Varenna e Monte di Varenna/Secolo XVII/Vicende religiose ed ecclesiastiche
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VICENDE RELIGIOSE ED ECCLESIASTICHE
Nel XVII secolo sia in Varenna che nel monte di Varenna si costruirono molti edifici sacri.
Nel 1604 venne iniziata la fabbrica dell’oratorio di Santa Marta di Varenna che venne poi consacrato con l’altare il 5 luglio 1633.
L’8 settembre del 1685 venne benedetto il nuovo oratorio di Santa Maria Lauretana in Fiume Latte, e press’a poco negli stessi anni venne condotto a compimento la costruzione dell’oratorio di Santa Maria Maddalena ora Madonna delle Grazie in Varenna. Quest’oratorio venne fabbricato parte con l’eredità del parroco Ambrosoni morto nel 1682, e parte con offerte della famiglia Arrigoni. Fu dedicato a Santa Maria Maddalena ed a Sant’Antonio di Padova, sotto il patronato della famiglia Arrigoni.
Nel 1630 venne eretto l’attuale oratorio di Gitana sul posto di un altro antichissimo, che la leggenda attribuisce, al solito, alla pia regina Teodolinda e di cui sono rimasti due frammenti di età romanica, rozze sculture di cui una di ornati diversi e l’altra rappresentante un Cristo in croce.
Il 28 ottobre 1631 si riunì in Varenna il sindacato di tutti i maggiorenti per decidere sulla costruzione del campanile. Vi era discordia circa il posto dove farlo sorgere, ma la maggioranza si pronunciò per la località dove ora si trova, nella quale, d’altronde, vi erano già delle fondazioni fatte in altri tempi.
Al Monte di Varenna, l’8 giugno 1614 vi fu la funzione solenne per la fondazione della prima pietra della facciata della chiesa di San Martino di Perledo. Il disegno venne eseguito da Giuseppe Bianchi di Moltrasio ed il materiale venne ricavato dalla cava di pietre detta la Quaglia. Vi lavorarono maestro Bernardo Maglia e maestro Lucio Maglia di Gitana, e per le fondazioni vennero impiegati 13 uomini e 18 donne.
Con atto rogato il 7 novembre 1690 dal notaio Antonio Tenca di Varenna si provvede alla rifusione delle tre campane della chiesa di San Giorgio di Varenna:
«Essendo molti anni che le campane della parrocchiale di S. Giorgio del borgo di Varenna hanno bisogno di rifatione per essere in parte rotte, havendo l’Illmo signor questore Serponti proposto ai Sindaci et huomini di detta comunità che la maggiore resti di rubbi 50 circa e le altre due repartitamente al giudizio del perito, hanno dunque i sindaci et huomini di detta comunità stabilito d’aderire alla lodevole propositione e perciò con la presente scrittura hanno deputato et deputano i signori Mateo Sampa, Gaspare Scanagatta ambedue sindaci e i signori Giacomo Venini e Giorgio Venini a fare le opportune diligenze per la compra del metallo et altre spese necessarie. Per far dunque dette spese gli danno in primo luogo facoltà di affittare il bosco comunale proprio di detta comunità per anni 10, di più dovranno avvalersi del denaro che si trova nelle mani del signor segretario Serponti, tanto di detta comunità quanto di oblationi fatte da particolari e qualora dette partite non fossero sufficenti danno facoltà di pigliare in prestito dalle VV. scuole del Rosario e di Santa Marta e della fabbrica dell’Oratorio della B. Vergine del Monastero quel denaro che dette scuole hanno esibito».
Matteo Stampa e Gaspare Scanagatta sindaci della comunità di Varenna hanno speso lire 200 imperiali per le nuove campane, somma pagata dalla scuola del S. Rosario eretta nella chiesa di San Giorgio di Varenna. Questa confraternita non era ricca, non possedeva beni stabili e rendite, ma riceveva molte oblazioni dai benefatori. Nel 1666 possedeva le seguenti suppellettili:
Il baldacchino ossia «Pavione di corame che pende e sta sopra l’altare fatto con le elemosine.
