Atto primo

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Prologo Atto secondo
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ATTO PRIMO.


Virginia.


D
onna non credo sia sopra la terra

Qual più persegua ogni cielo ogni stella
     Di me ridotta in amorosa guerra
     Semplice, & in esperta damigella
     Amor nel petto mio scolpito serra,
     Una faccia crudel piu ch’el sol bella,
     Et cinto ha per accrescer le mie pene
     Me bassa, & vil d’altissime cathene:

Io d’Hippocrate fisico figliuola:
     Virginia infortunata in sempiterno,
     Amo Alessando che progenie sola
     Fù del Principe invitto di Salerno;
     Et quel che piu mio tristo spirito invola
     E che equale a lui me non discerno,
     Questa è pur cosa horrenda impia & proterva
     Che s’accenda del suo signor la serva:

So ch’io non son a la sua altezza equale,
     Misera lassa io lo conosco & veggio,
     Ma tanto è cieco amor tanto è mortale
     Ch’io vedo & lodo el meglio, & seguo el peggio
     Poi ch’al soccorso mio cosa non vale
     Amor per minor duol la morte chieggio
     Poi che mi sforza questo signor degno
     Con bellezza, virtu, gratia, & ingegno.

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Chi mira el mio signor notare in mare,
     Et romper l’acque col purpureo petto,
     Chi lo rimira un corsier cavalcare,
     Et girarlo ne l’aria a suo dispetto
     Chi lo rimira, o correre, o saltare,
     Cacciar le fiere o giostrar per diletto
     D’amarlo ha gran ragion, che queste prove
     Havren forza a levar sua sposa a Giove.

La chioma sua par quella d’Absalone,
     Di Ganimede el suo purpureo volto,
     Come chi rose infra viole pone,
     O qual rubino in bianco avorio avolto,
     Et per accrescer piu mia passione
     El poterlo vedere anchor m’è tolto,
     Che di qui sta lontana esta mia stella
     Col Rè Alphonso in Parthenope bella:

Ma chi è questo che dal destro corno
     Attraversa la via pronto & veloce?
     Ne si cura s’el Sole, a mezzo el giorno,
     Con impeto maggiore avampa & coce?
     Parlarli intendo, o mio Corriere adorno
     Ascolta alquanto la mia debil voce,
     Et dammi s’io ne son degna responso,
     Che fa la corte, & che fa el Re Alphonso?

Corriere.


Madonna presto la risposta spaccio
     Ch’el gran camin c’ho affar mi sprona & frange

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     Che de monti Riphei calcare el ghiaccio
     Intendo, & trappassare et Nilo e’l Gange.
     Sappi che una fistola ha nel braccio
     El Re Alphonso, & ogn’hor grida & piange,
     Et dubita sua vita non finisca.
     Che medico non trova ch’el guarisca.

Virginia.


Hor su forse che amor haura pietate
     Di me incauta sua fedel soggetta
     So che guari gia el mio padre Hippocrate
     Una Regina da fistola infetta.
     Io tengo quel liquor pien di bontate,
     S’io rendo al Re sua sanita perfetta,
     Di Salerno di poi che fia guarito
     Dimanderolli el Principe in marito:

Hor che farai, o Virginia infelice,
     Vuoi tu volare al ciel senza haver ale?
     A te haver tanto sposo non lice,
     Ma a qualche donna di sangue reale,
     Columba se, non te stimar Phenice,
     Maggior ruina fa chi troppo sale.
     Di quel trito proverbio habbi paura,
     Che misurato è, chi non si misura:

Ma se per sposa gia con gratie nove
     Hebbe Bacco Adriana al lito tristo
     Se gia amarno, & possederno Giove
     Due humil Nimphe Semele & Calisto,

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     Perche non debbo far l’ultime prove
     Per poter far del mio Principe acquisto?
     Chi ha rispetto assai, mai satia voglie,
     Et chi l’arbor non sal, frutto non coglie:

Starò richiusa qual vil feminella,
     Qual ha lagrime & strida sol per armi?
     Tanto mi stringe quella faccia bella,
     Ch’io dispongo, o morire, o contentarmi,
     Ma spero anchor che quella forte stella
     Mi potria scior, come pote legarmi,
     Che gia mi fa la sua forza infinita
     Sopra l’etate, & sopra el sesso ardita:

In casa andrò pel famoso licore
     El qual richiuso tengo in vaso d’auro
     Ch’al Re guarira el braccio, & a me el core,
     Et posseder farammi el mio thesauro,
     Qui non bisogna, o indugio, o timore,
     S’io voglio a danni miei, trovar restauro,
     Che ne suo servi amor, ch’è dio magnanimo
     Sollecitudin vuole, ingegno, & animo.

