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BASSI VERATTI 179


sorge chi d’immortale gloria sia degno, non altri accagio nare dobbiamo, che noi medesimi, non ad altri ne tocca il biasimo che a noi stessi. Avversa o lieta si volge fortuna, niuna cosa vietare ci potrebbe di aggiugnere animo ai generosi intelletti dando loro guiderdone di schiette lodi, se il verme della invidia non rodesse molti nel petto, se molti non prendessero dolore dell’altrui gloria come di lor vergogna. Questa è la cagione che insterilisce le menti italiane; e a si gran male non sarà alcun riparo, finchè i veri savi non levino arditamente la voce per far segno all’obbrobrio de’ presenti e de’ venturi tutti coloro, che adoperando occulte arti, e maligno e falso parlare, tolgono ai buoni il meritato premio delle bene poste fatiche - La grazia che Laura degnamente trovata aveva nell’universale, le durò immutabile finchè visse. Se personaggi di conto giu gnevano da lontane parti a Bologna, tosto venivano condotti a Laura, siccome a colei, che dava bella testimonianza del senno italiano. Dell’amicizia sua si onoravano uomini prestanti per dottrina e per dignità, e gli stessi stranieri difficili lodatori degli italiani, scrivendo o parlando levavano a cielo la virtù di lei. Imperocchè vedendo come in tanta celebrità, quanto era quella, cui era prevenuta, in niente aveva mutate le mansuete maniere, ma dolce negli atti, benigna nel conversare parea, che a studio cercasse di nascondere, o di abbassare le rare doti della sua mente, tutti si convenivano nell’affermare essere per non consueta liberalità de’ cieli raccolto in lei quanto in valorosa donna comanda venerazione ed amore. Ma se la virtù di Laura risplendeva di maravigliosa eccellenza, straordinari ancora furono i premi che ne raccolse. Conciossiachè toccando appena il ventesimo anno le fu dal Senato conferita una cattedra di Filosofia nella Università. E bene si parse come quest’ufficio fosse in persona degnissima collocato: chè