Delle notti/Ventiquattresima Notte
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XXIV. NOTTE
ED ULTIMA.
La Consolazione.
ARGOMENTO.
Quasi un - epilogo di tutto il Poema è quest'ul- timo Canto . Siccome sarebbe vano studio il lusingarsi di trovar soda e stabile consola- „ zioné nelle cose terrene, così conviene, che dalle molte miserie della vita cerchi Vuomo conforto nella virtù , e nelV amore della rettitudine* Rientrando in se medesimo è ' egli capace di ponderat e la leggerezza , in- stabilità, e picciolezza delle creature . Ma queste medesime gli servono di strada per guidarsi a Dio , nel desiderio del cui pos- sesso unicamente, trova lo spirito riposo, con- solazione, e dolcezza.
Prestando al mio pensier luce pia bella
Della notte 1? orror , dogmi divini
Inspirandomi un sacro alto silenzio ,
E tai dogmi il mio dnol cangiando in pace
5Più del notturno augel s'erse il mio canto
E vago di spaziare in orbe immenso,
Spinse se stesso a volo oltre F ardenti
Mete del Mondo; ma che prò che in alto
Voli il pensier, se l'alma rade il suolo?
10Di vili adulatori, e di nemici .
Abbonda la virtù $ facil si rende
Tesserne elogj, il seguitarla è pena.
Lorenzo, h van, che di virtù ragioni
Il labbro sol, la vera Jode è l'opra.
15Innanzi a te della natura io schiusi
Il gran volume: innanzi a te ne scorsi
Le pagine* più eccelse; i sensi tuoi *
Tentai d’interessar; facil P orecchia
Rendermi, per poterti in petto il vero
20Jntrodur, e scolpir con gravi accenti .
Non creder già y che quanto a te dettai.
Sia dettato da- ine: parla natura,
J£ le sue voci in debil eco io resi .
E che dice costei 7 Le voci stesse
25Della Divinità sempré ripete:
„ Sovra P ampia natura un Rege etemdy
„ Da te sia posto, che le cose tutte
„ Mira dall’alto cielo, e le difende
Con ali amiche, che sue leggi annunzia,
30„ Che di felicità tutto ricolma;
, In cui sicuro asil, se a lui ricorra,
- , Il colpevole trova, H vii coraggio,
„ Pace l’afflitto: imi sommo Rie, per cui
Gli esseri varj, di que’ globi, ond’io
35„ Sì bella sembro, sebben varia in essi
Sia l’altessa il poter, sia la fortuna
„ Tanto felici son, quanto son saggi .
„ Scorso l’esilio loro, all’Esser primo,
„ Onde partirò un dì, virtù li guida,
40„ Che de’ sofferti affanni ampia mercede
„ Ad essi sborsa, delle pene andate
„ La memoria.- raddoppia il ben presente,.
„ E la felicità, che li ricolma,
.„ Selnpre è nuova, è maggiore, è sempre eterna* .
45Qnal soave piacer nèll’uom risveglia
Questa speranza, e quanto un tal diletto
Proprio dell* uoro si fa! Questo le nostre
Sì vaste brame appaga, e questo in calma
Pon le passioni tutte: altro noli cerca
50Dell’uomo lia ragion l’che in questo vede Ragione,
e dignità . Ma tu che brami?
Brami, e ricerchi un ben, che il sen ti desta
Agitazione, orror, strazi, rimorso;
Che di speme, e d? ajuto* alfin ti lascia
55Affatto ignudo, che in peggior tormento
T’immerge allorché d’altro mal ti trae
j Che per poco ti fa della fortuna
Misero gioco,, e nella gola orrenda.
Della disperazion poi t’inabissa.
60Quando non più del Sol mira la faccia
Il nostio suoi, gli abitatori suoi
Nelle tenebre immerge. Allor la notte
Sola, e vestita a duol, qual desolata
Vedova donna in solitario tetto
65Sotto P azzurro vel, che cuopre il cielor,
Le citi deboli faci estinte allora
Restai* nel fojto orror d’ombre ferali
Siede in cupo silenzio, e sembra oppressa;
Da profondo dolor. Sta l’universo
70Cinto d’atra graniaglia a lei d’intorno,
E dolente si sta tutto il creato. .
In tenebre simili, e ancor più cupe,
Se fassi a Dio ribelle, immersa Gl’alma.
Tremante, incerta, in quelle nebbie tentai
75Stringer fantasmi, in cui trovar si crede
Felicitade, e sol col mal s’incontra.
