Viaggio sentimentale di Yorick (1813)/XXXVIII

XXXVIII. La fille-de-Chambre

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXXVIII. La fille-de-Chambre
XXXVII XXXIX

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XXXVIII. LA FILLE-DE-CHAMBRE1

parigi


Il discorso del vecchio ufficiale sui viaggi mi ricondusse la mente alla lezione di Polonio al suo figliuolo su lo stesso soggetto2 — e Polonio ad Amleto; e Amleto alle opere di Shakspeare; cosicchè nel tornarmi a casa mi fermai al quai de Conti a comperarmene un’edizione.

Il librajo mi disse che non ne aveva — Comment! rispos’io, pigliandomi un tomo d’un’edizione schierata sul banco — Rispose, che gli fu [p. 115 modifica]data da legare, e che anzi domattina la rimandava a Versailles al conte de B***

E il conte de de B*** legge Shakspeare?3C’est un esprit fort, replicò il librajo — ed ama i libri inglesi, e quel che più gli fa onore, ama anche gl’inglesi, monsieur. E voi parlate così garbato, io soggiunsi, da obbligare un inglese a spendere un pajo di louis d’or alla vostra bottega. Mi s’inchinò, e rispondeva — ma una giovinetta polita di forse vent’anni, e che al contegno e alle vesti pareva la fille-de-chambre d’una [p. 116 modifica]divota qualificata, entrò a chiedere les Egaremens du coeur et de l’esprit4: il libraio le diede subito due volumetti; ed essa, slacciando una borsellina di raso verde ravvolta d’un nastro dello stesso colore, e mettendovi il pollice e l’indice, trasse il danaro e pagò. Io non aveva a che più rimanermi nella bottega, e m’avviai seco fuor della porta.

E che c’entrano, o giovinetta, le dissi, i traviamenti del cuore, con voi, con voi che appena sapete d’averlo? e se prima l’amore non te ne avverte, o un infido pastore non te lo faccia dolere, puoi tu accertarti che tu l’hai il cuore? — Dieu m’en garde! disse la fanciulla — Ed hai ragione, le dissi — che s’egli è buono, sarìa peccato a rubartelo; ed è il tuo tesoretto, e abbellisce l’aria del tuo volto più che s’altri te lo adornasse di perle.

La giovinetta ascoltavami con attenta docilità, e teneva in quel mentre la sua borsellina di seta — La è pure piccina, diss’io, toccandola nel fondo — la fanciulla me la sporgeva — e c’è pur poco qui dentro, mia cara; ma siate buona come siete bella, e il cielo ve la riempirà. Io mi trovava in mano parecchi scudi da pagare l’edizione [p. 117 modifica]di Shakspeare; e poichè mi trovai in mano anche la borsellina ve ne misi uno, e rannodando il nastro la resi alla fanciulla.

E la fanciulla corrispose con una riverenza più modesta che umile — uno di que’ placidi atti di grazie accennati appena dalla persona, ma ne’ quali l’animo si piega riconoscente. Nè so d’aver dato mai scudo ad una ragazza nemmeno con la metà del piacere d’allora.

I miei consigli, mia cara, le dissi, non vi varrebbero una spilla, s’io non gli accompagnassi di questo regaluccio: vedendolo, ve ne sovverrete — però, mia cara, non dissipatelo in nastri.

Davvero, davvero, signore, risposemi affettuosamente la giovinetta, io non soglio fare così — e mi porgeva la mano, come s’usa ne’ lievi contratti d’onore — e mi ripeteva — En verité, monsieur, je mettrai cet argent à part.

Un virtuoso patto tra uomo, e donna santifica ogni loro solitario passeggio: e poichè la nostra strada ci conduceva tutti e due lungo il quai de Conti — noi, sebbene soprarrivasse la notte, ce n’andavamo senza scrupolo facendoci compagnia.

Ma nell’avviarci, la fanciulla tornò a farmi una riverenza; e non si era dilungata meco venti passi dalla bottega, ch’essa, quasi non m’avesse [p. 118 modifica]debitamente ringraziato, si soffermò per ripetermi — che mi ringraziava.

È un tenue tributo, le dissi, ch’io doveva offerire alla virtù: e non vorrei, per quanto v’è nel mondo, avervi pigliata in iscambio — ma io, o giovinetta, io ti ravviso l’innocenza sul volto — e tristo colui che ordisse un laccio a’ suoi passi.

La giovinetta a queste parole si lasciò vedere alquanto commossa; e a me parve d’udire un sospiro — ma io non poteva arrogarmi di chiederne conto — nè più dissi parola sino al canto della rue de Nevers ove dovevamo dividerci.

