Antistrofe I
Commisi, scempi commisi orribili,
ospiti, è vero; ma niuno d’essi,
lo sappia un Nume, fu per volerlo.
corifeo
Che vuoi tu dire?
edipo
570D’incestuose nozze m’avvinse sopra empio talamo
Tebe; ma nulla fu ch’io sapessi.
corifeo
Della tua madre salisti il talamo
incestuoso? Fama pur n’è.
edipo
Ahi, questo udire, per me significa
575morire! E nacquero queste da me....
corifeo
Che intendo....
edipo
Due fanciulle, due sfortune.
corifeo
Oh Giove!
edipo
Con me figliuole d’una materna doglia comune.
corifeo
Strofe II
580Entrambe, dunque, son tuoi germogli?
edipo
E insiem sorelle del padre nacquero.
corifeo
Orrore!
edipo
Orrore, tanta sequela di rei cordogli!
corifeo
Soffristi?
edipo
Ogni male più orribile.
corifeo
Peccasti?
edipo
Incolpevole sono.
corifeo
585Che dunque avvenne?
edipo
Pel benefizio
che a Tebe feci, non degno, o misero, riscossi un dono.
corifeo
Antistrofe II
Ahimè! Tu dunque fosti assassino?
edipo
Di chi? Che cosa saper desideri?
corifeo
Del padre?
edipo
Colpo su colpo vibri su me tapino.
corifeo
590Colpisti?
edipo
Colpii, bene avendone
diritto.
corifeo
Che dici?
edipo
Diritto.
Quelli che uccisi voleano uccidermi.
Eppure, ignaro, scevro di colpe, giunsi al delitto.
corifeo
Ecco: Tesèo, figlio d’Egèo, chiamato
595come tu pur brama ne avesti, giunge.
Giunge Teseo.
teseo
Già nel passato, il sanguinoso scempio
degli occhi tuoi da molti udendo, o Edipo,
ti conoscevo; e meglio or ti conobbi,
di te, per queste vie, parlare udendo:
600ché le tue vesti, e il tuo misero aspetto
a noi ciò che tu sei ben chiaro attestano.
E ti compiango, e chiedere ti voglio,
qual prece alla città, misero Edipo,
volger tu brami, e teco questa misera
605che t’accompagna. Cose ben terribili
mi dovresti narrar, perché potessi
diniego opporti: ché al pari di te,
ben lo ricordo, io crebbi in casa d’altri5
e sopra terra straniera, imprese
610quante altri mai, rischi affrontai di morte.
Sicché, niuno che giunga ospite, come
ora tu giungi, rifiutar saprei:
a me non piú che a te certo è il dimani.
edipo
Tesèo, dal tuo breve discorso appare
615la tua nobile fama: onde sol debbo
poche parole aggiungere. Chi sono,
chi fu mio padre, da qual terra io giungo,
tu lo dicesti. A me sol resta esprimere
la mia richiesta; e tutto sarà detto.
teseo
620Fa’ dunque ch’io possa saperlo: esprimila.
edipo
Ti reco in dono il mio povero corpo:
l’aspetto suo, bello non è; ma l’utile
che arrecar può, vale ogni forma bella.
teseo
Quale mai d’arrecare utile pensi?
edipo
625Col tempo lo saprai, non su l’istante.
teseo
Quando palese mi sarà quest’utile?
edipo
Quando io sia spento, e tu mi dia sepolcro.
teseo
Pensi all’estremo della vita; e il tempo
che intercede, non curi, oppure oblii.
edipo
630Questo e quello per me sono un sol punto.
teseo
La grazia che mi chiedi, invero, è piccola.
edipo
Bada, non è, non è piccolo agone.
teseo
Pensi a un contrasto fra i tuoi figli e me?
edipo
Per forza a Tebe ricondurmi vogliono.
teseo
635Se ciò braman, per te bello è l’esilio?
edipo
Quando io restar bramavo, essi non vollero.
teseo
L’ira sconvien fra le sciagure, o folle.
edipo
Odimi, pria d’appormi. Ora, desisti.
teseo
Dimmi. Parlar pria di saper, non devo.
edipo
640Patii, Teseo, mali su mali, orribili.
teseo
Vuoi di tua stirpe dir l’antico scempio?
edipo
No: può narrarlo ciaschedun degli Elleni.
teseo
E qual t’affligge or piú che umano morbo?
