C'era una volta... Fiabe/Testa-di-rospo
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TESTA-DI-ROSPO
C’era una volta un Re e una Regina. La Regina partorì e fece una bambina più bella del sole. Insuperbita di questa figliolina così bella, spesso diceva:
— Neppur le Fate potrebbero farne un’altra come questa. —
Ma una mattina, va per levarla di culla e la trova contraffatta, con una testa di rospo.
— Oh Dio, che orrore! —
Benchè fosse figlia unica e le volesse un gran bene, quella testa di rospo le facea schifo, e non volle più allattarla.
Il Re, angustiato, disse a un servitore:
— Prendila e portala giù; mettila fra i cagnolini figliati dalla cagna. Però se morisse, sarebbe meglio per lei! —
Non morì. La cagna, tre, quattro volte il giorno tralasciava di dar latte ai cagnolini, e porgeva le poppe a Testa-di-rospo. La leccava, la ripuliva, la scalducciava tenendosela accosto, e non permetteva che alcuno stendesse la mano a toccarla.
Quando il Re e la Regina scendevano giù per vedere, la cagna ringhiava, mostrava i denti; e, un giorno che la Regina fece atto di voler riprendere la figliuola, le saltò addosso e le morse mani e gambe.
Testa-di-rospo nel canile prosperava. Quando crebbe, non volle più lasciarlo.
Durante la giornata abitava su, nelle stanze reali; pranzava a tavola col Re, colla Regina, con tutta la corte, e prima di toccar le pietanze, metteva da parte i meglio bocconi; poi ne riempiva il grembiule e scendeva giù, nel canile.— Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi! —
La notte dormiva lì, con mamma cagna. Non c’era mai stato verso di indurla a dormire nel suo letto.
La Regina, sentendole ripetere ogni giorno: — Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi! - cominciò a odiarla terribilmente, come se non fosse stata sua figliuola.
E una volta disse al Re:
— Maestà, no, costei non è la nostra figliuola. Ce la scambiarono quand’era in culla. Che ne facciamo di questo mostro? Io direi di farla ammazzare. —
Il Re non ebbe animo di commettere questa crudeltà:
— Mostro o non mostro, è una creatura di Dio. —
Talchè la Regina giurò di disfarsene in segreto.
E che pensò? Pensò di dar ad intendere al Re che era nuovamente gravida e, quando fu l’ora, gli fece presentare una bambina nata di fresco, che lei avea fatto comprare a peso d’oro in un altro paese.
Il Re fu molto contento; e alla bambina mise nome Gigliolina, perchè era bianca come un giglio.
Allora la Regina gli disse:
— Ora che abbiamo quest’altra figliuola, che ne facciamo di quel mostro? Io direi di farla ammazzare. —
Per amore di quest’altra figliuola, il Re, benchè a malincuore acconsentì. Ma come andarono per prendere Testa-di-rospo e farla ammazzare, sulla soglia del canile trovarono mamma cagna, che abbaiava e ringhiava mostrando i denti.
E Testa-di-rospo non voleva uscir fuori.
— Perchè non vieni fuori?
— Perchè mi farete ammazzare.
— E chi ti ha detto questo?
— Me l’ha detto mamma cagna. —
La Regina, maliziosa, voleva indurla colle buone:
— Non è vero, sciocchina. Vieni su, vieni a vedere che bella sorellina ti è nata.
Sorellina non me n’è nata, A peso d’oro fu comprata. Mamma cagna, mamma cagna, Siete voi la vera mamma. |
— Che significa? — domandò il Re.
— O che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. —
Ma il Re disse:
— Chi tocca Testa-di-rospo l’ha da fare con me. Mostro o non mostro, è una creatura di Dio. Lei è la vera Reginotta, perchè nata la prima. —
La Regina, arrabbiata per lo smacco, che pensò? Pensò di ricorrere ad una Strega:
— Fammi due vestiti compagni, tutti oro e diamanti; ma uno dev’essere incantato: deve bruciare addosso a chi se lo mette.
— Fra un anno li avrete. —
In questo mentre la Regina fingeva di voler bene egualmente alle due figliuole; anzi, se comprava un balocco, un ninnolo per la Gigliolina, ne comprava uno più bello per Testa-di-rospo.
La Gigliolina, vedendo il regalo più bello, si metteva a strillare:
— Quello lì lo voglio io! —
E Testa-di-rospo glielo dava.
