Delle notti/Ventesima Notte

Ventesima Notte

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Edward Young - Delle notti (1745)
Traduzione dall'inglese di Giuseppe Bottoni (1770)
Ventesima Notte
Diciannovesima Notte Ventunesima Notte
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IXX. N O T T E.


AL CONTE DI NEW CASTLÈ.


I Cieli, e V Esistenza di DIO, e degli Spiriti»


ARGOMENTO.


Considerato tutto V aspetto mirale del Mondo visibile , 5/ solleva il Poeta alla contempla-» zione de' cieli, e di quegli immensi luminosissimi corpi , che rendono testimonianza alla grandezza, ed onnipotenza diyina. Ogni pianeta , ogni astro è un fecondissimo testimonio della Divinità • Uso , che hanno ì cieli riguardo agli uomini . JLl aspetto celeste dimostra irresistibilmente- esservi un Dio creatore 9 e regolatore del tutto . Il loro moto , ordine, ed armonia fanno chiaramente vedere una causa sapientissima , che li guida . Anche i fenomeni pià quotidiani , considerati dalla ragione , danno idea della mar avigliosa sapienza, e possanza' di Dio. Questo sovrano Creatore non è solitario; ma infinite create perfettissime intelligenze fanno corteggio alla di lui maestà. Questo Poema è oltremodo sublime > e pieno de* più grandiosi sentimenti.

 
Qual peregrina che dopo lungo giorno
Stanco, affannoso, il desiato alberga .
Scorgere non potè : che della notte
AH 1 imbrunir di quel tugurio è pago,
5Che primiero gli s'offre: in quel si ferma
Tristo , pensoso , ed al pensier richiama
Le perdute fatiche, e poscia accetta
Quel tugurio , che gli offre il suo destina:

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Ed ingannando Tore,>il labbro al canto
10Scioglie finché a posar lo inviti il sonno:
Stanco ancor io dell’intrapreso corso
Tra gli errori dell’uem, tra le folli*
Strepitose del mondo, e tutte vane
Mirando sifl finir le mìe sperante,
15Nella povera mia capanna umile *
Come in placido asilo io mi riduco.
Tutte seppi scacciar dall’alma mia
Quelle brame, elle fura il mio fermento*
IH non torcere il piè dal mio tugurio
20Feci lecere a me stesso; ed ©r che attendo
Lieto dd mio morir l’ora bramata,
Tento addoleir de 1 gierni mici la sera
Co* Tersi utili, e gravi. I suoi tormenti
Ha la cadente età, ma la mia Musa
25Or men grave mi fa la mia vecchiezza.
Il mortale universo io- «ria trascarsi .
Pe 1 scabrosi rentier di questa vita
incalzato, assalito ad ogni passo. 1
Io vidi il germe uman da ria menzogna;*
30Da vanità, da iuevitabil pena .
De* cari amici miei sul fato estremo,
E sttlP urna versai pianto si»cero *, ’
Giusti limiti fur da me fissati
Alla tristezza, e della gioja vera.
35Svelata la sorgente. I Sei portenti
Tentai mostrar di quell’amor perfetto
C ha per gli uomini il Nume, e questo io pimi
In trono assiso a giudicare il monde.
Dell’noni palese, ed innegabil feci
40L’esistenza immortale-, e all’uomo offersi
Picciolo abbozzo de’ sublimi dogmi,
Che debbousì adottar, delle virtudi,
Che praticar fa d’uopo in questo esilio
Per viver lieti, e far dipoi passaggio
45Da cara speme a sommo bene eterno *
Del mio corso a tal segno ora s l’arresta
Lamia Muta un istante, un guardo volge

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Da quell’altezza, ov* animosa giunse *
All’ampio giro già da lei segnato,
50Ed ove rara ancor l’orgia s’incontra.
La saviezza le accenna esser per lei
D’uopo frenare il voi; ch’ornai s’appressa
L’ultimo suo riposo, e quello spazio,
Che a percorrer le resta, è troppo vasto
55Per sia stanco vigor: tanto sublime: E
quel voi che spiegò: ma si consola,
Ma le piace mirar di sue fatiche
Il termine vicino, e del momento *
S’occupa, in cui godrà calma e riposo.
60Così colui, che da stanchezza oppresso,
Anelante, e curvando il sen per trarre
Men difficil respiro, appena pose
Il piè sul dorso di non erto colle,
S’arresta, e stende a se d’intorno il guardo,
65Abbracciando col ciglio ampia catena
E di piani, e di valli, e di foreste,
Che tutto traversò: d’altro viaggio
Brama non ha: del suo costante albergo
S’occupa: il cor lo chiede, e la distanza,
70Che da quel lo divide, a lui più caro
Lo rende, e avviva il naturai desio,
Che nudre di vedersi in queilo accolto»
Di non partirne a se medesmo giura,
E chiudervi promette i lumi in pace.
75Ah troppo io vissi al mio dolore in braccio
Sempre ostinato, e troppo già stancai
Co’ colpevoli miei gemiti il cielo.
È cangiato il mio core, appresi al finer
A tacere, a soffrir: appresi ancora
80Ad esser lieto in m&zzo a* iriiei tormenti .
Musa, altro canto intuona: io voglio, adesso,
Che a compensar le tue flebili voci
Vengan più dolci e consolanti accenti. "
Ma se vecchiezza ogni vigor sui tolse,
85S’ogni passione’ in me già rese estinta,
Se del viver presente or più non gode

