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poppe a Testa-di-rospo. La leccava, la ripuliva, la scalducciava tenendosela accosto, e non permetteva che alcuno stendesse la mano a toccarla.
Quando il Re e la Regina scendevano giù per vedere, la cagna ringhiava, mostrava i denti; e, un giorno che la Regina fece atto di voler riprendere la figliuola, le saltò addosso e le morse mani e gambe.
Testa-di-rospo nel canile prosperava. Quando crebbe, non volle più lasciarlo.
Durante la giornata abitava su, nelle stanze reali; pranzava a tavola col Re, colla Regina, con tutta la corte, e prima di toccar le pietanze, metteva da parte i meglio bocconi; poi ne riempiva il grembiule e scendeva giù, nel canile.
— Mamma cagna, mangiate; la mia vera mamma siete voi! —
La notte dormiva lì, con mamma cagna. Non c’era mai stato verso di indurla a dormire nel suo letto.
La Regina, sentendole ripetere ogni giorno: