Q

../P ../R IncludiIntestazione 1 maggio 2024 75% Da definire

P R

[p. 426 modifica]

Q


Quacchero: nome dato ai seguaci di una e forse la più semplice e radicale delle sette cristiane, successive alla riforma luterana: Dio è nella coscienza; escluso quindi ogni rito, ogni culto, ogni gerarchia: semplicità di vita, pace ed amore fraterno. Tale setta fu fondata in Inghilterra verso il 1550. Il nome deriva dal verbo inglese to quake = tremare, agitarsi per effetto della ispirazione divina nel predicare. Noi si dice talora quaccehero o alla quacchera per significare alla buona, democraticamente, e spesso più che le convenienze non consentano, esclusa ogni idea religiosa. Cfr. Le memorie di Pisa del Giusti.

Quadrato: ter. mar., sala comune degli ufficiali sopra una nave da guerra.

Quadrato: ricorre spesso la locuzione crescere o aumentare in proporzione o ragione del quadrato. Questa frase è usata per significare un modo complesso di variazione tra due fenomeni: variazione riconosciuta vera in numerosi fatti naturali. Si dice crescere in ragione del quadrato quando un fenomeno crescendo con una ragione che chiameremo m, l’altro correlativo cresce in ragione m X m: se il primo dunque è 2 il secondo è 4, se il primo è 4, il secondo è 16 etc.

Quadratura del cìrcolo: cercare, volere la quadratura del circolo vale cercare, volere una cosa illogica e impossibile. Questa locuzione è tolta dal linguaggio della geometria, per il fatto che la superficie del cerchio non si può rappresentare con un numero finito, qualunque unità si scelga.

Quadriciclo: velocipede a quattro ruote.

Quadriglia: fr. quadrille, noto nome di contra danza nazionale francese. Questo senso alla parola (quadrille nel suo primo senso = compagnia di cavalieri armati e adorni per torneare e correre in giostra) risale alla fine della prima metà del secolo scorso. La quadriglia è fra i nostri balli più comuni e si balla col comando alla francese, storpiato poi come si sa e può in Italia, ma francese, e ciò da assai tempo, come puoi vedere in una ben nota lettera del Giusti.

Quadriglia di lancieri: V. Lancieri.

Quadrilatero: nel linguaggio militare: territorio difeso da quattro fortezze. Come termine storico Quadrilatero fu detto in Italia quello stabilito dall’Austria nel suo dominio d’Italia fra l’Adige ed il Mincio, con le città forti di Mantova, Verona, Legnago e Peschiera; questa città pur ricordata da Dante come

                                                  bello e forte arnese
               da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi.

Inf. XX, 70.


Quadruplette: fr., bicicletta a quattro posti (oggi non più usata come per il passato).

Quaerenda pecunia primum est, virtus post nummos: prima bisogna cercare il denaro, la virtù dopo il danaro, (Orazio Epist. I, 53, 54). Ciò dimostra che anche ai tempi pagani la virtù ignuda, senza abbigliamento, piaceva poco o pareva difetto. Per codesto il mondo è rimasto uguale. Cfr. la moderna parola affarismo: [p. 427 modifica]mutano le parole, rimangono le cose e i sentimenti umani.

Quaerens quem dèvoret: cercando chi divorare: espressione, prima, delle sacre carte per significare lo spirito del Male. (Sobri estote et vigilate; quia adversarius vester diabolus, tanquam leo rugiens circuit, quaerens quem devoret. Lettera prima di S. Pietro, Cap. V versetto 8).

Quai: argine, diga lungo un fiume, presso un porto, lungo una ferrata, fatta di pietra da taglio per rendere più agevole il cammino e lo scarico delle merci. Proviene dal celtico kae = recinto, barriera. A questa voce francese, bene osserva il Fanfani, rispondono le seguenti voci nostre: lungo se trattasi d’un fiume, come lung’Arno, lungo Po, lungo Tevere: banchina se de’ porti: andana o marciapiede (?) delle stazioni: e fondamenta, aggiungo, sono dette a Venezia quelle vie che fiancheggiano un canale o la laguna: meno bene giudica il Fanfani dove osserva: «abbiamo a ricorrere ai nostri vicini perchè ci facciano la carità del loro quai? del loro quai che si adatta a tre cose distinte, dove che noi per ognuna abbiamo la sua voce propria!», giacchè è appunto la nostra ricchezza di sinonimi che nuoce tanto maggiormente quanto minore ne è l’uso e lo studio; e allora avviene che tutti questi sinonimi sono abbandonati talvolta in cambio di un’unica voce, sia pur essa straniera, anzi....!