Ogni suo sforzo i suoi tormenti accresce,
Raddoppia il suo spavento: ella a se stessa
Insoffribil si fa, perde ogni speme,
80E nell’ultime smanie alfin implora
Con orribile ardir la morte, e il sulla.
Lorenzo, or tu rispondi a’ detti miei •
Che cosa ò Religion? Sicura prova
È di buon senso. Oh qual orgoglio ostenti t
85Ove chi più s’umilia è più sublime!
È colpa mia, se ti dichiara un folle
Tal sacra verità. Nè mai con nome, i
Che non si adatti a te, sia ch’io t’appelli
Forzapiù non avran sovra il tuo core
90Nè tema, nè rossor? Ancor vivrai
Qual vile insetto in sozzo fango avvolto?
Quante volte, emulando il sacro spirto
Dell’alma tua custode, il volo io sciqhi,
Ti svelsi dalla terra, e ti guidai
95Tra le schiere de’ tanti eterei globi,
E qual Nume inoltrar ti feci il passo
In mezzo agli astri di maggior grandezza,
Che al segnato sentier facean corona!
Sotto al tuo piè veder ti fei le nubi:
100In quel lucido mar scorrer ti feci,
Che delT alto Signor la reggia cinge,
E quasi al trono suo per me giungesti .
E potrai dunque ancor qual dolce umore
Atro veleno tracannar, che t’offre
105Di misero piacer spuma fugace
Nel momento che bolle, e poi nel petto
L’amarissimo fiel tutto depone?
Quanto indegno è d’un Ente alta immortale
Ogni piacer, di cui sicuro è il fine!
110Eppur questo t’alletta, ancor ch’estinto
Nel nascere rimanga, e sol ti lasci
Il rimorso, il rossor? Correr tu vuoi
(Tu, che la gloria credi un ben sì dolce )
Alla mina tua per via, che vile
115A quei non sol, che miseri di voti
Chiami, ti fa, ma che tu stesso abboni?
Ch’io, rotto il velo, ove il tuo cor si avvolge,
Con occhio indagator vidi, che sprezza
Se medesmo in segreto, e si condanna;
120E sebben con più spessi e forti lacci
Ci stringa il vizio, ogni riuiQrso interno
Inattivo può far, torlo non puote .
Perchè resisti ancor? Giammai non visse
Uom, che morendo ( nel fatai momento,
125In cui non si mentisce» ) in chiari accenti
Detto non abbia, ch’è tormento, e fola
Ciò che t’incanta, e piace . Ah pensa adunquo
Come pensa chi muor. Quai sono in cielo
Degli Angeli i pensier, soffri che sieno
130I pensieri, che nutri, e soffri ancora
Nel cangiarti così d’esser beato;
E del mondo a’ seguaci i loro sogni
Lascia, i frivoli Leni, .ampia semenza
D’acerbi interminabili tormenti
135Lascia che sempre in mille affanni sieno
Famelici d’amor, d’oro, d’impero,
Che deridano pur, che chiamin folle
Chi volge il cor«a più sublimi oggetti .
Oh quanto un’alma ( e qui fingiamsia quella
140Della Figlia, cT Elisa, a di Filandro)
Che dal carcere suo sortita appena
Vede da nuova-luce il vero aspetto
Reso agli oggetti, di stupor fia calma
Nel pensar," che le vie dall’uom calcate,
145Che la sua ivita, i suoi disegni tutti
Fan, che quest’uomo alfin ponga in obblio
La legge di morir! Stupor simile
In noi si desterà, quando, compiuto
De’ nostri giorni il giro, aspro rimorso:
150Di tal inganno provereui nell’alma .
Ciò che allor sarà pena, or pilo salvarci.
Ali, Lorenzo v ti volgi ( e non sarai
Sollecito abbastanza ) alla saviezza
Pria che si renda un mal sentirne i moti!
155Seguila cop vigor pria òhe t’assalga.
Filosofo leggero, e, che ti fingi
Esser l’inferno? È la perfetta, e piena
Conoscenza del vero: e allorché l’uomo
Tante volte da se lungi lo spinse,
1600 di spoglie non sue lo volle cinto,
Suo, nemico diviene, e ad alta voce
A vendicarlo eternitade implora.,
Uomo, degli enti il più sublime in terra,
Il più frivolo insiem, quanto potresti
165Tu di grande operar, ma quanto frale
È la tua volontà! Sebbene i semi t
O di felicitade, o di sventura
Abbia l’eternità tremenda infuso
Nell’arbitro tuo cor; sebberi tua scelta
170Sia l’inferna magione, e sia l’olimpo;
Farfalletta, che a te s’aggiri intorno,
T’occupa sì, che un sommo bene eterno,
Ed un mal senza fin più non rammenti.
