<dc:title> Come andò a finire il Pulcino </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ida Baccini</dc:creator><dc:date>1902</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/Il_destino_dei_miei_figliuoli&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20180304173316</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/Il_destino_dei_miei_figliuoli&oldid=-20180304173316
Come andò a finire il Pulcino - Il destino dei miei figliuoli Ida BacciniBaccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu
[p. 208modifica]si delle
— 208 —
uov^i di galline di Crèvecoeur, di Houdan, della
Fiòche per poter avere di queste pregiate galline francesi.
— Ohe cose meravigliose !
— esclamò Masino, prendendo
a braccetto il suo professore e
allontanandosi alquanto dalluo-
go dove eravamo noi.
— Allevare i figliuoli a macchina! Ecco una cosa che non
mi va ! — esclamò mia moglie,
guardando con tenerezza i suoi
pulcini, che ornai s’erano fatti
grandicelli.
— Ma tu sei una buona madre ! — esclamai
commosso. E abbassatomi alquanto, la beccai
in fronte.
X.
Il destino dei miei figliuoli.
Sono stato più di quattro mesi senza scrivere una parola su questo quaderno che io
riserbo alla signora Ida Baccini, se pure il [p. 209modifica]— 209 —
Signore mi concederà la grazia d’imbattermi
ancora una volta nella gentile e pietosa signora J).
E non ho scritto perchè il mio cuore, troppo angosciato, non mi permetteva altro sfogo
fuori di quello del pianto!
Quanti dolori in così breve periodo di tempo ! Ma procediamo con ordine !
Non so se io abbia detto che la mia sposa
mi fece padre di dodici figliuoli, tutti carini,
vispi e sani.
I primi due, graziosi, loquaci con un cor-
picciuolo così giallo e liscio, da farli scambiare
per due grossi bozzoli di seta, erano i miei
prediletti.
Io avevo notato in essi delle serie disposizioni allo studio, e formavo quindi per il loro
avvenire le più ridenti speranze.
— Ohi sa — pensavo — che non divengano,
essi pure, scrittori come il loro babbo ? —
Nulla sfuggiva alla loro osservazione. Volevano sapere il perchè del sole che nasce e
1) Grazie, amic [p. 210modifica]o !
— 210 —
del sole che tramonta.... e che cos’era la pioggia e perchè si disegnava talvolta nel cielo
l’arco smagliante dell’arcobaleno.... Volevano
schiarimenti sulle bestie, sui fiori, sulle persone.
Era vero che col guscio durissimo della
vecchia tartaruga del giardino si sarebbero fatti
degli oggettini preziosi ? Perchè le rondini partono al primo accenno dell’autunno e tornano
solamente a primavera?
Alcuni bachi avevano detto loro che presto sarebbero divenuti farfalle e avrebbero desinato nel calice delle rose più belle. Poteva
darsi? Era vero che la lucertolina verde che
guizzava con tanta sveltezza lungo i crepacci
del muro aveva per cugino un orribile e grosso bestione, che stava nei paesi caldi e si chiamava coccodrillo, e che tanto lei che lui appartenevano alla stessa famiglia dei Eettili?
Una mattina (memorabile mattina!) me li
vidi venire incontro tutti perplessi e turbati.
— Sai? — mi dissero. — Stanotte le camelie, i gelsomini catalogni e i tuberosi danno
una festa.
- 211 — [p. 211modifica]— Ah, sì ?
— Danno una festa alle bestioline notturne
e pare che abbiano scritturato per il canto un
rosignolo del giardino Franchetti che da due
giorni si trova in questi dintorni, perchè a
quanto si dice, è innamorato d’un giglio....
— Questo non vi riguarda ! — osservai con
tòno severo. Infatti che cosa deve importare
a dei pulcini di-giudizio che gli usignoli s’innamorino dei gigli?
— Gli è che — disse il maggiorino — volevamo essere anche noi della festa, e pregammo
una bellissima rosa centofoglia perchè ci facesse avere un invito ! Caro babbo ! Aveste
udito le risate beffarde dei fiori ! — Da quando
in qua — dissero — i gallettini vegliano ? A
letto, andate a letto, scimuniti ! I concerti de’
rosignoli non sono fatti pei pulcini !
— Certo che la risposta poteva esser più
cortese — osservai. — Ma in fondo, i fiori non
hanno avuto torto : ciascuno deve rimanere nella
cerchia dove l’ha posto il Signore. —
Due ore dopo questa momorabile conversazione, e mentre appunto stavo intrattenendo [p. 212modifica]_ 212 —
gli altri miei figli sulla virtù del coraggio
(i piccoli vigliacchi s’erano impauriti alla vista d’un canino cucciolo, entrato, non si sa
come, nel giardino) ecco avanzarsi nel viale la signora Carolina in compagnia di Masino.
• Essi si diressero verso di noi e ci guardarono a lungo.
— Venir così all’ improvviso ! — diceva
Masino.
— Che vuoi! Io conosco bene il carattere
di mio cognato. Si sarà deciso lì per lì ! forse
sua moglie, la mia cara sorella Ines, avrà fatto
delle difficoltà prima di risolversi a separarsi
da sua figlia! Ma suo marito, quando ha messo
la testa al muro, non si smuove.
— Infine — disse Masino — mandandoci la
loro figliuola non ci fanno davvero un bel re
gaio. È caparbia, vanerella, infingarda....
