Ciuffettino/Capitolo V
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V.
Giunsero alla riva del mare, e, seguendo la spiaggia sabbiosa, s’inoltrarono nella pineta. Là sotto c’era buio pesto. Ma i ragazzi seguitavano a correre, a casaccio, picchiando di tanto in tanto la testa nei tronchi degli alberi, inciampando nei rami bassi, nell’erba folta, cadendo e rialzandosi. A un certo punto trafelati, si fermarono in uno spazio libero, nel quale piovevano i raggi della luna.
Si guardarono qualche tempo, soffiando: poi Ciuffettino, in tono lamentoso, domandò:
— Adesso, come faccio a tornare a bottega?
— A me lo dici? - ribattè Burchiello, stringendosi nelle spalle - che c’entro io?
— Come, che c’entri! E lo stracotto chi l’ha mangiato?
— Tu hai detto: proviamo...
— Tu l’hai detto.
— No, l’hai detto tu.
— Senti, Burchiello, non mi fare stizzire, perchè se no, lo sai, finisce male.
— Ci ho colpa io se ti sei lasciato scappare il gatto?
— Io mi sono lasciato scappare il gatto, ma se tu non fossi venuto a bottega a darmi quei bei consigli...
— Già l’ho sempre pensato che tu sei un povero figliolo...
— Bada come parli, veh!
— Lo sai che quando voglio dartele, non fo complimenti...
— Sentilo, oh! Poc’anzi ne hai buscate quanto un ciuco...
— Quanto un ciuco? Ma che, ti ci vorresti riprovare?
— Eh, perchè no?
Non dissero altro: si accapigliarono, e ricominciarono a menarsi botte da orbi. Dopo un dieci minuti di quel lavoro, i due amiconi si lasciarono; Ciuffettino aveva la faccia tutta graffiata, e Burchiello era pieno di bernoccoli.
— E adesso, facciamo la pace! - disse Ciuffettino.
— Facciamola pure!
Senza stare a pensarci sopra, si dettero la mano, si abbracciarono, si baciarono, e giurarono di non leticare mai più.
— Ora che non c’è più speranza di riacchiappare quel gatto birbone - propose Burchiello - torniamo a casa...
— E, sai, ci sarà da fare un miglio!...
— Colpa tua: se correvi meno!
— Bravo! Ma io correvo dietro al gatto!
— E io correvo dietro a te!
— Io, per stasera, a Cocciapelata non ci ritorno davvero!
— E i fochi del nipote del barbiere Tosacani?
— Ma a quest’ora sono stati belli e accesi...
— Bah! io voglio andare a dormire nel mio letto.
— Figurati! se torno a casa, il babbo gli è capace di rompermi il manico della granata su la schiena...
— Ma sai che è un bel tipo, quel tuo babbo!
— Capirai: il sor Teodoro sarà andato subito a raccontargli ogni cosa... Guai se ci penso! mi si rizzano i capelli su la testa... No, no, a casa per una settimana almeno non ci ritorno...
— Vieni via, grullo: ti proteggo io!
— Bella protezione! Grazie.
— Vieni, sì o no?
— No, no e no.
— Davvero?
— Davvero, davverissimo.
— Allora, buonanotte!
— Che... mi lasci solo?
— Eh! una volta che non vuoi venir via!
— Dopo avermi messo in questo imbroglio, mi pianti come un cavolo!...
— Ho sonno...
— Io, per me, dormo ai piedi di un albero.
— Eh! ma io non ci sono abituato, e avrei paura di buscarmi un raffreddore. E poi dicono che nella pineta, di notte, ci passeggi il lupo mannaro... Brrr... Vieni via anche tu!
— Non vengo, non vengo!
— Bada al lupo mannaro!
— Non vengo!...
— Bada alle infreddature!
— Addio!...
Burchiello si allontanò fischiettando. E Ciuffettino rimase fermo, nel mezzo della radura, con gli occhi al cielo stellato.
