Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi/Anna Morandi Manzolini

Anna Morandi Manzolini

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Novella e Bettina Calderini Laura Bassi Veratti
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ANNA MORANDI MANZOLINI


Anna Morandi nacque in Bologna nel 1716. Carlo Morandi, e Rosa Giovanni suoi genitori ebbero a cuore formarne una fanciulla dabbene, e ornata di gentili disci pline, come richiedeva la loro civile condizione. L’addestrarono pertanto in femminili lavori, troppo necessari alla donna destinata ad essere una savia consorte, una madre attenta, una vigile ed intelligente direttrice di fa miglia: e siccome erano ben lungi quei coniugi dal prepararne solamente una massaia per chi l’avesse eletta in isposa, ma bensì bramavano farne una compagna, che colla coltura dello spirito potesse intrattenere e rallegrare il marito allorchè riducevasi a lei dappresso, e guada gnarle con tal mezzo la confidenza, la stima, l’amicizia per quando fosse scemata la dolce voluttà che poteva [p. 214 modifica] inspirare il vago volto di lei, la vollero ornata di qualche altra bella virtù. Elessero essi lo studio del disegno, come quello che indispensabilmente induce a tanti altri, qualora non vogliasi materialmente adoperare la matita; e pel quale avendo la giovine Anna ogni migliore disposizione, riesci ben presto in tal guisa valente da farsi padrona del modellare di scoltura.

Giovanni Manzolini la bramò e l’ottenne in isposa: distinguevasi questi assai nel ritrarre in cera le parti anatomiche e patologiche dei corpi animali; arte allora allora comparsa, e festeggiata dagli applausi che si tributano alle utili scoperte artistiche. Era quest’uomo di carattere melanconico: spesso malcontento di sè; ognora dei compagni d’arte, che sospettava invidiosi, e di malafede; talchè, quantunque si foss’egli posto nell’impegno di la vorare in unione del rinomatissimo Ercole Lelli, nelle grandiose preparazioni in cera, che per ordine del Pontefice Benedetto XIV dovevano adornare l’Istituto di Bologna, pure ad onta di ciò il Manzolini, dopo alcun tempo sembrandogli che il suo merito non abbastanza si distinguesse, volle dividersi dal compagno, prendendo a compiere la sua parte in propria casa.

Marito di tempra sì strana, avrebbe sfiduciata la donna che ristretta la mente nelle domestiche mire, crede di non poter opporre alla sua immensa sventura che la rassegnazione. Non cosi Anna: essa amava suo marito, e compativa la stravaganza di quel debole spirito; eranle cari oltre ogni dire i figli avuti da lui; voleva di quest’uomo sostenere l’onore. Ecco dunque che attenta si pose ad in vigilare s’egli al lavoro suo attendesse; e pur troppo si avvide che disanimato, e quasi dimentico del preso impegao, perdeva i giorni in vani lamenti. Si decise allora di [p. 215 modifica] applicarsi all’opera ella stessa: era però indispensabile l’anatomizzare i cadaveri per copiarne in cera e muscoli, e nervi, ed ogni altra parte, con quella precisione che ponesse in forse lo studioso se manifattura, o natura avesse sott’occhio. Portossi ella diffatti con coraggio vicino a quelle fredde membra che dovevano esserle mae stre; non prima però che scoperte da quel velame cui quanto vale a renderle appariscenti, altrettanto è d’ingombro allo sguardo indagatore. Impallidi, e vacillò sulle prime la sensibile donna: al sublime e tremendo spettacolo che le offrirono i visceri da lei stessa sprigionati e smossi, credette non reggere: l’ammirazione dapprima per la sapienza di chi cred l’uomo ‫;ܪ‬poi la commozione, indi la ripugnanza, infine la nausea furono tutte le sensazioni che si succedevano in lei a ripeterle, essere troppo ardua l’impresa abbracciata. Ardua si non ineseguibile, per la sagace consorte, per la tenera madre, per la donna d’alto senno.

Era necessario in quell’arte nuova per lei, conoscere a fondo la notomia, scienza difficoltosa e malagevole; ed ella sugli umani avanzi alacremente lavorando, coll’indefesso vegliare sulle pagine medesime donde erasi fatto valente il marito, e da questo con ansia ascoltando gli ammaestramenti che le porgeva, si fece si erudita e franca che l’alunna presentò in breve nuove scoperte ai provetti nell’arte.

Grande fu in vero lo sforzo della valente donna, ma non meno grande la gloria che ne trasse. Conciossiache si ebbe l’inesprimibile giubilo di scorgere il Manzolini, che rianimato dallo ardire, sollecitato dallo esempio, ed aiutato dal lavoro di lei, portava prontamente a fine le commissioni accettate, andandone lodatissimo pel magistero con cui erano condotte: e quegli allora vieppiù benevolo [p. 216 modifica] per riconoscenza rendeva eterne grazie alla donna, che scuotendolo dalla desidia >, avevalo salvato dall’annichila mento, e riscattato dall’umiliazione. Inoltre ella vide in un colle opere del marito esposte le sue, e come tali indicate e ammirate; le quali passate quindi a severa esa mina, dai più dotti anatomici, e dai più esperti artisti, vennero levate a cielo per la profonda dottrina in esse spiegate e per la squisita finitezza del lavoro.

