Appendice alle Annotazioni degl'Inquisitori di Stato

Augusto Bazzoni

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Questo testo fa parte della rivista Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870)
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APPENDICE ALLE ANNOTAZIONI


degli


INQUISITORI DI STATO DI VENEZIA


Ecco i documenti accennati nella nota a pagina 18 del fascicolo 58 dell’Archivio Storico, Tom. XI, Part. II, relativi all’attentato di assassinio contro fra Paolo Sarpi. Essi contengono le testimonianze, in base alle quali il Consiglio dei Dieci pronunziò, dopo soli cinque giorni, sentenza di morte contro gli assalitori che erano riusciti a mettersi in salvo. I due ultimi poi, in data de’ 20 e 29 ottobre 1616, provano come non si desistesse mai dal disegno di togliere di vita l’illustre teologo della Repubblica. Siccome la dizione di tali deposti è più presto veneta che italiana, così reputammo acconcio di porre qualche noterella là dove la frase del dialetto si allontana maggiormente dalla lingua.

Questi documenti furono estratti da una busta conservata nell’Archivio dei Frari in Venezia sotto il N.° 1 - Processi del Consiglio dei Dieci - Dogado. - È utile avvertire che riportiamo i più interessanti.

A. Bazzoni.          


1607, 5 Ottobre. - Venuto alla presentia degli Eccellentissimi Signori capi, il clarissimo signor Alessandro Malipiero, fu de ser Lunardo, espose quanto segue. Signori Eccellentissimi, io mi era ritornato col padre maestro Paulo dei Servi in Marzaria hoggi alle 22 hore in circa, s’accompagnassimo insieme per venir a casa che siamo vicini, et col padre vi era un suo converso: come fossimo a Santa Fosca sul ponte della guerra alli ultimi scalini per andar [p. 9 modifica]giù, si fece inanti alla banda destra dove era il padre uno, et gli tirò verso la faccia, io credeva chel ghe havesse da’ di un pugno et senti il padre a dire ohimè; et colui che li diede disse: can traditor. Io alzai gli occhi, che andava con la testa bassa, et dissi: chi è questo? et vidi il padre con questo stiletto che io appresento, fitto davanti la recchia che gli passa appresso il naso, et colui che gli era appresso, et io mi ficcai tra loro, et messi la man sul stiletto et glie lo cavai fuora, et poi mi voltai verso costui che haveva dei altri compagni, per quanto mi parve, se non più, et dissi: Ali cani traditori così si assassina li homeni! Et mi voltai verso il popolo che cominciava a concorrere et dissi: addosso fioli. Costoro vedendomi a far testa, si fermorno prima, et poi si incamminorno verso San Marcilian, et io andai a ritrovar il padre, lo condussi in una casa li vicina et ivi fu fatto medicar da un barbier; poi, si montò in barca, et lo accompagnai a casa, cioè al suo monasterio insieme col medico del monasterio che è il Santorio, et il barbier che lo ha medicato; il qual medico sopragiunse là all’improvviso. Colui che gli ha dato è un homo quadrato, in faccia par rubicondo, r-on barba rossa che trava al castagno, di statura più tosto grande che piccola, et alcuni hanno detto che egli haveva un volto1 di raso sopra la faccia, che io, per la debolezza della mia vista, non l’ho potuto ben figurare, nè manco li suoi compagni, nè anco che habiti havevano. Et dimandato se ha conosciuto alcuno che fosse stato presente al suddetto fatto, rispose: vi erano diverse donnete et altre persone che stanno lì vicine, che io non le conosco.

«1607, A dì 5 ottobre. - Febo de Languidei quondam Constantin da Castelfranco, venuto alla presentia degli Eccellentissimi Signori capi dell’eccelso Consiglio di X. Disse, essersi ritrovato presente quando è stato ferito il Padre Maestro Paulo. Et dicto, Dite come sia seguito il fatto, rispose: Io era per mezo cà Diedo a Santa Fosca, et vidi doi, uno di statura grande, et l’altro un poco più basso; uno di loro era vestito di robba, che trava al beretino, et l’altro come de corotto2, et uno di loro ciò è il più basso li diede di un stilo: et immediate fatto questo li andai dietro, et cominciai a gridar pia pia3 questi traditori; et fuggendo verso Corte Vecchia alla Misericordia si sono imbarcati a quella riva, et innanti il montar in barca, il medesimo che haveva dato al padre sbarò4 una [p. 10 modifica]pistola: ot volendo montar in barca perchè li correno dietro con un forcon non potè montar in barca, ma cadè in acqua, et il barcaruol vedendo questo slargò la barca immediate, dove che, tenendosi questo alla barca, fu agiutato a tirar la barca dalli compagni, che credo che vi fosse in essa uno a manega comoda5: et vedendo questo, allora disse al barcarol, che sotto pena della forca non li dovesse alframente levare; et questa per ordine delli Eccellentissimi Signori capi, perchè li ditti che erano sassini6, che havevano sassinado il padre Maestro Paulo: in tutto ciò il barcaruol li frettò in terra sopra le fondamente nove che vanno alla volta de biri; et io li ho seguitati fino alla volta de biri, dove che ne giunsi uno, che mi pareva che fosse uno di quelli: ma lui mi disse che non era con loro, et in questo mentre mi diceva un puto7: varda, varda8; et in quello mi fa sbarato una pistola da un suo compagno, credo così; et allora quello che havevo per il brazo mi scapò, et si cazò9 in quelle calleselle10 dove non li ho più potuti vedere.

Relectum confirmavit.


«Ex margine. - In Relatione disse: Montai in una barca seguitandoli et desmontai anche io alle fondamente, havendo anco roto un remo.

«1608. A dì 5 ottobre. - Conferitosi l’Illustrissimo signor Avogador Trevisan al monastero delli Reverendi Padri dei Servi, et andato alla stanza del reverendo Padre Maestro Paulo lo trovò giacente nel letto con la facia legata di bende insanguinate, e fu interrogato della causa per la quale si attrovava a quel modo; il qual rispose lui non haver veduto particolarmente cosa alcuna: solo haver sentito i colpi delle ferite; ma che saprà darne meglior conto il compagno che si trovava con lui. Et perchè fu detto dalli medici che il parlar dava danno alle ferite, però fu lasciato riposar.

«Illico - Fatto venir il Reverendo padre fra Marin da Venezia compagno del suddetto Reverendo padre maestro Paulo, gli fu detto: [p. 11 modifica]raccontate come è passato l’accidente delle ferite date al Reverendo padre maestro Paulo, rispose:

«Fra le 23 e 24 hore venendo zò11 del ponte di Santa Fosca con il Clarissimo signor Alessandro Malipiero, venendo verso casa, vidi uno che venendone da dietro ne trapassò et alzò la mano e tirò tre colpi verso la testa al padre con un stilo, et un altro nel medesimo tempo da dietro via, mi prese i brazzi e mi tenne saldo; io incominciai a scotermi cridando traditor; et loro se ne fugirono verso San Marcilian correndo; et io restai col Padre Maestro Paulo Interrogato, Vedesti altri che questi due, rispose: non ho visto altri. Interrogato di che habiti erano vestiti et di che efigie, rispose: ero tanto conturbato che non li vidi in ciera; manco saprei dire di che habiti fossero vestiti. nè so se fossero vestiti alla lunga, o alla corta. Interrogato, chi potrebbe dar maggior lume alla giustitia di questo, rispose: ghe era molta gente, ma in particolar non saprei dir chi fosse. R.C. dicens postea: il padre sagrestan ha parlado con un putto che ha veduto il fatto.

«Illico - Il padre Gieronimo da Venetia sagrestan nel monastero delli Reverendi Padri dei Servi ut ante nominato, gli fu detto che dichi quello sa intorno alle ferite date al suddetto padre, rispose: Un giovenetto che sta qui a Santa Fosca et conosco per vista, mi ha detto che lui era al ponte con un fantolin in brazzo, et che ha visto a dar tre ferite al padre maestro Paulo. Interrogato, Vi ha detto di haver conosciuto alcuno di coloro, rispose: ha detto di non haver conosciuto alcuno, ma haver messo il fantolin in terra et essergli corso dietro con molti altri, et che quando furono alla Misericordia, uno di doi che fuggivano sparò un’arcobusata, et che montorono in una gondola, nella quale vi era uno vestito a maneghe a comio12, et che lui insieme con alcuni altri montorono in una gondola, et li seguitorono, et hanno poi dopo che loro furono dismontati pigliata la barca et condotto qui al monastero. Interrogato, V’ha detto ove fossero smontati costoro, rispose: Signor no. R. C.