Due tovaglie che furono date per elemosina.
Due angeli di legno indorato.
Quattro bei fiori di seta.
Quattro vasi di maiolica bianchi da mettere fiori.
Una baciletta di maiolica per li Orzoli.
Un palio nuovo di damasco bianco guernito d’oro e d’una bella frangia d’oro o quattro groppi fatto con le elemosine.
Uno scalino di preghiera nuovo con due gradi con le due colonette.
L’Icona grande posta a oro con diverse effigie de’ santi e misteri, del S. Rosario antichissima.
Una tovaglia la quale copre la mensa dell’altare donata da Carolina Tenca detta la Tenenta.
Un pallio di drappo di seta a fiori di colore con due frange di lavoro d’oro falso.
Sei vasi di legno intagliato in argento per i fiori
Una pianeta di damasco bianco nuova con stola, manipolo e borse ornata d’oro e tre lame».
L’anno 1683 essendo priore Francesco Stampa e vice priore Carlo Venino, venne costruito il Presbiterio in legno di noce «verso il Cimiterio nella cappella del S.mo Rosario» a spese della compagnia di esso S.mo Rosario. Nel 1688 fu acquistata una tavoletta per la secreta per l’altare del S.mo Rosario fatta da un intagliatore di Bellagio detto Albiolo per il prezzo di lire diciotto.
Nell’anno 1674 il pittore Francesco Struzzo di Como dipinse i due quadri che si trovano ai lati dell’ancona nella Chiesa di S. Martino di Perledo per il prezzo di soldi dieci.
Nello stesso anno dal pittore Francesco Porro di Como venne dipinto nella stessa chiesa il ciclo del Portico e del castelletto sopra la porta, e il pittore Domenico Cadorado dipinse sei quadri dedicati a Santa Anna, S. Gioachino, allo sposalizio, alla fuga in Egitto, all’Annunziata ed a Santa Maria Elisabetta.
Nel 1690 l’intagliatore Giovanni Albiolo ha costruito un confessionale per la chiesa di S. Giorgio.
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All’estremo limite nord-est del territorio del monte di Varenna sulla strada che da Bellano conduce in Valle Sassina esiste una località chiamata il Portone che forma confine tra il territorio di Bellano, quello del Monte di Varenna e la Valsassina.
Anticamente era un luogo forte ed era presidiato nei periodi di guerra.
Nel 1665 Andrea de Dentis di Pennatio una frazione di Bellano, costruì una piccola chiesa in questa località del Portone con una casa di abitazione ed un portico a tre archi sotto il quale vi era una sorgente d’acqua.
Il fatto di trovarsi questa località al confine tra il monte di Varenna e Bellano dette origine ad una questione tra il preposto di Bellano e quello di Perledo. Pretendeva il primo di poter esercitare la giurisdizione sulla chiesa quanto quello di Perledo perchè la chiesa era in parte fabbricata sul territorio di Bellano. Fu necessario l’intervento del Cardinale Arcivescovo Visconti il quale troncò ogni lite dando piena ragione al preposto di Perledo.
Il vicario della Curia arcivescovile di Milano il 23 luglio 1695 elegge alla Cappellania perpetua dei S.ti Andrea e Lorenzo vacante per morte di prete Francesco Tarelli e di padronato Mazza il rev. chierico Giov. Pietro Mazza presentato da Carlo Federico Mazza.
Nei primi giorni dell’agosto 1688 una notizia sparsasi rapidamente per tutti i paesi del lago metteva in grande commozione le anime dei fedeli. Dagli occhi di una madonna in immagine di gesso posta in una nicchia lungo la strada da Bellano a Lezzeno erano sgorgate lagrime di sangue.
Udita la nuova di quel miracoloso avvenimento il popolo di Varenna con alla testa il parroco si recava in processione a fare atto di devozione a quella sacra immagine.
