Tragedie (Alfieri, 1946), Volume III/Nota
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NOTA
Per riprodurre le diciannove tragedie che l’autore stampò negli anni 1787-89 a Parigi1 con assai vigile cura non c’è che da rifarsi interamente a questa edizione. In una lettera al marchese Albergati Capacelli, l’Alfieri scriveva queste parole: «Posso accertare, che edizione cosí bella difficilmente mai se ne fará in Italia; e corretta quanto quella, affermo che sará impossibile il farla». Carlo Milanesi, che dette nel 1855 una edizione discutibile nei criteri di riproduzione, ma assai utile per una accurata «notizia intorno agli autografi e alle prime e principali edizioni», cerca di impugnare questa affermazione. Ma i pochissimi errori, che sono stati poi eliminati nelle stampe italiane del primo Ottocento, non sono altro che la conferma della bontá di questa edizione. In tali argomenti contano la fedeltá ai criteri voluti dall’autore, la mancanza di ogni velleitá ammodernatrice e restauratrice: non i pochi errori materiali di cui un accurato lettore può accorgersi prontamente. Invece il Milanesi si è discostato troppo di frequente dalle caratteristiche grafiche e dalla interpunzione voluta dall’Alfieri, sebbene egli affermi di averlo fatto «con parsimonia grandissima, e proprio lá dove vi era stretta necessitá»2. Queste necessitá — rispetto ad una edizione cosí curata dall’autore — non sussistono e sono in primo luogo il prodotto di una filologia non sufficientemente rigorosa. Poiché il Milanesi è continuamente citato e riprodotto come il testo attualmente migliore, ho posto ogni attenzione nel registrare le diversitá fra tale testo e il Didot.
La presente edizione è condotta sulla copia Didot della Biblioteca Marucelliana3, proveniente dal legato Martelli. Questa copia appartenne alla contessa d’Albany e da lei fu donata al Foscolo. Nella prima pagina del vol. I leggiamo infatti le parole autografe della donatrice: Louise d’Albany a Monsieur Foscolo. Nel verso della stessa pagina è applicata la lettera seguente:
A Monsieur Foscolo — aux quatre Nations.
Je vous envoys les Tragedies de Vittorio Alfieri imprimées sous sa direction. Vous en êtes digne. Garder les pour souvenir de — Louise d’Albany qui a eu le bonheur d’etre son amie pendant 25 ans.
Florence ce samedi 10 8bre 1812.
L’edizione, cosí attentamente curata dall’Autore, ha alcune caratteristiche grafiche che si distaccano dall’uso dei nostri giorni.
In luogo della dieresi sempre l’accento acuto.
qui e qua, sempre coll’accento grave sulla vocale finale.
fa (imperativo = fai), sempre senza apostrofo.
sé (pronome), sempre senza accento.
ché (congiunzione causale), sempre senza accento.
dei (voce del vb. dovere), sempre senza accento.
tal, qual femminile o forma elisa del maschile, sempre senza apostrofo.
vò (= vado) sempre coll’accento grave.
fe’ (= fece), sempre senza accento o apostrofo.
fé (= fede), sempre senza accento o apostrofo.
Per li, accusativo plurale del pronome di terza persona, segue generalmente questa legge: scrive gli quando il pronome precede una parola che si inizia con una vocale; scrive li quando il pronome precede una parola che si inizia con una consonante, o quando il periodo si chiude. Per esempio:
E ben amargli, e alla virtú nutrirli. — |
Il Milanesi4 non ha compreso il criterio che guidava l’Alfieri e ha corretto a capriccio. A p. 99 del vol. II si legge:
il porli |
a p. 103
ed aspettiamli; e taci |
a p. 152
Udir, vederli, |
Il Didot, nei luoghi corrispondenti, ha: porgli, aspettiamgli, ravvisargli. Ha invece vederli, per la regola enunciata sopra.