«Illico - Il Signor Ottavio Allegretti mercante habita a San Marcilian in calle della Malvascia testimonio assonto, monito interrogato rispose: Podeva essere intorno le 24 ore che mi ritrovava sul campo di San Marcilian, e vidi a correr doi che venivano dalla banda di [p. 12 modifica]Santa Fosca, e sentii alcuni del populo che dissero guardè13 che coloro han dei arcobusi, mi levai da una cadrega14 ove era sentato, e lui messi a corrergli dietro, et a uno di quelli cascò un stile, il quale io tolsi e continuava a seguitarli fino alla Corte vecchia, nel qual loco sentii a sparar una arcobugiata; andai de longo et vidi uno di quelli che era cascato et era attaccato alla barca, il qual si agiutò et entrò dentro in barca: tra tanto sopragionse una gondola nella quale vi era il signor Bortolo Spai mercante da panni et altri che non conosco, et io gli dissi: ah caro signor Bortolo, che hanno amazzato il padre maestro Paolo; et cridai che li dovesse dare. Lui venne alla riva e mi disse: lasciami dismontar: e tiò15 la barca e fa quel che tu vuoi, lo montai in barca con due altri putti de’ quali non so il nome; ma questi padri li devono conoscer perchè gli hanno condotto la barca: seguitassimo protestando al barcarol da parte delli Signori Capi che dovesse buttarsi in acqua, e non li vogar; il barcarol ha continuato a vogarli fino alle fondamente nove, e là li desmontò in terra, e noi ancora dismontassimo, dimandassimo al populo ove erano andati, e parte ne disse che eran andati de longo verso San Francesco e altri ne dissero che erano andati de longo verso Santa Caterina per la calle che è vicina a cà Grimani. Mi vedendo de non poter saper dove i fosse andadi me messi drio 16 al barcarol sperando che da lui si podesso haver qualche lume; trovai poi una piatarella17 nella quale entrai con quei giovani che ho detto di sopra, et ho seguitato il barcarolo dicendogli perchè non si haveva buttato in acqua: lui mi rispose che voleva che i me amazzasse che i me dasse un’arcobusata; lui smontò poi in terra alla riva della Madonna dei miracoli, e si misse a fuggir di modo che non l’habbiamo più trovato: tolessimo poi la gondola, nella quale habbiamo trovato una stola, et alcune cargadure18 di polvere: il barcarol poi venne sul ponte della Madonna dei miracoli, mentre conducevimo via la barca, et ci disse dove la menavimo: io risposi che la menavimo ai Servi, et che l’andasse fuor da quei padri. Interrogato, Quando dismontorono alle fondamento nove, vedeste altri che li seguitasse oltre voi? rispose: erano molti fermati, ma non vidi alcuno che li seguitasse. Domandato, Essendo cascato in acqua questo (come havete detto) doppo che foste dismontato alle fondamente nove [p. 13 modifica]vedeste segno alcuno di trazza19 dalla qual potesse comprender verso dove fossero andati rispose: mi non feci fantasia perdio seguitava el barcarol. Domandato, Sapreste dir l’effigie et habiti di costoro?: rispose: non li ho veduti in ciera; mi parvero due desgraziati mal vestiti, uno de’ quali haveva un colletto negro. Domandato, Conoscete quel barcarol che li vogava? rispose: Signor, no, ma l’è un vecchio. Domandato, Sapete altro intorno a questo fatto o alcuno che potesse dar maggior lume alla giustitia? rispose: non so altro.

Super generalibus recto. Lecta et iuravit, et confir.

«Illico. - Il signor Alvise Ragoza dottor habita a San Barnaba nelle case del priorado, testimonio assunto, monito, iurato.

«Fuit dictum: Sapete alcuna cosa per la quale si potesse venir in cognition di quelli che hanno dato le ferrite al padre maestro Paolo, respondit: passando già due o tre giorni di mattina per il campo di San Zuan Degolà vidi doi, un piccolo vestido di color come verdolin, traccagnotto, mi par che havesse un poco di barba negra, l’altro più grande scarmo20 vestido con una mezza vesta come usano questi preti forestieri con barba negra; e questo che era vestito da prete trattava mercato di una vesta a maneghe a comio col strazzarol21 che mette fuora là su quel campo, il qual non so ove stia in casa nè come si chiami. Dictum, Vedeste poi che comprassero quella vesta? respondit: Illustrissimo Signor no. Dictum, Sapete altro respondit: Signornò.

Super Generalibus recto. Lecta confirmavit et iuravit.

«Illico - Federigo fio de Giacomo Zanatte sta in Santa Fosca nominato in processo, monito iurato.

«Gli fu detto, Hastu22 visto a dar al padre maestro Paulo? respondit: Illustrissimo Signor no, perchè ero sentado su l’ultimo scalin del ponte con la schena voltado verso dove veniva il padre. Dictum, Dì quello che hai veduto, respondit: doppo ferrito il padre vidi doi che correvano verso San Marcilian; io messi zò un fantolin mio fratello che haveva in brazzo, e mi messi a correrghe dredo cridando dai dai a sii ladri sassini: così li seguitai fino che andorono in Corte vecchia alla Misericordia; vidi che saltorono in una barca, e sentii poi a sbarar un’arcobusada, e vidi uno che era [p. 14 modifica]ia acqua attaccado alla banda della barca; il qual montò poi in barca e si fecero vogar verso le fondameute nove: allora vedessimo una barca, nella quale il signor Bortolo Spà, al qual fu detto dall’Allegretti che è stato esaminato o che li seguitasse o che arrivasse che ghe saressimo andai dietro noi, lui arivò e smontò, e andassimo in barca l’Allegretti, mi, e un altro zovene che non ghe so el nome, ma credo che stia in cà Morosini alla Madonna dell’Horto e ghe vogassimo dredo fino alle fondamente nove cridando pia pia; quando fossimo là desmontassimo et domandassimo a un forestier che era là che mi non cognosco dove che i era andadi, il qual ne respose, che i era andadi su per le fondamente nove: ma noi non li seguitassimo. Dictum, Essendo uno di loro caduto in acqua, vedestu segno verso dove potesse essere andato, respondit: Illustrissimo signor no, che se mettessimo a seguitar la barca, la qual havemo poi tolta et menata qui al monastero dei Servi, che così ordinò l’Allegretti. Dictum, Sai altro in questo proposito? respondit: Illustrissimo signor no.

Supra Generalibus recte. Lecta confirmavit et iuravit.

Die 6 octobris 1607. – Fatto venir dinanzi l’Illustrissimo signor Avogador Trevisan l’infrascritto che interrogato disse esser Zuanne Padoan quondam Francesco strazzaruol a san Zan Degolado, li fu detto: Alli giorni passati vi sovvien di haver venduto alcuna veste a manega comio ad alcuno? Respondit: Illustrissimo Signor no, da quindese vinti zorni in qua; ma furno ben alla mia bottega, non mi sovien a ponto so fosse nel fin della settimana passata o nel principio della presente, doi, uno de’ quali, che havea una veste fino a meza gamba, e lo tenni per prete; l’altro non posi mente. Interrogatus, Che cosa fecero alla vostra bottega? respondit: fecero mercato di una veste a manega comio; ma non ci accordassimo, et vi furno anco più d’una volta; ma mai restassimo d’accordo, et ho la veste tuttavia in casa.

Ad Generalia recte lecta confirmavit et iuravit.

«Die 6 ottobre 1607. - Fatto venir come avanti Renaldo quondam Marin orevese23 da Venezia, habita a santa Caterina in calle della Rocchetta, citato monito et interrogato: In che hora ti partisti da San Francesco hiersera per andarsene a casa? respondit: a vintiquattro hore in circa. Domandatus, Vedestu là a San Francesco, o altro, né alcun romor o tomulto? respondit: non vidi altro che doi, li quali caminavano con gran fretta, et venivano dalle [p. 15 modifica]fondamente nove et li vidi entrar nella casa dell’lllustrissimo Legato, e mi andai a casa mia. Domandatus, Che ciera havevano costoro, respondit: non li osservai nel viso; ma uno havea un paro di braghesse24 di cimmozza, di statura più tosto picciola, l’altro vestito di ormesino negro che faceva rorcor, e questo era di statura assai grande. Domandatus, Vedestu che vi fosse alcuno, che seguitasse costoro? respondit: Illustrissimo Signor no; solamente loro che correvano con gran furia: continuando il mio viaggio per le fondamente nove intesi che era stato ferito questo Padre, e quando intesi questo mi dolsi poi con mia madre, dicendoli che credeva certo fossero quelli, che havea veduto; et questa mattina poi ho detto l’istesso al padre fra Michiel Angelo da San Francesco, e pregatolo a guardarsi, e non uscir di casa. Domandatus, Havevano ferraruol25 costoro? respondit: Illustrissimo Signor sì, tutti doi, quel da le braghesse di cimmozza di panno, e quell’altro lo havea di ormesin. Domandatus, Vedestu se alcun di loro era bagnato? respondit: non messi mente a questo, che continuai andar per li fatti miei.

Ad Generalia recte respondit. Lecta conlirmavit et iuravit.

«Die 8 ottobre 1607. - Fatto venir come avanti Menego fiol di ser Giacomo Comin da Venetia, habita in calle di Santa Caterina per mezo il monaster, testimonio tolto ex officio, di età di anni 13 in circa, come disse, et si vedeva dal suo aspetto, citato monito, et interrogato, Hiersera tra le vinti tre et vintiquattro hore dove eristù? respondit: ero a bottega a San Francesco su le fondamente nove a piè del ponte dal Signor Bortolo Manopola, che ha bottega di tagiapiera, col qual lavoro. Domandatus, Vedestu alcun passar de là via correndo? respondit: erano tre, uno un poco avanti vecchio, canuto con capel alto, con ferraruol di panno mischio con striscio d’oro, et li altri doi poco dopo insieme, l’uno vestito di negro con ferraruol negro senza capello, che era bagnato perchè era cascato in aqua, havea sotto un stil nudo, piutosto piccolo di statura, che altramente, l’altro con zippon26 di cammozza, braghesse di fustano negro, coletto di curarne negro, con archibuso longo una quarta in mano, di statura un poco più alta di quel vestito di negro. Domandatus, Verso dove andorno costoro? respondit: andorno verso San Francesco. Domandatus, Ghe andastù dredo per veder dove andassero? respondit: Illustrissimo Signor no, non me pensai niente, Domandatus, Vedestù alcuno, che li [p. 16 modifica]seguitasse? respondit: da poi nell’andar a casa vidi gente su le fondamente nove, che erano drio ad un barcaruol. Domandatus, Sastù, o hastù27 inteso a dir dove costoro si salvassero? respondit: Illustrissimo signor no, ma intesi a dir da zente, che non so chi sia, che si salvorno in casa dell’Illustrissimo Legato. Domandatus, Sai, hai inteso altro in tal proposito? respondit? Illustrissimo signor no. Ad generalia recte: et non fuit iuratus quia non habet aetatem.