Qualifica: per qualificazione è una abbreviazione nostra, ripresa dai puristi: certo assai nell’uso come rettifica, moltiplica, bonifica, etc. Il Petrocchi la registra e, mi pare, a ragione.

Qualis artifex pereo!: che artista muore in me!: così dicendo, secondo Svetonio, morì Nerone. Vere o no, queste parole lumeggiano stupendamente quel celebrato tiranno.

Qualis dominus talis et servus: lat., quale il padrone, tale il servo. (Petronio Arbitro, Satyricon, 58).

Qualis pater, talis filius: sentenza latina, popolare, in cui è il senso e l’intuito della ereditarietà della specie: i figli dei gatti raspano. Intendesi di solito delle eredità non buone. Cfr. il Rabelais nel suo Pantagruel, lib. III, cap. 41:

          saepe solet similis filius esse patri,
          et sequitur leviter filia matris iter.

Quand même: quand’anche. Es. je réussirai quand même. Questo quand même leggesi come conclusione intercalare, in vece di modi nostri, ad ogni costo, a dispetto dei santi, etc. e pare causticamente elegante. Solita fortuna dei modi francesi!

Quando c’è la salute c’è tutto: locuzione lepida e caustica recente, usata in vario senso. È dovuta a L. A. Vassallo (Gandolin) nella sua commedia Il Professor Papotti.

Quandoque bonus dormitat Homerus: talora sonnecchia anche il buon Omero, poeta sovrano, avverte Orazio (Art. Poet. 359), cioè in arte anche il maestro non sempre è pari a se stesso. Dicesi, comunemente, come scusa di passi imperfetti di insigne maestro.

Quanquan: V. Cancan.

Quantìté négligeabie: quantità trascurabile, cosa da poco, inezia, locuzione fr. usata per abuso.

Quantum mutatus ab illo: quanto mutato da quello (che era una volta)! Dicesi più sovente per celia, e sono le parole di Enea, quando rivede in sogno il morto e sanguinante Ettore. (Vergilio, Eneide, II, 274).

Quantum satis: lat., quanto basta (antica formula farmaceutica, spesso rivolta a sensi lepidi e faceti).

Quarantena: propr. spazio di quaranta giorni, durante i quali una nave, ritenuta infetta, deve stare segregata al Lazzaretto. Onde la locuzione figurata mettere in quarantena, detta di notizie non certe.

Quarantottesco: cioè del 1848. Dicasi oggi in senso ironico o beffardo di azioni e parole che abbiano affinità coi sentimenti di ardore bellico, di fedo nella patria, di gentile baldanza, cose proprie di quegli anni 1848-1849, che furono tra i più vivaci del patriottismo italiano. Contrastano e non sembrano sincere nel positivismo odierno.

Quarantotto: vive in Milano la locuzione familiare e popolare fare o essere un [p. 428 modifica]quarantotto, cioè un subbuglio, un tumulto, una confusione: manifesto ricordo delle Cinque giornate del marzo 1848.

Quartetto: «termine musicale: ogni composizione per quattro voci o per quattro strumenti; ma classicamente intendesi una forma musicale di solito per due violini, viola e violoncello, analoga, quanto alla condotta tonale ed ideologica, alla Sinfonia quattro tempi». (A. Galli, op. cit.)

Quartiere: nel ling. mar., intendesi ciascun albero co’ suoi attrezzi e con le sue vele, onde si dice quartiere di prua, quartiere di poppa.

Quartier latino: in Parigi quartier latino è il boulevard Saint-Michel e le vie adiacenti, abitate dagli scolari o studenti. I romanzi, le istorie, le cronache hanno reso popolari presso di noi certi nomi delle vie di Parigi, e ciò da assai tempo.