L’arcivescovo di Milano in vista della grande propaganda assunta dal fatto che richiamava a Lezzeno delle vere folle di fedeli, nominò una commissione con l’incarico di indagare sulla autenticità del miracolo.
Della commissione arcivescovile facevano parte come periti il chirurgo Giovanni Maroni di Bellano e il pittore Silvestro Venini di Varenna.
Ecco la dichiarazione autentica di quest’ultimo che è unita al processo:
Essendo io infrascritto, stato di ordine di monsignor Pietro visitatore delegato, a visitare la figura di gesso della B. V. sopra Lezzeno et quella diligentemente da me considerata specialmente il sangue del quale resta tinta, dico al mio parere essere sangue naturale miracolosamente scaturito da quella santissima faccia et ciò dico come pitore conoscendo non potersi tingere in quel sito nel modo resta tinto con penello, ecc. ecc. per fede1.
Io Silvestro Venini |
L’illustre cardinale Federico Borromeo ebbe ad occuparsi di una grossa causa iniziata dalla chiesa di Varenna contro gli eredi e successori della contessa Balbiano, e della quale abbiamo già avuto occasione di parlare.
Gli atti di questa causa furono i seguenti:
Da queste carte trovate nell’archivio non si sa come sia finita la questione, non pare però che la chiesa abbia potuto ricuperare i beni ai quali aveva rinnunciato con tanta leggerezza un secolo prima.
Una vecchia e sempre risorgente questione era quella se Varenna fosse pieve a sè, o se dipendesse da altra pieve. Gli abitanti di Varenna ritenevano, e con ragione, di non essere sottoposti ad alcun’altra pieve. E poichè ogni tanto, specialmente dal preposto di Perledo partiva qualche attentato a questo loro diritto, essi come appare dalla seguente lettera scritta all’arcivescovo, si dimostravano gelosissimi di godere di questa indipendenza ecclesiastica;
Non fu mai a memoria di huomini che il borgo di Varena, diocesi di V. S. Rev.ma non fusse sempre cura sola, non sottoposta ad alcuna Pieve; anzi sempre ha avuto, et al presente ha nella metropolitana di Milano la sua tavolella con l’immagine dei Santi Giovanni Battista e Giorgio patroni di esso Borgo, sotto qual tavolella o stendardo nelle sinodi diocesane il R.mo Curato di esso luogo coi suoi Rdi Cappellani interviene con tutti li altri capi di Pieve sotto la sua.
In conformità di ciò nelli stessi atti della chiesa milanese si trova scritto nella quinta regione: Varenna cura sola. Per questa stessa ragione li R. R. Curati presenti e tutti li passati hanno sempre mandato a pigliare alla Metropolitana suddetta li sacri olî per tanto tempo che non vi è memoria in contario, senza contraditione di sorte alcuna, come da diverse fede fatte sopra di ciò dell’anno 1614 in sino all’anno 1642 inclusione quali si esibiscono. Si potrà vedere. Quest’anno solamente havendo l’agente di detta terra incaricato il levar detti olî ad un certo Rev.do Francesco Tarello cappellano eletto dalli eredi Mazza oriundo di Perledo intrinseco dal R.do Preposto di Perledo con vane e vane scuse ha deluso li detti agenti non portando conforme al solito li detti sacri olî. Dubitando pertanto li sindaci et huomini di detto borgo di Varena devoti servi di V. S. R.ma di qualche collusione et tentativo di pregiudicare alle ragioni loro sono sforsati di far ricorso a V. S. I.ma
Humilmente supplicandola resti servita dar ordine che il Rmo Sacerdote a ciò deputato dia li detti sacri olî all’appartatore delle presenti conforme al vostro solito, il che ecc.2
Bartolomeo Tenca |
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Fra i testamenti più notevoli fatti in favore della Chiesa vi è quello di Nicolò Mazza del fu Antonio dottore in filosofia e medicine abitante a Lucca ma nato a Varenna, erede di monsignor Gerolamo Maria Mazza alias canonico ordinario del duomo di Milano.
