Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Quarto/Capitolo VIII

Capitolo VIII

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Discorso Quarto - Capitolo VII Discorso Quinto

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CAPITOLO VIII.

Riepilogo e conclusione del discorso IV.

Volendo brevemente riepilogare ancora le cose dette in questo capo, come si è fatto de’ precedenti, onde trarne una conclusione di men dubbia applicazione, occorre osservare:

1.° Non poter isfuggire a chicchessia la necessità di stabilire [p. 470 modifica]ordinate relazioni tra le amministrazioni delle varie strade ferrate proposte, perchè i convogli d’esse abbiano sicura ed utile corrispondenza fra di loro; la quale corrispondenza quando non venisse, come s’è proposto, ordinata, sull’esempio dell’inteso e praticato altrove, molto danno ne avverrebbe a quelle imprese, si di perditempo, che di maggiore spesa.

2.° Dover perciò gli Stati o società che successivamente nella nostra Italia manderanno a termine le strade loro, e ne cominceran l’esercizio, prima intender fra essi i patti relativi a siffatta corrispondenza de’ convogli, imitando le preallegate altrui già seguite convenzioni, mercè delle quali il servizio delle dette strade riuscirà più sicuro, più pronto e men costoso, con rispettivo vantaggio de’ contraenti che molto erroneamente opererebbero, se trascurassero siffatti reciproci concerti.

3.° L’ordinamento politico attuale della Penisola richiedere l’ordinamento d’alcune cautele politiche sulle nuove strade, ond’escludere ogni pericolo che si possa suppor derivante dalla straordinaria rapidità delle relazioni. Codeste cautele però potersi regolare in modo, che, mentre ne sarà tutelato il pubblico ordine e la sicurezza de’ governi, non ne avvenga inutile perditempo per soverchie fermate ai confini, e pubblico malcontento per moleste inquisizioni; perciò allontanamento de’ viandanti.

4.° Potersi conseguire siffatto scopo, se anche, ad imitazione del praticato altrove, si adotterà lo spediente di ritirare al detto confine le carte di libero transito, di cui ogni viaggiatore estero è munito (cioè passaporti), all’atto del partir de’ convogli, permutandole coi così detti scontrini, da restituirsi arrivando a destinazione; dove nell’ufficio di polizia appositamente aperto si potran poi praticare le indagini reputate necessarie sul conto di ogni viandante senza che più sia ritardato il corso del convoglio.

5.° Giovare assai, che coteste norme e formalità nano tra i varii Stati italiani concertate uniformi, anche al fine d’ottenere il migliore esercizio delle varie amministrazioni politiche, le di cui relazioni reciproche sarebbero così talvolta occasione d’utili indicazioni nell’interesse dell’ordine. [p. 471 modifica]6.° Queste norme e cautele però suggerirsi da noi, con speciale protesta, ch’esse vengan ordinate e praticate con prudente, larga e moderata tutela, non mai coll’intendimento di suggerir moleste angherie, da cui l’animo nostro, più a fiducia che a sospetti inclinato, è anzi molto alieno.

7.° Una eguale e conforme tariffa italiana per tutte le strade ferrate della Penisola, ragguagliata ad un tanto per kilometro su di esse percorso da ogni persona, capo di bestiame, o pesata di merci, essere nella generale e rispettiva convenienza d’ogni amministrazione; doversi portanto desiderare che tutte a tal fine si concertino per intendere e promulgar concordi la tariffa suddetta.

8.° Essere quella propizia occasione per certo d’adottare pesi, misure e monete conformi, nel rispettivo valore e divisioni, se non nella denominazione, scegliendo di preferenza quelle decimali, cui tende l’universale. Perocché sarebbero così grandemente agevolati i rispettivi rendiconti di debito e credito che le diverse amministrazioni debbono tenere aperti, e liquidare ad epoche determinate a reciproco compenso degli aiuti datisi. Che se questo miglioramento non fosse ancora possibile, potersi tuttavia, ciò non ostante, fare eziandio la suggerita tariffo conforme, mediante esatto ragguaglio de’ pesi, misure e monete d’ogni Stato con quelli dell’altro.