Quartigliere: nel gergo della caserma è così chiamato il soldato che è di guardia e pulisce la camerata.

Quartiròlo: milanese quartiroeù, specie di formaggio.

Quarto: nel linguaggio mar., è la durata di quattro ore di guardia, rispondente press’a poco alle vigiliae presso i Romani.

Quarto d’ora di Rabelais (il): il momento di pagare. V. Il quarto d’ora di Rabelais.

Quarto potere: cioè la stampa, il giornalismo. Secondo una divisione che noi togliamo dai francesi, il primo è il potere regio, il secondo il potere legislativo (deputati e senatori), il terzo è il potere giudiziario (magistratura). Forse ora sarebbe più ragionevole invertire la numerazione.

Quarto stato (il): al tempo della rivoluzione di Francia, 1789, tre erano gli stati o classi sociali. Clero, Nobiltà, Borghesia o, come noi diremmo, cittadinanza. La rivoluzione fu il trionfo della borghesia che dominò nel secolo XIX e nel secolo nostro. Il quarto Stato, è detto oggi, per analogia, il popolo dei lavoratori manuali, le plebi agricole, i proletari, ecc., che domandano la loro emancipazione economica e il loro trionfo civile come già ottenne la borghesia sui due Stati privilegiati. (Si puedes, come diceva il Ferrer ne’ Promessi Sposi).

Quasimodo: nome di personaggio deforme nel romanzo di V. Hugo, Nostra Donna di Parigi. Acquistò per il passato valore antonomastico anche presso di noi.

Quattro noci in un sacco: locuzione usata per indicare pochi, ma che fanno baccano. Spesso fu così detto del partito republicano nostro, in senso di spregio pel numero scarso de’ suoi aderenti rispetto agli altri partiti. «Voi spicciolati in tante sette quante sono le formole se non le idee, quante le vanità se non le ambizioni sì che gli avversari possono dire di voi — E’ fanno di gran rumore, ma sono quattro noci in un sacco!» Carducci, Per la morte di G. Garibaldi.

Quattro occhi (a): in confidenza, senza che altri ci senta: ma spesso si dice di osservazione o nota la quale per opportunità o riguardo vuolsi fare in segreto.

Quelli della balia: cioè i mesi passati a balia. Dicesi per ischerno di chi vuol farsi più giovane che non sia. Così in fr., oublier les mois de nourrice.

Quem Deus vult perdere dementat: lat., Dio, o Giove toglie il senno a colui che vuol perdere. Dicesi anche: Quos vult perdere Iupiter dementat prius. Per l’origine di questa profonda sentenza, cfr. il Fumagalli, (op. cit.)

Questa o quella per me pari sono: verso del Piave nel Rigoletto, divenuto popolare e detto talora in senso faceto.

Questi: non di rado mi è avvenuto di leggere il seguente errore: di questi, a questi, etc, riferendosi al numero singolare. L’errore deve provenire da una reminiscenza di buona grammatica, la quale avverte che al nominativo soggetto e con forza di sostantivo si dice letterariamente questi e quegli, ma non però nei casi obliqui, ne’ quali si deve sempre dire di questo, a questo, questo, da questo. Invero preziosa e degna di nota questa reminiscenza grammaticale! NB. Come è noto, A. Manzoni nella seconda edizione dei Promessi Sposi tolse tutti i questi ed i quegli, tutti gli egli — se non alcuno rimasto per caso o riferito a Dio — tolse del pari anche egli ed egli pure ed il pronome ella. Se con ciò il grande Lombardo rese un servizio alla lingua [p. 429 modifica]italiana privandola di un’eleganza e di una vera ricchezza, non è il caso di disputare. Sta il fatto che queste voci essendo vitali, vivono a dispetto di chi lo volle morte. Cfr. Elleno.

Questionario: raccolta di questioni, neol. dal fr. questionnaire: voce accolta dall’uso e dai lessici. V. Fanfani ed Arlia, (op. cit.)

Questioni bizantine: V. Bizantinismo.