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Il languido mio cor: se stanchi, e muti
Tutti gli affetèi or sonore tace ornai
L’amicizia per me: se ornai la morte
90Tolse da queste braccia un dopo Y altra - *
Tutti gli amiòi miei, di cinger compie
Me stesso ancor dell’ombra sua funesta .
Notte, e potrai di quel celeste foco,
Che m’ardeva nel sen > che solo or getta
95Semivivescintille, un’altra volta
Le ceneri animar? O notte, io deggio
A te sola i pensier, che il labbro pinse:
Tu gì’ ispirasti a me nell’ore chete v
In cui volgono a te gli afflitti amanti
100I lor sospiri ascosi} e teco, allora
Che godeva tranquillo ogni mortale
Le dolcezze del sonno, io sol vegliai .
L’innamorata Dea, che già si finse
Scender cheta dal suo lucido trono,
105E d’omhrè avvolta d’un mortale in braccio
Posar, non senti mai pel suo pastore
Queir amor, ch’io per te sempr’ebbi in seno .
Eppure a te, che al canto mio sì amica
Fosti che sacro orrore all’alma ispiri.
110Fu d’ogni lode questo labbro avaro.
Perchè a tanto dover non resti ingrato,
Or alla musa mia porger ti degna
v Quest’ultimo favor. E voi, celesti
Sfere, prestate a me l’alta armonia,
115Perchè porgere io possa un degn* omaggia
A colei, che di voi siede regina m 7
E poi sospenderò questa mia cetra
Per tornarla a temprare allor che desta
Dall’angeliche voci, andrò sorgendo
120Dall’urna per unir gli accenti miei
Col dolcissimo suon dell’arpe d’oro
Da lor percosse in quel soggiorno amico,’
Ove ingresso non han vecchiezza, o mali:
In quel soggiorno fortunato, in cui
125Seuipre ignote saranno e colpe; e morte.

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La quegli astri, che il ciglio umano or vede
Quali scintille sul notturno manto,
Quei sembreranno allora immensi Soli,
hi verseranno in si e m sul nostro cigliò
130Fulgidissima luce a gran torrenti. .
O notte maestosa, augusta madre
Dell’universo, t> tu, che pria del Sole
Nascesti, e pni del Sole ancor vìvrai:
Tu, che con occhio rispettoso ammira
135Chi vive in terra, e in cielo, e dove io debbo
Tue lodi incominciar, dove arrestarmi? „ «
Alla tua fronte tenebrosa fanno .. . *
Ricco serto le stelle. Agili nubi,
Che l’ombra tempra, insiemejunisce, e ’mischia,
140Or distese, or grappate in mille guise
Tesson l’immenso drappo, onde si forma
Il luminoso tuo manto, che ondeggia
Sotto il tuo piede, ed empie i cieli azzurri.
La cupa maestà, che ti circonda,
145La più mirabil opra, e la più sacra
È, che nel seno suo chiuda natura •
Grata la Musa mia cantar ti debbe,
E le lodi, che a te tessere io tento,
La corona saran di mie fatiche.
150Velo oscuro saran di stelle aurate
Sparso, che sovra a ciò eh 1 io pinsi io stenda,
E disteso così chiuda la scena.
E qual potrebbe Tuoni tema più degno
Prender del canto suo? Dell’universo
155Celebrano il natal gli Angeli in Cielo,
Sulla terra intuoniam l’inno sublime,
Che con essi cantar dovremo un giorno.
Qual altra scuola i sensi nostri puote
Meglio dispor della celeste gloria
160L’estasi a sostener? L’eterno Iddio
Lenoni destinando a contemplar l’immensa
Maestà: del suo volto, al guardo umano
Questa presenta portentosa scena,
Perchè abbia vista più robusta, e P occhio

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165Allo splendor di grandi oggetti avvezzi;
Perchè nuovo non sia per l’alma sua
Il più forte stupir: perchè s’innalzi
A quelP altezza di pensieri, a quello
Energico sentir, di cui bisogno
170Un giorno avrà per non cadere infranto.
Del sommo bene all’impensato aspetto.
Vuol quel Numer, che l’uom mirando il cielo
Facil renda. a se stesso usar quell’alta
Riverenza, e sentir quello stupore,
175In cui convien, che l’uomo stesso viva
Per li secoli eterni in sfaccia a lui .
JE quanto più le sue potenze estese
Avrà Falma dall’uomo in questo esilio,
Di più dolce piacere in eiel sia colma,
180E di maggior felicità capace *
O Monarca de’ cieli, o tu, di cui
L’aspetto sol comprende il sommo bene,
Tu che solo empier puoi quel vuoto immenso
Che lascia l’universo th cor dell’uomo;
185In quei dolci trasporti in sen destati
Del Regale Cantor dagli astri ardenti ’
Della notte, degnasti ai labbri suoi
Apprestar la tua destra, e la su* cetra
Accordasti col suon dell’alte sfere: "
190Or che la più sublime io pinger tento
Dell’opre tue, che inanimate sono,
Tu seconda l’ardir, lancia quest’alma
Lungi dal globo, e da quel cerchio augusto
Che signoreggia il Sole: il genio mio
195Trasporta a voi da questo angol del mondo
Entro una sfera di pensieri eccelsi,
Ed a tutti i mortali affatto ignoti.
Degli esseri la serie or tu m’addita
A scorrere, a partir da questa base
200Del trono tuo, perchè, movendo il passo
Per questi gradi luminosi, io m’erga,
Ed ascenda di poi fijao a te stesso.
Tu m 1 insegaa-a- mirar l’ampia natura

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Con l’occhio del suo Re: fulgido rendi
205Come un astro notturno il genio mio.
1VT inganno io forse? È il tuo favor, ch’io sento
Penetrarmi nel cor? Luce immortale
Vihrar potranno i detti miei da queste"
Tenebre folte, che d’intorno io miro?
210Vegli tu ancor, Lorenzo, a notte oscura $
Ma non «la virtù, che ti trattiene •
L’ambizione, il piacer, crudi tiranni
Non accordano a lov già stanchi servi .
Che un sonno lieve, e di fantasmi pieno.
215Agitato da’ lor vani capricci
Delle notti, dei dì l’ordine cangi
Per secondarli, è*ì tuo colpevol giorno
Della notte cominci a mezzo il corso .
Febo, sorgendo, de’ tripudj tuoi v
220Vedi gli ultimi eccessi: allor che spunta, v
Al sonno t’abbandoni, e l’alba tua
Appare allor che il bel pianeta vibra
Dal più fitto meriggio i raggi accesi •
Negli spazj, pe’ quai tu passi ardito
225Dall’uno all’altro eccesso, il pie sospendi,
Ti riposa un istante, e al ciel lo sguardo
Ergi, se pur del ciel, che tanto oltraggi,
Puoi la vista soffrir. Se il vago aspetto
Brami veder di maestosa mole,
230Di superbi edificj, ove con l’oro
Fulgido mi$te sien splendide facir <
Se tristo vivi, ed allegria cercando
I taciti piacer, che dà la notte,
Più graditi ti son, Lorenzo, vieni,
235Vieni adesso a mirar quest’arco immensa,
Che divin magistero un di compose .
E dove puoi trovar schiera più folta
D’incantatori oggetti? E ben, di questi
Tu puoi goder senz’arrischiar giammai
240O sanitade, o di fortuna i doni,
Senza che Tonor tuo macchia riceva»
Mira del Sol l’amabile germana j