Ma non saran da te posti in obblio
175Se sovra l’uomo la ragione impera,
Se in questi versi miei, da me segnati
Allo splendor di cheti astri notturni,
Quando sul labbro de’ viventi tutti
Il silenzio sedea, quando ingombrava
180Le menti lor con strane larve il sonno;
Quel magico poter infonder seppi,
Che in se chiudono queste ore stellate.
Lorenzo, io ti presento alti misteri.
Questo scongiuro mio sacro, solenne,
185Figlio di notte oscura in te s’imprima.
Odilo, e l’alma tua dal sozzo fango
A forza io svellerò, mentre le stelle
Spettatrici si stan del nuovo incanto,
Non di stigio color, ma in cielo ordito.
190„Per quel silenzio, che la morte ha seco
Per quell’orrore, a cui da legge eterna
La colpa si condanna e pel silenzio,
E per l’orror (terribili compagni!)
Da cui di nero vel si cinge il trono
195D’ebano fatto, ov’è la notte assisa:
Per la notte, e per quanto ella presenta,
Che rispetto al pensiero, a’ sensi ispira:
Ah per queste di lei tremule faci,
Che qual foco vestal son sempre ardenti,
200E son sacre a’ pensier candidi e puri,
Che con faconde, e fiammeggianti lingue
Provano un Dio, ne cantan gl’inni, e sprone
Sono al tuo cor, perchè quel Nume adori:
E per questo funebre oscuro manto,
205Che tutto cuopre il taciturno mondo:
Pe’ regni piú famosi, e pe’ regnanti,
Che per sempre di lor glorie dal colmo
Precipitati furo: (oh tristo annunzio
Per chi vanta tuttor florido impero! )
210„ Per Ja sempre veloce umana folla,
, Che dopo l’uom primiero estinta or giace:
v Per que’ bronzi funebri, i quali io sento
„ Agitarsi, e chiamar ne* -regni cupi
99 Tanti, che traggo or l’ultimo fiato,
215„ Che l’invitaa, se pur gli odj da saggio:**
„ Per l’ombre lor, che negl’inquieti orrori
,, D’oscurissima notte a mille a mille
, Il mio ciglio tremante or vede urtarsi,
9, E raccolsi dipoi sotto la nera,
2209, Che la morte precede, orrida insegna:
•9, Per le tombe, che sovra altre più antieh*
Sorgon: per l’umau cenere sparso,
Perchè in cenere uman riposi in pace: •
3, Per quella, che del dì fugge la luce,
225v Lugubre pompa, per le nere faci:
„ Per il vano apparato, onde ancor vuole
Fredda salma avvilita andar superba:
9, Per le volte, che sovra ossa regali
9; Gemon fetide stille, e per le fioche
230,, Faci, che vinte dalla nebbia folta,
„ Fanno <que' tristi avanzi ancor più tetri
Per gli orribili spettri i quai ti fingi
„ Ad apparir vicini, o delle tombe
9, Credi dal cupo fondo udir gementi;
235Pe' tristi lai, per le miserie, i mali
Di disperate vittime infelici,
Che fan voti alla morte, e del rimorso .
Il dolor del morir credon men aspro:
„ E per quel giorno, in cui si serba a 1 rei
240„ La sentenza finale, in cui la luna
„ Nel sangue nuoterà $ scossi dall'alto
„ Vacilleranno i cieli > al suol le stelle
„ Si vedranno cader: l’ultimo sooppio
„ La folgore darà: che tal si debbe
245„ Ad un Mondo, che muor, bronzò funebre:
Pel nuovo caos, per l’eterna notte,
Alla saviezza, alla virtù ti ’volgi.
Noia permetter, che mai possa Filandra
Rimproverarmi; anzi dimostri ogni opra,
250Ch’io non mai soddisfeci al doppio incarco
D’amar te*vivo, e cF obbedirlo estinto.
Odi: de’ cenni di Filandro io sono
Semplice esecutore questi precetti
Kt mi lasciò morendo, e per sjuo cenno
255Or li presento a te- Tu desso ascolta,
Sebbene io parlo, ed in entrambi il cielo.