Queue: coda. Sovente in vece che dire mettersi in fila o far la coda quando c’è gran gente ad un passaggio, si pronuncia alla francese: far la queue. Comunissima voce nei comandi delle danze.

Quì, quà: con l’accento, non è buona scrittura. Scrivasi qui, qua. Gli altri monosillabi che escono in dittongo raccolto hanno invece l’accento, come può, piè, diè, etc. I monosillabi semplici non hanno accento, quindi si deve scrivere do, fa, fo, fu, fra, me, no, pro, pre, sa, so, su, sta, sto, te, tu, tra tre, qui, qua. Ecco quei monosillabi che talora vanno segnati da accento, o da apostrofe, secondo l’uso vario a cui si prestano nel discorso: chè (imperocchè): (verbo), da (preposiz.), da’ (dai): (giorno), di’ (imperativo del verbo dire), di (preposiz.): fe’ (per feo, voce poetica in luogo di fece), (fede): (avverbio), la (articolo o pronome): (congiunzione, vale per lo più e non), ne’ (nei): se’ (sei, verbo), se (congiunzione): (per così o affermando), Si (pronome): ’ve e u’ (in poesia per ove): vo (vado), vo’ (voglio). Le preposizioni tra’ pe’ su’ co’ contra’, si usano da taluno con certo artificio di imitazione toscana, in luogo di tra i, per i, su i, con i, contra i. V. Colla.

Quia: lat., perchè, cioè la causa. Es. ed eccoci al quia.

Qui amat periculum, in illo peribit: chi ama il pericolo perirà in esso. (Ecclesiastico, III, 27).

Qui in altum mittit lapidem, super caput eius cadet: chi getta in alto una pietra, gli cadrà su la testa (Ecclesiaste, XXVII, 28); bella e grave imagine simbolica che allude al ricadere del male sull’autore stesso del male.

Quid: lat., alcuna cosa. Ricorro talora questo neutro latino per indicare cosa indeterminata o non facilmente definibile; es. un certo quid.

Quid agendum: lat., che fare? che abbisogna? a quale rimedio appigliarsi?

Quidam: lat., un certo, un tale, pronome usato per indicare indeterminatezza qualitativa. Vive nell’uso: un certo quidam, un quidam qualsiasi e suona sprezzo.

Quid de jure?: locuzione degli avvocati per significare che cosa risulta logicamente secondo la legge.

Quid est veritas: lat., che cosa è la verità? Domanda cui, più si pensa, più si sprofonda il pensiero. Ma certo Pilato rispondendo a Cristo, non ci pensò tanto (S. Giovanni, XVIII, 38): «Io a questo fine sono venuto nel mondo, di rendere testimonianza alla verità: chiunque sta per la verità, ascolta la mia voce. Dissegli Pilato: che cosa è la verità? E detto questo di nuovo uscì».

Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames?: V. Auri sacra fames.

Quid novi?: che c’è di nuovo? formola latina, comune, con forza di intercalare. Ricorda Aristotele, (Hist. Anim., VIII, 28): [testo greco] e Plinio: (Storia Nat. VIII, 17): semper Africa aliquid novi affert.

Quidquid delirant reges, plectuntur Archivi: le follie dei re le scontano i popoli, cioè non v’è più sicurezza pei governati, quando i governanti perdono la bussola (Orazio, Epistole, 1, 2, 14).

Quieta non movère: lat., non muovere le cose tranquille, massima di vile prudenza o di conoscenza che l’edificio è così marcio che, pur toccandolo, tutto cadrebbe. Eppure molti istituti si reggono su tale assioma! Dicesi anche nel senso del noto adagio: Non stuzzicare il can che dorme.

Qui giace l’Aretin poeta tosco | che disse mal d’ognun fuor che di Cristo | scusandosi col dir non lo conosco: noto epigramma e sintesi della vita o dell’ingegno di Pietro Aretino, specie di gran publicista venale del Cinquecento. Ripetesi il caustico motto con ampio senso. Il motto è attribuito comunemente al Giovio.

Qui gladio ferit gladio perit: chi ferisce [p. 430 modifica]di spada di spada muore, così Cristo a Pietro che lo voleva con l’arme difendere. Potente variante della legge mosaica non uccidere!

