Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi/Laura Bassi Veratti

Laura Bassi Veratti

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Anna Morandi Manzolini
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LAURA BASSI VERATTI

dettato dall’esimia scriitrice


CATERINA FERRUGI


Io tengo per certo, niuna cosa tanto conferire a rendere gli uomini costumati, e gentili, quanto il drizzare le menti delle Donne a nobili studi, e il farle acconcie a rettamente giudicare di quello che più si conviene avere in odio o in aroore: imperocchè avendo esse colla vereconda bellezza, colle dolci maniere, col soave parlare, maravigliosa forza negli animi umani, egli e chiaro, che dove siano del vero e dell’onesto invaghite, giugneranno senza contrasto a innamorare gli uomini della giustizia e della sapienza. E certo niuno, se non è al tutto fuori di senno, si lusingherà di potere pigliare l’animo di valorosa e colta donzella con arti diverse da quelle, che accomodate alla natura della mente di lei, sono pure conformi ai documenti della virtù. E che ciò sia vero n’è manifesto [p. 222 modifica] solo a gittar l’occhio sulla storia delle genti antiche e delle moderne. Conciossiache vediamo essere state piùinclinate a’ pietosi e sublimi affetti quelle nazioni, nelle quali le donne commendavano i buoni, vituperavano i tristi, e a chiunque per virtù e per ingegno gli altri avanzasse dispensavano premi ed onori. Nè certo nelle contrade di oriente sotto un cielo quasi sempre sereno, in mezzo a campagne liete di preziose piante, ricche di felici arbori, e d’ogni bene fecondi, sarebbe negli uomini una viltà e una desidia, che li fa indegni degli eletti doni della natura, ove le donne in luogo di essere tenute a modo di schiave, potessero esercitare quel mansueto e possente imperio, che dal supremo moderatore delle umane cose lor fu concesso. Ma se dal porre in abborrimento alle donne le vanità e la ignoranza si derivano molti beni nella civile compagnia, ne viene ancora ad esse medesime grande e durevole utilità: imperocchè governando elleno gli animi altrui non solo per la leggiadria degli atti e della persona, ma eziandio per la bontà del cuore e per l’altezza dell’intelletto, non hanno timore che col volgere degli anni venga l’autorità loro a sminuirsi o a cadere: nzi sono certe, che quanto più cresceranno in senno e in virtù tanto saranno maggiormente riverite e amate. Nè mai loro avviene di sentirsi turbate da quel fastidio, che spesso anche in mezzo alle festevoli brigate, opprime chi ad altro non si crede nato, che a passar la vita in superba ignavia, o in vani diletti. Le dottrine onde hanno ornata la mente, meglio ad esse insegnano l’arte di ben reggere la famiglia; e oltremodo care le fanno ai padri, ai mariti, cui possono di prudenti consigli negli avversi casi giovare, ed infine più atte ancora le rendono ad adempire il sacro ufficio di madre. E non è forse il sommo d’ogni dolcezza potere da se medesima mettere ne’ ben [p. 223 modifica] cresciuti figliuoli i primi semi delle virtù? Qual piacere uguaglia quello che viene dall’informarne le nuove e tenere menti allo studio della sapienza, e dal vedersi da quelli tenere in pregio e in amore non tanto per debito di natura, quanto per riverente e ricordevole gratitudine? Però io credo, che i buoni parenti, se veramente vogliono la felicità delle figliuole loro procurare, debbono di maniera usarle agli studi, che in essi prendano onesta ricrea zione, e sicuro conforto nelle sventure. Nè già temano, che dall’intendere alle lettere ed alla filosofia nasca in quelle superbia o disamore delle cose femminili, anzi abbian per fermo, che la vera scienza partorisce modestia, e che un animo savio e discreto nell’adempimento degli obblighi propri ritrova pace ed allegrezza. Ed in vero quale donna fu più della Veronica Gambara tenera de’ figliuoli e sollecita dell’ampliare lo splendore della casa? Chi nell’amare il marito superò la Colonna, e chi l’uguagliò nella cortesia de’ modi e nella prudenza? Ma per tacere delle altre molte, le quali colla dottrina perfezio narono la indole loro, io credo che chiunque consideri l’ingegno e le virtù di Laura Bassi sarà certo dell’utili tà, che gli studi recano agli animi femminili. Imperocchè siccome poche l’avvanzarono nel sapere, così niuna fu più di lei veramente buona, umile, affettuosa, sincera.