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Il modesto splendor de’ raggi suoi -, . In
lei t’invita a riposare il ciglio ’ - *
245Offeso sia dalla diurna luce . •, s * * *
Dell’emisfero il despota raggiante
Vince ia dolcezza, e sulle tue pupille
Splende, nè àuol vi desta. Ella non fretì*
Il tuo ciglia abbagliatole fa che in cielo
250Faccian gli sguardi tuoi maggior viaggio * . r
Libero possessore ella ti rende
Di que 1 lucidi prati: ella ti scopre
Scena di meraviglie, -e di portenti,
"Di cui più vaga è la bellezza appunto
255Perchè- a ombre velata: e fiacca luce
Scorrere lascia per gli aerei campi $
Luce, che basta solo a far la notte
Visibile a 1 mortali, e a lor ne mostra
Tutta la maestà. Quell’astro adunque*
260Che trae dal letto suo la grave massa
DelPocean, che l’oceano astringe
Ad ergersi, a restarsi umile in certo
Periodico giro, e vuol che pria
Cuopra le rive sue, poi le abbandoni,
265E P onda con perenne interno moto
Sempre limpida serbi, ergere un’alma
Non potrà dalla terra, e trarla in cielo?
Vien, Lorenzo, e l’accendi. Il cor da queste!
Globo angusto sprigiona, a cui l’allaccia
270Ambizioso desio per suo tormento
Togli te stesso alla magia del mondo j,
Vieni a formarti in sen cor, che resista.
Del potere agl’inviti . All’alme vili r
Che mendicando il vanno al pie de’ grandi,
275L’oro abbandona, e le tue braccia in queste
Miniere eterne, che ti svela il cielo,
Stanca. Lascia la terra Infida, e togli
L’ancora; ah vien, Lorenzo, io son tuo duce,
Sieguimi in questo azzurro ampio oceani
280Che non ha scogli, o sponde: il corso tuo
Non freneran giammai nembi, o nemici .

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non vantare i lunghi tuoi viaggi 9
Che nel mondo tu sei straniero ancora .
Vedi tu adesso questa immensa mappa,
285Che natura segnò? Questa è- lo spazio,
Ove l’alma spiegar debbe il suo corso.
Del globo universàl già un di creato
Meco il giro or comincia, e se la terra
Tutta tu corsa avessi, or tu dovrai
290Dir che non mai lasciasti il patrio tetto .
E ben, libero sei? Schiavo infelice
Dell’ambizion, la tua catena è franta?
S’ascenda insieme, andiam Prometei nuori;
Senza colpa a involar da’ cieli il foco,
295"Ed alle faci olimpiche la sacra
Fiamma della virtude or si ravvivi.
Lancia il pensiero tuo sovra di quello
Aerea spazio, u 1 gli elementi opposti
Combattono tra lor, sovra le vaste
300Sorgenti prime della pioggia, sovra
Gli ampj seni, che in se grandine bau chiusa,
Sovra l’artico polo, onde le nevi
Fioccano ondose e folte v Ancor trapassa.
Le fiammanti fucine* onde si parte
305Il tuono assordatore, ed ove accese
Le tortuose son fulminee frecce
E gli antri, u* le tempeste, ancora in cdna,,
Mena» tranquilla infanzia i in alta quiete
Crescono, e attendon poi dai tempo quelle
310Ali robuste, quella voce orrenda, 4
Queir immenso vigor, da cui ben presta
Forse sarà distrutto un mondo reo «. .
Indietro lascia i calcolati giri
Della cometa peregrina, a torto
315Creduta nunzio di sventure umane,
E mira oggetti assai deli’ uom più grandi*
L’anima tua finor ristretta, oppressa
Da quei, che manda il suol decui vapori,
Or Ila che si dilati, e s’apra ai raggi
320Yibrati insieni da questi globi immensi;

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E le potenze tue, già rese attive,
Prendali nuovo vigor, spieghin se stesse.
Scorrerti sentirai forza novella
In ogni membro, ed i pensicr sublimi
325Dalla tua mente in folla uscir vorranno .
Disse al nascer del mondo -il Nume agli astri:
Ite, guidate l’uom . Forse tu credi,
Che risplendan, perchè scoprir tu possa
Di Jakivo tripudio asili oscuri;
330Perchè prestino a te luce, che sia
Complice ancor de’ tuoi piaceri infami?
Uom, che le vie della virtù smarristi,
In quai tenebre corri?. Uomo infelice,
Rivolgi il passo, a se ti chiama ogni astro*
335Sefume lo splendor, che i passi tuoi,
Di ricondurre alla virtù promette .
Alla vista del ciel l’alma ripiena
Di rispetto, del cielo addolci influssi
Placida s’abbandona. Ella s’accorge
340Farsi di lei signor allora un dolce
Senso di tenerezza. In quei portenti
Tutta s’immerge, e alla saviezza, intenta
A regolarne il fren, più non resiste:
Dallo stupore in lei piacer si desta,
345E le potenze sue già vinte in lacci •
Questo stringendo, alla virtù soggetta
La fa senza contrasto... Ah sì ch’io sento
Quanto narrai finora . Al primo sguardo
L’alma, colpita da stupor, risente
350Un diletto confuso . Or si risveglia .
Per trasporto improviso, e si dilegua
L’estasi, che provò . La maraviglia,
L’amor tentano a gara aver l’iirifFero
Di questo core, e injiem tutti gli affetti
355Agitandone van, l’ardono insieme.
Oh quali fiamme in seno io sento! Oli Dio,
Qual fastoso apparato, e di portenti
Qual serie prodigiosa! Oh quai tesori,
E qual pompa spiegò su questa scena