9.° Al fine di non suscitare alcuna concorrenza tra Stato e Stato della Penisola, non doversi, a parer nostro, considerare leciti ed utili straordinari ribassi delle tariffe; perocché il ben inteso interesse dell’universale richiede anzi che, considerandoci tutti quai membri della stessa famiglia, tutti concorriamo in modo eguale a stabilire il vero utile comune ne’ rispettivi traffici tra di noi e l’estero.

10.° Non essere, come alcuni suppongono, così difficili i rispettivi relativi concerti da intendersi tra’ varii governi della Penisola, purché vi si accingano essi lealmente, e colla suddivisata liberale intenzione d’una comune fusione interessi. La quale fusione è interamente praticabile senza la menoma lesione della indipendenza de’ singoli Stati in cui è di presente l’Italia divisa; [p. 472 modifica]come non ne fu lesa l’indipendenza de varii Stati germanici, dov’essa fusione così utilmente si è per essi operata. — in questo solo senso avere il lettore ad intendere le ripetale nostre esortazioni d’italiana concordia, non già in altra politica intenzione, alla quale non è mente nostra prender parte alcuna. Poiché allo Stato nostro attuale noi avvertiamo soltanto, nè sur alcuna politica futura contingenza speculiamo; ma solo delle economiche nostre condizioni vogliamo qui discorrere, tenendoci ad ogni altra vertenza estranei.

11.° Doversi stabilir regole di costruzione chiare e precise, come per la provista di materiale perfetto ed adequato al bisogno; — ancora; doversi deputare il numero occorrente d’agenti, ministri ed uffiziali, bene segnandone le incombenze, i premii, i castighi ed i casi di responsabilità civile cui son per essi tenuti gli amministratori.

12.° Aversi a fissare le norme tutte concernenti la partenza ed arrivo de’ convogli; — all’ordine da osservarsi in essi; — alla durata delle corse; — al materiale da destinarvisi in ragione del concorso; — alle formalità e discipline da prescrivere perchè non segua confusione o sinistro; — ai provvedimenti da darsi quando ne succedano; — al modo pronto e facile di porger querele fondate per dovute indennità; — alle regole atte ad impedire attentati, ed a curarne la repressione come il risarcimento de’ danni quando si commettano malgrado l’usata vigilanza.

13.° Nel caso d’ordinamento di società anonime per costrurre ed esercitare le nuove vie, doversi prevedere colle più efficaci cautele gli abusi che la sperienza dimostra successivamente in esse introdotti dalla più condannevole avidità personale degli speculatori, sia col vietare le azioni beneficiarie, il traffico delle promesse d’azioni, il commercio d’azioni non ancora possedute, da rimettersi a termine; il tutto sotto pene di multe ed anche personali, come di rimozione dall’ufficio, contro i mediatori che vi prestassero il proprio ministero. 1 [p. 473 modifica]14.° Ancora; doversi ordinare il governo intanto e direttivo di quelle società per modo, che l’interesse degli azionisti, sovente esposti a gravissime giunterie, sia efficacemente cauto; - giovare a tal fine che i più illuminati e facoltosi fra’essi ne siano i direttori; — che la più grande pubblicità accompagni gli atti ed i rendiconti di questi; — e che gli statuti delle dette società, studiati a dovere, approvati previo attento esame dall’autorità legislativa, con opportuna vigilanza di questa, si facciano puntualmente osservare.

15.° Richiedersi a cautela degli interessi del fisco, che siano le corse de’ convogli ordinate in guisa, che men facile con esse [p. 474 modifica]riesca il contrabando, senza che però ne avvenga soverchio ritardo nelle corse predette; come può ottenersi praticando le suggerite formalità, altrove già sperimentate bastevoli all’uopo.

16.° Una lega doganale italiana certo essere utile se potesse ordinarsi con norme veramente liberali nel rispetto economico; ma dubitarsi con fondamento della possibile sua conchiosione, sia di tutti gli Stati italiani, sia di quelli soltanto non aggregati ad estero dominio, e sia, finalmente, di tutta la Penisola e dell’intero austriaco Impero, cui parte di essa è congiunta, coll’unione germanica. — La quale ultima unione, ove fosse così accresciuta, sarebbe una magnifica combinazione pel gran traffico del mondo.