Laura Maria Caterina Bassi nacque ai 29 di ottobre del 1711. I Genitori di lei, e quanti usavano alla sua casa vedendo in essa fin dai primi anni ardentissimo desiderio d’imparare, e una gravità non consueta all’età fanciullesca, pensavano potere quella sollevarsi fuori della condizione comune, ove fosse nelle nobili discipline erudita. Perd vollero applicasse la mente agli studi; e siccome in breve tempo vi fece gran frutto, ben presto ſu chiaro non essere state vane le speranze, che gli altri avevano > [p. 224 modifica] prese di lei. Giovinetta ancora giunse a potere senza fa tica comprendere i latini scrittori, e ad ammirarne la bellezza nella loro lingua nativa: il che non è a dire quanto poi le fosse di giovamento. Poichè gl’Italiani, che intendono a dettare eleganti ed ornate prose debbono porre lungo studio nella latina favella, osservare in quella la proprietà di molte voci, che nella lingua volgare dalla latina furono trasportate, e cercare d’imitarne la maestà, tenendo quella misura, che è indizio di purgato giudizio. Ma perchè i preclari ingegni sono dalla natura stessa portati alla conoscenza del vero, in cui soltanto la men umana riposa, volle Laura darsi alla filosofia, e di quella tanto si piacque, che infin che visse non mai ne dimise il culto e l’amore. Della metafisica conobbe quanto a dotta persona saria vergogna ignorare, e tralascid volentieri l’investigare quelle questioni troppo astratte, o troppo sottili, le quali posando spesso nel falso mostrano l’ignoranza o la superbia dell’umano intelletto. Allo studio delle leggi dell’universo, all’osservazione dei naturali fenomeni, e a tutto che si appartiene alla fisica generale e alla sperimentale ella applicossi con infaticabile diligenza. Però non è a dire quanto ai maestri e ai parenti fosse caro l’ammirare tanta sapienza in una giovinezza cosi fiorente, e come in essi fosse vivissimo il desiderio di vedere il valor di Laura rimeritato dalle pubbliche lodi. Poichè ella aveva ingegno virile, e colle ben poste cure si era così alto levata, pregaronla che vinta la soverchia modestia volesse far palese la sua virtù; questo ella dovere ai genitori e alla patria, che per lei riceverebbe novella gloria; essere onesto, che prendendo a disputare pubblicamente intorno alla filosofia mostrasse, che alle donne ancora è concesso fissar lo sguardo nei misteri della sapienza. Ma Laura, che per naturale disposizione sopra ogni altra [p. 225 modifica] cosa aveva caro un vivere solitario e tranquillo, e oltre ciò temeva, non le fosse data nota di superbia, ove avesse operata cosa di contraria alla consuetudine femminile, rispondea loro: aver data opera agli studi, per trovare in quelli incitamento e norma al ben fare: conoscere cosa vana e fuggevole essere la gloria, che spesso viene negata a chi mostra più vivo ardore di conseguirla: però non aver mai ambito di salire in onor fra le genti: nè a lei piacere di prestare armi alla invidia, la quale è sempre parata a lacerare i più degni: lasciassero dunque, che ignorata dal mondo continuasse i suoi dolci studi; dai quali largo frutto ricoglierebbe, quando giugnesse per essi a rallegrarne di alcuna consolazione i parenti e a meritarsi Ja benevolenza dei buoni. Ma invano ella desiderò trapassare la vita nel silenzio della sua casa: invano si sforzo tenere nascosto il singolare ingegno, di che natura l’avea donata. Il volere de’ suoi genitori fu più potente del suo, e le preghiere degli amici fecero forza alla modestia di lei. Quindi nel giorno 17 d’Aprile dell’anno 1732 ella diede splendida testimonianza della sua molta dottrina, rispondendo a cinque valenti Professori della Bolognese Università, che presero a interrogarla intorno alle più gravi quistioni della filosofia. I principali personaggi della città convenuti erano ad ascoltarla; i