Qui me délivrera des Grecs et des Romains? verso fortunato e specioso, più arguto che profondo, che leggesi in una Elegia di un poeta francese di nome Berchoux (1765-1839). Ed. Michaud, 1829, vol. IV, pag. 107. Secondo il Fournier, L’Esprit des autres, il Berchoux avrebbe tolto questo verso da un’epistola di Bernardo Clément di Digione, il quale avea scritto: Qui nous délivrera des Grecs et des Romains? Il difetto e la grettezza delle nostre scuole, dette classiche, possono spiegare il favore dell’arguta e melodrammatica apostrofe francese.

Qui mi cascò l’asino: familiarmente e lepidamente vale qui mi sono arenato, non fui più capace d’andare avanti.

Quinci e sguinci (parlare in...): ossia in punta di forchetta, con vocaboli altisonanti, pedanteschi, preziosi. Il granduca Ferdinando II di Toscana, a tergo di una supplica scritta in quinci e squinci, a proposito di un ponte che voleasi rifatto a spese dello Stato, scrisse: «Talor, qualor, quinci, sovente e, guari, rifate il ponte co’ vostri denari».

Quintetto: «qualunque componimento musicale a cinque voci o a cinque strumenti. Quando è strumentale, la sua forma ha analogia con quella della Sinfonia classica». (A. Galli, op. cit.)

Qui oblige s’oblige: chi obbliga altrui obbliga sè, motto di N. Roqueplan.

Qui pro quo: locuzione latina venutaci dal fr. quiproquo, parola formatasi dalla facilità dello scambiare una lettera per un’altra: vale familiarmente equivoco, malinteso, ma dicesi di cosa di poco conto.

Quis custodiet custodes: chi custodirà i custodi? motto acutissimo, proverbiale, tolto da Giovenale (Sat. VI, 347). Sed quis custodiet ipsos custodes? E Platone (De Republica, III, 13; «Certo sarebbe ridicolo che il custode avesse bisogno di custode». Eppure!!

Qui se rassemble, s’assemble: motto francese a cui risponde esattamente il nostro, Dio li fa e poi li accompagna o li appaia.

Qui si parrà la tua nobilitate: (Inf. II, 6) noto verso dantesco, usato quando si mette alcuno al paragone di qualche prova.

Quitte: voce fr., letteralmente = quitato, cioè chi ha pagato, che è libero de’ suoi debiti, sbarazzato, che è pari, dal latino quietus, onde quittance e quittancer. In italiano vi corrispondono le forme classiche quitare, quitanza e quitato, che il Petrocchi nota fra le voci morte. Quitanzare o quietanzare, quietanza o quitanza sono le voci usate oggidì e su le quali male concordano i puristi.

Qui-vive?: fr., chi va là? grido della sentinella. Essere o stare sul chi vive per stare attenti, all’erta, è il fr. être sur le qui-vive.

Qui vivra verra: locuzione francese tradotta in: chi vivrà vedrà, e cui risponde la nostra al bel veder ci manca poco, oppure se son rose, fioriranno.

Quod Deus avertat: che Dio ciò allontani, formula esclamativa di scongiuro, probabilmente corrotta dal vergiliano (Eneide II) quod Dii omen avertant, oppure. Di talem terris avertite pestem! (Eneide, III, 620).

Quod Deus coniunxit, homo non separet: ciò che Dio congiunse l’uomo non divida, è il famoso principio perentorio evangelico (S. Matteo) su cui il diritto canonico fonda il dogma della indissolubilità del matrimonio religioso.

Quod differtur non aufertur: motto latino, ciò che si differisce non si toglie, cioè rimandare una cosa non vuol dire non farla. Intendesi con discrezione!

Quod erat demonstrandum: versione della formula greca [testo greco] con cui finisce la più parte dei teoremi di Euclide. Usasi oggi in vario senso, spesso ironico, per notare l’ommissione di un fatto o di una idea logica senza cui la conclusione non regge o sarebbe diversa.