Passato l’anno, la Regina tornò alla Strega.
— Maestà, i vestiti son pronti; ma badate di non scambiarli. Per non sbagliare in questo incantato ci ho messo un diamante di più.
— Ho capito. —
Chiamò le due figliuole e disse:
— Ecco due bei vestiti; provateveli subito, per vedere se vanno bene. Questo è il tuo, Testa-di-rospo. —
Ma la Gigliolina, contati i diamanti e visto che in quello di Testa-di-rospo ce n’era uno di più, comincia a strillare:
— Quello lì lo voglio io! —
La Regina non permise che lo toccasse.
Intanto la Gigliolina continuava a strillare, e pestare coi piedi:
— Quello lì lo voglio io! Quello lì lo voglio io! —
Accorse il Re e disse:
— Non ti persuadi che quello è un po’ più grande? Provalo, e vedrai. —
E stava per infilarglielo.
— No, Maestà — disse Testa-di-rospo.
Vestito bello, fatto da poco, Vestito nuovo fatto di fuoco, Mamma cagna, mamma cagna, Siete voi la vera mamma. |
— Che significa? — domandò il Re.
— O che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. —
Ma il Re disse:
— Chi fa danno a Testa-di-rospo, fa il proprio danno. Lei è la vera Reginotta, perchè nata la prima. —
La Regina, arrabbiata per quest’altro smacco, non sapeva più che inventare.
E la sua rabbia si accrebbe quando vide arrivare a corte il Reuccio del Portogallo, che andava cercando una principessa reale per moglie.
La Regina disse al Re:
— Almeno facciamogli vedere tutte e due le figliuole; così sceglierà. —
Il Re, per contentarla, rispose:
— Sia pure. —
Il Reuccio voleva visitare le principesse negli appartamenti ov’esse abitavano; e la Regina lo condusse prima nel magnifico appartamento della Gigliolina. La Gigliolina, vestita cogli abiti più sfarzosi, sfolgorava come una stella.
Il Reuccio disse:
— È mai possibile che l’altra principessa sia bella quanto questa? Andiamo a vederla. Ma dove andiamo?
— Nel canile. L’altra abita nel canile. —
Il Reuccio, stupito, scese giù insieme col Re e con la Regina, e trovò Testa-di-rospo nel canile:
— Reuccio, entrate voi solo; c’è posto soltanto per uno. —
Il Reuccio entrò, e Testa-di-rospo chiuse lo sportello.
Mamma cagna si accovacciò lì dietro, ringhiando.
Aspetta un’ora, aspetta due, il Reuccio non compariva. La Regina, sopra tutti, era impaziente pel ritardo:
— Chi sa che brutto scherzo Testa-di-rospo stava per farle! —
Il brutto scherzo fu che il Reuccio, uscito dal canile, disse al Re:
— Maestà, vi chieggo la mano di Testa-di-rospo. —
La Regina non rinveniva dallo sbalordimento:
— Ma che cosa avete fatto tante ore lì dentro?
— Ho visitato tutto il palazzo. Di fronte al palazzo di Testa-di-rospo, il palazzo reale sembrerebbe una stalla. —
Il Re e la Regina si guardarono, meravigliati.
— Reuccio, dite davvero?
— Dico davvero. —
La Regina dovette inghiottire quest’altra pillola amara, e che pensò? Pensò di accertarsi coi suoi occhi di quello che il Reuccio aveva detto:
— Testa-di-rospo, vorrei vedere il tuo palazzo.
— Maestà, quel canile lo chiamate palazzo?
— Testa-di-rospo, una notte vorrei dormire con te.
— Chiedetene il permesso a mamma cagna: è lei la padrona. —
La Regina andò a trovare mamma cagna:
— Mamma cagna, vorrei visitare il vostro palazzo.
— Bau! Bau!
— Che cosa dice?
— Dice di sì.
— Mamma cagna, una notte vorrei dormire con Testa-di-rospo.
— Bau! Bau!
— Che cosa dice?
— Dice di sì. —
La Regina, per entrare nel canile, dovette quasi piegarsi in due.
— Ed è questo il tuo gran palazzo?