quali all’udire l’eloquenza di Laura, e al vederne il modesto contegno, non dubbia prova della moderazione dell’animo suo, non sapevano quale cosa fosse meglio in lei da pregiare o la verecondia de’tem perati costumi, o l’altezza dell’inteletto. Certo come sommamente ingegnosa e veramente buona la commendarono. E perchè con più manifesto segno fosse palese la riverenza e l’amore in che dall’universale era tenuta cosi virtuosa e dotta donzella, venne ella dal consentimento di tutti i buoni invitata a pigliare solennemente la laurea in filosofia. [p. 226 modifica] Avventuroso e lieto sopra tutti gli altri della sua vita fu certo per Laura il giorno 12 di Maggio di quel medesimo anno, poichè in esso ricevette il premio dovuto alla virtù e alla sapienza. Accompagnata dalla Contessa Maria Bergonzi Ranuzzi, e dalla Marchesa Elisabetta Hercolani Ratta, matrone per nobiltà di natali, e per eccellenza d’ingegno delle principali della città, venne Laura al cospetto de’ Dottori del collegio filosofico, che in una sala del Palazzo de’ Magistrati raccolti si erano ad aspettarla. lvi poichè le fu posto indosso la veste dottorale foderata di vajo, e messa in capo una corona di argento, prese ella a parlare, riferendo a chi di tanto l’aveva degnata immortali grazie, e non senza lagrime manifestando l’allegrezza, che in quel momento le sopprabbondava nel cuore. Per più giorni la città tutta fu in festa per celebrare un avvenimento che se a Laura era cagione di grande onore, tornava pure in rarissimo ornamento della patria — Quante volte io leggo nelle istorie, che per lo spontaneo commovimento di una città o d’una nazione furono rendute onoranze e lodi ai sapienti, tante sono tratta ad ammirare meco stessa il retto sentire e l’incorrotto giudicare di padri nostri. E vedendo siccome ora la disposizione degli animi è in contrario quasi al tutto mutato, i tempi antichi commendo e de’ presenti mi sdegno. Allora non avrebbero i tristi osato contaminare vilmente la fama di chi ne’ lodati studi pone l’ingegno, perchè sapevano dal più degli uomini tenersi in pregio l’onestà e la sapienza: allora men di frequente si sentivano andare per le bocche de’ volgari e de’ grandi i pomposi nomi di virtù e di patria, ma vero in tutti era il rispetto dell’altrui fama, vivo lo zelo per l’onor patrio, e non mentito l’amore della giustizia. Se negli ingegni presenti è meno di virtù che negli antichi, se negli uomini è men saldo il volere di affaticarsi nelle umane arti,> se rado ora [p. 227 modifica] sorge chi d’immortale gloria sia degno, non altri accagio nare dobbiamo, che noi medesimi, non ad altri ne tocca il biasimo che a noi stessi. Avversa o lieta si volge fortuna, niuna cosa vietare ci potrebbe di aggiugnere animo ai generosi intelletti dando loro guiderdone di schiette lodi, se il verme della invidia non rodesse molti nel petto, se molti non prendessero dolore dell’altrui gloria come di lor vergogna. Questa è la cagione che insterilisce le menti italiane; e a si gran male non sarà alcun riparo, finchè i veri savi non levino arditamente la voce per far segno all’obbrobrio de’ presenti e de’ venturi tutti coloro, che adoperando occulte arti, e maligno e falso parlare, tolgono ai buoni il meritato premio delle bene poste fatiche - La grazia che Laura degnamente trovata aveva nell’universale, le durò immutabile finchè visse. Se personaggi di conto giu gnevano da lontane parti a Bologna, tosto venivano condotti a Laura, siccome a colei, che dava bella testimonianza del senno italiano. Dell’amicizia sua si onoravano uomini prestanti per dottrina e per dignità, e gli stessi stranieri difficili lodatori degli italiani, scrivendo o parlando levavano a cielo la virtù di lei. Imperocchè vedendo come in tanta celebrità, quanto era quella, cui era prevenuta, in niente aveva mutate le