cosa aveva caro un vivere solitario e tranquillo, e oltre
ciò temeva, non le fosse data nota di superbia, ove avesse
operata cosa di contraria alla consuetudine femminile,
rispondea loro: aver data opera agli studi, per trovare in
quelli incitamento e norma al ben fare: conoscere cosa
vana e fuggevole essere la gloria, che spesso viene negata a chi mostra più vivo ardore di conseguirla: però non
aver mai ambito di salire in onor fra le genti: nè a lei
piacere di prestare armi alla invidia, la quale è sempre
parata a lacerare i più degni: lasciassero dunque, che
ignorata dal mondo continuasse i suoi dolci studi; dai
quali largo frutto ricoglierebbe, quando giugnesse per essi
a rallegrarne di alcuna consolazione i parenti e a meritarsi
Ja benevolenza dei buoni. Ma invano ella desiderò trapassare la vita nel silenzio della sua casa: invano si sforzo
tenere nascosto il singolare ingegno, di che natura l’avea
donata. Il volere de’ suoi genitori fu più potente del suo,
e le preghiere degli amici fecero forza alla modestia di
lei. Quindi nel giorno 17 d’Aprile dell’anno 1732 ella diede
splendida testimonianza della sua molta dottrina, rispondendo a cinque valenti Professori della Bolognese Università,
che presero a interrogarla intorno alle più gravi quistioni
della filosofia. I principali personaggi della città convenuti
erano ad ascoltarla; i quali all’udire l’eloquenza di Laura,
e al vederne il modesto contegno, non dubbia prova della
moderazione dell’animo suo, non sapevano quale cosa
fosse meglio in lei da pregiare o la verecondia de’tem
perati costumi, o l’altezza dell’inteletto. Certo come sommamente ingegnosa e veramente buona la commendarono.
E perchè con più manifesto segno fosse palese la riverenza
e l’amore in che dall’universale era tenuta cosi virtuosa
e dotta donzella, venne ella dal consentimento di tutti i
buoni invitata a pigliare solennemente la laurea in filosofia.