Le lodi tributate ad Anna essendo ben diverse da quelle che pari alle deboli canne presto si svelgono dal fango ove senza radice si estolgono, le furono arra dell’alta fama a cui doveva salire. D’allora innanzi riverita e stimata quale artista distinta, venivano commesse alla sua perizia in quell’arte interessantissime operazioni. Il celebre Dottore Galli, che in propria casa teneva scuola di ostitricia affidolle bentosto l’incarico di figurare in creta cotta tutte le più difficoltose circostanze dei parti. Conosciuta non solo eccellente per esecuzione ma pur anco egregia scienziala, moltissimi erano gli studenti, che accorrevano alle lezioni di lei. Superiore per cognizione agli anatomici in quella età più distinti, diligente ed esatta nel «dimostrare con» le regole della teorica e della pratica quale sia il mira» bile ordine della natura col corpo umano, e quale la» formazione ed il collocamento delle ossa, dei nervi, e» degli altri legami nelle diverse specie degli altri ani» mali» espositrice ordinata, modesta e sicura, dotta, chiara, ed elegante, instruiva e dilettava. A lei non mancava il suffragio dei più grandi ingegni italiani, nè l’omaggio d’ogni distinto personaggio straniero, che transitando da Bologna e nel sno studio visitandola, forse suo malgrado, doveva celebrare la Manzolini per la più mirabile donna d’Europa: Giuseppe II, che la visitò, colmolla di lodi e fecele ricchi presenti. [p. 217 modifica] Nell’ancor verd’età di 39 anni rimasta vedova prose gui sicura nell’arte sua; e ben lungo sarebbe numerare i ragguardevolissimi lavori, che anche per paesi lontani traeva a fine. Ingigantita per tal modo sua fama,> era invitata a Pietroburgo con onorevolissime condizioni dalla Imperatrice delle Russie; onori e vantaggi rimarchevoli le offriva l’accademia di Londra perché a lei si recasse; Milano si esibiva sottoscrivere le condizioni che ad Anna fosse piaciuto dettare acciò in quella si stabilisce nell’esercizio di sua professione. Infine varie Università la chiamavano a Professora nei loro Atenei; ma ella ad ogni altra onorificenza preferi la cattedra che le conferiva il Senato Bolognese: e siccome lo stipendio ne era alquanto scarso, non isdegno accettare quanto particolarmente offrivale in mensile assegno ed in altri vantaggi l’illustre suo concittadino Conte Ranuzzi, perché stimò che loro di un mecenate non umilia chi se ne giova a vero decoro delle scienze e della patria. Di una illibatezza senza pari amò meglio recarsi ella stessa nelle pubbliche scuole, anziché ( malgrado il permesso offertole dal Senato ) dare lezione ai giovani nella propria casa. Grata alle dimostrazioni di stima che da lontane contrade riceveva, corrispondeva inviando in dono ai rispettivi musei delle lavorazioni anatomiche di sua mano preparate, e ricche di dotte spiegazioni.. Nel ritrarre le fisonomie aveva non comune magistero; il ritratto in cera di questa egregia, quello del consorte suo, e d’altri ancora, che si mostrano nell’lnstituto di Bologna, ove i lavori della Manzolini, attraggono e fissano gli studiosi, e destano ammirazione in ogni visitatore, sono opera sua. Ella mori in patria nell’anno 1774, più carica di meriti che di anni. Lamentarono la di lei perdita le molte accademie a cui era aggregata; ne piansero i concittadini, ne scrissero in lode di lei i dotti. [p. 218 modifica] Mentre però vò deltando nel mio dimesso, ma veritiero stile, le cose operate da queste illustri donne, abusando forse della sofferenza accordatami fin qui da’ miei cortesi leggitori, io m’accorgo di avere già oltrepassati quei confini che mi prefissi al cominciare dell’opera: troppe attrattive hanno le virtù perchè debbano sembrar molte le parole che si spendono intorno alle medesime; le quali però si avranno soverchie da chi è avvezzo ad attingere le cognizioni da tutt’altri fonti e più tersi.

A compensare pertanto la noia che que’ gentili avranno per mia cagione sofferta, non chiuderò senza offrire ad essi un leggiadro presente nella vita di Laura Bassi scritta da quell’esimia autrice Caterina Ferrucci, nome del quale tanto si onorano le italiane lettere. Nel che fare intendo altresì di addimostrare in modo evidente che altro scopo non ebbi nello stendere queste vite che di additare alle intelligenti giovanette bolognesi le diverse vie precorse dalle loro illustri concittadine per procurarsi una ſama, e non già di acquistare a me stessa un nome fra le autrici, dalle quali quanto io mi conosco distante, lo proverà il confronto a cui senza rancore, ma colla deferenza che è dovuta ad un merito superiore, mi espongo.

CAROLINA BONAFEDE [p. 220 modifica]