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360L’arbitro Creator! Quai occhio puote
Abbracciarne l’ampiezza? E qual è Parte
Incognita, che l’alma incanta, è a questa
Scena intenta la vuol, sempre perenni
Nuove bellezze offrendo: arte, che sempre
365Ad ammirare, ad adorar l’astringe?
Unico è il Sol del dì: n’offre la notte
Mille, e mille, de’ quai la luce guida
De’ mortali lo sguardo in seno al Nume,
Traversando le vie, che fin nofi hanno,
370Che mostran del suo braccio i segni eccelsi*
Quai torrenti di foco escon da queste /
Urne, che numerar uomo non puote!
Dall’altezza del ciel cadono insieme
Tutti raccolti in queste mie pupille;
375Nè s’arrestano in queste: io già li sento
Scendere ad infiammar l’anima mia* ~"
Trasportato, confuso, ancor sospeso
Tra due moti contrarj, or nella polve
Fulminato mi veggio, or tratto in cido .
380Chi può mirare il ciel senza che un sacro’
Rispetto in seno alto terror gli desti,
E di sacro furor tutto s’accenda?
Chi può mirarlo, e in ciò che mira il ciglio
Posar, senza che ai Nume onnipossente
385Giunga almen col desio? Opra, di cui
Comprendersi non può l’arte, o la forma,
Degna sei di quel Dio, che ti diè vita.
Troppo debole è l’uom per tesser lodi,
Quai si debbono, a te: ma l’uomo ingrato ’
390In quest’ore sepolto in braccio al sonno
Non porge al Nume il suo dbvuto omaggio •
Desto non son io solo: ascose, e folte.
Schiere di spirti del Fattor superno
Meco le glorie celebrando stanno
395Con cantici, che l’uomo udir non puote.
È l’universo il tempio, ove gli omaggi
-’Porgon tai schiere al Nume: oh quanto adorna
N’è la volta da vaghe ardenti stelle!

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Come nell’alma mia vergando vanno
400Fuoco d’amor, di religione! Ah questo
Tempio predica il Dio, che in se nasconde*
E con qual tuono d’eloquenza adesso
Lo dimostra al mio cor Ja cheta notte?
Tutti gli èsseri all’uom parlali del Nume:
405Ma se ne scuopre i segni un ciglio attento"
Nell’opre lievi, ah che co* grandi oggetti
L’alma sorprende, e di se J ’ empie Iddio*:
O voi, stelle, o pianeti, o voi, che forse
Cittadini ne siete, e quale oggetto
410Ha questa di portenti immensa massa?
Superba volta, che, ne’ tuoi sublimi
Palagi azzurri irmu&erabil chiudi
Famiglia d’astri, e tu vastissim’orbe
Senza limiti fatto, ovunque immenso,,
415Sublime ovunque, ad albergar l’eterno
Re destinato fosti? E che diss’io?
Allor che a nominar m’accingo il Nume > *
L’idea, ch’io ne comprendo, i tuoi tesori
Impoverisce, le tue cime abbassa,
420Colma la tua profonditade, e stringe
Il tuo giro infinito. Allor mi sembra
L’univehò un sol punto; ed ie non veggo
Nella natura che pigmea sembianza,
Sebben si mostri iii gigantesca mole.
425Ma se il Nume lasciando, all’uomo io torno
Se il paragono a te, con tjual prestezza,
O natura, riprendi i dritti tuoi
E in faccia al mio pensier tutta racquisti La
primiera grandezza! In un momento •
430Io veggo il cerchio tuo farsi maggiore,
E di quel cerchio tutti i punti io miro •
Dal centro allontanarsi, e gir fuggendo
Per sentieri infiniti . Allor rimango
Solo in vasto deserto, e spazj io veggio,
435Ove por si potrebbe altro universo .
Così se fiamma rovinosa incendia» ’
Delle tempeste, tutti gli aptri, e tutti

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Scoppiano insiem, l’aria percossa francesi,
É lo scoppio improviso e furibondo
440Nelle chete onde sue chiude un abisso.
In onda circolar lungi sen vanno
Tutte le nubi, e ancor gli eterei flutti
Spinti gli uni sugli altri in moto ondoso
Salgono, * toccan quasi il sommo Olimpo.
445Quando al Nume rifletto, ogni splendore
Perdo» gli astri per me, li credo angusti.;
Maripensando ali 1 uom, più vaste io veggio
Le loro~sfere, e di tal fiamma accese,
Che quai Numi del globo il cor gli ammira..
450E recherà stupor, che tai portenti
Di gloria eccelsa, e di splendor vestiti
Delle più rezze età che sovra i sensi
Non s’ersero giammai v tutti gli omaggi
Usurpasse*? Fu quasi allor virtude
455Ciò negli antichi saggi, i quali usaro,
Tutto il vigor natio, ch’ebbero in sorte
Per sollevarci /dalla terra al cielo •
Ma frenarono il voi giunti a 1 pianeti >
3E crederono Dei questi lucenti
460Corpi, che traversar mai non poterò.
Se dell’arte, Lorenzo, il bel t’alletta,
Mira qual arte portentosa, «-qual«-»
Geometria sublime alla struttura
Presiederon del ciel • Numero, e peso,
465E misura soa là giusti e .perfetti .
v Quando moli, che quasi al ciel sen vanno,
L’uomo ad ergere imprende, è spesso astretto
A lasciar che le compia il caso, o ’l fato:
Ma la scienza, e la scelta in tutti i punti
470Dal cielo impressa han Jor sublime insegna,
Ed alto magistero offre allo sguardo
Ogni parte dell’opra . In questa sono
Agilità, e vigor sempre in concerto.
Non v’è lume, che luce util non abbia y
475E’ intrinseco al lavoro ogni ornamento. *
In man angol di questo invano sparse