Lascia alla chiesa di San Giorgio di Varenna:
In perpetuo, ogni anno, quattro scudi per l’acquisto di torce per accompagnare il S. Sacramento. Altri dieci scudi per i maggiori bisogni della Chiesa. Un pallio e pianeta di damasco nero. Un pallio e pianeta di damasco bianco ed altra pianeta di cataluffo. Chiesa di San Giorgio di Varenna (Fotogr. Adamoli)
Scudi 70 come dote a ciascuna delle tre cappelle della chiesa di San Giorgio.
Lascia poi delle istruzioni e degli obblighi pei cappellani, e perchè di tutte queste cose non se ne perda la memoria, vuole che si facciano scolpire in una o più pietre di marmo, in luogo il più cospicuo che sia nella chiesa di San Giorgio, e le lettere siano bene scolpite e segnate con oro o altra materia che sia duratura attraverso i secoli, non badando a spese.
Il testatore morì a Lucca l’anno 1629.
In seguito invia una supplica al Senato, in data 26 febbraio 1696, Carlo Federico Mazza, perchè con sue lettere patenti gli permetta di confermare la rinnuncia al diritto sul patronato e alla donazione già fatta da suo nonno e da suo padre a favore dei fratelli Serponti, nonostante il fidecommesso stabilito dall’avo. Il senato concesse la dispensa3.
A proposito di paramenti sacri nei registri della chiesa parrocchiale di Varenna abbiamo trovato quest’annotazione:
«1636 30 aprile. Per memoria delli sindaci et amministratori della fabbrica et Oratorio della B. V. det Monastero nella parrocchiale di Varenna si fa noto come io curato infrascritto dò in dono al sudetto oratorio una pianeta di Ormesino bianco ricamato a oro et seta per mano mia propria et ciò per mia devotione.»
Carolus Gorius Parochus, Burgi Varenae.
Altro testamento notevole è quello del dottor fisico Galeazzo Tenca del fu Augusto in data 16 dicembre 1692, a rogito del notaio Antonio Maria De Capitani di Milano. Il testatore è nativo di Varenna ma abita a Milano. Istituisce eredi universali D. Giovanni Battista Tenca figlio di Galeazzo Antonio suo fratello e il Dott. fisico D. Pietro Antonio Colleoni e D. Giulia sua sorella, in parti eguali, con l’onere di pagare al cappellano di San Rocco, di diritto patronato della famiglia Tenca, annui scudi 25, in perpetuo perchè faccia scuola ai fanciulli di Varenna, insegnando i primi rudimenti delle lettere fino alla grammatica, e da questa all’umanità inclusa; ed ove il cappellano non avesse tale abilità fosse eletto altro maestro idoneo. Impone inoltre ai suoi eredi l’obbligo di far costruire un altare nella chiesa di Santa Marta di Varenna, dedicato a San Francesco da Paola e a San Francesco d’Assisi, facendovi celebrare in perpetuo una Messa quotidiana, e assegnando al cappellano cento Filippi all’anno, e l’uso di una casa d’abitazione detta della Sala. Detto cappellano aveva l’obbligo d’insegnare ai fanciulli di Varenna dalla grammatica fino all’umanità.
I suddetti due cappellani devono ogni sabato, insieme coi loro discepoli recarsi alla chiesa della Beata Vergine del Monastero e celebrarvi entrambi la Messa, mentre i discepoli dovevano recitare la terza parte del rosario.
Lascia anche un legato di lire 600 all’ospedale maggiore di Milano4.
Lelio Mornico, del qm Paolo nel suo testamento, tra gli altri legati, ordina la celebrazione di una messa festiva nella chiesa di Santa Maria nel luogo del Monastero in perpetuo, con l’elemosina annua di lire sessanta.