17.° I pericoli delle strade ferrate essepdo gravissimi per la sicurezza de’ convogli, delle merci, e più ancora delle persone, importare assai che niuna cautela venga omessa o trascurata per impedirli, e succedendo, ciò malgrado, alcun sinistro, per apporvi sollecito rimedio. — Potersi siffatto scopo conseguire con efficacia ove si adottino le suggerite cautele, le quali in altri Stati già praticate vi resero men frequenti i detti sinistri. — E siccome, non ostante quelle cautele, l’umana perversità con attentati iniqui potrebbe tuttavia tentare di farne succedere, essere necessarie leggi penali severe, atte a contenere chiunque volesse rendersi colpevole di siffatto reato.

18.° Ancora; oltre alle regole prescritte per la corrispondenza de’ convogli e per le cautele politiche, economiche, daziarie e di sicurezza, essere necessarie altre cautele e discipline, merci delle quali l’ordinamento delle vie ferrate riesca viepiù sicuro, esatto e regolare. — Coteste cautele e discipline maggiori consistere specialmente nel ben inteso ordinamento dell’amministrazione di quelle vie, sia che il governo le ritenga a proprie mani, o sia che le conceda all’industria privata; — nel deputare per l’amministrazione, come per l’esercizio il numerò d’ufficiali ministri ed agenti probi e capaci che occorrono; — nel segnarne in modo chiaro e preciso le incombenze, le pene ove manchino al dover loro, i premii se invece lo adempiono con zelo ed intelligenza; — nell’ordinar eoa esattezza tutto ciò ch si riferisce alla [p. 475 modifica]contabilità dell’impresa, prescrivendo pubblici rendiconti per la medesima;2— nel disporre il numero e l’ordine de’ convogli, l’accesso e recesso alle cale di arrivo e di partenza, l’orario delle corse, la velocità e la durata di queste, il collocamento ne’ posti, la destinazione delle vetture che conducono merci e viandanti alle nuove strade da quelle ordinarie, in guisa che non succeda alcuna confusione per quanto sia grande il concorso; - nel prescrivere per quanto è possibile di giorno soltanto le [p. 476 modifica]corse suddette; — ed ove sia necessario farne anche di notte, nel provvedere acciò, ben illuminati i convogli, e da maggior numero d’agenti regolati, sia viemeglio rimosso ogni pericolo di sinistro; — nel fissare per l’andare e pel venire le guide da percorrere in modo ben chiaro ond’evitare gli scontri sempre fatali e pericolosi; — nel promulgare, finalmente, ad intera comune notizia tutte le regole fin qui discorse, acciò sian davvero a tutti note, e venga, per quanto è umanamente possibile, rimosso ogni pericolo d’abuso e di attentati, specialmente quelli contrari alla sicurezza, e i soprusi delle mancie e beveraggi, che debbono severamente vietarsi.

19.° Doversi avvertire essenzialmente all’attuale piaga sociale dell’aggiotaggio, la quale gravemente, minaccia l’intero civile consorzio. — Aversi difatto dai riscontri che porgono i fogli periodici della Gran Brettagna, che il giuoco di borsa versa colà sur una somma tale di valori, ed in modo così arrischiato, che necessariamente debbe nascerne una crisi, la quale per riverbero debbe farsi sentire nell’orbe intero. — Nella vicina Francia, sebbene le somme poste in giuoco, attese le minori facoltà, non siano così ingenti, nulla meno l’esaltazione delle menti per l’aggiotaggio avendo pure guadagnate le classi minute, doversi ivi pure temere scossa eguale. — Nè la concepita lusinga di veder la crisi dominata dai moderatori della Borsa più facoltosi essere fondata; perocché s’essi dapprima assumon le impreae, col pronto spaccio delle azioni, su cui ottengono grandi guadagni, dalle imprese medesime si tolgono, per lasciarne ogni pensiero alla folla degli azionisti, cui spesso tocca, cessate le illusioni ed arrivata l’ora del disinganno, di veder ridotte assai le concepite lusinghe; e la realtà dimostrando perdente la speculazione, venirne straordinario ribasso delle azioni, onde le crisi, dalle quali talvolta il fallimento.