— Questo: non ve lo dicevo? —
La Regina, indispettita, uscì fuori brontolando contro il Reuccio, che le avea dato ad intendere tante sciocchezze; e appena fuori, cominciò a sentire per tutto il corpo un brulichio e un brucìo insoffribile. Era, da capo a piedi, ripiena di pulci; e, siccome montava a corsa le scale e scoteva le vesti, ne seminava per terra cataste che annerivano il pavimento.
Così per le stanze del palazzo; ma più scoteva e più gliene brulicavano addosso e se la rodevano viva viva.
In un momento, Re, ministri, dame di corte, gente di palazzo, tutti si videro assaliti da quelle bestioline affamate, che davano morsi da portar via la pelle; e tutti urlavano:
— Accidempoli alla Regina che volle entrare nel canile! —
Il Re corse subito da Testa-di-rospo:
— Figliuola mia, dàcci aiuto!
— Mamma cagna, dategli aiuto! —
Mamma cagna si mise a girellare per le stanze:
— Bau, bau! Bau, bau! —
E sentendola abbaiare, tutte le pulci saltavano addosso a lei.
La Regina non si stimò castigata abbastanza e insistette:
— Testa-di-rospo, questa notte vengo a dormire con te.
— Maestà, in un giaciglio!
— Per una volta, potrò provare. —
Si acconciò alla meglio, e finse di dormire.
— In quel canile ci doveva essere un mistero; voleva scoprirlo. —
Verso mezzanotte, sentì un romore come di un crollo di muro. Aprì gli occhi, e rimase abbagliata.
Avea davanti una fila di stanze, così ricche e così splendide, che quelle del palazzo reale, in confronto, sarebbero parse vere stalle; e Testa-di-rospo che dormiva, in fondo, sopra un letto lavorato d’oro e di pietre preziose, con cortinaggi di seta e lenzuola bianche più della spuma.
E non aveva più quella schifosa testa di rospo; ma era così bella, che, al paragone, la Gigliolina, bella e bianca come un giglio, sarebbe parsa proprio una megera.
Accecata dal furore, la Regina pensò:
— Ora entro, e mentre dorme, la strozzo colle mie mani. —
Ma il muro si richiuse a un tratto, e lei vi battè la faccia e si ammaccò il naso.
Senza aspettare che facesse giorno, tornò su in camera.
Sentiva nelle carni un brucìo, un gonfiore!... Stende una mano, e si scorge che, da capo a piedi, era piena di zecche.
Si sveglia il Re: è pieno di zecche anche lui.
Si svegliano i ministri, le dame di corte, insomma tutte le persone del palazzo reale; son tutti, da capo a piedi, pieni di zecche; e, dal prurito e dal dolore, non possono reggere:
— Accidempoli alla Regina, che volle dormire nel canile! —
Il Re corse di nuovo da Testa-di-rospo.
— Figliuola mia, dàcci aiuto!
— Mamma cagna, dategli aiuto! —
Mamma cagna, Bau, bau! No, no! Non ne vuol sapere.
— Figliuola mia, dàcci aiuto! —
Che aiuto poteva dargli? Mamma cagna rispondeva sempre:
— Bau, bau! No, no! —
Intanto tornava il Reuccio per sposare Testa-di-rospo.
Ma, con quel malanno delle zecche addosso, chi poteva aver capo a feste di nozze?
Tutti erano occupati a tagliar le zecche, colle forbici, perchè strappare non si potevano; facevano più male. E più ne tagliavano e più ne rimaneva da tagliare:
— Accidempoli alla Regina, che volle dormire nel canile! —
Allora il Re montò in furore. Afferrò la Regina pel collo, e disse:
— Trista femmina, che cosa hai tu fatto, da attirarci addosso tanti guai? —
La Regina non ne poteva più, e confessò ogni cosa: che avea detto come le fate non potrebbero farne una pari; che avea comprato quella bambina a peso di oro; che avea fatto fare il vestito incantato per bruciare viva Testa-di-rospo.
— Ora son proprio pentita, e domando perdono alla fata! —
Disse appena così, che alla Reginotta cadde giù quella schifosa testa di rospo, e la Gigliolina si trovò vestita come una figliuola di contadini, qual'era. La Reginotta splendeva come il sole, sicchè, per guardarla, bisognava mettersi una mano agli occhi. Le zecche erano sparite, e non se ne vedeva neppure il segno.
Il Reuccio di Portogallo e la Reginotta si sposarono; e se ne stettero e se la godettero e a noialtri nulla dettero.