Con testamento in data 26 marzo 1613 Antonio Penna de Bertarini f. q. Giovanni abitante in Regolo, istituisce fra gli altri legati una cappella da erigersi nella chiesa di San Martino di Perledo, con il carico al cappellano di celebrare tre Messe alla settimana, per le quali percepirà lire cento all’anno, e se l’erede universale fosse renitente al detto pagamento «obbliga una pezza di terra brogata ed olivata nel territorio di Regolo dove si dice in Borgogna ed un’altra nel territorio di Perledo dove si dice in Terzella ed un’altra ancora in Regolo dove si dice in Mornovo»5.
In data 26 maggio 1691 Antonio Scotto qm Sebastiano istituisce suo erede universale il sig. Giovanni Maria Arrigoni, con l’obbligo che abbia ad erigere nell’oratorio di Sta Marta di Varenna, una cappellania sotto l’invocazione della stessa santa, con l’obbligo al cappellano di celebrare perpetuamente una messa quotidiana in detto oratorio6.
In una supplica al Senato di Milano, Giovanni Maria Arrigoni, causidico collegiato di Milano, in qualità di esecutore testamentario del defunto parroco di Varenna, il reverendo Don Andrea Ambrosoni, morto il 29 marzo 1682, chiede sia approvata e confermata l’assegnazione da lui fatta nella predetta sua qualità di lire 8456 imperiali all’acquisto di alcuni beni siti nel territorio di Galbiate pieve di Garlate, il cui reddito annuo secondo le volontà del testatore, sarà impiegato pro sacro quotidiano perpetuo in suffraggio delle anime dei defunti sotto il titolo di Santa Maria Maddalena nella chiesa parrocchiale di Varenna alla quale il testatore fu preposto per 26 anni.
La predetta somma di lire 8456 imperiali dovute al testatore da Giovanni Maria Cella furono a lui, esecutore testamentario, pagate dagli eredi del Cella coi beni suddetti di Galbiate distanti da Varenna circa sedici miglia. Pertanto egli si riserva la facoltà di alienarli e permutarli in modo da acquistarne altri più vicini a Varenna a maggior comodo dei cappellani la cui residenza deve essere in Varenna7.
A rogito notaio Emilio Arrigoni fu Pietro, Paolo Tondello il 4 novembre 1629 lascia trecento libbre per messe quotidiane all’altare della cappella di Santa Caterina.
Il 14 agosto 1658 Felice d’Adda figlio del fu altro Felice, abitante a Milano in Porta Nuova, parrocchia di Sant’Andrea alla Pusterla Nuova per il seguente testamento:
«Io lascio in eredità all’altare della Beatissima Vergine Maria di Gitana del Monte di Varenna il capitale di lire 350, cioè quanto circa possiedo nel territorio di Gitana, dovutomi dai reggenti di quel comune. Il frutto di questo capitale lo lascio in perpetuo per celebrare messe in onore di questa Beatissima Vergine Maria. Se poi il capitale sarà consumato dai reggenti del comune voglio che in questo caso il denaro sia fornito dai Sindaci della Chiesa che l’hanno in proprietà»8.
A proposito di questo testamento osserveremo che da un atto del notaio Vitali Giacomo qm Andrea, in data 22 gennaio 1633, appare che il predetto «patrizio milanese» Felice d’Adda dimorava in quel tempo a Bellano, e acquistava beni nel territorio di Gitana.
Riproduciamo qui lo «Stato del beneficio parrocchiale di Varenna eretto sotto il titolo dei Santi Giovanni Battista e Giorgio fatto da me Domenico Carganico curato moderno di Varenna quale presi possesso del beneficio il giorno 19 giugno 1693».
Nella descrizione dei beni del beneficio troviamo».... un roncho con viti, olivotti et olive, lauri fruttiferi et alcuni puochi boschi parte dei quali è di misura circa quattro pertiche et questa è la parte fruttifera, essendovi altra parte della quale non si sa la misura per essere alpestre e quasi simile ad una rupe quasi inaccessibile. Confina nel fondo la chiesa parrocchiale, il cimitero della medesima, l’horto sopradetto, Arrigoni, la Madonna del monastero, il signor Luccio Serponti et una torre appellata la Torre di Vezio».