— Ma si va egli di qua, mia cara, le dissi all’hôtel de Modène? Rispose, che sì — benchè, soggiuns’ella, vi si vada anche per la rue de Guenégaud — che è la via dopo questa — Adunque piglierò quella via, replicai; sì per mio piacere, sì per proteggervi quanto più a luogo io potrò della mia compagnia. La giovinetta sentì la mia cortesia — E vorrei, disse, che l’hôtel de Modène fosse nella rue de SS. Pères — Ci state di casa? diss’io — Risposemi, ch’era fille-de-chambre de madame de R*** — Bontà divina! esclamai; la dama appunto a cui reco una lettera d’Amiens — E credo, tornò a dir la fanciulla, che madame de R*** aspetti un forestiero, e le pare mill’anni — [p. 119 modifica]Pregai dunque la giovinetta che presentasse a madama i miei complimenti, e le dicesse, ch’io la ossequierei domattina senz’altro.

Così discorrendo e stando sempre sul canto della rue de Nevers — ci siamo fermati un altro pochino, tanto ch’ella disponesse un po’ meglio i suoi egaremens du coeur ec. che le impedivano le mani — mi presi il primo tomo fino a che ella si riponesse in tasca il secondo; poi mi sporgeva aperta la tasca, ed io vi feci star l’altro.

Ed è pur dolce il sentire con che finissime trame gli affetti nostri si vanno vicendevolmente tessendo!

Ripigliando il cammino, la fanciulla dopo tre passi s’appoggiò col suo braccio sul mio — ed io stava già per offerirglielo — ma se lo prese da sè; e con semplicissima spontaneità, come se non potesse entrarle in capo ch’essa non m’aveva mai sino allora veduto.

Quanto a me, fui vinto ad un tratto di tal sentimento di consaguinità, che mi fu forza di volgermi a considerarla in viso se mai vi raffigurassi alcun aria di famiglia — Poh! dissi; e non siamo noi tutti parenti?

Giunti al canto di rue Guénégaud, ristetti per dirle addio davvero: la giovinetta volea pur [p. 120 modifica]ringraziarmi della compagnia e del favore — e disse addio, e ridisse addio — e le ridissi addio: e il congedo fu sì cordiale che altrove io l’avrei suggellato d’un bacio di carità, caldo e santo come quel d’un apostolo5.

Ma in Parigi i baci non si costumano che tra uomini6 — però le diedi l’equivalente — augurandole la benedizione di Dio.


Note

  1. Vedi la postilla a questa voce: capo xxviii.
  2. Personaggio dell’Amleto: vedi atto i. sc. 3.
  3. Questi era il conte di Bissy tenente generale, e uno dell’accademia francese: e forse Yorick si meravigliava che ardisse di leggere Shakspeare, perchè intorno a quel tempo Voltaire dal suo volontario ostracismo in Ferney tiranneggiava con dissertazioni, lettere, memoriali e libelli i suoi fratelli accademici perchè scomunicassero Shakspeare e impetrassero dal re che le tragedie inglesi, ch’ei nondimeno imitava (vedi il Cesare di Shak. e di Volt.) fossero arse dal manigoldo, e che il misero La Tourneur che stava allor traducendole, e il librajo che s’apparecchiava a stamparle venissero per grazia speciale mandati solamente in galera (vedi il carteggio di Volt. con d’Alembert). Dio perdoni i peccati d’invidia, di dittatura letteraria e di raggiro a Voltaire, che del rimanente era un gran valent’uomo; e Dio faccia ravvedere i maestri miei che vorrebbero impacciare i Principi in sì puerili contese.
  4. Romanzo di Crebillon figlio del tragico.
  5. Salutate invicem in osculo sancto. B. Petri epist. i. 5. 14.
  6. In Inghilterra il baciarsi tra uomini è atto nefando; bensì le donne baciano pubblicamente per atto d’accoglienza o di commiato gli uomini su le labbra: perciò il parroco parla con semplicità di animo del bacio che avrebbe dato altrove. Per altro quest’uso prevaleva anche in Francia due secoli addietro: La forme des salutations qui est particuliere à nostre nation, abastardit par sa facilité la grace des baisers — et nous mesmes n’y gagnons gueres; car pour trois belles il nous en faut baiser cinquante laides — et un mauvais baiser en surpasse un bon. Montaigne lib. 3, cap. 5: — e mi pare che non abbia ragione, per le ragioni ch’io so.