El Re di Napoli
essendo amalato dice cosi.


Poi chel sol quasi in Occidente è fitto,
     Et ombra porge ogni selva ogni sasso
     Fuor della terra al marittimo litto
     Piglian nostro camin con lento passo.

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     Forse linira el duol da cui trafitto
     E giorno & notte el miser corpo lasso
     Perche la spira ogn’hor, si soave aura
     Ch’ogni affannato spirito restaura.

Stendesi el regno mio Parthenopeo
     D’Apulia a salti, & di Lucania al monte,
     Et ha el mare Adriatico & lo Egeo
     Per termin suoi, & Grecia opposta a fronte,
     Ma che mi val? se questo dolor reo,
     Non tole el regno o le ricchezze pronte?
     Conosco ben, ma con mio danno espresso,
     Ch’io ho regno & thesor, ma non me stesso.

Italia, Gallia, Germania, & Egitto
     Fatto ho cercare, & nel tempio di Giove,
     Et dove Alcide sue colonne ha fitto,
     La steril Libia, ove mai tuona, o plove
     Lo Hidaspe, el Tago, & l’infelice litto
     Ove il magno Pompeo perse sue prove
     Et non ritrovo ad mia vita meschina
     Arte, herba, incanto, ingegno, o medicina:

Prin.O nobil Re in molte adversitate,
     Si vede se l’huomo ha molta prudentia:
     Quando incurabil sia l’infirmitate
     Non ce miglior ripar che patientia:
     Ma so che le tue doglie fien curate
     Con arte, ingegno, o vecchia esperientia,

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     Non ponga ad te disperation l’assedio
     Che non è male alcun senza rimedio.

Nel mondo vedi hor lieta pace, hor guerra,
     Hor notti o scure, & hor candidi giorni,
     Et così vedi rivestir la terra,
     Hor di ghiaccio, hor di rose e fiori adorni,
     Se la tua maiesta qualche duol serra
     Forza è ch’el mare irato in calma torni
     Che se eterna non è cosa terrena
     Non debba essere eterna tua pena.

Re.Io non spero giamai trovar più pace,
     Et questo è quel che mi confonde & duole
     Che in questa nostra rea vita fallace
     Ferma felicita non vede el Sole.
     Poi che forza e seguir quel che al ciel place,
     Non medici o ripar più el mio cor vuole
     Che a huom di gran mal posto in seruitute
     Sola speranza e non sperar salute.

Virginia uscendo di Salerno.


Vir.Me, che spegner desio mio mortal foco,
     O serva, o Dario mio seguiterai:
     Et spero ch’el camin nostro fie poco,
     Che Napoli da noi si vede hormai.
     Io veggo molta gente in questo loco,
     Glie el Re, che fo? anderò? o nò? anderai:
     Ron.Che cerchi donna, o qua drento che vuoi?
     Vir. ●Ron.Parlare al Re. ●Resta indrieto che non puoi.

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Un gentil huomo al Ronconiere.


Come profumi o pien di vino & stolto
     Voler tal donna a torto ingiuriare?
     Se non ti muove el suo pietoso volto
     Non so che cosa ti possa mutare?
     Ron.Io non mi curo de le donne molto.
               ●Gen.Che una gia mi stratiò. ●se al Re parlare
     Vuoi damigella, a dirgliel m’abbandono
     Perche servo di donne nato sono.