«Die dicta. - Fatto venir, come innanti l’infrascritto Gasparo de Piero da Venetia taiapiera lavora a San Francesco nella bottega del Manopola, testimonio tolto ex officio, citato monito, et interrogato, respondit: hiersera alle vintiquattro hore sonade visti quattro che camminavano forte, doi un pezzo avanti, li doi altri seguitavano, nè vi era alcuno che li corresse dietro; uno dovea esser caduto in acqua, che lo sentiva, che camminava con le scarpe bagnate, e non so, nè ho inteso dove andassero.

Ad generalia recte. Lecta contirmavit et iuravit.

«Die dicta. - Fatto venir ut supra maestro Marc’Antonio taiapiera su le fondamente nuove alli Crosecchieri, testimonio tolto ex officio, citato monito, et interrogato, Vedestu hiersera passar dinant: la vostra bottega alcuno correndo, che paresse che fuggisse? respondit: Illustrissimo signor no; dirò quello che ho inteso; passando hiersera intorno mez’hora di notte per il campo della Madonna dei miracoli era fermato il barcaruol che havea vogato questi che si dice, che hanno dado al padre maestro Paulo. Li fu dimandato se li conosceva, rispose, che non conosceva altri che un Michiel prete a Santa Ternita; altro non so. Et factis aliis interrogationibus, respondit nil scire.

Ad generalia recte respondit. Lecta confirmavit et iuravit.

«Die dicta. – Fatto venir come avanti Christoforo Tivan di quondam Vincenzo da Venetia, habita a Santa Caterina, testimonio tolto ex officio, citato, monito, et interrogato: Dì quello che sai o che hai inteso intorno a quelli, che hanno dato le ferite al padre maestro Paulo dei Servi, respondit: hiersera all’avemaria in circa andando a casa visti uno vestito alla forestiera, che correva, e quando lo visti era su il ponte dei Crosechieri et andava verso S. Francesco, e quando fui poi su il ponte glie ne visti un altro con una vesta longa, che era bagnato, e non ho posto fantasia che [p. 17 modifica]ciera havessero, ma uno havea la barba postizza, cioè quell’avanti.

Ad generalia recte respondit. Lecta confirmavit et iuravit.

«Die 6 ottobre 1607. - Fatto venir come avanti Steffano di Luca Callafao che lavora al Galion, testimonio tolto ex ufficio, citato monito esaminato, et interrogato, È stato alcuno hieri che ti habbi ricercato ad andar a vogar in una peota28 che andasse fuori di Venezia? respondit: Illustrissimo signor sì, venne un zovene, che ha nome Tomio, che sta drio la Tana a dirmi se volevo andar in barca in luogo di un homo che li mancava, li risposi, che sarei andato, et vi andai. Domandatus, Che barca era quella nella qual andasti, e dove era ella? respondit: una peota drio la Tana. Domandatus, Quanti homeni erano in quella peota quando ti glie andasti? respondit: quando entrai in peota erimo sei che vogava, uno de" quali era Tomio sopradetto quondam Zanon, un altro Zuanpaulo che sta in rio di Castello, un altro Piero Grasso solea esser pescaor29 habita anco lui a Castello, un altro di Ancona chiamato Lodovico, et questo ancora habita in Castello, un altro Battista Calafao, che sta a Venetia et mi et un altro fratello di Tomio, detto Antonio. Domandatus: - Quel Lodovico d’Ancona fu levato da noi in Quintavalle insieme con quel Battista calafao, il sesto, che era in peota è uno che ultimamente è venuto di schiavo al qual non so il nome, ma habita drio la Tana, et è visin di Tomio, che è paron30 della peota, e con la peota andassimo fuori delli castelli alla Giesiola verso la cà Bianca, stessimo là fin l’avemaria; venne poi là una gondola a quattro remi dentro via con quattro o cinque persone dentro, e montorno nella peota e con loro doi di quelli barcaruoli, che li havevan vogati in gondola, uno de’ quali ha nome Matthio Schiavon, mi par stia in rio della Pietà, lo altro non lo conosco; e perchè Tomio mi haveva chiamato in loco di uno che mancava in relatione, havea nome Battista quondam Carlo sta in rio di Castello, qual da sua posta venne poi a Lio31 e così io smontai di peota e venni a Venetia con quella gondola, che haveva butato coloro, che erano montati in peota; nella qual non vi era altri che mi; e quel Matthio Schiavon mi disse: va a Venetia con quella gondola e menela in rio della Pietà a casa mia, dicens che la gondola era di quell’altro, che non li so il [p. 18 modifica]nome. Domandalns, Quelli che moiitonio in quella peota, che ciera haveano, et eorae erano vestiti? respondit: era scuro non li ho potuti veder. Domandatus, Quando partisti da Venetia, oltre li barcaruoli che vogavano erano altri in barca? Respondit: Illustrissimo signor sì, ghe eran doi, uno bell’homo grande, che è capo, con colletto e spada in centura, mi par lo chiamassero Signor Alessandro con poca barba negra, l’altro più presto vecchio, che dicevano essere venuto di Puglia allora, un poco toffolotto32 nel viso, di statura mediocre. Domandatus. Questi doi quando montorno, eristù in peota? respondit: uno era in peota e l’altro, cioè il capo, era in terra, e montò subito anco lui. Domandatus, Li vedestù a venir camminando in presso alla peota? respondit: vennero in pressa33 et andassimo subito via con la peota, et era mezzo dì in circa. Domandatus, Vedestù alcun di quelli che montorno in peota, che fusse bagnato? respondit: Illustrissimo signor no.

Ad generalia recte respondit. Lecta confirmavit et iuravit.

«Die dicta. - Venne dinnanzi l’Illustrissimo signor Avogador Raimondo il nobile homo Andrea Diedo fu di Ser Piero et disse che in proposito delle ferite date al padre maestro Paulo volea dar conto di alcuni particolari importanti. Onde con parola delli Eccellentissimi Signori Capi fu tolto il suo detto, come segue. Hieri dopo disnar insieme con il nobil homo ser Domenego di Friuli andassimo a Santa Ternita a veder una casa del nobile homo ser Andrea Centanni tenuta ad affitto dal Reverendo messer priore Michiel da Santa Ternita, et andati di sopra nel primo solare34, e trovata una camera serrata e dimandato ad una donna, che sta nel soler di sopra di detta casa se si potea veder quella camera, rispose, che il detto prete era partito in quello in quello35 e che havea tolto licentia, e che la sera partiva per Loreto: detta donna lo ricercò che dovesse lassarli le chiavi di detta camera, li rispose non cerche altro, che veniranno persone a tuor la robba et a chi verrà datela.

Lecta confirmavit et iuravit.

«Ritornato il sopradetto nobil homo ser Andrea Diedo disse esserli sorvenuto, che la sopradetta donna li disse anco, che quel prete hieri mattina havea disnato in casa del Poma, e che credea che le chiavi della camera fossero, o dal detto Poma, o ad [p. 19 modifica]una certa zelosia passa il fruttaruol del campo delle Gatte, qual donna disse, che questo Poma era tutto suo. Iterum iuravit.

«Die dicta. - Fatta venir dinnanzi l’lllustrissimo Signor Avogador Trevisan donna Lucia fia di Francesco, habita a Santa Giustina nella casa di ser Rodolfo Poma, testimonia tolta ex officio, citata, monita et interrogata, Quanto tempo è che il Signor Rodolfo Poma è fuori di questa città? respondit: dal principio di zugno in qua, nè so che in questo tempo sia mai stato a Venetia. Domandatus, Nella casa di questo Signor Rodolfo oltre voi ghe habita alcun altro? respondit: Illustrissimo signor sì, il Signor Alessandro Parasi d’Ancona, che lui lo ha lassato al governo della casa. Domandatus, E venuto mai li giorni passati alcuno a trovar a casa questo Signor Alessandro? respondit: Illustrissimo Signor sì, ghe veniva delle persone a dimandarlo, ma non le conosco, dicens, da doi mesi in qua ghe stava anco un suo nevodo36, che si chiamava Vettorio, giovane con poca barba più tosto rossetta, più presto grande, che altramente. Domandatus, Come andava vestido questo Vettorio? respondit: di zambellotto berettin. Domandatus, Et questo Alessandro, che effigie havevelo, e che età? respondit: l’haveva ciera brusca che non ardiva a guardarlo, di età di anni trentasei in circa, piuttosto grande e magro, che altramente, con poca barba negra, vestiva diversamente; ma hieri mattina havea un colletto di pelle con recamo; del resto non mi recordo. Domandatus, Oltre questo suo nepote vi è stato alcun altro a casa sua? Ris.: Illustrissimo signor sì, hieri l’altro ghe fu a disnar con lui un Pier Michiel Viti da Santa Ternita. Domandatus, Che cosa è di questo signor Alessandro e di quel suo nevodo? respondit: hieri mattina tra le sedese e disisette hore el disnò insieme, con quel suo nevodo e poi andorno via tutti doi, e non tornò più a casa; anziché lo aspettassimo fino quattro hore di notte credendo che tornasse. Domandatus, Quando partì di casa andorno via con arme? respondit: non so, ma era solito portar la spada; diceva ordinariamente, che volea andar via; l’haveva mandado via la sua robba, et havea un solo forcieretto da basso, che quando andai zò non lo visti, et compresi, che lo dovesse haver portato con lui. Domandatus, Hieri dopo partito lui venne alcuno a batter e dimandarlo? respondit: venne uno a dimandarli danari che dovea haver di certe cammozze, non so altro.