20.° Finalmente da questi dati risulta provato quanto sia nel rispetto morale ed economico dannoso l’aggiotaggio; e distinto esso nuovamente, coi fallaci suoi cómputi, che a soli valori fittizi accennano, dalla vera speculazione, che fondasi su valori reali, aversi ad esaminare sino a qual punto possano ammettersi [p. 477 modifica]gli argomenti di coloro che vogliono difendere od almeno scusare quest’abuso della speculazione suddetta. — Cotesti argomenti non reggere ad una seria discussione, quand’anche in ogni più favorevole senso loro si adducano; — dimostrarsi dalla confutazione d’essi, che l’industria agricola e manifatturiera, ogni specie di traffichi, i risparmi del povero, i crediti, del governo tutto in somma è dall’aggiotaggio posto in pericolo; la condizione morale ed economica delle popolazioni esserne perciò gravemente pregiudicata; le contrade dove ancora non è penetrato, aversene a mantenere preservate per l’avvenire. — Fra esse l’Italia averne avuto anni sono un saggio a Napoli, di poi felicemente cessato, sebben con danno dello spirito d’associazione: — Nel Regno Lombardo-Veneto aver tentato di penetrare, ma inutilmente. — A Trieste le occupazioni commerciali e la strada intrapresa dal governo non avervi dato occasione. — In Toscana ed a Lucca invece le soverchie concessioni avervi per tal modo aperto il campo da temerne funestissime conseguenze. — Negli Stati sardi la prudente riserva del governo, resistente ad ogni raggiro fatto al proposito, essere riuscita a mantenere illeso il paese da quella tabe. A Parma, a Modena, a Bologna ed a Roma non essere penetrato per difetto di occasione, che si vorrebbe però vedere non derivante dal rifiuto assoluto d’apertura di nuove strade, ma solo impedita dalle cautele ordinate per impedire che s’introduca nelle concessioni. — Coteste, cautele, infine, esser per tutti quelle già accennate al n.° 13, e bastare esse all’assunto di lasciar libera e non incagliata mai la speculazione sulle azioni, impedito solo l’abuso di essa, applicato alle azioni beneficiarie, alle promesse d’azioni, ed ai contratti a termine, vietandone di tutti il traffico.

Queste sono le norme e le cautele che ci sembrano, atte ad assicurare la compiuta e sicura esecuzione del divisato ordinamento di vie ferrate italiane.

Con tali norme e cautele ci pare che ad ogni interesse provvedesi; — con esse ogni parte dell’assunto materiale è conciliata con quello morale, che non mai debbesi trascurare in qualsiasi umana speculazione. — Colle medesime, in somma, [p. 478 modifica]crediam per fermo, accennarsi davvero allo scopo di promuovere colla maggiore efficacia la prosperità intesa della patria comune, impiegandovi mezzi leciti, di facile e pronta applicazione, senza il concorso d’alcuna utopìa di princìpi, d’illusioni preconcepite, o di pericolose dottrine, per cui governi e privati, con ragione interessati a scampare da ogni danno ed errore, potessero concepir dubbi sulla possibile pratica esecuzione, o timori sulle prevedibili conseguenze di questa.

Niuna cosa di fatto abbiam proposta, cbe già altrove non sia stata praticata e sperimentata possibile e vantaggiosa.

Nessun abuso o pericolo altrove sorto abbiamo ommesso di notare, contemporaneamente proponevo efficaci ed opportuni rimedi.

Niuna discussione morale ed economica abbiam ricusato d’intraprendere, abbencbè taluna fosse anche dilicata, procurando d’assumerla con leali ed onesti pensieri, e di trattarla con parole quiete e temperate, senza alcuna opinione preooncepita, e col solo fermo proposito di farne emergere la conoscenza del vero e del giusto, al quale scopo abbiamo fiducia d’essere giunti.