Vir.Giovin benigno di cosa importante
     Ho io da conferir con la corona.
     Et non mi curo di questo ignorante.
     Ch’un ch’è villan non puo far cosa buona
     Gen.Maiestà sacra, una donna prestante
     Promette assai, se con teco ragiona
     Par gemma in oro, & fresco giglio in horto,
     Ne veder la potrai senza conforto.

Re.Se è bella, io son contento che la chiami
     Et che innanzi al conspetto mio sia posta.
     Ma guarda non sia quella che tu ami
     Che rotta & fredda è stata tua proposta
     Vir.Te salvi el ciel; se tua salute brami
     Laquale à forse in questo vaso ascosta,
     Io vengo ad te per adorarti & poi
     Ad guarirti del mal, se guarir vuoi.

Re.Partiti, parte, con passi non lenti,
     Che s’io non riguardassi a tuoi verdi anni

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     Ti porrei in tante pene, angoscie e stenti,
     Che penseresti a tuoi non a mie danni,
     Di tutto el mondo e medici eccellenti
     Non han potuto curare e miei affanni,
     Et tu curar li vuoi? questo tuo vanto
     Merta pena, dolor, carcere, & pianto:

Vir.Non mi sprezar, che, spesso un humil, verme
     Spesso herba abietta, & spesso limose acque,
     Porgan conforto a nostre membra inferme,
     Qual Galieno, & Avicenna tacque.
     Tutte le humane menti non son ferme
     Ad un saper, perche al ciel cosi piacque:
     Quel che medici regno, & thesor tuoi
     Non han fatto, sil fo? che dirai poi?

Io fui da Hippocrate generata,
     Ad cui non visse el par sotto el tuo imperio,
     Da cui fu gia da fistola salvata
     Una Regina nel greco emisperio,
     Dannar la cosa pria che sia provata
     In tanto Re mi par gran vituperio:
     Io spero tanto far, che di mie prove
     Tu stupirai in terra, & nel ciel Giove.

Re.Poi che mutar mi fai contra mia voglia
     Quello che havea nel cor deliberato,
     Et in man di donna piu leve che foglia
     Far por mia vita, mio thesoro & stato

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     Io giuro a te per piu tua pena & doglia,
     Per la corona, & pel petto sacrato,
     Che se non mi guarisci in otto giorni
     Faro in foco bruciar tua membri adorni.

Vir.El giuro tuo non estimo una dramma,
     Che certa sono in me non havra loco:
     Poi, nutrita di fiamma, esca di fiamma
     Sono io in terra elemento del foco:
     Ne temo ardor, che tanto ardor m’infiamma
     Che a spegnerlo el mar tutto saria poco:
     Così volessi mia sorte fatale
     Che chi m’abbrucia, ardessi in fiamma equale.

Ma dimmi o Re poi che a morte aspra & pianto
     Io sotto pongo mia misera vita,
     Facendo quel di che mi ho dato vanto
     Con la salute a te restituita,
     Che premio dai ad un merito tanto?
     O che gratia da me fie consequita?
     Re.Ciò che chieder sapra tuo ingegno grato
     Se ben chiedessi el mezzo del mio stato.

Vir.O Re a questo non va el mio disegno
     Io voglio in premio al tuo guarito male,
     Per mio marito un baron del tuo regno
     Qual chiedrò, benche a me fussi inequale:
     Ma perche el parlar mio non ti sia a sdegno,
     Non fie tuo figlio, o di sangue regale.

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     Et darmel giurerà la tua persona
     Pel sacro petto, & per l’alta corona.

Re.Prometto & giuro per la testa mia,
     Per la corona & pel petto sacrato,
     Che quel che chiederai tuo sposo fia
     Se gliavien che tu m’habbia liberato;
     Ma voi fate costei guardata sia
     Per fino al termin da noi deputato,
     Che in crudel fiamme la faro morire,
     Se in otto giorni non mi puo guarire.

Ma.Figliuola mia ho di te gran pietate
     Che sò che corri alla tua morte espressa.
     Molto mi muove tua tenera etate,
     Laquale a crudel legge hai sottomessa,
     Vir.O chara madre mia non dubitate
     Che bene osservero ogni mia promessa.
     Sara del Re la doglia & la mia spenta,
     Et voi anchor restarete contenta.

Sil.Gia son passati i sei de gliotto giorni
     Che Virginia doveva el Re guarire
     Ne si sa che salute anchor li torni,
     Se si sapessi, e si sentiria dire
     Ahimè come potro que membri adorni
     Veder in mezzo alle fiamme perire?
     Ma prima che veder sì crudel sorte
     Intendo darmi di mie man la morte.

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Amor non veditu che senza lei
     Glialtar tuoi non saran piu riscaldati?
     Ne piu sforzar potrai glihuomini & dei
     Ne tanti spirti eccelsi humilitati.
     Non Papho, o Cipri, o monti Citherei
     Seran d’ambrosia, o di fior coronati.
     Ch’ogni tua forza & tutti e templi tuoi
     Son posti in mezzo a potenti occhi suoi.

Huomini, Donne, Dee di terra, & mare
     Audite le mie preci lagrimose,
     Dhe non lasciate in le fiamme mancare
     Di Virginia le membra pretiose
     Voi ne vedrete gliuccei lamentare
     E monti, i fiumi, con le querce annose
     Et mossi da sua pena & dolor tanto
     Terra, acqua, & ciel? usar sospiri & pianto:

Et se mia vita vuoi,o fato crudo
     In cambio della sua, mia vita togli,
     Se lei non vive oue ogni speme includo,
     Credi tu poi ch’al mondo viver vogli?
     Mai de sta man partirà el ferro crudo
     Sin de sto dubbio Virginia non sciogli.
     Per far con morte a l’alma mia la strada
     Et seguire el suo spirto ovunque e vada:

Giul.Silvio getta, nascondi el ferro ignudo
     In viso al ciel che ti preserva & ama

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     Perche vuoi tu, o disperato & crudo
     Ferire el corpo, l’anima, & la fama?
     Sil.Accioche quella in cui mie speme includo
     Non vegga in fiamma, el cor mio morte chiama
     Ch’io non vo vita senza sua salute,
     Et farli fe della mia servitute.

Giul.Non dubitare o Silvio, hor ti conforta,
     Perche Virginia tua fatta è felice.
     L’alma del Re vive, qual era morta;
     Della fistola ha tratta la radice:
     Una collera verde in sangue smorta
     Gliha fatto vomitar questa Phenice:
     Ch’el duol del tristo humor del braccio è fora
     Et finalmente el Re per dea l’adora:

Sil.Giulio non m’ingannar che far nol dei,
     Benche del Re tu sia Camerier fido.
     Forza al fin m’è saper suo casi rei,
     Allhor m’ucciderò s’hor non mi uccido.
     Giul.Io non t’inganno ne’ngannar potrei
     Te ch’amo tanto, lascia ogni tuo strido.
     Vien con me, drento, se tuo cuor non crede.
     Che cio vedrai con occulata fede.

Re.Mai uno huom savio disperar si deve
     D’ottener cosa che possibil sia:
     Ch’il crederia ch’el mio braccio sì in breve
     Libero al tutto d’ ogni pena sia?

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     Mia vita si struggea come al sol neve,
     Hor l’ha saluato una fanciulla pia
     Quel ch’erbe, medicine, huomini & dei
     Non poten fare, ha potuto far lei.

Venga Virginia presto al mio conspetto,
     Che mai a tanto don non sarò ingrato,
     Vir.Che dimandate signor mio diletto?
     Re.Che dica quel baron t’è in sposo grato:
     Vir.O Re el cor da troppo amor costretto
     Se chiede quel non dee sia perdonato,
     Largite a me, che v’ho tolto da morte
     Di Salerno el gran Principe in consorte.

Re.Dhe dimanda altro don figliuola mia
     Più tosto el regno teco io vo partire
     Benche per fede obligato ti sia
     Potrai da me maggior ben conseguire,
     Che se a tua voglia consentito fia
     Nascera sdegno, pianti, incendiij & ire
     Chiedi thesori, accio stia el regno in pace,
     O uno altro baron qual piu ti piace.