Ad generalia recto respondit. Lecte confirmavit et iuravit.

[p. 20 modifica]«Die dicta. - Fatta venir, come innanzi, donna Hippolita habita a Santa Giustina in casa di ser Rodolfo Poma, testimonia tolta ex officio, citata monita, et interrogata, Che cosa è di D. Rodolfo Poma? rospondit: credo che sia a Napoli. Domandatus, Quanto tempo è che manca di questa citta? respondit: credo che l’andasse via il mese di zugno passato. Domandatus, Dal mese di zugno, che partì, come dite, di questa città elo più stato a Venetia? respondit: non lo più visto. Domandatus, Quando partì, lassolo alcuno al governo di casa sua? respondit: lassò un messer Francesco Mazorana che è in casa in letto amalado, et lassò anco in casa un signore Alessandro Parasi di Ancona, e doppo è zonto anco un zovene nevodo di questo signor Alessandro, del qual non mi ricordo il nome, havendo un nome stranio. Domandatus, Venivano spesso persone a dimandar questo signor Alessandro? respondit: Signor sì, venivano alle volte zente che mi non li conosceva; nè mai li ho sentiti rasonar insieme, che non andava mai, dove erano. Domandatus, Che cosa è di questi Alessandro e suo nepote? respondit: non vi so dir: furno tutti doi a casa a merenda hieri mattina tra le sedeso e disisette hore, e poi partirne, che non so dove siano andati. Domandatus, Veniva alle volte alcuno a mangiar seco? respondit: signor sì, ghe veniva qualche volta un prete Michiel Viti da Santa Ternita, qual ghe fu anco sta’ hieri l’altro di mattina; ma subito disnado el voltava via. Domandatus, Sentiste se facessero alcun ragionamento a tavola? respondit: Signor no, che non ho mai sentito cosa alcuna. Domandatus, Fu alcuno hieri a casa a dimandar il signor Alessandro doppo partito? respondit: ghe è stato uno a dimandarlo; ma non fu averto37, e volea denari, e non so altro.

Ad generalia recte respondit. Lecta confirmavit et iuravit.

«1607, 6 ottobre. - Il Capitano Grande che per ordine de gli Eccellentissimi signori capi è stato a far la retentione del padre Michiel che officiava a Santa Ternita et di far diligenza intorno la casa di Monsignor Nontio andò nella contrà di Santa Ternita per intender dove fusse la casa del prete, et saputo da messer Anzolo spitier38 in Campo di dui Pozzi, il quale è inimico di esso prete, perchè esso spitier li fece levar la mansoneria, che haveva in quella chiesa, che la casa era in quella contrà in certa calesella, si condusse ad essa casa, havendo mandato il capitano dignissimo a far fra tanto la diligenza commessali alla casa di monsignor [p. 21 modifica]Nontio; et dimandando ad una donnetta di quelle case per haver information del prete, intese che hieri esso padre Michiel era stato intorno alle 20 hore da essa a tuor le chiavi della sua cainera, che era nella medesima casa, senza entrar nella camera, et si era partito, dicendo: mi ricomando; nè più era tornato. In relectione disse ’l spetier che erano tre giorni che ’l prete continuava a portar via la sua robba, perchè tutta la contrà lo sapeva. Et mi ha detto questa donna, che tutta questa settimana il prete non ha fatto altro, che attender a portar via la robba sua dalla detta camera con facchini; et inteso che nella camera non vi era la robba, et chel prete non vi era non volse per all’hora esso capitano Grande far altro moto, ma si condusse a far la custodia col Capitano dignissimo alla casa del Nontio dove sono stati per quel contorno fino passate le xi hore dove nè per acqua nè per terra mai non è stato veduto comparir alcuno. Et ritornato esso Capitano Grande questa mattina alla casa del prete, di novo intese il medesimo che il prete haveva portata via la robba, e si era partito hieri, come è predetto. E che ha lasciato ordine per sapor chi sia ’l facchino, che ha portato via la robba dalla camera per farlo venir a darne informatione.

Relectum confirmavit.

«1607, 6 ottobre. - Il reverendo messer padre Hieronimo di Santa Croce, piovan di Santa Ternita, fatto venir ut supra, monito et interrogato, Chi sia un padre Michiel, che è stato solito officiar nella sua chiesa, respondit: questo padre Michiel si chiama de Viti et si dice che è Bressano39, et concorse meco di piovano dapoi ha sempre officiato in chiesa, et io me ne son prevalso perchè era huomo sufficiente et io lo teneva per huomo dabene, et il clarissimo Signor Ottavian Centanni fu del Signor Alessandro li ha dato una mansonaria in San Bernaba et una in Sant’Iseppo. Interrogato, respondit: possono esser intorno dui mesi che ’l non veniva più secondo che era solito, in coro a servir in chiesa, perchè ’l non haveva obbligo; et può esser quattro giorni in circa che non l’ho visto, che lo incontrai non mi ricordo ben se fusse in calle di San Francesco et solamente dicessimo buon dì, buon di, buon anno, et ognuno se ne andò via per la sua strada; et hieri Domenego dalle Carieghe che stà in campo di Santa Ternita, mi disse d’aver veduto passar hieri di mattina et chel ghe disse di volermi parlar. Interrogatus, respondit: Possono esser dui mesi che questo prete Michiel mi cominciò a far noto, che pensava di andar o a [p. 22 modifica]Roma sul Padoan por speranza di haver certo beneficio, et più volte dapoi me lo ha replicato senza venire ad altri particolari; ma parlando di Roma, al disse voler andar col fio del Poma che sta a Santa Giustina che li voleva dar il figliuolo in custodia et sperava di haver gran ben, ma sempre mi parlava ambiguo et il detto figliuolo era scolaro di esso prete Michiel, che lo haveva in governo; et doppo che ’l Poma è partito ha lasciato le chiavi della casa ad esso prete Michiel. In relectione, so che l’haveva le chiavi, ma non lo so veramente se le ha lassate dopo e ’l suo partir, che soleva anco prima andar a mangiar da esso Poma. Et da un mese in qua le andai vendendo la sua robba a poco a poco fin che l’ho venduta tutta quanta. La donna che adesso è resta in casa sua è massara d’un Visentin che ha nome Prefinotio Vesentin, et questa si è doluta con mi, che non havendo più prete Michiel nè robba, nè letto, nè niente in quella casa, el voleva, che ella lasciasse la porta della casa la notte in Sagiador. Di questo prete Michiel potrà dar buona information un prete Francesco della mia chiesa, che lo conosce già molti, e molti anni.

Super generalibus recte. Relectum confirmavit et super pectus conscientiae suae iuravit de veritate.

«1607. 6 ottobre. - Venuto questa mattina nell’officio degli Eccellentissimi Signori capi Zuan’Angelo Conforto speciaro al San Marco, al qual fu dato hieri sera il stiletto con ’l qual fu ferrite il padre maestro Paulo perchè vedesse se era avvenenato, ritorna esso stiletto et disse haver hieri sera ferito con esso un cane et un polastro et haver trovato questa mattina le ferite belle, di maniera che giudica che il detto stilo non sia avvenenato, ma che se succederà altro, lo venirà a rififerire.

«Adì 6 ottobre 1607. - Fatto venir alla presentia dell’illustrissimo Avogador Trevisan Anzolo Ceruti speciaro all’insegna del sol in campo dei do pozzi, gli fu dimandato se conosce il signor Rodolfo Poma: rispose: lo conosco per vista. Dettogli, Quanto tempo è che non lo havete veduto? rispose: lo viddi hieri circa le 20 bore vestito a maniche a comio in una gondola ad una riva delle fondamenta nove appresso l’hospedal di mendicanti verso il ponte de Birri, il qual porgeva fuori della barca un ferraruol di pano vinado40 piegado con un capello sopra, ad un forastiero bassotto, con barba negra, che haveva im ferrai’uol di pano de color de Carmelitani. Dicto, Con quel forestier che hebbe il ferraruol dal [p. 23 modifica]Poma vedesti altri in compagnia? rispose: Illustrissimo Signor no; dicens ex se, havendo io veduto il Poma vestito a maniche a corneo contra il suo solito che soleva vestire alla forastiera, et sapendo che l’era falito, per curiositi andai ralentando il passo per osservar quello che lui facesse, et viddi che ’l smontà di barca, et andò sul ponte de Birri, ove si pose il fazzoletto alla bocca, guardando sotto il ponte fuori delli balaustri credo alcuna barca che passasse, poi si cacciò in quella calle larga, che va in callo del Fumo; io seguitai il mio camino, e quando fui alla chiesa dei Crosechieri incontrai prete Michiel Viti accompagnato con un giovane rosso in viso et con barba assai folta rossa, di età circa 30 anni, li quali andavano verso le fondamente nove. Dimandatus, Sapete altro in questo negotio? rispose: praticando io per avanti con questo prete Michiel, lui mi riprendeva perchè io salutava padre Marsilio et quelli altri, dicendo che erano scomunicati, e cose simili.

Relectum confirmavit et ad generalia recte et iuravit etiam de silentio.

