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258 VENTESIMA

Il modesto splendor de’ raggi suoi -, . In
lei t’invita a riposare il ciglio ’ - *
245Offeso sia dalla diurna luce . •, s * * *
Dell’emisfero il despota raggiante
Vince ia dolcezza, e sulle tue pupille
Splende, nè àuol vi desta. Ella non fretì*
Il tuo ciglia abbagliatole fa che in cielo
250Faccian gli sguardi tuoi maggior viaggio * . r
Libero possessore ella ti rende
Di que 1 lucidi prati: ella ti scopre
Scena di meraviglie, -e di portenti,
"Di cui più vaga è la bellezza appunto
255Perchè- a ombre velata: e fiacca luce
Scorrere lascia per gli aerei campi $
Luce, che basta solo a far la notte
Visibile a 1 mortali, e a lor ne mostra
Tutta la maestà. Quell’astro adunque*
260Che trae dal letto suo la grave massa
DelPocean, che l’oceano astringe
Ad ergersi, a restarsi umile in certo
Periodico giro, e vuol che pria
Cuopra le rive sue, poi le abbandoni,
265E P onda con perenne interno moto
Sempre limpida serbi, ergere un’alma
Non potrà dalla terra, e trarla in cielo?
Vien, Lorenzo, e l’accendi. Il cor da queste!
Globo angusto sprigiona, a cui l’allaccia
270Ambizioso desio per suo tormento
Togli te stesso alla magia del mondo j,
Vieni a formarti in sen cor, che resista.
Del potere agl’inviti . All’alme vili r
Che mendicando il vanno al pie de’ grandi,
275L’oro abbandona, e le tue braccia in queste
Miniere eterne, che ti svela il cielo,
Stanca. Lascia la terra Infida, e togli
L’ancora; ah vien, Lorenzo, io son tuo duce,
Sieguimi in questo azzurro ampio oceani
280Che non ha scogli, o sponde: il corso tuo
Non freneran giammai nembi, o nemici .