mansuete maniere, ma dolce negli atti, benigna nel conversare parea, che a studio cercasse di nascondere, o di abbassare le rare doti della sua mente, tutti si convenivano nell’affermare essere per non consueta liberalità de’ cieli raccolto in lei quanto in valorosa donna comanda venerazione ed amore. Ma se la virtù di Laura risplendeva di maravigliosa eccellenza, straordinari ancora furono i premi che ne raccolse. Conciossiachè toccando appena il ventesimo anno le fu dal Senato conferita una cattedra di Filosofia nella Università. E bene si parse come quest’ufficio fosse in persona degnissima collocato: chè [p. 228 modifica] per la dilligenza, pel suo giudicio, per l’acume dell’ingegno, pel lucido ordine onde graziosamente le dottrine più severe esponeva, ella uguaglio la fama dei più lodati nello insegnare le scienze. Da remote contrade molti traevano ad ascoltarla, e tornando poscia al nativo loro paese la bontà e l’altezza della mente di lei non mai ristavano di predicare. Reggeva in que’ tempi la romana chiesa il sommo pontefice Benedetto XIV. che all’universo intero fece palese, come la santità della religione diventa più venerata e più cara in animo acceso dell’amore della sapienza. Volle egli dare pubblico argomento del favore che prestava alle scienze instituendo in Bologna un’accademia che Benedettina da lui fu nominata. Laura pur essa ne fece parte, e quante volte in quella prendeva a favellare, tante induceva gli ascoltanti ad ammirazione e diletto. Avendo poi ella fatta una pregevole raccolta di molte maccbine di fisica, trovava sommo piacere in fare sperienze, e in osservare i naturali avvenimenti, con frutto grandissimo di quanti ricevevano le sue parole. E perchè le lettere sono dolce ricreamento a chi affatica nella ricerca del vero, le lettere reputò a sè utili e necessarie. Nè certo avrebbe potuto con si squisita facondia dichiarare le sue dottrine, se de’ gentili studi fosse stata digiuna. Imperocchè indarno saria negli uomini intelletto alto e fecondo, ove ignorassero quell’arte, che ne insegna a manifestare con decoro e con grazia i nostri pensieri, e a rendere la scienza facile e dilettosa: nè già è possibile d’imparare quest’arte avendo a vile le divine opere de’ poeti e degli oratori. Nelle lettere che la Bassi scrisse agli amici, o ai più famosi personaggi di quella età si vide aperto, com’ella avesse preso sollecita cura della bontà dello stile, e come nobilmente sapesse i concetti dell’animo con parole rappresentare. Volle ancora nella poesia esercitarsi, e nella conoscenza della lingua [p. 229 modifica] greca giunse tant’oltre, che da’ più dotti ne fu lodata. Due dissertazioni ch’ella scrisse intorno ad alcune leggi del l’idraulica e della meccanica, le quali si leggono ne’ commentari dell’Instituto di Bologna, rendono fede del valor suo. E certo è a dolere, che si poco ella curasse di pubblicare colle stampe tutto che aveva ne’ lunghi studi osser vato. Ma dal farlo la rattenne in parte quella modestia, che sempre fu in lei grandissima, e in parte ancora l’ aver dovuto intendere studiosamente al governo della famiglia. Imperocchè essendosi ella sposata al dottore Giuseppe Veratti, adempi sempre le parti di buona moglie, di ottima madre e di reggitrice savia e massaja. Ebbe dodici figliuoli, e tutti ella medesima volle educare, a tutti coll’esempio e colle parole si fece guida e maestra. Però a me pare che se alla Bassi fa bella gloria l’avere coltivate le amabili discipline e i severi studi; più grande onore venire le debba, perchè non mai dimenticando ciò che è primo debito di discreta donna e di valorosa, non isdegnò i femminili lavo ri, nè volle a prezzolate mani affidare i tenerelli figliuoli. Quindi a fine di potere alle diverse cure con uguale solerzia applicare, abborrì l’ozio, siccome morte d’ogni buon