— Pur troppo! Ed essi, non essendo riusciti a correggerla, han pensato di mandarla a
studiare a Firenze e a metterla, per così dire,
sotto la mia tutela. Sanno che io non son cattiva, ma che ho un carattere fermo e ch [p. 213modifica]e, al
— 213 —
bisogno, so mostrarmi severa, quindi sperano
molto in me.
— Non hanno torto — disse gentilmente Masino, baciando la mano alla sua mamma. — E
a che ora arriva là euginetta ?
— Alle sei. 0’ è un’ altra novità. Ha voluto
condur seco un compagno di viaggio e i genitori glielo hanno permesso.
— Di chi si tratta? — domandò Masino
stupefatto.
— Di.... Medoro. —
Il padroncino détte in uno scoppio di riso
e ci gettò un’occhiata in cui mi parve di veder tralucere un’espressione di pietà.
Ohi era questo Medoro ?
Masino si trasse l’orologio dal taschino
del gilet.
— Di già le cinque ! — esclamò. — E disse
alcune cose che non potei capire.
La signora Carolina si strinse nelle spalle,
mormorando :
— Hai ragione, è molto tardi. Ricorreremo
ai compensi. — E dando un’occhiata ai miei
figliuoli pronunziò queste parole:
15 — Baccini, Memorie d’un Pulcino, ecc. [p. 214modifica]— 214 —
— Ci faremo onore : son gallettini di primo
canto e.... — Il resto della frase si perdè nell’aria.
Corsi, ridendo, ai
piccini.
— Via, non disperatevi — dissi loro. — I vostri meriti
sono stati riconosciuti, anche dal lato
musicale. La signora
Carolina vi ha dichiarato di primo
canto, quindi non c’è
alcun dubbio che prenderete parte attiva al
concerto di stanotte. —
Verso le sei la serva di casa si avvicinò
a noi. I bimbi fuggirono, come uno sciame
d’api spaventate, sotto le protettrici ali materne. I due maggiorini rimasero fermi presso
di me: e la donna li prese delicatamente non
senza chiamarli coi più dolci nomi, e [p. 215modifica]sparì
— 215
con essi nella porta vetrata, che separava il
giardino dal salotto da pranzo.
Io supposi che si trattasse d’una prova
pel concerto della sera: ma mia moglie si
mise a pianger dirottamente, temendo qualche
disgrazia.
— Via, giuccherella, — le dissi con convinzione — se i nostri figli fossero stati destinati alla tavola dei padroni, la signora Carolina non si sarebbe espressa in quel modo
curioso. Ai condannati a morte non si chiede
come cantano nè si dichiara se sono di primo
o di secondo canto. Ne Convieni?
La sventurata abbassò il capo ma non mi
rispose.
Circa un’ora e mezzo dopo, avvenne un gran
brusìo nel giardino.
Fu preparata una tavola sotto il gran pergolato, e ben presto sul candore della tovaglia
fu uno scintillìo di cristalli, un rosseggiare di
frutti, uno splendore d’argenteria.
Ma i miei figli, i miei figli!
Eccola finalmente l’ospite desiderata, la
fanciulla per la quale nella pacific [p. 216modifica]a casa
— 216 —
s’erano fatti tanti preparativi; essa comparve
sul limitare della porta, a braccetto del signor
Gennarelli. Dietro a loro venivano Masino che
dava il braccio alla mamma, la serva che teneva fra le braccia una zuppiera di minestra
fumante, e un grosso, grossissimo cane, Medoro.
Noi eravamo rimpiattati nella stia, ma potevamo vedere e udir benissimo ciò che accadeva vicino a noi.
Discorrevano di mille cose: dell’arrivo di
Enrichetta (così cliiamavasi la nuova venuta),
della sua futura ammissione al corso preparatorio della Scuola Normale, della futura partenza per Vespignano (oh memorie!) ecc. ecc.
Intanto avevano divorato la minestra e un
gran vassoio di crostini.
— Desiderano il lesso o il fritto? — domandò la serva, mutando i piatti.
— Il fritto! — ordinò la signora Carolina.
— Il lesso m’è antipatico, — disse l’Enrichetta — ma viceversa sono entusiasta del
fritto !
— Bambina mia, — osservò giudizios [p. 217modifica]amente
— 217 —
la signora Carolina — non bisogna avere antipatia per nessun cibo, tanto più per la carne
lessa, che è buona e di facile digestione. Qui
ne facciamo molto uso. —
L’Enrichetta abbassò il capo un po’ mortificata, e l’ottima signora Carolina aggiunse
subito sorridendo:
— Del resto, hai mille ragioni di preferire
il fritto. È più appetitoso.
— Di che cos’è composto oggi? — chiese
il signor Gennarelli.
— Di cervello, di zucchettine e di pollo.... —
Détti una terribile scossa, mentre mia moglie starnazzava le ali.... Dov’ erano i miei figli,
eterno Iddio?
Ricomparve la serva col vassoio della gustosa vivanda: e udii.... sì, udii distintamente
Masino, che diceva alla cugina, scegliendole i
pezzetti migliori:
— Prendi quest’ala e questo petto. Dev’esser tenerissimo, un burro. Sono due gallettini
di priimo canto, che.... —
Stramazzai vicino alla mia compagna, svenuto.
—