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L'Economo superno i suoi tesori,
IL prudente opulenza il tutto resse.
Oh quauto è ricca, oh quanto ben tessuta
480Questa scena si vasta! Oh come è vario
Il cangiarsi che fa! Come se stessa
Sempre rinnova, e senza fine estende
In faccia al ciglio aroniirator di lei!
Questi celesti peregrini oh quanto
485Hanno rapido il corso? A questo appresso
Sembra che sovra Tali sue di fuoco
• A stento il fulmin se niedesmo tragga,
Ed il pensiero sol n’eguaglia il volo.
Quante sfere, che so?ra ad altri globi
490Ascendo» sempre, e quanti cercbj chiusi 9
E dotati di moto in altri giri!
Ì)uante ruote, che vanno in infinito
ncastrandosi insiem! { manca il pensiero,
E sempre dubbia in ciò che ragion vede )
495Oh qual complesso di spirali, e curve
Sostegno di se stesse, e in folto intreccio
Legate insieme! E qual immensa folla
Di vastissimi mondi, i quali a questa
Terra lasciato un invisibil punto!
500Qnal fra le lor reciproche distanze
Spazio grandioso ù posto! 1 cosa è dunque
Quello spazio infinito, in cui son chiuse
Tutte le sfere, in cui corrono in giro?
E 1 voragin profonda, ove il pensiero
505S’ipabissa, si perde, e resta estinto.
Lasciatemi veder ... deh non frenale
A quest’anima il voi ... Scorger non puote
Termine il ciglio, e in un deserto resta
Smarrito il mio pensier; più non resiste
510La mente ascesa alla metà del corso .
Tenta riprender lena; ella non puote
Nè resistere al ben 9 che a* se la trae,
Nè la meta toccar, che a lei s’invola:
Tanto il piacer, ch’ella risente, è grande,
515Taùto vasto è quel pian, ch’ella trascorre.

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In questo piano ad incontrarsi insieme
Vengon l’angelo, e l’uomo: in questo colmi
Sc>n de’ trasporti stessi; in questo s’erge
L’abitator terreno, -e co’ celesti •
520Cittadini si mischia. Oh quanto lungi
Posto è talun di quei notturni Soli!
Dubita il dotto (*) se dai dì che nacque
11 mondo, i raggi lor giunsero ancora .
Di questa terra al sì remoto lido,
525Sebben velocità somma la luce
Abbia nel propagarsi ... Ancor lasciate,
Che l’attonito ciglio intorno io muova:
Che non mai sazio ah noi sarò giammai,
10 sarò d’ammirar, di starmi fisso
530In questo di portenti ampio oceano;
In questo campo fiammeggiante, in cui
11 Nume sol può numerar quegli astri,
Clie in tanta folla un giorno ei vi racchiuse .
Qual nuova maraviglia or mi sorprende?
535Ove le adamantine alte colonne
Son che reggono i cieli? Ed ove sono
I cardini, che più del finto Atlante
Forti, senza piegar, son base al mondo?
Qual mostruosa forza, od arte ignota
540Tiene ondeggianti queste masse enormi
Sovra l’aereo mar? Forse sospese
Destra eterna le tien con aurei lacci?
E’ del Nume il voler, che ne’ lor centri %
Tutte le fissa, e a lor dell’aria forma
545Adamantina base. Ei puote ancora
II diamante ammollir, corpo formarne,
Che, qual è l’aria, sia mobile e lieve.
Questo è il Dio, che dal nulla il tutto fece,
È’ il Dio, che se lo vuol, tutto distrugge,
550Ed al nulla lo rènde. Oh quanto in questo
Ceruleo libro puote ogni mortale
Leggerne i 1 esistenza! Il sommo Dio

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L’onnipotente nome suo ne/ cieli
Impresse già con fiameggianti cifre . . .
555E che leggiamo in Ciel? D’un Nume eterno
Vi leggiam P esistenza, e quella ancora
D’altri esseri dell’uom più assai sublimi *
E in ciele ancor l’eternitade è scritta.
Ma qual eternità? La tua, Lorenzo,
560Quella d’ogni mortai. Non sol la fede
Nel contemplare il ciel vigore acquista,,
Ma la virtude ancora. In Ciel si trova
Il balsamo vital, che ad ogni colpa
Resiste, e più contro la rea vendetta,
565L’ambizioso desio, la fiamma impura,
Contro l’orgoglio il suo vigor dimostra .
Tai luminose cifre, insiem col tempo
Nate, sincere sono, e sempre avranno
La stessa luce, che a cangiarne i segni
570Giunger d l’uomo non può destra profana.
L’uomo, che cangià in mostruose forme
Gli astri, e vuol ch’altri in lor vegga chimere
Ch’ei solo immaginò, negli astri legga .
L’auguste verità, ch’offrono al ciglio.
575Altro non è questo teatro immenso
Che volume, ov’è scritto esservi un Dio;
Libro, che. la natura ostenta, e svolge
Al ciglio attento, che ne pesa i detti
Nell’alta quiete tje’ notturni orrori.
580E tuttor di prodigj avido è l’uomo?
Forse n’ha d’uopo perchè scorger possa
Sovra l’ampia natura il sommo Nume,
Che la produsse, che ne regge il corso,
Che n’è l’ultimo line? E dove è l’uomo,
585Che può del Mondo rimirai: l’aspetto
Cinto d’ombre notturne, ed a se stesso ■ j .
Non dimandar: e qnal è dunque il braccio
Dal cupo vel celato, e qual la destra
Possente, e ascosa, xhe a sì vasti mondi
590Jl moto impresse, ed ordinò di questa .
Macchina immensa l’intrigate molle?