Se dell’amico i detti, i miei non odi
Deh la tenera voce almen del figlio
Ti penetri nel cor . Tutta dipende
260Da quelle vie, che di calcar risolvi,
La sua felicitaci * Alla tua scelta
Palpita questo figlio, ama te stesso,
Se felice lo vuoi. L’esempio altrui
Su tutti i cori umani ha grande impero *
265Questo, quando è malvagio, ha più vigore,
35 più forte divien, se il porge un padre •
Se il genitore è reo, perduto è il figlio.
Come l’attor de’ giorni suoi tu fosti,
Esser vorresti -delle sue sventure
270Lèi barbara cagione, ed ei dovrà
L’essere maledir, che a lui donasti?
Benedice cosi, così sostiene
Un genitore amante i figli suoi?
Se, Lorenzo, di te cura non prendi,
275Di Filandro l’amico, ah di Fiorello"
Conserva il genitor- Se. tu ti perdi,
,11 tuo figlio è perduto, e dell’amico
Di Filandro tai gesta il mondo aspetta,
Di cui Inestinto arrossir mai non deggia .
280Lascia, che almeno affetto uman le veci
Di più nobil cagióne in te sostenga;
Che della tua ragion sorga in soccorso
Un’emula, virtù, sorga l’amore»—
E ti, risolvi aifin d’esser felice.
285Un amico tei chiede: ei ti dimanda
Per ultimo favor, che al vero bene
Tu rivolga il tuo cor, che sii beato.
Ahiirtè . Mancar mi sento . In sen mi trovo
Languida Tal ma.’ E che? Stupirne io dcggiq
290Dopo sì lungo voi, ( nè lo sostenni
In mezzana regione ) a cui mi spinse
La gloria del mio sommo alto Fattore?
Questa m’invita ancor; ma pure in vano.
Con lusinghiero moto agita il sonno
295L’umida verga sulle stanche ciglia,
E di quanto mi fu gran tempo avaro
Lo sborso mi premette: allorché all’uomo
Ei fa ritorno, ancor la pace ha seco;
E in compensar tra poco ogni mio danno
300In dolce quiete ei mi farà beato»
Deh t’affretta,, o per me dolce straniero,
Dalla capanna «mi!, dal breve strato /
Del marinaro, e da quel duro letto»
Dello stanco soldato-, onde mai * .< ’
305Affannoso pensi er lungi ti spinse;
E teco sien non quegli spettri orrendi
Che finor paventai $ ma dolci sogni •
Di placido cordial lungo riposo,
Che 1* uomo riconforta, ed è per l’uomo
310Un balsamico bagno, onde riceve
Agilità, vigor ne’ varj moti,
Della macchina sua, che tanto è frale,
E che questo ristoro, o dolce sonno,
Così spesso ritorno a te domanda
315Quando stanchi noi siam per il diurno
Inutile vagar, sovra di noi
S’aggira il sonno, e quasi nuova vita
Per P aurora, che sorge, in tfen e’ infonde»
Vegeta noi così svolgiam la trama "
320De’ nostri giorni, infìn che il morbo intrica
Le ruote, ove s’avvolge, ovver la morte
Tronca ogni molla, ed ogni moto arresta .
Quando fia, «he ogni moto in me s’estingua,
Tu solo il sai, o sommo Essere eterno.
325Deh ti degna, Signor f mirar col ciglio
D’una dolfce pietà. Languida frase!’
Deh col ciglio d’un Dio mira dal tuo
Lucido albergo, dal sublime Olimpo,
Che da’ secoli eterni ò- tuo ’soggiorno,
330Ove angelica vista unqua non giunge,
Se non retta da te: pria traversando
Degli enti ignoti le raggianti schiere;
Le immense gerarchie, che «otto a’ varj.
Vessilli onnipotenti in ciel si stanno
335Di sempre nuovo amor fiammisperanti;
Quella frapposta, ed infinita turba
D’enti maraviglisi 9 avida sempre
Di riposarti in sen, quando la inviti;
L’ampia folla de’ mondi; il giro vasto
340Ove sparge&ti un di qual nebbia i soli:
Nel più profondo sen di questa valle
Una mira di piolve infiama parte,
Che ancor respira: ah tu, Sigrior, perdona
I falli suoi, le sue virtudi ancora;
345Che son falli più lievi, e di virtude
Hanno sol per metà ìa vera impronta
Deh non fia mai, Signor, ch'io chiuda i lurni
Che più sol non vedran, 9ebben la nottb
A scender segua, ed a salir l’aurora,
350Pria che da te quest’alma mia riceva r
Pegno dèi tuo perdon, del sommo bene .