Di questo fondo si fa mentione in uno strumento rogato dal signor Giorgio Serponti a di 20 Gennaio 1553.
Una selvetta attigua a detta Torre che confina oltre la Torre, con gli heredi del sig. Giacomo Arrigoni, heredi del sig. Emilio Arrigoni e Bernardo Tarelli.
Un luogo detto la Piancaneda: confina da una parte la strada, dall’altra il lago, dall’altra un luogo unito all’entrata della cappellania di San Nicolò da Tolentino e dall’altra parte eredi di Carlo Venino.
⁂
Gli oratori esistenti nel 1685 al Monte di Varenna erano i seguenti:
Secondo memorie dell’archivio parrocchiale di Perledo, nel 1650, nel centro della chiesa di Gitana, vi era la pietra sepolcrale della famiglia Bergami.
Nel 1676 Paolo Mornico invia una istanza all’arcivescovo per essere autorizzato ad erigere nella chiesa della Beata Vergine del monastero una cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova.
Nelle note lasciate dalla visita pastorale fatta in Perledo dal cardinale Federico l’anno 1625Fonte/commento: 526, è detto che il cimitero che trovasi di fronte all’oratorio di Sant’Antonio in Vezio, e quello accanto all’oratorio stesso hanno servito per il tempo della peste. Nelle stesse note si trova il decreto per cui il pavimento della detta chiesa doveva venire elevato allo stesso grado di quello del coro.
Il 2 febbraio 1625 ebbe luogo la prima sepoltura di Caterina moglie di Pietro Festorazzi al nuovo camposanto di Regolo. E il 12 febbraio 1626 Giacomo Benzoni detto Greppo, fu il primo sepolto nella nuova sepoltura di Bologna.
Pubblichiamo qui, avendo omesso di farlo nel secolo precedente, l’inventario dei paramenti e dei mobili della chiesa di S. Giorgio di Varenna compilato l’anno 1565 dal parroco Francesco Secco:
«Questo è l’inventarlo delli paramenti e mobili de la chiesa di San Giorgio ordinato e fatto da me Prete Francesco Secco Curato di detta chiesa e per me Bernardo Scotto mr. Nicolò Magia, messer Battista Magia, mr. Johanne Campione, mr. Jo. Pietro Venino, mr. Jo. Antonio Greppo, mr. Francesco Serponte, tutti sindaci e deputati al governo di Varenna9.
Una croce grande di argento.
Una croce piccola di argento.
Una croseta vecchia di legno.
Quattro candelabri di ottone.
Tre calici d’argento.
Un tabernacolo in argento col turibolo in argento.
Un piviale e due tonnelle di damasco bianco.
Una pianeta e due tonelle di seta franzata bianca.
Una pianeta di damasco bianco.
Due stole e tre manipoli di damasco.
Un amitto turchino con una rosa indorata.
Un amitto di velluto rosso con una rosa, uno scuolto in negro con stella d’argento e perle.
Un amitto di broccato con una crocetta d’argento.
Un amitto di raso rosso con una crocetta di raso giallo.
Un amitto di damasco bianco con una crocetta di broccato e due altri di broccato figurate, altri amitti di panno nero, uno morello, uno rosso e uno turchino.
Camisi cinque di cui uno con le sue peze di brocato d’argento ed uno di raso rosso ed uno di raso turchino.
Una stola con manipolo di raso cremisino.
Stola e manipolo di damasco bianco.
Una pianeta di raso giallo con croce cremisina.
Una pianeta, stola e manipolo di raso cremisino.
Una pianeta di panno morello con la croce nera.
Una pianeta di panno verde con stola, manipolo e croce rossa.
Una pianeta di panno turchino con due manipoli del medesimo, con una croce rossa.
Seguono poi altri manipoli e veli.
La pace con la pietra e due angioli.
Due casse di corporali.