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A forma circolar qual man poteo
Ridur tai vasti globi, e poi lanciarli .
Fiammanti dello spazio a* gorghi in seno
595Ed in numero tal, quante dimostra
La rugiada al matlin lucide perle %
E quante manda una città fumante
$>al suo ìeno faville, allor che tutte
Jtfe passeggia le vie vorace incendio?
6001/ antica notte in un istante vide
Invasi, e popolati i suoi deserti,
Dalla luce, il suo sen di fiamme acceio.
Penetrati i suoi densi orridi veli,
E smaltati da lei di stelle aurate»
605Il condottici* qual è 5 che sefco trae,
Ouest’armàta regal JLUtri obbedienti 5
Che i lor nomi registra, i posti assegna,
Tutte le marchie ne misura, «fissa
Dentro invai iabil tempo il lor ritorno?
610E non è forse quei, che con tonante
Voce nel cupo dell’informe abisso
Sorger li fece al primo cenno? Il niente
Lor fece abbandonar, ove sopiti
Stavansi in folto orror; d’oro le di luce
615Li ricoprì, gl’istrusse; armi di fuoco
Die loroij e gli schierò con ordin vario
Per l’eteree pianure a muover guerra
Air incredule menti, a* falli tuoi?
Dirai: Chi tutto regge è la natura *
620Ma cosa è la natura? I moti suoi,
Che saran, se non son l’arte d’un Dio?
E può quella frenar, cangiar.se stessa t~
E prodigj tu vuoi? Cicco mortale >
E non vedi il maggior sugli occhi tuoi?
625Della natura il corso annunzia un Dio,
Ed al più tardo ingegno il fa palese.
Odi: ogni altro prodigio é solo un colpo,
Che vibra il Nume agli uomini sopiti
Per destarli dal sonno, e farsi noto
630Con novejlo argomento, il qual non porta

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Prova con se maggior . Or rispondete, v
Increduli . La man che la natura
Obbliga ad obbedir sempre alle sue
Invariabili leggi, è men possente
635Di quella man, che con opposto cenno
Altera il suo cammino, e a gir l’astringe
Lungi -da quelle leggi? O minor possa
È necessaria per creare un Sole,
Che per frenare il voi presso ali 1 occaso,
640E colmo di stupor, fiammispumante
Respingerlo all’oriente sbigottito:
Mentre del corso suo stanca la Luna
Sovra le floride Ajalonie valli
Ferma il cocchio d’argentone si riposa?
645Grandi son tai portenti; ancor più grande
È quello di crear Dalle felici
Cune, ove posto fu l’uomo primiero,
Fino a 1 tristi dì nostri’, attento mira
Di que’ prodigj, che produsse il Nume,
650La serie, e non potrai scorgere in quella
Cosa, che di stupor più ti ricolmi,
Di queste meraviglie al ciglio umano
Rinnovate ogni di . L’uomo le appella
Ordinarj accidenti, e tai non sono
655Se non per l’uom, che lo splendor ne ignora,
Che apprezzarle non sa$ se non per l’uomo,
Che con stupido ciglio eguale a’ bruti
Sol vede in cielo inutili scintille.
Ed è ver, che vi sien uomini frali,
660Il cui €Ìglio non puote ergersi al Nume,
Che ardiscon pronunziare, esser follìa
Creder ciò che non cape umano ingegno,
Che credono tra loro affatto eguali
L’invisibile, e il nulla? E qual fu dunque
665Dell’eterno architetto il fine allora
Che del suo piano all’infinito estesi
I segni, i semi con profusa destra
Di tanti esseri al mondo in seh gittati,
E di mirabil pompa ornato il tutto,

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670Lasciò cader dalla sua mano in grembo
All’universo tal pensante insetto,
Quest’uom, perchè di questo quadro sparso
Tutto di meraviglie, ei sempre fosse
Umile spettator, perchè traesse .
675Sempre nello stupore i giorni suoi? /
E perchè allor che il nostro ciglio abbraccia
Il concavo del cielo, e gY infiniti
Globi, che versan fiamme in esso, e ’l fanno
Animato, vivente, oppressi siamo,
680Quasi annientati dall’idea che porge
onnipotenza di chi ’I ciel compose?
Forse ciò non insegna all’uom superbo
A non negare in Pio ciò che non puote
L’intelletto veder? Sarebbe il Nume
685Maraviglia minor di quei portenti,
Che la sua man creò? Men cupo arcano
L’artefice saria dell’opra sua?
Prefende 1* uom, che i più sublimi oggetti
Sieno i più noti, e che la sua ragione
690Dritto d’intelligenza assai maggiore
Abbia sul creator, che sul creato?;
Per comprendere il Nume, od ei dovrebbe
Non più Nume restar, ovver più l’uomo
Esser uom non dovrebbe. Oh qual distanza
695Evvi infinita tra’ mortali, e Dio!
In argomento tal vero è soltanto
Ciò che stupor risveglia * e la ragione
Sol da ciò che confonde i lumi suoi
Può restar paga? Di questr’astri immensi
700L’esistenza creduto avresti mai
Perchè altri la narrò? Ti dice il ciglio,
Che favola non son questi portenti.
Queste divise maestose, eccelse.,
Che la natura ha seco, un certo annunzio
705Son, che dell’uomo alla ragion fa Dio,
E l’esistenza sua giura a* mortali .
L’universo accennando. Or se dal mondo
Il Nume togli, ogni grandezza perde,