Quod non fecerunt barbari, fecerunt barbarini: una delle più note e acute pasquinate, riferita ad Urbano VIII (Maffeo Barberini) che tolse i mirabili bronzi onde erano rivestite le travi del Pantheon [p. 431 modifica]in Roma (Rotonda) per fonder cannoni e il baldacchino di S. Pietro. Tale profanazione fu al principio del Seicento.

Quod scripsi, scripsi: Evang. di S. Giovanni, XIX, 22: ciò che scrissi, scrissi, formola divenuta comune, detta per significare la intenzione di nulla modificare cosa stabilita e voluta.

Quod superest date pauperibus: ciò che vi avanza date a chi non ha: nota formola evangelica, più forse di norma umana e di fratellanza sociale che di carità. La sua indeterminatezza, a giudizio di chi è savio, non toglie ma aggiunge valore.

Quolibet: (dal lat. quod libet = ciò che piace, tutto ciò che viene in mente) voce francese che in antico valse ad indicare qualsiasi problema scolastico, più bizzarro che utile; indi termine generico per significare giuoco di parola, bisticcio, freddura e simili, ma include senso di facezia scurrile e volgare.

Quondam: lat., una volta, un tempo.

Quorum pars magna fui: emistichio vergiliano (Eneide, II, 6) usato per significare che chi racconta fu testimone o partecipe del fatto, come appunto Enea, proemiando alla sua narrazione di Ilion distrutta.

Quos ego! i quali io...! e si sottintende un punirò o voce consimile. Così Nettuno, Dio del Mare, minaccia i venti scatenati dall’ira di Giunone, ^contro Enea. (Vergilio, Eneide, I, 135). È uno dei più celebri e noti esempi di quella figura retorica che i grammatici chiamano preterizione. Usasi con forza di sostantivo in senso di minaccia potente, e talora per celia.

Quotato: in borsa: dicesi di quei valori che sono scritti, registrati, indicati nei bollettini o listini della Borsa, e perciò sono quivi commerciabili, giacchè non tutti i valori sono trattati presso le Borse. Quotato alto si dice di quel valore che ha un prezzo elevato rispetto al suo reddito; l’opposto è quotato basso. | Quotato, nel linguaggio delle corse vale valutato, stimato. Un cavallo è detto quotato alla pari quando il bookmaker, tenitore delle scommesse, paga una lira per una lira scommessa; quotato a tre, quando per una lira scommessa ne paga tre; a dieci, quando ne paga dieci; a una metà, quando paga mezza lira, e questo valore (V. cote) risulta dalle probabilità che ha il corridore di vincere e dal numero delle scommesse. Questo verbo quotare in tale uso e senso è dal fr. coter. L’antico quotare nostro voleva dire giudicare in quale ordine la cosa sia. V. Quotizzare.

Quote d’ammortamento: quando si contrae un mutuo col patto di estinguere a grado a grado capitale ed interesse, si dice che si contrae un mutuo ammortizzabile. Le rate di estinzione, comprendono due partite, l’una serve a pagare gli interessi, l’altra ad estinguere gradatamente il capitale, o vera sorte, come si dice comunemente in qualche luogo. Quest’ultima si chiama quota d’ammortamento.

Quot homines, tot sententiae: lat., tanti uomini, altrettante opinioni. Terenzio (Formione, II, 4, 14), e Cicerone, (De Finibus, I. 5). Cfr. l’adagio nostro comune:

                    Vari sono degli uomini i cervelli,
                    a chi piaccion le torte, a chi i tortelli.

Quotizzare: neol. per sottoscrivere, obbligarsi, etc. è il fr. cotiser = régler la quote-part. Più frequente in tale senso è il verbo quotare. I verbali quotizzazione (fr. cotisation) e quotizzo notati dal Rigutini come barbarismi, per ripartizione di capitale o spesa tra più persone od enti interessati, mi sembrano anche meno usati del verbo.

Quot servi, tot hostes: lat. , quanti servi, tanti nemici. Paolo Festo, De verborum significatione, ed. Müller, pag. 261.

Quousque tandem abutère, Catilina, patientia nostra? famoso ed enfatico principio della prima Catilinaria di Cicerone, divenuto popolare, e passato a lepido senso. E fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?