«1607, 7 ottobre. - Il nobil homo ser Giovanni Battista Barbaro quondam ser Zaccaria, dal quale da gli Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consilio di X era stato questa mattina ordinato che fusse chiamato al loro officio, ma non è stato trovato, et che vada per so stesso all’officio insieme con un soldato nominato Hieronimo Marcello d’Ancona convalesciente, disse: Hieri di mattina questo giovine, che è venuto hora meco mi trovò qua a San Marco in piazza che era in broglio intorno le 15 hore che mi potrano haver veduto anco multi gentilhuomini, che vi erano, seben mi non saprei nominarli, et accostatomisi, mi disse se sapevo di un Alessandro Parasio Anconitano, che questo dice esser suo barba41, il quale è stato conosciutq da me tino in tempo, che ero bandito, et mi trovava in Ancona, che professa esser gentilhuomo di quella città et è conosciuto da pur assai gentilhuomini, perchè è stato gran tempo a Venetia, et quando io fui a Loretto con 10 o 15 gentilhuomini con la galera del signor Marco Contarini tutti ne presero conoscenza, et con molte altre costui è stato conosciuto da molti; et rispondendoli io di non saperne cosa alcuna, et che haverei caro anch’io saper ciò che fusse di lui, esso mi soggiunse che si credeva che ’l fosse partito, che ’l non sapeva che l’era solito andarlo visitar, e lasciarli de i soldi, et che non lo haveva veduto ritornare; ma mi parlava in modo che pareva che sapesse [p. 24 modifica]qualche altra cosa et che dubitasse di dirmela. Io li diedi un da 20 (soldi) perchè el mi diceva di non haver da mangiar, et ghe dissi che fra pochi giorni haveva da scuoder42 alcuni soldi, che l’haveria servido perchè el me dimandava un ongaro, et così si partì. Questa mattina poi l’ho ritrovato in piazza, et perchè dubitavo quando ho sentito la proclama, voglio dir quando ho sentito dir della proclama che fu fatta hieri sera, che erano questi, mi stupii, et dubitai, che costui ne sapese qualche cosa, et dicendoli, io ben chi mi pare parlando del caso, perchè era fatto il proclama; lui mi mostrò anch’esso di stupirsi, et disse, pere che mancamento che l’ha fatto intendendo di Alessandro Parasio. In relactione imputati del delitto contro il frate, io li dimandai, se lui ne sapeva niente, et se era interessato, et esso, cominciò a volermi parlar de i bravi del Parasio, et di quanto tempo el li feniva, e ini li dissi qua non è luogo di questo ragionamento invitandolo a disnar meco perchè ne havessimo parlato commodamente; et di questo motivo fattomi da lui ne ho anco detto qualche cosa questa mattina a mio fratello che ne ha veduti insieme; et insieme con mio fratello il Signor Cornelio vi era anco il Signor Hieronimo Bondimier. Mentre erimo in piazza, questo soldato Marcellini era venuto per consultarsi con me se esso haveria possuto conseguir beneficio o maleficio, et quello che ’l dovesse fare perchè di queste cose mostrò non saperne niente, et esso parte da sè stesso, et parte consigliato anco da me si è risoluto di presentarsi et dimandar la sua impunità, et quei beneficii, che pareranno a sua serenità siccome appar dalla Scrittura, che lui me ha fatto fare et io accompagnatolo alla casa dell’illustrissimo Signor Giovanni Moro capo dell’Eccelso Consiglio di X, ho lasciato in mano a sua Signoria Illustrissima, nè in questo proposito saprei dir di più di quello che si potrà intender da lui medesimo che è qui, se ben a casa me ne ha detto alcuni particolari come saria i nomi delli bravi del Parasio et che lui era stato invitato ad esser con essi a fare un caso, dove intraveniva morte d’huomo, et metter la sua vita a pericolo, ma non ha detto di saper che fusse per questo frate; et che quei soldati o il Parasio gli habbia detto andandolo a visitar, che non dubitasse perchè saria anco deliberato del suo bando, perchè è bandito d’Ancona; et che l’haveva inteso da Rodolfo Poma, che l’haveva autorità di liberar banditi, ma non so da clii l’havesse. Che questo Poma già un mese, o un mese e mezzo è stato ritirato in casa sua, havendo mandato via da essa casa sue figliuole in monasterio, o in altri luoghi; et che essendo questo [p. 25 modifica]Hieronimo stato a casa del Poma credo quella mattina che successe il caso, che vi era il Parasio, et i hiiomini della peota, et altri loro bravi et che per essere lui ammalato non l’hanno voluto con essi, ma che l’havevano voluto menar via con loro; che questi huomini del Parasio era nn pezzo, che sono qua, et che li dava mezzo zechino per uno al dì.

Relectum confirmavit etiam iuravit de silentio.

«1607 7 ottobre. - Constituta petitione gli Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di X un giovine di età di anni 22 in circa, grande di statura, magro, macilento e fiacco per infermità patita, capelli intorno faccia varollata43, pochi mustacchi et pochissima barba nera, vestito con giuppon di corvetti stimato d’oro, braghesse d’ormesino, berettin tagliato capello berettino con d’oro, et ferrariuol di panno rovan con liste d’ormesina.

«Dimandato del suo nome, cognome, patria et professione rispose: Hieronimo Marcellini di Ancona, di Giovanni Battista Candito d’Ancona et che servo soldato nella compagnia del Capitano Giovanni Troglioni in Legnago. Et domandato. Per che causa, et da che tempo in qua vi trovate a Venetia, rispose: credo che siano dui mesi che sono venuto a Venetia: mi son partito di là per ricuperar certe robbe, che bavevano qua in diverse mani. Et domandatus, Dite quello che dalla ricuperatione delle vostre robbe bave te passato in questa città tutto questo tempo. E rispose: io sono nipote di Alessandro Parasio d’Ancona, che è fratel cugino di mia madre, il qual stava in casa del Poma a Santa Giustina, perchè so che sono parenti, ma non so in che grado, et credo che esso Poma faceva le spese al Parasio, quale mio zio dopo alcuni giorni del mio arrivo mi dimandò qui in piazza San Marco, se ben mi ricordo, che passeggiavamo noi soli, se io haverei messo la vita per lui; io li risposi di si nelle cose honorate, che ero prontissimo, lui mi dise, horsù non dubitare, che presto anderemo in Ancona, et sarai rimesso. Io risposi, che autorità havete voi di rimettere così gli huomini? et esso mi disse: va a far i fatti tuoi, e non pensare ad altro, et li risposi che non pensar.’i ad altro. Da lì a dui giorni poi io mi ammalai, et lui mi veniva a vedere che stavo in casa di Cathe furlano al Ponte dei Fusari, et mi dicevo che stasse allegramente et quando fu là, che io stava un poco meglio, et non haveva più denari da poter spender, et lui me ne dava, quando due lire, quando tre lire, et così andai non so che giorni innanzi scorrendo: bora un giorno andai da lui, et fu, credo fusse [p. 26 modifica]martì44, sicurissimamente della settimana passata dopo disnar, et li dimandai un poco di denari, che intesero tutti quelli che vi erano, cioè un prete giovane, che fusse precettor del putto del Poma, Alessandro Parasio, et un barcaruol giovine di circa 27 anni, no so il nome suo nè del prete; et lui mi disse che non haveva denari, et che me ne dava quanti ne haveva et mi dette un talero et mi disse che andassi all’ospitale, che sarebbe stato governato: et io vi andai il medesimo giorno, anzi nell’istessahora all’Hospedale di San Giovanni e Polo. Il mercordì il servitor suo di Alessandro giovane di 20 anni nominato Ettore d’Ancona venne a vedermi et mi domandò come stavo, li risposi che stavo un poco meglio a quello che ero stato il giovedì mattina, poi ritornò a vedermi, et mi portò una lettera che l’haveva scossa alla posta, che mi veniva dalla casa; il venerdì mattina poi io mi levai di letto, et su le 19 hore andai là dal Parasio a veder quello che saria, come stava, et lui quando mi vide disse: ben Hieronimo che fai, come stai, siei guarito? De lì poi un poco mi dimandò se volevo niente in Ancona, et che stesse allegramente che haveria detto a mio padre, che mi mandasse denari et che opererebbe che io sarei presto rimesso del mio bando, che mi fu dato sono due anni per causa di certi banditi, che erano stati in una mia possessione. Quando fui da lui vidi che stavano imbrogliati come sgombrando la casa di sedie, banchette et altro, et vi era quel prete là da basso col ferraiuolo intorno che passeggiava solo et non vidi altri, et mi fermai poco, che mi partii licenziato da lui, che mi disse che stessi allegramente, et che pregassi Dio per lui, et andai ad una camera locanda da Madonna Antonia che sta qui al ponte dei Fusari, et mentre fusse in casa intesi con aviso che era stato ammazzato un nipote del Dose, et questo fu detto da quelle donne là di casa: la matina poi susseguente che fu sabato venni alla volta di San Marco et intesi che era stato dato delle stillettate ad un frate, et che non si sapeva chi; era stato veduto uno che haveva la barba rossa; all’hora dissi dentro di me ohimè, che questo della barba rossa non fusse quello che era col Parasio, perchè esso Parasio tenivaà dui huomini con lui, che può esser più di un mese e mezo, uno di essi che è questo dalla barba rossa, ha nome sergente Giovanni da Fiorenza, huomo di persona non molto alta, grosso, vestiva con un ferraiuol nero di lana, un giuppon bianco di tela rigata, un par di brachesse di mezza lana di color verde, scarpe nere et mi par certo che l’havesse un colletto di cuoio nero, et questo è rolato in una delle compagnie, che va sopra li [p. 27 modifica]bertoni; l’altro poi, è un Pasquale da Bitonto, ha servito il capitano Giovanni Troglioni d’Ancona in Padoa, dove si fece cassare, huomo di età d’anni 32 incirca, di giusta statura, grasso, barba nera non molto lunga, e capelli neri, in dosso giuppone di ferandina negra et di sopra una vestina di cotton nero, un paro di braghesse di ferandina nera, capel nero, et ferrariolo di cotton tutto rotto sfrattato. Et interrogato rispose: habitava Pasquale verso San Stefano ch’io so la porta, ma non so di chi sia la casa dell’habitation de Giovanni, io non lo so. Interrogato, rispose: il Parasio li dava dei soldi quanto li bisognava per il viver et intertenir meco loro. Et come ho detto non vedendoli più giù dico che loro habbino commesso questo delitto, non vedendo più nè Alessandro nè altri e tanto maggiormente mi sono confirmato in questo, quanto che ho sentito a dire che sono stati chiamati in scola Ridolfo, Alessandro et un prette, onde son venuto ad appalesar tutto quello che io so in questo fatto et nominar li suddetti due homini, si per haver l’impunità come per eseguir qualche beneficio, se così parerà allo Signorie Vostre Eccellentissime che son povero giovine consumato per questa malatia.

