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La vita d’albergo.


È convenuto che bisogna disprezzarla come piatta, banale, rigida, artificiosa. Chi la presceglie, ostenta di subirla come una necessità ineluttabile e irritante o asfissiante, secondo i temperamenti. Ma se ne rifa, deplorando cento volte al giorno la promiscuità forzata profanatrice d’ogni intimità di vita; la rigidità compassata dell'ambiente; la fisionomia desolantemente banale delle camere, prive di qualsiasi nota rivelante una personalità di gusto, di abitudini, di visione; la soggezione continua, che fa svolgersi una vita sotto centinaia d’occhi osservatori, interrogatori, scrutanti; Possessione cerimoniosa del cameriere, sorgente come un’ombra implacabile a ogni svolto di corridoio, in capo a ogni scala, dietro ogni [p. 218 modifica]uscio che si schiuda, coll’impassibile maschera plasmata di rispetto e d’insolenza, d’ossequiosità e d’ironia, corretto fino all’esasperazione, glaciale fino al disagio.

Tutte cose però che non impediscono a una certa classe di persone di trascorrere la vita d’albergo in albergo, passando regolarmente ogni anno attraverso tutti i Bristol, i Savoy, ì Balmoral Palace e i Royal delle metropoli d’Europa, e a un’altra categoria, meno errante e forse meno fortunata, di chiedere altrettanto regolarmente all’hotel l’ospitalità per i tre mesi estivi per quelli autunnali.

In realtà, nella denigrazione della vita d’albergo entra molta posa molto convenu, un pizzico di snobismo e anche un po’ di mala fede. A chi la contempli con occhio non ottimista, ma appena spassionato, codesta vita ritenuta antipatica, banale, artificiosa, detestabile, presenta dei lati simpatici e anche veramente preziosi, è praticamente comoda, interessante, perfino educativa.


Comoda, sopratutto.

Basta immaginare l’arrivo nella vostra casa vuota e chiusa, dopo un’assenza più o meno [p. 219 modifica]lunga, e confrontarlo colla discesa in un hotel.

Siete scesi dal treno stanchi, sudici di fumo e di polvere, con un desiderio unico e imperioso: un bagno. A casa, il bagno c’è, ma da uno, due, tre mesi, nessuno lo adopera più: l’acqua calda non è pronta: bisogna prepararla, e cercare le chiavi degli armadi per prendervi la biancheria, e la cameriera che è con voi è come voi stanca, disfatta, presa tutta dal bisogno di riposo; e l’appartamento sa di chiuso e di abbandonato così, colle finestre sprangate e nelle stanze il buio profondo. Un senso di tristezza, poi di impazienza, poi di disagio, stringe il cuore e mette un’ombra sulla fronte... Non si dissiperà che dopo qualche giorno, quando, ripresa e riorganizzata la solita vita, la casa abbia riassunto il suo aspetto sereno di rifugio e di nido.

Nulla di tutto questo all’hotel. Voi scendete dal treno, e l’omnibus — carrozza di tutti — o il landau particolare, comandato il giorno prima col telegramma che annunziava l’arrivo e fissava l’appartamento, è pronto a ricevervi. Voi non avete neppure la noia di dovervi occupare dei bagagli: consegnate lo scontrino all’homme de peine (guai a dire: il facchino dell’albergo) e dopo un’ora i vostri bauli vengono deposti nel vostro appartamento. [p. 220 modifica]Sulla soglia dell'hotel il direttore e il portiere vi attendono per farvi l'accoglienza più cordiale e più stylée che immaginar si possa.

Il direttore, tutto chiuso nella redingote, vi riceve colla correttezza squisita di un padrone di casa aristocratico. Voi avete l'illusione di essere non un cliente, ma l'ospite atteso con gioia e accolto con festa. Il portiere gallonato che vi inchina è il maestro di casa o lo svizzero o il guardaportone della casa che vi accoglie: ne ha tutta la solennità monumentale, la grandezza decorativa.

Soltanto, supera tutti costoro in importanza. Il portiere d’albergo è insieme un vocabolario vivente, una guida informatissima, un indicatore infallibile. Nessuna lingua gli è ignota, e nessuna delle bellezze, delle attrattive, delle seduzioni della città che vi ospita: da lui voi saprete quale sia il modo migliore di passare la serata: quanto valgono le compagnie teatrali e gli spettacoli del giorno; quali siano e dove stiano il miglior sarto, il calzolaio più chic, il dentista più reputato; quali cose sia necessario vedere, quali monumenti visitare, quali musei percorrere.

È lui che vi procurerà le cartoline illustrate che bisogna spedire; lui che s’incaricherà di [p. 221 modifica]far eseguire le vostre commissioni; lui che sguinzaglierà per la città i piccoli chasseurs in culotte collante e berretto rosso, alla ricerca del libro, del giornale, della medicina, della profumeria che vi possono occorrere.

Può darsi che il direttore dell’hotel, che ha fatto la sua carriera in Isvizzera, in Francia, in Italia, in Germania, e in Inghilterra, non vi comprenda se voi parlate il russo o lo spagnolo o l'ungherese; ma il portiere vi capisce certo e s’improvvisa interprete, e, dove non arriva la sua sconfinata sapienza poliglotta, suppliscono l’intuito, la divinazione delle lingue, l’abitudine di comprendere, dall’espressione del viso, dal tono della voce, dalla mimica, prima ancora che le labbra parlino, quello che può occorrere al forastiero.

Gran personaggio, il portiere d’un grande albergo. La sua zona d’azione è sconfinata, illimitata la sua autorità, prodigiosa la sua utilità, preziosa la sua opera. Tutto fa capo a lui; egli riceve e distribuisce la posta — stabilisce dalla corrispondenza l’importanza e la qualità di un personaggio; distingue con un fiuto infallibile il signore autentico dal parvenu; sa il suo Gotha a memoria; sa l’importanza precisa di ogni nome proceduto da una particella; [p. 222 modifica]pesa con un’occhiata situazione, posizione e fortuna.

Se egli vi ha classificato fra i clienti solidi e importanti, potete esser certi d’avere tutto il personale di servizio dell'hotel a vostra disposizione — i vostri desideri saranno prevenuti, precorse le vostre necessità. Prima che il campanello della vostra camera abbia squillato, un colpo discreto bussato all'uscio vi dirà che fuori attendeva — sentinella vigile — il valet comandato per voi dall’occulto protettore, provvido e onnipotente. Per voi la stanza da bagno sarà sempre libera, sempre pronto il telefono, puntualissima la posta, possibile qualsiasi cosa magari impossibile per gli altri.

E, specialmente quando si compia in queste condizioni, bisogna convenire che il servizio d’albergo rappresenta la vita, ridotta alla sua più facile e più semplice espressione. Si può ben tollerare la maschera indifferente, impassibile o rispettosamente insolente d’un cameriere, pur di vederlo eseguire senza discutere qualsiasi ordine e comparire con puntualità e prontezza d’automa a ogni squillar di campanello; si può ben sopportare il disagio lieve di sentire fuori» nel corridoio, a ogni ora del giorno e della notte, il passo di codeste scolte, [p. 223 modifica]magari intente a ingannare la noia e la stanchezza con un non richiesto servizio di spionaggio pettegolo, pur di fruire poi ampiamente di tutti i vantaggi che sono il verso di codesti inconvenienti. Tutto si riduce poi al piccolo sforzo di opporre a codeste miserie un po’ di indifferenza orgogliosa e di serena noncuranza.

La donna, più e meglio dell'uomo, è in condizioni d’apprezzare le comodità materiali dell’ albergo. Soltanto colà ella è esonerata completamente da tutti i suoi doveri di padrona di casa: non più servizio da dirigere; non menu da combinare o da rivedere; non domestici da sorvegliare. All’ora fissa se si mangia a table h'hóte, all’ora prescelta se si mangia invece al restaurant, la colazione e il pranzo son pronti, e l’appetito è accresciuto dalla piccola gioia di non sapere, fino al momento in cui il cameriere presenta il cartoncino della lista, quello che si mangerà, e l’ora della siesta, poi, è fatta pili deliziosa dalla certezza di essere padrone della propria giornata — di non aver doveri ne domestici né mondani da compiere, non visite da fare o da aspettare, non five o’ clok da organizzare o da subire, non prove dalla sarta o dalla modista — di poter disporre liberamente, pienamente, fantasticamente di tutto il [p. 224 modifica]proprio tempo. Se piove, l’hótel ha la risorsa del jardin d’hiver con relativa orchestra, della sala da lettura tornitissima di libri e di giornali, dello hall ridente e invitante colle numerose poltroncine di vimini bizzarre e strane nella foggia, seducentissime per la delicatezza dei colori, e che è punto d osservazione senza pari, interessantissimo, come una finestra aperta sopra uno squarcio di vita internazionale, mondana, aristocratica, artificiosa, interessante come nessun’altra.

Se non piove, la giornata invita: si va a piedi lungo le strade principali, soffermandosi dinanzi a ogni vetrina, osservando, confrontando, desiderando, tentate da tutte le cose belle, vinte, spesso, da tutte le cose possibili...