costume, e d’ogni nobile operazione: dette al sonno quel tempo, che ricusar non poteva all’affaticata natura, nè mai delle mondane pompe prese diletto. E bene raccolse larga mercede del materno suo amore: imperocchè vide fiorire nella sua prole tutte le più eccellenti virtù: ebbe amanti ed ossequiosi figliuoli e costantemente benevolo l’anima del marito. Quantunque nella vecchiezza avesse mal fermo la sanità, pure non mai intermise le usate cure: che aа lei sarebbe sembrato un’anticipata e lunga morte patire, ove avesse lasciato di operare il corpo e la mente. E certo prima mancolle la vita, che l’amore allo studio. Conciossiachè la sera precedente al giorno che fu l’estremo per [p. 230 modifica] lei, ella recossi alla sala dell’accademia Benedettina, ed ivi in dotti ragionamenti spese gran tempo. Poche ore appresso lamentavano i Bolognesi di avere in lei perduto uno de’ più singolari ornamenti della città loro. Mori Laura ai 20 Febbraio dell’anno 1778, e quantunque già da qualche tempo entrata fosse nella vecchiezza, pure ad ognuno parve, che troppo breve le fosse stata la vita. E a dare aperta prova del comune dolore piacque ai Bolognesi con funerale pompa solennemente onorare la memoria di lei: Il corpo suo parato delle dottorali insegne fu deposto nella chiesa delle RR. MM. del Corpus Domini, e sulla pietra che lo ricuopre, fu sculto una latina iscrizione, nella quale e la rara bontà e la peregrina sapienza che l’adornarono, sono ai posteri ricordate. Ne era ancora molto tempo passato dalla sua morte, quando le matrone bolognesi statuirono con pubblico segno manifestare, quanto grande e durevole fosse la venerazione, in che tenevano l’illustre loro concittadina: e però vollero le fosse innalzato a loro spese un monumento nelle case dell’Instituto, il quale se e perpetuo testimonio della virtù di Laura, è ancora splendido argomento del nobile animo delle gentili donne di quella età, e può alle presenti essere incitamento e sprone a ben ſare — Tutta la persona di Laura era piena di verecondia e di gravità: negli occhi suoi si leggeva com’ella avesse pronto e vivo l’imaginare, e il suono della voce e la graziosa maniera del favellare la mansuetudine dell’animo suo disvelavano. Ebbe franca la memoria, discreto il giudicio, pietoso e tenero il cuore. Quantunque la fortuna non avesse a lei conceduto grande stato e larghe ricchezze, pure senz’af fanno, anzi con pace ed in letizia trapassò gli anni. Che nella contemplazione del vero trovava perenne conforto, e la benevolenza dei parenti la fede dei veri amici, la bontà dei figliuoli le furono cagione d’infinita dolcezza. Ma più [p. 231 modifica] che nelle umane consolazioni ella riposò il cuore nelle celesti: imperocchè sentendo altamente della divinità osservò sempre i documenti della religione, e tenne per fermo essere primo fondamento di quella la carità. Laonde parmi doversi alle valorose donne la vita di Laura proporre in esempio, affinché cercando di conformarsi a ’suoi incorrotti costumi, e al pari di lei l’ingegno alle nobili arti applicando possano recare utilità alla civile compagnia, e decorare di novella

gloria la patria. [p. 232 modifica]

INDICE

DELLE VITE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME


Bettisia Gozzadini |||
 Pag. 3
Properzia de' Rossi |||
 " 13
Giovanna d'Arco |||
 " 23
Marianna Santini Fabbri |||
 " 33
Marianna Montecuccoli Davi |||
 " 41
Maria Luigia Pizzoli |||
 " 63
Galeana Sarioli Brancaleone |||
 " 73
Beata Elena Doglioli Dall'Olio |||
 " 81
Clotilde Tambroni |||
 " 95
Zanna Bentivoglio Malvezzi |||
 " 103
Isabetta Siriani |||
 " 115
Maria Delle Donne |||
 " 125
Mea Mattugliani |||
 " 133
Lucia Bertana |||
 " 137
Santa Caterina Vigri |||
 " 147
Novella e Bettina Calderini |||
 " 161
Anna Morandi Manzolini |||
 " 167
Laura Bassi Veratti |||
 " 173