Relectum Confirmavit.

«A dì detto. - Pasqua mogier di Gasparo Sanson habita a San Samuel nella casa del chiarissimo Signor Hieronimo, felanora di ago, di seta et quel che possa. Monita et interrogata, Havete questi giorni alloggiato alcuno forestiero in casa vostra? Rispose: Segnor sì. Et dictum, Chi havete alloggiato, respondit: Pasqual. Et dictum, Chi è questo Pasqual? descrivetelo; respondit: l’è un uomo bassotto con una faccia larga, ben formato di gambe, con barba più presto negra che altramente. Interrogatus, respondit: el vestiva poveramente, l’era vestito di cotton, l’era soldato et l’andava dietro al Capitano Signor Antonio Roman che scampò via da Rovigo fino a questo inverno. Et dictum. Sapete il cognome di questo Pasquale, o la sua patria, respondit: Signori no, in verità. Interrogatus, respondit: Venne nel principio di settembre da Padoa, et mi dimandò di venir a dormire in casa mia per due o tre notte, et vi venne tre o quattro notte, e dormiva sopra una cassa vestito. Et poi io andai fuori che credo domani sarà un mese. Et dictum. Quando venisti di fuori? respondit: sarà domani otto giorni. Et dictum. Dopo che sete venuta a Venetia, elo stà più a casa vostra? respondit: Illustrissimi Signori no. Et dictum: L’havete più veduto in nessun luogo, respondit: Signori no. Et dictum: Sapete di lui alcuna cosa, dove sia stato dapoi, respondit: Non so su l’anima mia. [p. 28 modifica]Et dictum, Havete sentito dir chel sia stato ultimamente in alcuna question? respondit: Signori no in verità.

Super generalibus recto. Relectum confirmavit et iuravit. Monita de silentio.

«1607, 8 Ottobre. - Giovanni Corder, quondam Cesare, di Venetia habita al ponte del carozzer a San Zuane in bragora marinaro, che al presente va rombazo col nobil homo ser Hieronimo Meramo capitano delle navi, del qual Corder era stato riferito, che habbia in certo ragionamento dette alcune cose, che meritano, nel presente caso del padre Mastro Paolo dei Servi, essere havute in consideratione, monito et interrogato se è stato ultimamente a Roma, quando et quanto tempo, e per occasione di che vi è stato, rispose: Vi son stato con occasione del mio ritorno qua da Napoli che vi gionsi i primi giorni del mese di luglio passato, et me vi fermai fino nelli ultimi del medesimo mese alloggiato ad una camera locante al popolo. Et dictum. Havete havuto in quel tempo in Roma ragionamento pratica di mercanti, o preti di questa città? respondit: Io hebbi ragionamento col signor Ridolfo Poma, il quale trovai un giorno per transito in piazza Navona et lo salutai et mi menò con lui fino alla camera dove stava per mezo l’hosteria della posta di Roma in strada di Ponte Sant’Angelo che era molto tempo che non l’haveva visto, anzi restò stupefatto ch’io l’havesse conosciuto, perchè era vestito ad una certa livrea da campagna di cavalcar, et così li dimandai che v’è di novo, havete qualche travaglio? Respondit di no, et che passa a Napoli per andar poi a Bitonto da un suo figliuolo, che credo sia mercante; et havendolo dimandato come stavano li miei, per allora non dicessimo altro, se non che mi disse, che voleva poi ritornar a Venetia, et che mi lasciasse a vedere, et era solo. Andai poi il giorno dietro et nella strada di Ponte lo trovai che l’andava verso San Pietro et con lui un prete dei nostri venetiano, prete vestito lascivo, giovine magro di circa 28 in 30 anni, poca barba negra, ben formado, piuttosto di statura alto che altramente. Et dictum. Come si chiamava questo prete? respondit: L’ho ben sentito nominare, ma non me lo ricordo. Et dictum: Come lo conoscesti per venetiano, l’havete veduto in qualche chiesa qua a Venetia, o come? respondit: Non lo haveva veduto qua in luogo alcuno, che mi ricordi; ma il Poma mi disse: questo è nostro venetian, e mi me l’offersi se il me voleva comandar qualche cosa per Venetia; mi disse che gran mercè et che haveriano scritto per il corriera per la posta. Et dictum, vedete da ricordarvi el supra nome, respondit: non mi sovvien veramente, et gli ho poi veduti molte volte sempre insieme, et vi era con essi [p. 29 modifica]anco un certo bassotto con barba rossa, traccagnotto, toffolotto di passa 40 anni, credo fusse servitor del Poma, perchè el spendeva, et il Poma li comandava, et haveva le mani piene di annelli. Et dictum, Come havevalo nome? respondit: non so in verità. Et dictum: havete sentito voi qualche ragionamento che havessero insieme il Poma e quel prete? respondit: parlavano tra di loro; io stava discosto, et non poteva intender di che ragionassero. Et dictum. Dove solevano capitar più frequentemente? respondit: in banchi tra mercanti là a Ponte. Et dictum. Andavano a palazzo o alla casa di qualche cardinale che voi gli abbiate veduti, ovvero che vi sia stato riferito? respondit: Li ho ben veduti a San Pietro, ma non mai da cardinali nè in palazzo da basso nel cortile, credo due volte, dove passeggiavano insieme con altri di quei preti della corte, ma mi non li dimandavo cosa alcuna, anzi mi meravigliava, che ’1 si fermasse il Poma tanto tempo in Roma sempre vestito di quell’habito, havendomi detto che l’era per andar a Napoli, nè mai el partiva, di modo che 1o lasciai in Roma. Et dictum, Quando partiste vi ordinalo alcuna cosa? respondit: non mi disse altro il Poma se non che andasse a buon viaggio che presto ci saressimo veduti a Venetia, nè mi disse manco che salutasse alcuno; col prete poi io non ho havuto alcuna famigliarità, et neanco lui mi ha detto niente. Et fatte altre interrogationi, rispose non saper altro.

Super generalibus recte. Relectura confirmavit et iuravit etiam de silentio.

«Il Serenissimo Principe fa saper, et è per deliberation dell’Eccelso Consiglio di X fatta l’hora presente.

«1607, 9 ottobre. – Pubblicata sopra la scala di San Marco et di Rialto et su il campo di Santa Fosca per Battista Brunoro comandador a hore 23: Che Giovanni da Fiorenza figliolo di Paolo, huomo di commune statura, con occhi varri e barba rossa; rolato già nella compagnia del Governator Bortolo Nievo vicentino destinato sopra le navi per Soria, et Alessandria, et fallito di essa compagnia, e

«Pasqual da Bitonto, d’anni 32 in circa, di ordinaria statura grasso, con barba nera e capelli neri solito già servir nella compagnia del capitano Gioan Troglioni d’Ancona in Padoa.

«Imputati che trattenuti per molti giorni da Alessandro Parrasio d’Ancona, che habitava nella casa di Ridolfo Poma a Santa Giustina per trattar et esseguir l’infrascritto atrocissimo delitto, fomentati et spaleggiati da altri per questo fine, habbino per le scelerate cause, che apparono nel processo, ferito di stilo appostatamente et proditoriamente, per comission d’altri il giorno di venerdì 5 del presente mese intorno l’hore 23, di tre gravissime [p. 30 modifica]e penetrantissime ferite nella faccia e nel collo il reverendo padre mastro Paulo dell'ordine de Servi, theologo della serenissima Signoria, con intention di levarli la vita, havendo anco dopo sbarate due archibusate, fuggendo poi col mezzo di gondole e pedotta apparecchiate a questo fine, et salvandosi in luochi di aliena giurisditione et come nel processo formato, debbono in termine di hore vinti quattro prossime, personalmente presentarsi alle prigion dalli eccellentissimi Signori Capi del predetto l’eccelso Consilio per difendersi dalle cose predette; altrimenti, passato detto tempo, si procederà centra di loro la sua absentia non ostante.

«Il Serenissimo Principe fa saper, et è per deliberation dell’eccelso Consiglio di X, del giorno d’hoggi.

