De mulieribus claris/LXXXXIII
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CAPITOLO LXXXXIII.
Sabina Poppea.
Sabina Poppea fu nobile romana figliuola di Sabino Poppeo1, uomo di non estrema nobiltà; benchè ella non prese nome da lui, ma dall’avolo, per parte della madre, Poppeo Sabino, uomo famoso, e ornato di trionfo, e di maraviglioso consolato. E non mancarono a quella l’altre virtù di donna, s’ella avesse avuto onesto animo. Perchè ella fu di singolare bellezza, e fu simiglievole alla madre, la quale in suo tempo avanzò in bellezza l’altre donne romane. Ancora ella avea un singolare e soave parlare, e sonante con laudabile dolcezza; avea ingegno nobile e sottile, s’ella l’avesse usato a oneste cose, ed ebbe per usanza mostrare in palese continuamente modestia, ed in segreto lascivia (vizio comune delle femmine), e usando rade volte in luogo palese, non era senza arte. Perch’ell’era scalterita femmina, s’accorse potere dilettare a molti, e in ispezialità ai maggiori. Sempr’ella usciva fuori coperta in gran parte, e non per nascondere quello che desideravano e che piaceva ad altri, ma per non saziare troppo gli occhi di quelli che la guardavano, con mostrarsi liberalmente, ma piuttosto perchè quello che nascondeva eglino desiderassero. Acciocchè io non cerchi ogni cosa de’ suoi costumi, non perdonando mai alla fama, non piegava mai lo suo appetito se non dove l’utilità le pareva apparecchiata, non facendo differenza tra mariti e concubinarj. E conosciuta per questi segni ebbe assai favorevole la fortuna: fu maritata a Ruffo Crispo, cavaliere romano; e avendo già avuto da quella un figliuolo, per lusinghe di Ottone, potente per lussuria e per la gioventù nella brigata di Nerone, accostossi per adulterio a quel medesimo Ottone, e per lungo spazio diventò sua moglie. E per certo questo, o perchè fusse meno cauto nell’ardore dell’amore, o perchè non potesse comportare i costumi di quella lasciva donna, e per quello si sforzasse trarla al piacere di Nerone, o che fusse perchè la fortuna di Poppea il richiedesse; levandosi dal convito dello Imperadore era udito dire per usanza, sè andare a quella alla quale dal Cielo era conceduto ogni nobiltà e eccellenza di costumi, e divina bellezza; nella quale stavano tutti gli desiderj pegli uomini, e le bellezze e i diletti di felicità. Per le quali cose lievemente stimolato l’appetito di Nerone, fu trovata con non lungo indugio per alcuni mezzani la via che ella arrivasse al piacere dello Imperadore, volendo e desiderando: e non indugiò molto che, per lusinghe di quello, Nerone fu sì preso, che pensava essere verissime quelle cose che Ottone avea usato dire. La qual cosa conoscendo quella sagacissima donna, dissimulando quello che ella desiderava, preso il tempo, diceva con lagrime alcuna volta, che non potea porre lo suo amore dove ella desiderava, perchè ella era obbligata a Ottone per cagione del matrimonio; e che lo Imperadore era stretto dell’amore di Atis, serva. Delle quali cose seguì che Ottone sotto spezie di onore fu mandato prefetto in Lusitania provincia, e Atis al postutto fu rifiutata. Quindi Poppea si cominciò a volgere contro a Agrippina, madre dello imperadore, dicendo alcuna volta, che non egli fusse imperadore, che egli non era in sua libertà; ma era pupillo ed era retto per l’arbitrio di tutrice. Pe le quali parole, non contrastando alcuno quasi per l’odio d’ogni uomo per la superbia d’Agrippina, avvenne, che di comandamento di Nerone la misera madre fusse fatta morire violentemente, e a poco a poco fussero sotterrati molti e molti per aiutorio di Tigellino, prefetto di milizia. Finalmente vedendo lo Imperadore allo ardentissimo suo amore essere inclinato, tolto via ogni contrasto, cominciò a tendere le reti al matrimonio di Nerone. E avendo già partorito di lui una figliuola, essendo consoli Memnio Regolo, e Virginio Ruffo, la quale fanciulla Nerone aveva ricevuto con somma allegrezza, è avevale posto nome Poppea; già aveva cominciato fare istanza con audaci parole, dicendo, sè non essere stata mai con alcuno due notti, che subito non fusse seguito lo matrimonio; e dicendo, sè non essere stata di tale schiatta, perchè l’era bella, atta a fare figliuoli, e meritava essere moglie dello imperadore. E avendo già tratto lo ’mperadore a desiderio di suo matrimonio; primieramente Ottavia, sua moglie, e prima figliuola di Claudio Cesare, fu confinata in Pandeteria isola; e finalmente nel ventesimo anno di sua età2 per istimolo di Poppea, per comandamento di Nerone fu morta, e Poppea congiunta in moglie a Cesare. Ma non godè per lungo spazio di sua grandezza, cercata e acquistata per lunghe arti: perchè ingravidata da capo, e a caso essendo adirato Nerone, percosse quella con un calcio, di che ella morì. Il cui corpo Nerone non volle che fusse arso secondo l’usanza de’ Romani, ma volle ch’ella fusse seppellita a modo dei re forestieri con sepoltura di gran pompa, facendola portare pubblicamente, e con molte cose odorifere volle ch’ella fusse posta nella sepoltura de’ Giulj. E in consiglio la lodò, e spezialmente di mirabile bellezza con lunga ed ornata orazione, attribuendo a lei alcuni doni di fortuna e di natura, di cui ella fu ornata, in luogo di famosissime virtù. Io aveva che dire, tra queste fortune di Poppea, contro alla troppa morbidezza e lusinghe e lascivie e le lagrime, le quali sono certissimo e mortalissimo veleno delle femmine all’animo di quelli che credono; ma io ho pensato di lasciare queste cose, acciocchè io non paia fare piuttosto una satira che una storia3.
Note
- ↑ Cod. Cass. figliuola di Lelio. Test. Lat. Sabini Poppei.
- ↑ Cod. Cass. e finalmente operistimolo di sua eta e peristimolo di pompea ma non gode. Test. Lat. et demum vigesimo ætatis suæ anno impulsu Poppeæ, Nerone mandante, occisa, et Poppea Cæsari juncta conjugio. Sed non longius..... gavisa est.
- ↑ Cod. Cass. anco cheio non paia fare più tosto una santa storia. Test. Lat. ne viderer satyram potius quam historiam recitasse, ecc.