edipo
Questo: dalla mia terra io fui scacciato,
645dagli stessi miei figli; e m’è vietato
di tornarvi piú mai: ché il padre uccisi.
teseo
Se lungi esser tu dei, come or ti chiamano?
edipo
La parola divina a ciò li astringe.
teseo
Quale sciagura pei responsi temono?
edipo
650Fato in quel luogo è che sconfitti siano.
teseo
Fra me, fra lor, che lite mai può sorgere?
edipo
Soltanto sugli Dei, figlio carissimo
d’Egèo, vecchiezza non incombe o morte;
ma tutte quante il Tempo onnipossente
655l’altre cose sconvolge; e va distrutto
della terra il vigore e delle membra,
la fede muore, il tradimento germina;
e il medesimo umor mai fra gli amici,
fra le città mai non permane. In Tebe
660tutto ora è verso te calmo e sereno;
ma, volgendo pel suo corso infinito,
notti innumere e giorni il Tempo genera,
in cui le mani che concordia or serra,
la lancia, in poco d’ora, avrà divise.
665E allora, il corpo mio sopito, ascoso,
gelido, il caldo lor sangue berrà,
se Giove ancora è Giove, ed è verace
di Giove il figlio, Febo. Oh, ma scoprire
ciò che tacer si deve, amaro è troppo
670per me. Lasciami ov’io le mosse presi,
la fede tua serbami solo. E mai
dir non potrai che abitatore inutile
di questi luoghi, Edipo accolto fu
da te: seppure i Numi non m’ingannano.
corifeo
675Da un pezzo, o re, tali promesse, e simili,
per questo suol, costui promette adempiere.
teseo
Repudiare il buon voler chi mai
potrà d’un uomo, a cui, prima ci lega
ospitale alleanza, e ai Numi or supplice
680giunge, ed assolse a questa terra e a me,
non piccolo tributo? Io reverenza
di tutto questo avrò, né le sue grazie
respingerò; ma, cittadino accogliere
lo voglio in questo suolo. E, se gli piace
685qui rimanere, abbine tu custodia;
se poi con me venir tu brami, Edipo,
n’hai da me facoltà: ch’io v’acconsento.
edipo
Concedi il bene ognor, Giove, a tali uomini!
teseo
Che brami, di’? Venire alla mia casa?
edipo
690Dato mi fosse pur! Ma il luogo è questo....
teseo
Di far che cosa? In nulla io ti contrasto.
edipo
Dov’io trionferò di chi m’espulse.
teseo
Dal tuo soggiorno, avremo noi vantaggio?
edipo
Sí, se saldo starai sin ch’io l’ottenga.
teseo
695Confida in me: non vorrò mai tradirti.
edipo
Né chiedo a te, come ad un tristo, il giuro.
teseo
Nulla di più che dalla mia parola
potresti averne.
edipo
Che far dunque intendi?
teseo
Che terror più t’opprime?
edipo
Verranno uomini.
teseo
700Ci son costoro.
edipo
Bada che lasciandomi....
teseo
Non insegnarmi il mio cómpito.
edipo
È forza
per chi paventa.
teseo
Il cuor mio non paventa
edipo
Le minacce non sai.....
teseo
So che nessuno
di qui, contro mia voglia, ti trarrà.
705Nell’ira, assai minacce, assai si lanciano
vane parole: ove di sé signora
torni la mente, le minacce sfumano.
Anche se il cuor bastò che promettessero
con vanti fieri di qui via rapirti,
710largo ad essi parrà, sii certo, il pelago
che qui conduce, e poco navigabile.
Dunque, se Febo t’inviò, pur senza
il mio soccorso, star puoi di buon animo;
Ma bene io so che il nome mio, se pure
715io non son qui, ti schermirà dai mali.
S’allontana.
- ↑ [p. 337 modifica]Pag. 146, v. 410. - Il piú giovane d’anni è Eteocle.
- ↑ [p. 337 modifica]Pag. 146, v. 415. - Parentele nuove; Polinice di fatti sposò Argia, figlia di Adrasto, re d’Argo.
- ↑ [p. 337 modifica]Pag. 150, v. 459. - Fra loro, cioè fra Eteocle e Polinice.
- ↑ [p. 337 modifica]Pag. 153, v. 533. - Non aggiunger vino; cfr. p. 126, v. 110 ove dice queste dee astemie
- ↑ [p. 337 modifica]Pag. 161, v. 608. - In casa d’altri, presso il nonno Pitteo, re di Trezene.