1607, 6 ottobre Fu pubblicata sopra la scala di S. Marco per Alvise Tervo commandador;

Fu pubblicata sopra la scala di Rialto per Zuane Brunello commandador;

Fu pubblicata sopraddetta in campo di Santa Fosca per Francesco Bonaldo commandador;

Che chi accuserà in termine de tre giorni al tribunal delli Capi del predetto Eccelso Consiglio, chi siano stati quelli scellerati oltre quelli, che sono stati proclamati, che hanno a 5 del presente mese alle 23 in circa, sopra il ponte de Santa Fosca ferito di stillo il Padre maestro Paulo servita; preso, convinto, et castigato uno almeno delli rei di pena capitile sarà tenuto secretissimo, et conseguirà ducati quattro mille delli beni del delinquente, se ne saranno, se non delli danari della cassa di questo Consiglio deputati alle taglie, et di più la liberation di doi banditi, o relegati, o continanti in pregione da qual si voglia reggimento, magistrato o Consilio etiam che fossero banditi, relegati o condnati da questo Consiglio con l’autorità, o per delegatione di esso, eccettuati però quelli che nelle loro sententie havessero strettezza di ballotte, et se fosse uno de’ complici, ovvero di proclamati, anco l’impunità oltre la taglia et benefizii predetti, et se alcuno sia di che grado, et condition esser si voglia niuno eccettuato saprà dove si siano retirati, sia in qualunque luoco, ovvero chi li ha riceuti, et salvati in casa sua, o in altro luoco, et non venghi in termine de tutto domani a denontiarli alli capi predetti s’intendi incorso in bando di questa città di Venetia, et dogado, et di tutte le altre città terre et luoghi del dominio nostro terrestri et marittimi, navilii armati, et disarmati in perpetuo con pena, essendo preso della vita et con taglia a chi quello prenderà, et consegnerà nelle forze della Giustitia ovvero amazzerà dentro li contini, fatta legittima fede della interfetione, de ducati mille delli suoi [p. 31 modifica]beni, se ne saranno, se non dalli denari della cassa di questo consiglio deputati alle taglie, et tutti li suoi beni siano confiscati, et applicati spetialmente alla taglia.

«In lettere di Padoa del 9 ottobre 1607. - Dal padre fra Adriano Lonigo prior di Sant’Agostino de Domenichini et da fra Hippolito Grompo sagrestano ambi Padoani s’è inteso:

«Che verso il fine di luglio passato gionse qui al loro monasterio il padre fra Giacomo Torsi da Udene loro provinciale, che veniva da Roma et con esso era Ridolfo Poma venetiano con lettere patenti del loro vicario generale residente in Roma, che è padre Lodovico Stella spagnolo, che di ordine del signor cardinal Borghese prottetor della loro Religione lo raccomandavano caldamente a tutti li priori ove capitasse, mostrando con parole molto affettuose, che questo soggetto fosse molto caro al signor cardinale et a monsignor Soana, le qual lettere il provinciale mostrò ad esso priore, ma le ritenne poi appresso di sè; «Che esso Poma stesse otto o dieci giorni alloggiato qui nel loro monasterio, et vi fece anco il primo giorno di agosto, et mangiava in foresteria, la maggior parte con il provinciale, havendogli fatta compagnia anco il priore, vedendolo raccomandato così caldamente da’ suoi superiori;

«Che era solo senza servitore quando gionse, ma doppo haver scritto a Venetia vennero quattro a ritrovarlo, quali havevano le sue spade, et uno di essi era anconitano, et uno furlano, et questo furlano era un Francesco Malurana mercante da malvasia in Venetia, habita a Santa Giustina, piccolotto, di buona vita, et che sapevano anco il nome dell’anconitano, ma non se lo raccordano, ma era huomo piuttosto grande che picciolo, di brutta ciera, barba negra, raso dalle bande, con qualche pollo canuto nel mento, et mostacchi ritorti; il terzo era un figliuolin piccolo di esso Poma nominato Ruffino, et il quarto un servitor pur di Poma che alloggiarono anco essi in monasterio tre o quattro giorni, et poi si partirono per Venetia restando il Poma tuttavia a Padova, et andarono con carezza a posta;

«Che il provinciale ragionava spesso con il Poma et talora anco a parte retirati;

«Che esso Poma diceva di esser stato a Roma, et chel Signor cardinal Borghese et monsignor di Soana erano suoi gran padroni, offerendosi ad essi padri di favorirli appresso in quei stati;

«Che visitava tallora quando in vescovado quando al monasterio di San Giovanni di Verdara il padre maestro Honorato napolitano vicario episcopale;

[p. 32 modifica]«Che haveva un gran plico di lettere tra lo quali diceva haverne alcune del cardinal Borghese, che a nome di Sua Santità lo raccomandavano caldamente al vice re di Napoli ove diceva di haver da ricuperar cinquanta o sessanta milla ducati;

«Che dopo il primo di agosto cinque o sei giorni si partì il Poma doppo vespero in carozza con il padre fra Zuanne Saniuto di Rovigo compagno del padre provinciale et con essi venuto da Roma, dicendo esso Poma di voler ritornar a Padova fra pochi giorni, et che allora andava a Venetia;

«Che per doi o tre giorni esso Poma, per quanto disse, aspettò qui uno, che diceva dover venir da Ferrara et che havendolo aspettato l’istesso giorno che parti fin doppo vespero et non essendo comparso, montò poi in carozza et se ne andò a Venetia;

«Dal padre maestro Honorato da Napoli vicario episcopale suddetto et da Don Arcangelo Oddo padovano abbate del monasterio di San Zuanne di Verdara di Padoa, de canonici regolari a Venetia, si intende, che il Poma quando venne da Roma col provincial de domenichini fu a ritrovar essi padri maestro et abbate, al qual abbate anco portò lettere di Don Arcangelo da Milano abbate di Roma et procurator generale della religione, le quali da esso abbate si sono havute, et si mandano con queste, che di ordine di monsignor illustrissimo di Soana prelato carissimo a Sua Santità gli raccomandavano esso Poma, il quale con due o tre servidori haveva da trattenersi in questa citta per negotii che teniva in questi contorni come in esse lettere; che allora non si valse dell’alloggiamento, ma che già dieci giorni in circa ritornato a Padova andò ad alloggiar là, dicendo ch’era venuto per metter alcune figliuole in monasterio, et che gli prestarono la carozza da condurvele; ma che la prima volta che fu col provincial a Padova, trattò con ditto vicario di metter queste figliuole, il qual gli rispose che non poteva farlo senza hordine del cardinal Gallo capo della congregatione de vescovi, et de regolari, le quali poi gli ha portate quando venne ultimamente;

«Che ha poste queste flgliuole, che sono tre, due in San Prosdocimo a spese, et una nella Misericordia per monacare, et che delle due prime, l’una è zoppa et l’altra gobba et che ha havuto il mezo d’un prete da Venetia, che era qui con lui, et diceva di esser stato confessor di Santa Giustina, col qual esso padre vicario che fece risentimento perchè havesse trattato questi negotii con le monache senza sua saputa;

«Che alloggiò una notte nel suo monasterio, et poi vi lasciò un suo figliuolo piccolo et un suo nipote alquanto maggiore, li quali vi sono stati otto o dieci giorni, soli senza alcun altro, et heri [p. 33 modifica]mattina, che fu 8 del presente partirono in carozza per Ferrara, essendo la carezza andata a levar li loro tamburi con le robbe al monasterio, et il carozziero disse che vi era un altro gentilhuomo che aspettava alla porta per andar anco esso con loro. i:t da alcuni altri frati del medesimo monisterio et dal Portinaro vien dotto che li figliuoli heri mattina andarono col vicario a pigliar la fede della sanità prima che menassero in carezza. Et che il Poma con un servitore vi fosse un’altra volta già venti giorni in circa a una, et a dormir due notti, di che dimani si procurerà di haver maggior certezza.

«Dalla madre abbadessa del monasterio di San Prosdocimo, et da alcune monache figliuole che furono di ser Alvise fu di ser Dona Corner, la madre delle quali è maritata già molti anni qui in Padova in secondo matrimonio nell’eccellente medico Negro, si ha: Che già quindici giorni col mezzo di esse comare, così richieste dal Poma con sue lettere, accettarono nel monasterio a spese le duo figliuole del Poma, l’una giovine di sedici anni nominata Hippolita , et l’altra Betta d’anni quattordici, et oltre di queste anco una putta di anni otto nominata Laureta, figliuola di una figliuola di esso Poma maritata in un napolitano, che si credo abbia nome Zuanantonio;

«Che sono accordato in ragion di ducati cinquanta per una all’anno, un miria di oglio et quattordici lire di sappone. Che esso Ridolfo gli ha contato tutto il danaro in cinquanta scudi d’oro, et il resto in Ferdinandi et Zanfroni.

«Interrogate se sia interposto alcuno altro in questo negotio, dicono di no.

«Che il Poma ha una nenza45 di sorella maritata qui in Padova in Anzolo Mier nodaro habita a San Bortolomio.

«Dalla reverenda madre Abbadessa della Misericordia si ha:

«Che a 21 di settembre passato fu accettata alla prova por monacar in detto monastiero Lucieta figliuola del soddetto Poma di anni 14 con dotte, per istromento fatto per mano di domino Antonio Mazo nodaro, di ducati ottocento, havendo trattato di farle accettare il padre maestro Honorato vicario episcopale; ma dice l’abbadessa che voleva doi mille ducati di dotte, et che almanco ne vorrà mille.

«Ha esborzato il Poma per le spese ducati cinquanta et lire dodici per legne all’abbadessa; la qual afferma, non esser stato fatto alcun altro esborso de denari, nè essersi interposto alcun altro per farla accettare.