Posta in siffatta condizione di cose la materia da noi trattata, speriamo cbe, volendosi mandare ad effetto il proposto ed universalmente desiderato ordinamento, questo potrà a buon fine procedere, mercè dell’ottimo pubblico criterio, cbe notasi nella presente progressiva civiltà; — e mercè del prudente ed illuminato accorgimento de’ governi italiani, i quali sicuramente o continuando nella lodevol via finor già battuta, od entrandovi d’ora in poi col badare alle norme e cautele sopraccennate, sapranno efficacemente far progredire l’assunto, e mandarlo tosto a buon termine.

In fatti, cbe il pubblico criterio ogni giorno si vada migliorando fra noi, non è più lecito dubitarne, se si avverte all’universale tendenza d’educare, instruire e migliorare ogni classe della popolazione, in ispecie quella più numerosa, finora (conviene ammetterlo) lasciata in molte parti della Penisola in una lamentevole ignoranza. Dalla quale è naturale che nascano idee pregiudicate, quindi una decisa renitenza ad accogliere ogni [p. 479 modifica]miglioramento morale e materiale; renitenza di cui i nemici del progresso, per men retto fine, spesso sanno approfittare con trista abilità, onde far tornar fallita ogni più facile ed utile impresa.

Cotesto miglioramento, quando la nascente generazione sarà veramente educata ed instruita, non solo sarà più facile, perchè cesserà il principale ostacolo ch’or le è frapposto; ma nascerà spontaneamente promosso da quegl’istessi ch’ora gli sembrano avversi.

Che il moderno progresso civile sia conciliabile, anzi interamente consono coi princìpi religiosi e morali, si dimostra da tali argomenti ed autorità, che sarebbe un volere perder tempo e fatica farne qui materia d’ulteriore discorso. Dal quale perciò si prescinde, troppo essendone il maggior numero persuaso, e quanto ai pochi ancor riluttanti ravvisando al postutto inutile combattere opinioni radicate dall’ostinazione, o da men retti interessi promosse.3 [p. 480 modifica]Che i governi italiani vogliano sinceramente il bene de’ propri sudditi, e perciò curino con premura la pubblica prosperità, [p. 481 modifica]ricavasi da molti provvedimenti loro, i quali a tal fine appunto accennano; e si deduce altresì dalla più libera discussione, che molti fra essi concedono di quanto alla detta prosperità può contribuire, usate le cautele stimate opportune all’uopo.

Non mai adunque vi fu occasione più opportuna e più propizia di questa per entrare in una via di largo e ben inteso progresso civile. — Non mai vi fu maggiore e più efficace mezzo di propagare il detto progresso, senza pericolo alcuno, ripetesi, di quello dell’apertura di numerose vie ferrate, le quali porranno gl’Italiani tutti non solo in pronta, libera e men costosa relazione fra di loro, ma eziandio cogli altri popoli dell’orbe intero.

Terminiamo adunque quest’ultima parte del nostro quarto discorso col ripetete il voto già più volte espresso di veder universale il concerto de’ governi e de’ privati nella bella ed utile impresa, e coll’esprimere pure la fiducia di non veder deluse le nostre speranze, derivanti da un ben giusto ed onesto desiderio.