1/ uom la pena abbòrrisce, ed è per l’uoùio
Terribile, sebbten djari un istante:,
E la pena,, di’ or provo, oh quanto è mai
355Terribile per me! Gran Dio, ti degna
Nel gran momento, in cui coll’uom t’incontri,
Che dolcemente la tua man pietosa
Mi distenda sul mix) gelido letto,
Ove ta* affretta la natura, ed ove
360Morbo nascosto ancor vieppiù m’incalza,
E sia scolpita allor sulla mia tomba
Questa gran verità, che in senò ho impressa,
Che da’ secèli eterni il fatto scrisse i
Nel suo vcduine, ove. dell’uom si parlai
365„ ì’inferina àlma dciraom, sebbcn mai sempre
„ Ed ondeggi, e s’aggiri;, -e- vada, torni
Nel gran -cerchio, che a lei mostra il creato
Quiete *ol trova -in te: sovra la terra
„ Sol di ferma speranza clia s'appaga'
370„ E Y er ett0 piacer poi la fa lieta v nix»!:
E questa tomba mia y fatta* per sempre.».
Organo della morte, a ognun ripeta
Tal sacra veritade; il dotto y il saggio
Questa istnò$ca y ed un fedel 'ministro-
375Questa l’regnanti in ogni tiotte intuonu
E quando i sensi miei -, dall* ombra amica»
Dell' ali tue > che sì bramai-, che implor*
Dolcemente allettati, in dolce sonno
-Saran tutti sopiti, ancor più impressa
380Tal verità ini resti, e pace intera i
Goda quest'alma nel tuo seno accolta:
'Che disperar ìion *o d'es«>*r beato:(ì
'Quando che tutto poi, gran Cip, ripenso,
Ah s' allegri il creaio! Ah l'uomo esulti!
385È che mico dell' uoin tu sei rammento
amor, elle ne* viventi in sen tu serbi
La morte uccide: è balsamo, che vince
Un timor disperato, ed è l'oggetto'
Dell' alto trionfai cantico eterno
390N E se l’noma è *ì fceo* che la saa colpa
tiù non possa espiare, all'uom tu vieti
Qual delitto maggior, che s'abbandon
A un disperato affanno, e vuoi the speri
E qual arcano v'ha, che toai si possa
395Col mistero eguagliar dell'amor tuo?
E questo amor quanto in dolcezza avanza
Gli angelici concenti! Oh come il core
Dell' uom sana e rallegra, ancor che immerso
Fosse ne' più ferali alti pensieri!
400Sì: questo amore à noi presenta un saggiò
Del sommo bene, e pria che lasci 1' alma
Questo carcere suo, la fa beata
T arresta, o Musa} ah respiriamo ornai»
Notte ti lascio, addio; che non più cinto
405Dall’ombre tue mi veggo: un giorno eterno,
Or comincia per me 5 l’anima mia
Del più vivo piacere ora è ricolma .
Io, dal nulla creato, posso ancora
Gemiti trar 5u pochi affanni, e rari $
410Io, che per essi un sommo Lene aspetto?
Anima mia, per questi pochi istanti,
Che ci restano ancor, godiam la vita
Ripensando al morir: unico mezzo
Per viver lieto, e per morire in pace.
415Vivo il piacere in me tenga la sptme.
Sia la virtù de’ miei pensier l’oggetto,
E il premio attenda da quel Dio sì grande,
Sì liberal, che cader gli astri un giorno
Lasciò dal serto di sua fronte augusta.
420Sorgi* Lorenzo, in questa ora propizia,
Ora, che Tuom vieppiù col cielo unisce,
Ora, che al giunto in sen rapidi i raggi
Porta del ver, come cadenti stelle:
Destati: il tuo Filandro è che ti chiama,
425Ti risveglia, che desto esser dovrai
Ber sempre, allor che immerso in alto sonno
Sarà tutto il creato, allor ch’estinti
Tutti gli astri saranno, allor che il tempo,
Qual robusto SansGn, nel suo furore
430Scosse rdel mondo le colonne, e svelte
Sepolto giacerà della natura
Nelle vaste mine, e allor che sovra
La già «penta natura unica regni
Oscura notte universale, eterna.