» Alli Illustrissimi et Eccellentissimi Signori, Signori Colendissimi li Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di X.

[p. 34 modifica]«Habbiamo voluto saper hoggi più particolarmente dal padre maestro Honorato, et da altri padri di San Zuanne di Verdara, se il Poma veramente fusse anco già alquanti giorni oltre questa ultima volta ad alloggiare in quel monastero, et siamo certificati de sì, che quando il Poma venne et alloggiò come è scritto, in Sant’Agostino portò due lettere da Roma di quel loro abbate procurator generale in sua raccomandatioue l’uno a questo generale, et l’altra all’abbate; ma chel generale, avuta la sua parte, onde l’abbate mandò il predicator bolognese a trovare il Poma a Sant’Agostino, et ad offerirli il monasterio, et invitarlo, benché allora mandasse, chel Poma venne a Venetia, et de lì a pochi giorni ritornò et alloggiò dui giorni nel loro monasterio et che fu all’hora, che trattò col padre maestro Honorato vicario episcopale di metter le figliuole nelle monache, et che esso padre maestro li disse, esser necessario haver ordine del cardinal Gallo, come capo della Congregatione et de Regolari, del qual poi ultimamente portò lettere, et messe le figliuole nei monasteri suddetti nella qual ultima volta che condusse le figliuole haveva de gli altri in sua compagnia, fra quali credono che fusse il servitore, se ben dopo haver posto gli altri a tavola, si sentava anch’egli a mangiar con loro, ma non si sanno descriver le qualità delle persone. Che furono i figliuoli, che si trovarono la carezza a nollo nella piazza della Paglia per Ferrara; in che si adoperò il padre maestro Honorato, che se si abbatè a caso in questo solo, che non havendo essi denari si contentasse il carroziero di ricever in Ferrara il suo pagamento; essendo venuto, come si scrisse, a levarli un giovine non conosciuto da loro che è quanto ci occorre soggiungere all’informatione che più copiosa le abbiamo questa mattina inviato per corriere espresso. Gratia ec.

Di Padoa, li 10 di ottobre 1607.

Li Rettori.          


«1616, 20 ottobre. - L’Illustrissimo signor Giacomo da cà da Pesaro consigliero rifferì di haver la matina del sopradetto giorno trovata buona opportunità, et haver conforme alla risolutione precedentemente presa con gli illustrissimi signori Andrea Minotto et Piero Morosini inquisitori di Stato suoi collega, detto al molto reverendo padre maestro Paolo Servita, consultor in iure della serenissima Repubblica, con ogni maggior circonspetione essersi saputo per via certa e sicura, che venerdì passato 14 del mese presente ragionando insieme due paggi del signor Ambasciator di Spagna in casa sua, ha detto uno di essi nominato Ruberto che cammina male, et sempre va lui solo in qua in là por la città, chel martedì mattina precedente ritrovandosi in Rialto in quella moltitudine, fra [p. 35 modifica]Paolo lo haveva incontrato et due volte gli era anato innanzi et che la gli era venuta molto bella di darli due o tre stillettate là in una prescia, che l’altro paggio rispose in spagnolo, e disse mo no valo sempre accompagnato, intendendo che vanno armati, e portano anco delle pistole; et il primo bave va soggionto, mi non ho paura di sue pistole, li vado innanti, me li caccio appresso e li do due, o tre colpi, e vòlto via e come vi sono molte persone è molto meglio, o veramente portar due ferraluoli quello di sopra più longo, et fatta la botta lasciarlo e fuggirlo col più corto, et così non si saria conosciuto, et non è mancato un tantino.

«Et che esso illustrissimo Pesaro havea soggionto, che por l’amor che si porta a sua signoria molto reverenda et continuo desiderio della sicurezza et conservatione della sua benemerita persona, s’era stimato bene confidentemente conferir con lei solo questo tutto che se n’era inteso, affine che informata potesse per ogni buon rispetto camminar sempre in ogni luogo con quella cautella et avvertimento che parerà alla sua prudenza; et che se si fosse stimato di far anco meglio il suo servitio si sarebbe di ciò dato parte dove avesse bisognato, ma per adesso si era creduto, che tanto potesse bastare. Che dal padre maestro Paolo fu risposto in modo, che mostrò grandemente stimar l’avviso, et rendendone humili et affettuose gratie, haveva detto, che li riusciva molto più caro, che quanto gli era stato, come di sopra riferto, si tenesse con tutta la secretezza possibile, poichè non vedeva, che si potesse, per la sicurezza della sua persona, haver preso miglior risolutione, che aver informato lui del successo, perchè nell’avvenire applicherà per suo interesse maggior cura alle cose sue, seben disse, a questo modo, hormai mi bisognerà guardarmi da ogn’uno. Et che l’illustrissimo Pesaro con parole officiose et affettuose li mostrò piacere che nel comunicarli quanto è predetto si fusse incontrato il suo gusto, et li confirmò che sempre si abbraccerà, et userà volentieri ogni occasiono di procurarli ogni maggior sodisfatione.

«1616, 29 ottobre. - Venuto la mattina del sopradetto giorno il molto reverendo padre mastro Paolo servita all’officio degli eccellentissimi Signori capi doll’eccelso Consiglio di X che già erano partiti, et quasi anco ogn’altro da palazzo, e trovato me R. Camino secretario mi disse ch’io doveva saper il ragionamento benigno e cortese, che ultimamente l’illustrissimo signor Giacomo da cà da Pesaro consiglier inquisitor di Stato gli haveva tenuto di alcune parole, che s’erano della sua persona sentite proferire da un paggio dell’ambasciator di Spagna, che però era venuto a dirmi che dopo quell’avvertimento esso haveva procurato di far riconoscere dalli suoi quel paggio, et che essendosene della sua persona [p. 36 modifica]certificati gli haveva commesso, che se lo vedevano mentre lo accompagnavano glielo mostrassero, perchè potesse anch’esso conoscerlo; et che giovedì mattina 28 del presente, mentre partito molto tardi da palazzo secondo il suo ordinario se no andava in Merzaria, nell’imboccar l’orologio fu avvertito da chi lo accompagnava , et mostratogli il paggio sudetto, che assai lontano solo se ne veniva per Merzaria all’incontro loro, et che sebben ebbe ogni comodità di ben raffigurarlo, non mostrando però di metter mente a lui continuando la sua strada, osservò chel paggio lo teniva sempre guardato assai fissaniente, s’incontrò in lui per mezzo la strada a punto della Spadaria, e trapassati fu veduto il paggio tre o quattro volte indietro rivoltarsi, fino che, camminando, voltò per sotto li portici, che vanno a San Geminiano. Et nel proferire questo successo dava qualche segno di quella commotione del suo animo che poi chiaramente anco espresse, dicendomi che sebbene dalla presenza e dalle sgratissime qualità del paggio, che non si può quasi dire peggio, non si può nè anco immaginar che li bastasse l’animo di far molto meno di quello che haveva detto; non vuol negare, che la memoria delle parole intese dall’illustrissimo Pesaro, con l’improvvisa veduta di costui non li causasse un poco di moto, seben non poteva esser timore, è troppo mal conditionato per mettersi a nessuna impresa, con tutto che porti un stillo scoperto e dinanzi la vita, che pare preparato per prontamente porvi sopra la mano per ferire, che è ben cosa che fa fastidio; et disse appresso , che dalla strada, che costui faceva allora, haveva fatto giudicio, che l’andasse da certa donna, che acconcia collari, et sta sotto li portici in piazza, dalla quale è solito frequentemente capitare. Et di tutto questo successo disse havormi voluto informare perchè ne potessi far relazione agli illustrissimi signori inquisitori di Stato, con molte parole di riverente e devotissimo ossequio.

«Cosi dissi a Sua Signoria che haverei anco essequito, mostrando piacer, che da lei fussero graditi tutti i segni di fattione e di stima, che da gli eccellentissimi signori inquisitori distato li sono dati, et che l’avvertimento loro causasse questo buon effetto di tenerla eccittata nella buona cura di sè stessa, seben anco dissi, che forse non è credibile, che l’andasse in certo modo pubblicando simili. eccessi quando si avesse animo di commetterli, ma che non si deve per questo trascurar nelle cose importanti i buoni avvertimenti.




Note

  1. Una maschera.
  2. Vestire de coròto, vale: A bruno.
  3. Piglia piglia.
  4. Sparò.
  5. Di manica larga.
  6. Assassini.
  7. Un ragazzo.
  8. Guarda guarda
  9. Si cacciò.
  10. Le piccole vie di Venezia.
  11. Giù.
  12. Gomito.
  13. Guardate.
  14. Seggiola.
  15. Prendi.
  16. Dietro.
  17. Piatta.
  18. Cariche.
  19. Traccia.
  20. Scarno
  21. Cenciaio v. rigattiere.
  22. Hai tu.
  23. Orefice.
  24. Pantaloni.
  25. Ferraiuolo.
  26. Giubbone. Era un abito stretto, corto, senza bavero.
  27. Sai od hai tu?
  28. Peota è una barca piuttosto grande, coperta, ed a più remi.
  29. Pescatore.
  30. Padrone.
  31. Lido.
  32. Paffuto.
  33. In fretta.
  34. Solare, qui corrisponde a piano.
  35. Allora allora.
  36. Nipote.
  37. Non si aprì la porta.
  38. Speziale.
  39. Bresciano.
  40. Panno di color rosso.
  41. Zio.
  42. Riscuotere.
  43. Butterata.
  44. Martedì.
  45. Nipotina.