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E precipita Tuoni nel più profondo*
710Di vasto abisso <T ogni luce muto .
In impura cloaca è il cor dell 1 nomo
Immerso, e del soggiorno ei si compiace i
Infelice, deh sorgi, il ciglio innalza.
Piangi, nè oserai pianto che basti .
715Vedi il carcere angusto ove tu vivi:
Vedi, che ovunque a te dà la natura
Stretto assalto perchè deponga il tuo.
Temerario dubbiar: mondi infiniti
Ti circondano insiem; tutto ricopre
720Di evidenza il bel lume: e in eia ravvisa.
Quante catene luminose intorno
Porti, che voglion te col Nume unito.
Nè fuggirlo tu puoi. Schiavo felice,
Per qual arte infernal tu tenti adesso
725Di fuggir bestemmiando i dolci lacci
Del tuo benefattor? Puoi tu fai fronte
All’invincibil sua destra divina,
Che verso il sommo ben sempre ti trae
Di meraviglie a questa folla immensa,
730Che verso Dio t? incalza, e ti sospinge
Resistere potrai? Tatti qàei globi,
Qhe circondai la terra, e nel suo sena
Ti racchiudon, son voci altisonanti,
Che t’astringono a dir esservi un Dio:
735Renditi a questo Nume . Ardisci ancora
Di dubitare, e di smentir tu sola
Testimoni infiniti in ciel raccolti *
Che ti fanno ammutir, che prova» tutti
L’esistenza di quel, che a lor die vita?
740Oh qual forza nel moto! Oh qual bellezza!
Quai masse! Qual distanza, ed armonia 1
In tal sì varia società di sfere
Qual ordine vi regna! Oh qual nel piana
Ammirabil disegno, e giusta ideal
745Quai misure ne 1 mezzi! E qual nel fine
Sorprendente grandezza! Oh come il tutta
Al bene universale insiem cospira!

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L’uomo inviato fu nell’universo
Perchè vedesse, e son le sue pupille
750Mezzo, onde l’alma poi l’idee riceve,
Che necessarie sono alla sua pace.
Si presentano queste, e senz’ajuto
Di lunghi studj all’uomo offron se stesse.
Nè la natura vuol, perch’ei le apprenda,
755Che smarrito s’aggiri entro l’immensa
Metafisica selva,, o si tormenti
Negli spinosi campi, ove s’insegna
La ricerca del vero, o ch’egli imprenda
Lungo pellegrinaggio entro F enorme .
760Circolo dell’istoria . Àgevol cenno
Gli viene imposto. Atteggiamento eretto
Da la natura all’uom, che l’erge a* cieli f
Che per indole sua dell’uom dirige
Al ciel gli sguardi, ed i pensieri, e poi
765Gli dice al cor z+ Il tuo dover qui leggi*
Come degli astri rimirando i raggi
Si dilata il mio cor! come s’accende
De’ lor morali influssi, e di quel vero,
Che dagli astri discende, ei si ricolma!
770A me sembra in ognun di questi mondi ’
Scorgere Araldi, che fan noto all’uomo
Sovra d’essi sedere il lor Monarca
Nel luminoso, sacrosanto, augusto
Della sua gloria inaccessi!) il tempio. <
775E della terra il cittadin superbo
Sdegnerebbe un istante udir l’eccelsa
Magnifica ambasciata a lui discesa
Per parlargli del Re, che a lui s’invia,
Perchè gravi sentenze egli ne apprenda,
780Ed il suo vero ben da quella impari?
Sveglia, Lorenzo, il tuo pensiero: ei vesta
Fulminei vanni, e in un baleno voli
Dall’oriente all’occaso: il freddo vegga
Ed il fervido Polo. E ben, tu puoi
785L’universo mirar senza che sii
O confuso, o convinto? Alla ragione

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Otu rinunzia, ovver ti prostra al suolo
Adorando quel Dio, che fece il tutto • %
Se stanco sei di contemplare i cieli,
790O per leggervi hai troppo ottuso ingegno,
Più semplice argomento udir tu vuoi,
Che ti dimostri il Nume? Avverti, è questo
Base d’ogni altra prova, e può soltanto
Risentirne la forza attento orecchio %
795AI tumulto del Mondo, ove l’idee
Ordinate non son, nè unir si ponno y
Togli te stesso, e qtiesto Mondo Palma
Ponga in perfetto obblìo. Tutti i pensieri
In te richiama. Al tuo vagante ingegna
800Imponi un freno . Un denso vel distendi
Sovra tutti i tuoi sensi, e fa, che taccia
Ogni passione in te. La tua ragione
Sola vegliando regni. Allor, godendo
Calma profonda, nel silenzio amico
805, Della natura, e della notte chiedi
A te quanto a me stesso io dimandai r
E svaniran per sempre i dubbj tuoi •
Chi son io? Donde venni? Io questo ignoro.
Sol d’esistere io so. Dunque un eterno
810Essere esister dee; perchè se fosse
Stato un istante solo, in cui l’essenza
INTulla goduto avesse, esseri mai
Stati non vi sarian . S’esservi dee
Qualche eterno principio, il germe umans>
815Forse questo sarà?. Forse infinita
La catena saria degli avi nostri?
E immaginar si può quando si mira
Ogni anello di questa esser sì frale
Dileguarsi Vi presto? Esser sòggeRà
820Ogni parte esser puote, © d’Vgni legge
Esser libero il tutto? Eppujé io voglio
Tal chimera suppor. Sorgete io veggio
Tenebre nuove, e più fanali inciampi j
In un mare infinito or io mi trovo,
825Nè riva io scòrgo ove drizzar la prora .

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Donde nacquero t terra, e cielo, ed astri?
Son questi eterni ancor? Par si conceda
Per un istante la materia eterna •
E non a*vran que’ luminosi globi
830Un altra genitor? Le forme, i moti,
Che si veggono in lor, fanno palese
Un disegno, uno scopo assai sublime .
Scopo,, e disegno son ben chiaro indizio
D’intelligenza, e d’arte, e questa in essi
835Non è . Dunque saria parto dell’uomo?
Ma d’un’opra, di cui, compiuta essendo,
L’uom non comprese ancor Ja prima idea,
Esser puote l’autor? Eppur finora
Cosa non disegnai dell’uom più grande.
840Chi dunque impresse il moto in queste moli
D’inconcepibil peso? E chi di forza
Dell’inerte materia al masso informe
D’agitarsi, lasciar l’antico scnao,
E sotto mille aspetti varj al ciglio
845Presentarsi diviso? E nello spazio
Per volar chi fu mai, che a lui die l’ali?
Della materia informe e rozza è il moto
Forse intrinseca dote? Allor dovria
Goder di questa ogni atomo, ed un nuovo
850Mondo potria formar colla sua polve.
Ma se straniero alla materia è il moto,
Se in se destar noi puote; e per qual?ia
Tai globi alati, e di splendor vestiti
Dall’immobil suo ceppo uscir poterò
8551» sì vaghe sembianze? Ha forse quella
Oltre il dritto del moto anche il pensiero,
Arte di giudicar, mente feconda,
Geometrica scienza? 0 fui* prescritte
Da lei quelle misure, e quelle leggi,
860Di cui la sola ipotesi ingegnosa
Or di gloria immortai Newton ricopre?
Che se dotta è così, gli atomi saggi
Quanto mai rideran dell’uom, che crede
Della polve goder più vasto ingegno?