E al piacere di comprare — grandissimo per ogni donna — si aggiunge la piccola soddisfazione puerile di dare, invece del nome, o insieme al nome, un numero e l’hotel — poi, quella di trovare, tornando all’albergo, la propria camera ingombra di pacchi, d'involti, di scatole che lentamente si aprono e si sfanno, riassaporando il piacere del possesso nuovo colla felicità ingenua d’un bambino dinanzi a un giocattolo. [p. 225 modifica]


Più dell'uomo, la signora soffre anche delle imperiose costrizioni della vita d’albergo.

All'hotel non è ammesso il negligé: bisogna uscir di camera già in toeletta, come si esce in istrada, il corridoio di un albergo essendo un passaggio non meno pubblico di una pubblica strada.

Bisogna scendere per la colazione in tailleur e col cappello; per il pranzo in toilette habillée se non si vuol giungere fino al décolleté.

E occorre essere puntuali e mostrar sempre un viso sereno, e nascondere sotto la maschera del saper vivere i crucci, il malumore, il malessere, anche, essendo assai di cattivo gusto il sentirsi male, all'hotel.

Ebbene, dal punto di vista di tutte codeste imposizioni, e, appunto per tutte queste necessità, la vita d’albergo diventa eminentemente educativa. L’obbligo di curare la toeletta, di essere puntuali, di mostrarsi gentili, d’avere un carattere uguale, di superare la fatica, e il malessere, impedisce di fossilizzarsi moralmente e materialmente, impone un’osservanza rigorosa su se stessi, che si traduce in mille piccoli sacrifìci, dà P abitudine della mortificazione, che [p. 226 modifica]diventa poi forza di rinunzia e virtù. Si parte dalla osservazione scrupolosa delle norme di buona educazione, per giungere alla pratica della virtù vera.

Un vecchio proverbio, che mi sentivo ripetere spesso nei miei anni infantili, dice che la civiltà è mezza santità, on ho mai conosciuto altro motto di sapienza popolare più giusto e più preciso di questo.

Ebbene, la pratica delle norme di civiltà è necessariamente così costante e così continua nella vita d albergo, che a poco a poco si muta in abito di bene. Diventa senso d ordine il dovere di comparir sempre assestate e decentemente vestite; abitudine di dolcezza l'obbligo di parlare cortesemente con tutti, di chiedere con gentilezza, di comandare con bontà; uguaglianza di carattere lo sforzo di serenità imposto dalla correttezza di contegno; abito di forza il dovere di dissimulare sotto la maschera di impassibilità che non è mai permesso togliersi, il malumore, le preoccupazioni, le trepidazioni, le lagrime.

Dogni giorno, dogni luogo, dogni istante è quest obbligo d auto-sorveglianza, questa spontanea imposizione di riserbo.

Bisogna sorvegliarsi a tavola, nella sala di [p. 227 modifica]lettura, in giardino, sulle scale, nell'ascensore, nello hall dovunque, e sempre.

Dovete farlo se siete soli — farlo se vi trovate in compagnia. In quest'ultimo caso sopratutto. L'hotel impone la concordia, l'armonia, la pace, almeno apparente, anche ai ménages più divisi, più staccati, più ostili, lon sono permessi i litigi, non sono ammessi i bronci, non sono concesse le dispute. Bisogna andar d accordo per forza, o almeno fìngere d andare d’accordo — pena il venir giudicate per persone di pessimo gusto e assolutamente prive di savoìr vivre. Talvolta, lo sforzo e la rinunzia concesse al dovere di buona creanza sono il punto di partenza di una maggior tolleranza reale reciproca, e l’osservanza di un piccolo riguardo sociale conduce a un ritorno felicissimo verso doveri coniugali obliati da un pezzo. Benedetta, in questo caso, la vita d’albergo! La quale, poi, non è proficua in questo senso soltanto, e molte altre cose interessantissime insegna, oltre la pratica delle fondamentali virtù sociali.

Chi abbia appena un poco l'attitudine all’osservazione e all’indagine psicologica, trova infiniti soggetti e interessantissimi di studio in tutti gli ospiti di passaggio, in tutti gli errabondi che s’incontrano nelle sale di albergo. [p. 228 modifica]Tutta la vita vi passa e tutti gli aspetti della vita; basta aprire gli occhi e osservarla.

Che si pretenderebbe di più da codesta casa di tutti e dagli enormi caravanserragli e dai cinematografi, viventi, che sono i grandi alberghi moderni?