Canti (Sole)/La fanciulla e l'artista
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LA FANCIULLA E L’ARTISTA
idillio
Ove più mollemente al mar digrada
Di Pausilippo la vaga costiera,
E in picciola s’incurva umile rada,
Sorge incontro a levante alta e leggera
In forma di pagoda una casetta,5
Cui fan gli alberi in fiore arco e spalliera.
Per l’acute finestre empie la schietta
Nova luce d’aprile in onde d’oro
Una candida sala a l’arti addetta.
Quivi un giovin modesto, a cui l’alloro,10
Posto dal Buonarroti, al crin verdeggia,
Va un sublime ideando arduo lavoro.
Solo in quella dorata onda passeggia
Le braccia al seno e le pupille al mare
Che sotto al sole del mattin lampeggia.15
Pur non è Capri, che lontana pare
Quasi nube turchina in fondo al cielo,
E del golfo si posa al limitare:
Non è di Stabia ch’ei riguardi anelo
Le serene montagne, o il sovrastante20
Vesbio bendato d’un ceruleo velo.
Al di là di quei cieli una raggiante
Forma ei segue rapito, una divina
Visïon, cui non giugne uman sembiante.
Ben può l’alma ispirata e peregrina25
Il suo trepido vol mover più lieta
Per quel riso di cieli e di marina;
Ma ben altra, oh ben altra è la segreta
Luce che ride al giovinetto artista;
Altra de’ suoi pensosi occhi è la meta.30
Così mentre talora il citarista
D’armoniosi accordi empie le sale,
Più lena il vate poetando acquista,
Benché fatto straniero a la vocale
Onda che intorno gli ricorre e freme,35
Verso ignoti paesi agiti l’ale.
Vezzosa intanto e vereconda insieme
Una rosea fanciulla ad ora ad ora
L’uscio sospigne, che consente e geme.
La non par tutta una fanciulla ancora;40
Sì infantilmente vola in su la ghiaia
Quando contenta al sole arde e lavora.
E il pan guadagna sorridente e gaia,
E pura aspetta la ricerchi amore
Questa operosa Galatea di Chiaia.45
Un bel dardo di niveo candore
Le nere trecce in cercine le frena,
Ed ha sul petto e fra le trecce un fiore.
Entra leve e spigliata, e sì che appena
Sfiora col breve zoccoletto il piano,50
E la torresti al canto una Sirena.
L’una poscia adoprando e l’altra mano
Si scarca d’un corbel, colmo di argilla,
Che d’un colle recò poco lontano.
E i suoi viaggi, sin che il giorno brilla,55
Presta ripete, e a l’artista sovente
Volge la bruna giovanil pupilla.
La rondine così vispa e lucente
Fra lo stagno e la gronda il vol ritesse
Il pensile a fornir nido recente.60
— » Vieni, deh vieni per quest’onde istesse!
(Sona così de la fanciulla il canto)
Vieni, chè gli occhi mi stancai sovr’esse!
» Vieni, chè Nella ti aspettò pur tanto!
Vieni, chè Nella più non sa di balli,65
Vieni, che Nella si morrà di pianto!
» Ritorna, amore, a le natie convalli,
Ritorna, amore, al casolar natio
Dai mari de le perle e de’ coralli!» —
Sì d’un mucchio di argilla ella fornio,70
Quel giorno e l’altro, il giovane pensoso,
Sempre cantando; e lieta indi partio.
Ed ei muto rimase in quel geloso
Asil de l’arte, e una celeste idea
Ne la creta invocando iva affannoso.75
Novi mondi l’accesa alma correa,
E la suddita argilla i rapimenti
De la contemplatrice alma rendea.
Radïavano a festa i firmamenti
E a la celestïal cupola in fondo80
Folta nube lucea d’angioli ardenti.
E lontana lontana, in quel profondo
Scintillante sereno, una figura
Maravigliosa a l’angelico mondo.
Sola scendea la santa creatura,85
Giunte le palme e le pupille inchine,
A disposarsi a la mortal natura.
Di vive stelle redimita il crine
Sovra un’argentea nuvola calava
Ventilata da mille ale divine.90
E come lentamente ella passava
Sonavano i pianeti e un’infinita
Fragranza per l’eterne aure volava.