Note

  1. Noi non cesseremo dal predicare più in Italia che altrove necessario di prevenire e reprimere le giunterie dell’aggiotaggio, quand’anche questo non dovesse praticarsi fra noi, e solo la nostra Penisola avesse a servirgli di tema, come abbiamo già detto, per far cotali baratterie cosa invero poco onorevole. — Recentissimi esempi già citati, occorsi appunto per opera d’esteri speculatori, inglesi specialmente, venuti a chiedere concessioni, le quali, benché reiette là dove si ebbe maggior prudenza, non li trattennero però dal vantarsi con vera impudenza d’averle ottenute od almeno intese, onde carpire ai creduli azionisti, loro connazionali, pagamenti a conto; cotali esempi, dicesi, dimostrano codesta necessità. Perocché, malgrado le solenni mentite fatte dare alle asserzioni loro, essi non cessano di praticare le più attive insinuazioni onde accalappiare nuove vittime delle loro giunterie, le quali dall’estero, poi anche tra noi in fin di conto cotestoro verrebbero ad esercitare. Nè venga dirsi, lo ripetiamo, come fu detto in Francia, che il perseguitar l’aggiotaggio equivale a porre ostacoli alla propagazione del così utile spirito d’associasione; perché anzi le società ordinate con sì immorali raggiri, terminando in rovina, sono il più grande ostacolo ch’esser vi possa contro il progesso delle associazioni suddette. E molto a ragione scrivea tempo fa, là dove sgraziatamente si lasciò più libero il campo a codeste male arti, un uomo egregio di cui trascuraronsi i prudenti avvisi, che, sebben dati in altra occorrenza, pur erano al caso nostro applicabili. — «Guai se ai molti imparaticci del genio industriale che ieri nacque tra noi si aggiungesse a dispersione del povero capitale nostro, anche la mania d’un giuoco senza regole, senza ritegno, senza moralità, senza frutto: giuoco pestifero anche più del giuoco del lotto; perché al libro dei sogni non credono altri che i balordi; ma nei sogni delle argomentazionl proprie, si confidano i sapienti, e sulla presciènza dei fatti politici guadagna un sapiente dì per dì quei centesimi che un altro sapiente perde». — (Gino Capponi, Cinque lettere di economia toscana, pag.1O3).
  2. Si dirà da alcuni, che siffatti rendiconti possono benissimo prescriversi con pubblicità, quando si tratta d’imprese delle società private; non così quando si tratti di strade ridotte a regia azienda, là dove gli ordini politici dello Stato non prescrivono la pubblicità de’ conti dell’erario. Noi, lasciata in disparte qqalsiasi discussione sulla pubblicità suddetta de’ conti generali dello Stato, siamo tuttavia di parere, che quanto ai conti della gestione dell’azienda medesima, ne sia convenientissima la pubblicazione; — 1.° perchè, siccome per far le strade ferrate governative conviene ricorrere alle operazioni di credito contraendo debiti ingenti, il pubblicare i soliti ottimi resultati dell’operazione grandemente giova al buon credito de’ governi, fa crescere il valore al corso delle cedole di debito pubblico perciò emesse, e dovondosi per la continuazione dell’opera contrar nuovi debiti, questi trovansi a fare a condizioni mollo più vantaggiose. — La verità di questo argomento si prova col fatto del vedere molti governi per niente inclinati a pubblicità, tuttavia usarne pe’ rendiconti della gestione de’ debiti loro, onde il credito d’essi è cosi solido, che può uguagliare quello de’ governi dov’è pubblicità intera quand’anche non li supera. — 2.° Perchè, siccome per la più grande attività ed energia de’ provvedimenti nell’esercizio delle vie ferrate, debbesi dai soliti controlli amministrativi prescindere; mancando in que’ governi quello delle querele pubbliche, il quale è in altri un gran contegno ai soprusi, ed anche però vuolsi riconoscere un grave incaglio alla libera azione dell’amministrazione, quando manchi ogni freno in proposito: sembra utile anzi che no la pubblicazione di tali rendiconti dell’azienda, gli agenti della quale, dovendo consegnare risultati officiali e veridici, ne deriva per essi un singolare incitamento a procurare con isfrzi d’ogni maniera, che que’ risultati si possano accennare soddisfacenti per ogni rispetto. — Cosi in que’ governi col pubblicare i rendiconti dell’amministrazione della giustizia, oltre agli altri vantaggi derivanti da essi, tutti sono concordi nel riconoscere che tale pubblicazione giova come possente incitamento alla più pronta e più regolare spedizione de’ processi, primà in vece molta più protratta. — Conchiudiamo pertanto: la pubblicazione de’ rendiconti della gestione delle vie ferrate, in qualsiasi modo governate, è per ogni verso utilissima.