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865Ma se per far, per guidar poi tai globi
Fu necessario usar e scienza ed arte,
Che Piimano saper vincon d’assai:
Se questa scienza ed arte esser non ponno
Della materia in ogni parte: adunque
870Regna,’ e regnò su l’universo un Dio*
Tu questo Dio confessa esser un spirto
Invisibile, eterno, e sciolto allora
Resta tutto il problema. Ed in qual nebbia %
Più profonda di quella omV io mi trassi,
875Questa ipotesi nuova ora in immerge?,
Coinè suppor ciò che intelletto umano
Non può mai concepir? Supporre un ente,
Che principio non ha, che non ha fine?
Incredulo, t’allegra, or puoi vantare
880D’essere in libertà, no, non v 1 ha Dio . . %.
Ma perchè non sarà? Ciò che opponesti
D’un Nume all’esistenza è più nemica
Della infinita umana serie, in cui
Mille, e più folte nubi il ciglio vede
885Insolubili sempre? E perchè mai
Queir ipotesi mia tu non eleggi,
Ch’una sol nube ha ia se, ch’ogni altra fuga
Che tutto chiaro l’orizzonte suo
Lascia alla- tu4 ragion? E questa appunto
890Non t’insegna a seguir tra due sistemi
Quello ove un grano sol la lance aggrava?
E nel nostro contrasto oh quanto è il peso
Che all’ipotesi mia dà la vittoria l
La tua ragion con più robusta voce
895Dir ti può: credi un Dio . Quai sogni strani
Adottar ti convien sott’altra insegna!
A1P incredulità ti porti allora
Pel sentiero di tutti i sommi eccessi
Della credulità più goffa e strana •!
900Venga il più risoluto, il più ingegnoso
Incredulo, e sia quei, ch’è più ricolmo
Di vizj, e ili delitti: io qui lo sfido,
Benché il sostenga più sfacciato ardire,.

[p. 275 modifica]

JC d’ogni scienza umana ei sia maestro,
905A far oltre i suoi dubbj un passo solo*
Può ben egli bramar, esser ben puote
Suo vantaggio il pensai’, che non v’ha Dio:
Ma convinto n©n mai fia, che ne resti,
Nè strano è poi, che l’esistenza eterna
910D’un Dio tragga con se misteri ignoti
All’umano intelletto. Un dritto i nostri
Organi materiali aver non ponno
Sopra uno spirto, e sòl nell’opre sue
Il vede l’uom quanto veder si puote
915Da’ mortali il gran Dio. Splende di questo
L’onnipotenza in ogni oggetto, e splende
Nella terra, nell’uomo, in quei portenti
Che a noi presenta il ciel . Da tutti i punti
Dell’universo di fiammante luce * Dardi
920ella vibra a fulminare intesi «
Ogni incredulità. Quegli astri tutti,
Della materia un di creduti i Numi, t .
De’ quai l’aspetto d’ogni senso privo /, .
Meta fu per gran tempo al culto umano,
925La ribelle ragion domano, e l’alma rt .
Fan che tutta si rendà a Dio soggetta.
In eiel non vive già l’arbitro eterno
Solitario monarca. Io là discopro
. Il folto stuol, che fa corona al Nume*
930Spiriti numerosi intorno al trono /
Schierati io veggio. Ne* lor varj ammanti h
Splendwn porpora, azzurro, e perle, ed oro,
E delle vesti lor temprando vanno
GÌ’ immortali colori. E questi spirti
935Con l’ali tese, e sempre attenti al primo
Cenno flel loro Re, l’ampio universo /
Corrono pria che fine abbia un istante,
Ed in numero son, ch’uom non comprende.
Forse un angel presiede ad ogni sfera,
940La ’guida, la sostien, n’anima il fuoco,
Od ha in quella altro ufficio all’uomo ignoto*
Di queste sfere l’apparato esterno

[p. 276 modifica]

Gravi disegni, all’uom celati, annunzia.
Forse tai sfere son fulgidi troni,
945Ove del Nume in maestade assisi
Stanno i ministri} e delle sue vendette,
0 del suo amore sovra il mondo intero
Eseguiscono i cenni . E chi può mai
Creder tra noi, che ’l facitore eremo
950Con sì prodiga destra abbia creato
Gli esseri inanimati, e quasi avaro
Stato sia nel crear tai spirti, illustri *
Figli del suo poter, sublimi immagini
Di sua divinità? Se tal pensiero
955Da noi sedotti, aliar ci svela il cielo
Nuova esistenza d’esseri infiniti,
1 guai tanta dell 4 noni pi& sono eccelsi j
Quanto di questa terra è il ciel più grande •
Forman forse tai spirti immensa serie
960Di testimoni sovra P uom sospesa:
Ed ogni atto fa Fuom sul primo ingressoDi
vastissima arena, ove s’affolla
Numerosa assemblea-, che attenta osserva
Qual è deiruom l’agir. Forse ogni raggio,
965Che le pupille ci ferisce, è via,
Per cui scendon tra noi gli angeli a mille,
Invisibili stando al nostro fianco .
Rispetto almeno un tal pensiero imprime,
E può estinguer la colpa in cuor dell’uonx) >
970Che crede il core a sudile sguardi esposta