Come andò a finire il Pulcino/La signorina Emichetta

Il destino dei miei figliuoli La strage

[p. 218 modifica]218 — All! si è un bell’esser polli, ma i genitori sono sempre genitori. miei figliuoli! E a due passi intorno alla tavola scintillante tutti ridevano come matti! La signorina E-nricHetta, Verso gli ultimi di settembre la pioggia cominciò così ostinata e dirotta, che il giardino divenne un vero pantano; tanto che i padroni giudicarono di accomodarmi insieme con la mia famiglia in una stanzetta abbar Fumino scossi dal nostro doloroso torpore da un rumore sordo e quasi rabbioso molto vicino a noi. Era Medoro che rodeva le ossa dei XI. — 21 [p. 219 modifica]9 — stanza ariosa, separata dalla bella cucina soltanto da una cancellata di legno. Per cui io, anche senza esser curioso, potevo vedere e udire quanto avveniva intorno a me. E ne vedevo, e ne udivo.delle belle! La serva e l’Aurora (una giovane cameriera entrata in casa di fresco) non facevano che sparlare sul conto della signorina Enrichetta. — Dacché è entrata in casa quella gestrosa, — diceva la serva — mi si è raddoppiato il servizio. Con la scusa che ha da studiare, bisogna vedere in che stato lascia la camera, la mattina ! Il letto che pare un caos, con le coperte ciondoloni da una parte e il lenzuolo ricascante dall’altra! Le catinelle piene d’acqua sporca, i pèttini carichi di capelli, una sottana di qua, una vita di là; Tino stivaletto sul comodino, l’altro sulla toelette e non ti so dire se a mettere un po’ d’ordine in quell’arruffìo, del tempo ce ne vuole! — E io — diceva alla sua volta la cameriera — credi che ci abbia da far pochino? Bisogna vedere in che stato mi lascia i vestiti ! [p. 220 modifica]— 220 — Credimi, clie solamente^ spolverarli e a spil- laccherarli, mi ci va ima mattinata! Eppoi, sempre scuciti e sfilacciati da piedi, che è una compassione a vederli! — È vero che la signorina studia e girandola per casa e pel giardino sempre col libro in mano.... — osservò la Geltrude. Ma l’Aurora pronta : — O che non si può studiare e esser persone precise? Vedo che il signorino (ed è un uomo!) ripara a tutto. Lui discorre in greco e in latino e si lustra le scarpe e si spolvera i pantaloni da sè; parla di certi paesi dove gli abitanti stanno senza sole anche sei mesi per volta, con la sicurezza di chi c’è stato: lui sa i nomi delle stelle, di tutte le bestie, di tutte le piante, sa appuntino la storia di tutti i regnanti e di tutti i popoli, e questo non gl’impedisce di aiutar sua madre a mettere in ordine il salotto da ricevere, a tenere in ordine il libro delle spese, e all’occorrenza di aiutar noialtra povera gente di servizio a sbrigar più presto e meglio qualche faccenda faticosa. Giorni sono mi sentivo maluccio e stentavo a rivoltar [p. 221 modifica]_ 221 — da me sola i sacconi elastici del letto della signora. Passa di lì il signorino e mi vede grondante di sudore. Ohe cosa fa! Posò su una seggiola i suoi bei libri turchini, si levò la giacchetta e in men che si dice, panf, ponf, il letto era rivoltato, rim ballinato e liscio come un biliardo. Quelli sono giovinotti! Ma la signorina Enrichetta.... — Zitto, eccola qui. Al solito ha il libro in mano! — Misi il capo fuori dello stecconato e potei veder benissimo la fanciulla. Quantunque fossero già le otto e le mancasse poco più di mezz’ora ad andare a scuola, era ancora in pantofole, col viso sudicio e i capelli arruffati. — Scaldatemi presto il latte, — disse alla Geltrude — e voi, Aurora, spolveratemi subito gli stivaletti. Ho fatto tardi stamani e debbo ripassare ancora un capitolo di storia. — E aprendo il libro, cominciò a borbottare: « Dopo aver formato, colle provincie di [p. 222 modifica]Bo- - 222 — « logna, Ferrara e della Romagna e del Mo- « denese, la Repubblica Cispadana, Napoleone «continuò la guerra contro l’Austria; e nella « pace di Campoformio.... » — Oh Enrichetta! — esclamò la signora Carolina entrando proprio in quel punto in cucina — ma ti par proprio questo il momento di ripassar le tue lezioni? — Ho fatto tardi.... — borbottò la giovinetta arrossendo. — E perchè hai fatto • tardi ? — ribadì la signora Carolina. — A che ora ti sei alzata ? — Sarà un quarto d’ora.... Avevo tanto sonno ! — Ah! — riprese la mia buona padrona, mentre le due donne di servizio, a un cenno di lei, erano uscite di cucina — ah! ti pare una bella ragione l’invocare ogni mattina il sonno a scusa della tua pigrizia? Credi che non abbiano sonno gli operai che vanno a logorarsi occhi e salute nelle officine, i muratori che mettono continuamente a cimento la loro vita? Credi che non abbiano sonn [p. 223 modifica]o gli — 223 — studiosi, i maestri, i medici i sacerdoti, tutti coloro, in una parola, la cui operosità reca vantaggi inestimabili a tutti ? Bppoi, — aggiunse guardandola — ti par codesto il modo di star vestita? Una bambina, appena si è levata, deve ravviar la sua cameretta nel modo che le è possibile, quindi deve attendere subito alla nettezza della sua persona. Non si esce di camera col viso sporco e i capelli arruffati. — Dovevo studiar la storia! — singhiozzò l’Enrichetta. — Tutto va fatto a suo tempo. La sera, quando vai a letto, le lezioni scritte come quelle a voce debbono esser fatte e studiate. Se la mattina ci sono cinque minuti disponibili, si possono impiegare nel dare una ripassatina ai versi o a qualche definizione grammaticale. Ma lo studio vero, obbligatorio, assegnato dalla maestra, si fa la sera. Siamo intese.... Non mi obbligare a scrivere a tua madre. — Le due signore si allontanarono e un nuovo personaggio entrò in cucina: Medoro. [p. 224 modifica]— 224 — Io non ho avuto mai alcuna antipatia pei cani, nei quali riconosco molte nobili qualità, Si affezionano al padrone, lo difendono dai ladri, accompagnano i ragazzi a scuola, ecc. ecc. Ma è anche vero che ci sono i cani che sbranano i bambini, che rubano, che mordono e quando sono presi dalla rabbia, inoculano negli animali da loro morsi quella terribile malattia che si chiama Vidrofobia.... Medoro era un cane da caccia, ma a quanto avevo sentito dire in casa, non aveva mai avuto occasione di dar prove della sua abilità. Con me se la diceva fino a un certo punto: buon giorno, buona sera e lì; ma con chi dimostrava addirittura un’avversione spiccata, era verso i miei figliuoli. Poche volte essi avevano avuto occasione di trovarsi con lui nel giardino; ma nonostante egli aveva già tentato di slanciarsi su di loro e d’impaurirli con i suoi latrati da orco. Fortuna, che tanto io che mia moglie stavamo con tanto d’occhi spalancati. Egli venne verso di me,, mi salutò e mi disse : — 225 —