  3. Innumerevoli pur sono le autorità degne di massima venerazione che si potrebbero invocare, onde mostrar veramente consono ai princìpi religiosi e morali un ben inteso progresso civile. Ma per amore di brevità, tacendo quelle più antiche, ne piace singolarmente accennare ad una recente fatta di pubblica ragione, che troviamo in un discono veramente utile, detto dal reverendissimo monsignor Losana, vescovo di Biella, zelantissmo promotore appunto di ogni ben inteso progresso civile, sapiente ed illuminato nel procurarlo, predicandolo coll’esempio al proprio gregge ed ai ministri dell’altare suoi dipendenti, cui fa preciso dovere d’associarsi ad ogni miglioramento. Cotesto discorso- fa detto il 31 marzo 1845 in occasione della settima riunione annuale della Società promotrice dell’avazamento delle arti, dei mestieri e dell’agricoltura, ordinatasi in quell’industriosissima provincia, e dall’illuminato e pio, quanto avveduto pastore singolarmente con ogni maniera di aiuti e di consigli favorita e protetta. Reputiamo esser pregio dell’opera nostra, e specialmente opportuno, porgerne un brevissimo sunto. Col coraggio della virtù e di un intimo convincimento, il savio pastore, ricordando nell’esordire i detti di Galileo e di Colombo, persistenti nel voler progredire, malgrado gli ostacoli che suscitarono ad essi l’ignoranza ed il fanatismo, fissa l’oratore la propria attenzione e del colto uditorio sul presente innegabile generale progresso, e lodandolo con parole appropriate, perché conforme al codice del cristianesimo ed alle cattoliche dottrine, saviamente nota come sia debito d’ogni nomo religioso e civile di promuovere il detto progresso; specialmente con ogni maniera d’aiuti, nel popolo Cotesti aiuti molto opportunamente vede l’egregio prelato nell’educazione e nell’istruzione, alla quale singolarmente attende con ogni cura, dacché assunse il governo di quella diocesi, Celebrata con eloquenti parole e con persuasivi argomenti l’utilità dell’istruzione in ogni ramo d’industria, e dimostrato il buon effetto che da essa e dall’educazione deriva sulla moralità delle popolazioni, monsignor Losana conforta i membri della società a progrrdire nel lodevole assunto intrapreso e d’istruire colle ivi aperte scuole, onde propagare i migliori insegnamenti fra gli agricoltori e gli artefici. E siccome l’esempio del clero è possente mezzo d’educazione e d’istruzione popolare, cosà il degnissimo vescovo nuovamente ricorda a quello di cui è sì buon capo, il debito che ha di mostrarsi illuminato, operoso, zelante nell’educare e nell’istruire. Nè si nasconde il valoroso oratore, come non manchino fautori d’un opposto sistema, i quali vorrebbero il popolo ignorante, rozzo, da sole idee pregiudicate governato. Le conseguenze di questa opinione, che altamente condanna con santa indegnazione, perchè contraria alle massime più conte deila nostra religione, vengono confutate in modo non dubbio colle più calde e convincenti parole. Laonde l’egregio oratore, come già altre volte, conchiude: Solo potersi sperare ben inteso progresso, virtù vera, incivilimento profittevole a tutti, là dov’è educazione ed istruzione religiosa, morale ed industriale; — Doversi all’opposto temere l’invasione d’ogni vizio, e la più assoluita decadenza là dove seguonsi le massime dei promotori dell’ignoranza popolare. Codeste A nobili parole, dette da un illuminato pastore, il quale vede i veri interessi della Chiesa e della civile società, e non esita a predicarti con un coraggio degno d’ammirazione, son fatte per consolare delle contrarie sentenze di certi scrittori di libelli, i quali, osando assumere titoli venerandi, cui disonorano, accusano calunniandolo il moderno progresso. E ben a ragione monsignor Losana paragona costoro ai monatti, dal Manzoni descritti così dolenti del cessar della peste; perocché della peste morale dell’ignoranza son quelli i vituperevoli fautori. Sia lode pertanto al virtuoso prelato, la cui voce autorevole, fittasi interprete delle buone dottrine, seppe così ben confutare quelle pessime, che un incorreggibl partito non cessa di predicare tuttavia, per ricondurre, se lo potesse, il mondo all’antica barbarie; la qual cosa speriamo nel cielo però, più non sia per riuscire mai.