Vir.Se a me donasse le odorate ariste
     D’Arabia, se i liquor persi, o Sabei
     Se l’arene del hermo in or commiste.
     Se le gemme de gl’Indi & de Caldei,
     Se facessi segar miei membre triste;
     Di quel c’ho detto mai mi muterei;

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     Che piu stimo ottener tal signor degno
     C’haver del mar, o della terra el regno.

Re.Gran gratia è questa c’ha chiesto costei.
     Di darli un tanto signor per marito
     S’io nol do sono un Re, & manco allei.
     Sil do, si truova el Principe schernito,
     Ma della fede mia mai mancherei,
     Da cui son debitor che m’ha guarito.
     Hor su dinanzi alla mia maiestate
     Di Salerno el gran Principe chiamate.

Prin.Te salvi o Re el ciel sommo & superno
     Che mi comanda la tua maiestate?
     Re.Morto è tuo padre, che vada a Salerno
     Poi sei cresciuto d’anni & di bontate,
     Et che del stato tuo pigli el governo
     Con prudentia, giustitia, & con pietate,
     Et una donna bella & virtuosa
     Menerai teco, qual t’ho data in sposa.

Prin.Et chi è questa dama signor mio?
     Re.Quella che m’ha de sto braccio guarito.
     Prin.Adunque a figlia di vil medico io
     Principe tal son dato per marito:
     Mai sara ver, prima con ferro rio
     M’ucciderò che l’habbi consentito,
     O Re, o signor mio tu dishonori
     Me, la mia casa, e miei progenitori:

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          ●Re.Arme, non sposa vo seguire: ●la sposa
     Non impedisce armarti & stare in sella.
     Prin. ●Re.Non è di Regal sangue: ●è virtuosa.
     Prin. ●Re.Nobil non è: ●ell’è casta, & è bella.
     Prin. ●Re.Mia casa infamo: ●tanto è gloriosa.
     Che non bisogna aggiunger gloria a quella:
     Prin. ●Re.Dota non ha: ●da me la dota havrai:
     Prin. ●Re.Mai non consento: ●sì consentirai:

Principe replicar piu non bisogna
     Ch’ogni tuo replicare è fumo al vento,
     Voi tu ch’io che son Re resti in vergogna?
     Che a lei rompa la fede el sacramento?
     Che m’ha data la vita? el tuo cor sogna,
     Se fuggir cerchi el mio comandamento:
     Prin.Servo tuo son & sforza mi puoi tu
     O Re, ma lieto non saro mai più.

Re.Sì sarai, fa venir l’alta Regina
     E regalmente Virginia adobbata.
     El Vescovo, e un notar di disciplina.
     Ch’io vo dinanti me sia lei sposata.
     Fa Sescalco una cena peregrina
     Una mensa regal sia apparecchiata,
     Se sorte, o povertate alcuno stratia,
     Venga hoggi a me ch’a tutti farò gratia:

Di tutte queste mie parole note
     Sarai fedele scriba uno instrumento

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     Di Salerno el signor che tanto puote,
     Pigliar per sposa Virginia è contento
     A cui di Sarno do el contado in dote
     Not. ●VirEt tu Virginia consenti. ●consento
     Not.Et tu Principe pio alto & da bene
               ●Prin.Che di? ●Sì dico ch’ubbidir conviene.

Re.Hor su Principe mio con questo anello
     Adesso sposa la vezzosa mano,
     Non basta anchor, nota quel ch’io favello
     Basciar te la conviene, o forte, o piano
     Ha Virginia ti fuggi el volto bello,
     Parti el basciar del Principe sì strano?
     Vir.Stran non mi par, ma parmi honesto sia.
     Ch’el volto nieghi quel ch’el cor disia.

Ves.Benedicavi quel c’ha fatto il tutto
     Et lungo tempo vi corservi insieme
     In pace, in gaudio, & di voi nasca frutto
     Degno di monarchie alte & supreme
     D’una generatione in altra addutto.
     Viva in eterno el vostro dolce seme,
     Et voi duo chiare stelle a tempi nostri,
     Remirate el figliuol de figli vostri.

Re.Hor andian drento alla famosa cena
     Sia in questa notte fatto festa & gioco
     Che veramente è felice & serena.


Fine del primo Atto.