— Fidatevi degli amici! - borbottava - Eh! se invece di fare il monello avessi dato retta al babbo e a quel poveromo del maestro... ora sarei a casa, a mangiarmi una bella minestra di fagioli e una fetta di pane imburrata di sotto e di sopra... e la mamma mi farebbe le carezze, e il babbo mi racconterebbe la storia di quando Cocciapelata fu assalita dai briganti... Mah! è meglio non pensarci! E il sor Teodoro? Il sor Teodoro, se mi bastonasse, avrebbe ragione da vendere! Dio, quella bottega, quella bottega! Che rovina! Figuriamoci quando sarà tornato, e avrà visto... quella strage! Mi par di sentirli, gli strilli! Assassino, brigante...! E poi... via, dal babbo! - Senta, il su’ figliolo se lo deve riprendere... - Ma come! - S’immagini che mi ha fatto un danno di mille lire! Sono rovinato... anzi, spero che me le ridarà lei. - Io? neanche se rattopassi scarpe per cento anni di seguito potrei guadagnar tanto da far questa somma. Ah! birbone!... ah! monellaccio!... Mille lire!... - Ma che! di più! Duemila! Centomila! E poi mi ha fatto scappare il gatto, capisce! - Anche il gatto?... - Sicuro! - Vieni qui, manigoldo... vieni qui, che ti voglio far du’ carezze come ti meriti... vieni qui... E io, invece, sono qua, in mezzo al bosco, e ho fame, e ho sonno, e ho paura! Ossia: paura non si potrebbe dire, veramente: ma una specie di uggiolina... Non vorrei incontrarmi nel lupo mannaro...
Ciuffettino, con un tremito improvviso, si guardò intorno e orecchiò alcuni minuti. Si udivano ancora, nell’alto silenzio della notte, lontani lontani, i passi di Burchiello.
— Canaglia!... - riprese a bofonchiare - quando torno a Cocciapelata, te ne voglio dare un sacco e una sporta. Perchè è stata tutta colpa sua! Sicuro! chi ci pensava, a mangiare lo stracotto con le lenti? Chi ci pensava, dico io? E quelle patate...... Come erano buone, veh, quelle patate!... Avevano un saporino d’aglio! - Sì, ma intanto eccomi nella pineta... condannato a viverci per una settimana almeno! Eh! chi si presenta su al paese? Se non mi vengono a prendere!... Ora, intanto, cerchiamo di dormire: perchè ho un sonno... un sonno... auf! se non avessi il pensiero di quel maledetto lupo......
Dopo una pausa, e un’altra guardatina sospettosa all’ingiro, tentennando il capo:
— Ohe! Ciuffettino! o che sei diventato?... se anche tu ti vedessi venire incontro il lupo mannaro, non sarebbe mica il caso di spaventarsi! Gli faresti una bella riverenza, e gli diresti:
— Buona sera, signor lupo mannaro; come sta? sta bene? Allora, che mi farebbe il piacere di andarsene? Scusi, ma che vuole, io non ci sono avvezzo a trattare con i lupi mannari: perciò se lei non va via, vado via io... - E scommetto che il lupo mannaro sarebbe tanto bene educato da rispondermi: - Ma si figuri, signor Ciuffettino! le pare!... non voglio disturbarla! conosco le convenienze!... Me ne vado subito!... Arrivederla e buon riposo!...
Così borbottando il ragazzo si accomodò una specie di soffice giaciglio con delle erbe secche, e vi si buttò sopra, a pancia all’aria, chiudendo gli occhi e tappandosi le orecchie. Di tanto in tanto li riapriva, ma per un attimo. E si pigiava sempre più le mani cortro le orecchie. Forse, se avesse potuto ficcarsi un paio di metri sotto terra, lo avrebbe fatto. Nel bosco tenebroso non si udiva il fruscio di una
foglia, il crepitìo di un ramo spezzato, il susurro di un animaletto notturno. Nulla. Ma Ciuffettino aveva paura. E tremava: e tremava: e dentro di sè continuava il famoso monologo.
— E se venisse il lupo mannaro, che ci sarebbe di male? Non ti mangerebbe mica! E poi, sono tutte storie... che raccontano le nonne di Cocciapelata per addormentare i bimbi cattivi... storie ridicole.
D’un tratto, un ululato minaccioso echeggiò nella radura, proprio vicino al nostro eroe, il quale si raggomitolò tutto, e si coprì di erbe e di fronde, quasi per nascondersi.
Ma all’urlo seguì una voce tremenda, che disse:
— Ciuffettino! sono il lupo mannaro! alzati, e vieni via con me!