Uno stendardo di San Giorgio et de la Madona.
Due palii.
Un pallio di broccato con il velluto cremosino, con il frontale con smalti venti d’argento indorati in velluto turchino.
Un pallio di velluto cremosino col frontale di velluto morello con crosette di capeleti d’argento.
Un pallio di damasco bianco con la figura dell’Annunciata.
Un pallio di seta franzata con il frontale di seta.
Cinque palli di ranzato turchino.
Un pallio di panno morello.
Un pallio dei morti con candelieri di ferro.
13 tovaglie.
Un messale con uno cuscino cremosino.
Libri 6 da cantare la messa e i vespri 12 e uno di carta antico.
Un sedelino di lottone.
Una stola rossa di panno.
Una lanterna grande e una piccola.
Due candilleri di ottone grande.
Due lampade di ottone.
Un baldacchino di seta luntino.
Elenco dei paramenti della Chiesa di San Giovanni:
Una croce.
Due calici con le sue pattine, corporali 12, tovaglie n. 3.
Pallio uno di velluto cremosino.
Pallio uno di seta.
Pallio uno di zanderlo bianco.
Pianete 4, due di velluto cremosino.
Calici.
Amiti di velluto cremosino 2.
Manipoli 2.
Purificatori 6.
4 candelabri 2 di ottone e 2 di ferro.
⁂
Nell’archivio arcivescovile (Pievi lacuali, Vol. X) esiste un curioso verbale di un processo circa il giuspatronato della chiesa di San Giovanni Battista, che pare fosse di pertinenza degli Scotti, già dalla metà del secolo XV e che poi era stato diviso coi Serponti. Pare che messer Bernardo Serponti, verso la fine del XVI secolo, avesse trafugato dei documenti agli Scotti e usurpato il patronato. Gli Scotti si appellarono al Cardinale Federico Borromeo arcivescovo di Milano, il quale mandò sul luogo nell’autunno del 1602, monsignor Cipolla, per raccogliere testimonianze le quali furono concordi nel sostenere il buon diritto degli Scotti. Grave è la deposizione di un Giuseppe Forno, il quale attesta che quando morì Giovanni Maria Scotti che era investito di questo patronato, il padre del sacerdote Giovanni Serponti coi suoi seguaci, entrarono a forza nella chiesa di San Giovanni, e ne scacciarono gli Scotti, ferendone alcuni e rimanendo così soli in possesso del patronato di San Giovanni. Malgrado l’intervento arcivescovile gli Scotti non riuscirono più ad entrare in possesso dei loro diritti ed il giuspatronato rimase in possesso per sempre alla famiglia Serponti.
Però rimane a ricordo dell’antichissimo giuspatronato Scotti, un’iscrizione, posta sul muro settentrionale della piccola sacristia del piccolo oratorio di San Giovanni Battista e che riprodurremo a suo tempo10.
Note
- ↑ Luigi Vitali. Il santuario della Madonna di Lezzeno. Milano, Boniardi-Pogliani, 1888.
- ↑ Milano. Archivio Spirituale. Sezione X. Pievi lacuali. Vol. XV.
- ↑ A. S. M. Senato. Fidecomessi. B. 429, famiglia Mazza.
- ↑ Canetta, I benefattori dell’Ospedale Maggiore.
- ↑ A. S. M. Fondo di religione. Valsassina. Cartella 271.
- ↑ A. S. M. Fondo di religione. Parte moderna. Chiesa e benefici. Comuni. Varenna. Cart. 1178.
- ↑ A. S. M. Senato. Deroghe giudiziarie per comunità e corpi. Busta 88. Varenna.
- ↑ Archivio Notarile di Milano. Rogito Manzoni Carlo qm Giov. Pietro.
- ↑ Archivio arcivescovile, Pievi lacuali, Varenna.
- ↑ Vedi Giulio Scotti, L’antica famiglia varennate degli Scotti, in periodico della Società Storica Comense Fasc. 86-87.