Ma allor che muta e splendida e romita
Stette in sembianza di sorgente luna95
Sul confine del tempo e de la vita,
Emerse fuor da la sua landa bruna
L’aspide eterno, e la divina assalse
Precipitoso a l’ultima fortuna.
Ed ella il vide, nè di lui le calse,100
Ma sul capo gli pose il piè divino,
Sì l’antico di Dio bacio le valse!
Tacita pel sonante aere azzurrino
Col piè sul trionfato angue permane,
E il viso a l’ombre de la terra inchino!105
Umile ed alta splende, e da le arcane
Forme traspar vittoriosa e bella
La carità de le sventure umane.
E par dica, beata, in sua favella:
Oh non per me, ma per colui che vide,110
Ed esaltò l’obbedïente ancella!
E in tanta luce a l’ispirato arride
Artista, ch’ei, come in delirio, accusa
L’arti al connubio del pensier malfide.
Ah dal dì che per questo aer diffusa115
Di Sincero gemea la tibia agreste
Al dolce afflato di più santa musa,
Nïun ti vide e t’adorò da queste
Vaghe colline, o giovinetta eterna,
Così beata mai, così celeste!120
Quante notti a la pallida lucerna
Produsse insonni! e a l’etere stellato
La più nova chiedea luce superna!
Quante volte languia mesto e sfidato
Appiè de l’opra! E quante volte in essa125
Rifiggea le pupille inebbrïato!
Da lo stigma del Genio intanto impressa
Ridea la creta, e come desta uscia
Da l’ombre la potente Eva promessa.
Già sul mare l’estiva aura languia,130
Crescea l’oro pe’ campi, e già la vite
Gravi le braccia fra le pioppe apria;
E armonïose a sera ivan gremite
Le gondole su l’acque, onde d’argento
La Tirrena lucea bruna Anfitrite;135
Quando al trepido artista a l’opra intento
De la fanciulla risonò più lieto
(Era un mattino) il popolar concento.
De’ più leggiadri fior’ tolti al roseto
Un mazzolin recando, ella rivenne140
Ov’ei seguiva a modellar segreto.
Ratta salia che aver parea le penne,
Ma non appena sottentrò la porta,
E diè un grido, e tremante ivi si tenne.
E in un vezzoso esaltamento assorta145
— » Da qual parte, sclamò, venne costei?
Questa donna real chi ce la porta?
Come divina splendi agli occhi miei,
Creatura immortal! Come contenta
Su quell’arco di luna esser tu dei!150
Come farò per contemplarti intenta,
Se il riso de le tue forme serene
Le pupille mi abbaglia, e mi spaventa!»
Segretamente sorridea di spene
Il dubitante artista, ed — «or non vedi,155
Dicea, l’argilla, che da te mi viene?
Questa che viva ed immortal tu credi,
Di quell’argilla, o semplicetta, è parte,
Onde soventi al mio lavor provvedi!»
Ed ella, — «oh tanto, ripetea, può l’arte?160
Da la via ti raccolsi, ed or nè manco,
Poca ed umida polve, oso mirarte!
Pur chi ti diè, se polve sei, quel bianco
Nitor de’ gigli commisti a le fraghe,
E de’ capelli d’òr l’onda financo?165
E chi la luce di codeste vaghe
Sante pupille, che sì dolce adima
La pïetà de le future piaghe?
Forse colui che l’ha voluta in cima
D’ogni donna costei, lieto rifonde170
Per lei la creta, ove spirò già prima?
O l’artista, che a lui tanto risponde,
Come dicon soventi, il suo respiro
Anch’ei ne l’opra di sua man trasfonde?
Come sei bella come più ti miro!175
Come altera son io che donna sono,
Se a te quest’occhi, o Immacolata, io giro!
Deh quando de’ profondi organi al suono,
D’incensi avvolta salirai gli altari,
Come reina che ritorni al trono,180
Di me ricorda a cui primiera appari,
E ognor più grande il tuo favor comparti
Ai tuoi floridi colli ed ai tuoi mari!
E a questo ardito che ne diè mirarti
Bella sì, come splendi in Paradiso,185
Reggi la mente nel sentier de l’arti!» —
Pallido in questa era venuto il viso
A l’artista prostrato e in sè raccolto;
E adulto il sole, de’ suoi raggi il riso
A la divina diffondea nel volto!190