Anche per le particolaritá grafiche elencate sopra il Milanesi ha seguito talvolta impressioni momentanee, e non un criterio metodico: dei (= devi) è scritto ora coll’accento, ora senza; le lettere maiuscole dopo il punto esclamativo sono talvolta piú frequenti che nell’ed. Didot, talora lo sono meno. Insomma non si tratta solo di ammodernamenti, giustificabili, specie se costanti, nella filologia meno rigorosa della sua epoca, ma, talvolta, di scarsa attenzione e di insufficiente coerenza metodica. Tutto ciò che è determinato dalla volontá meditata e dalla espressa intenzione dell’Autore va scrupolosamente mantenuto. Invece il Milanesi si è preso licenze assai piú numerose di quelle che egli dichiara nella prefazione alla sua opera5.
Una particolare cura ho posto nel riprodurre con la piú assoluta fedeltá l’interpunzione alfieriana. Che l’Alfieri interpungesse in maniera un po’ strana, sopra tutto perché aveva da guidare attori poco penetranti, è stato detto piú volte: ma, appunto perché tali deduzioni sieno possibili e seriamente appoggiate, occorre che l’editore non si prenda alcun arbitrio. Invece il Milanesi ha avvertito il modo personale di interpungere6 e ha voluto ricondursi a un sistema piú piano e comune; ma, accorgendosi di tratto in tratto, che le alterazioni sarebbero state cosí troppo frequenti, è tornato sulle tracce dell’Alfieri. Cosí è venuta fuori una interpunzione che non è piú quella dell’Autore, ma non è nemmeno quella interpretativa dell’editore che commenta; soluzione questa ultima, sempre ingiustificabile in un caso in cui esiste piú che l’autografo: cioè un’edizione tormentosamente curata dall’Autore. A p. 45 del vol. I il Milanesi interpunge:
Gomez, compiuti |
Invece l’Alfieri, per indicare il modo vibrato e autoritario con cui il tiranno chiede conto di ordini crudeli e indiscussi, ha posto due punti.
Generalmente, prima della congiunzione e, l’Alfieri mette la virgola. Ma talvolta, quando vuole esprimere concitazione, toglie queste virgole; come anche le toglie nelle successioni di aggettivi che debbono suscitare, pronunziati senza pausa, un effetto comune e complesso. Nel Saul (a. II, sc. 1) Abner si compiace del popolo che ha annullato le speranze dei sacerdoti:
..... quand’ecco, alto concorde |
Alto concorde debbono consonare vibratamente, senza un attimo di interruzione. Infatti il Didot non ha la virgola, mentre il Milanesi — non cogliendo il valore che l’autore attribuiva a questa soppressione del segno — ce l’ha piattamente ricollocata.
Cosí in Bruto Primo (a. I, sc. 1), nelle straziate parole di Collatino:
Al fero atroce |
Anche qui — come in molti altri luoghi per cui si potrebbero ripetere osservazioni dello stesso tono — il Milanesi non trova di meglio che rimettere al suo posto la piú comune delle virgole.
Anche dopo il ma il poeta pone una virgola che isola piú nettamente la sentenza che viene pronunciata dopo la ripresa avversativa. Alcuni esempi:
ma, il fuggir di vita
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In tutti questi casi il Milanesi toglie la virgola, con qualche incomprensione per le intenzioni — in verità non ermetiche — dell’Alfieri.
L’edizione presente è invece fedelissima al Didot, tranne il caso di errori manifesti e comprovati. Per esempio nel Don Garzia7 ai versi
in lui, benché da me diverso |
gli editori pongono una virgola dopo la parola diverso; e potrebbe in verità trattarsi anche di omissione involontaria. Ma, poiché non manca qualche altro caso in cui il taglio del verso è stato avvertito come pausa che sostituisce il segno di interpunzione, io ho lasciato la lezione come si trova nel Didot.
Dopo questi cenni mi pare che si possa modificare un poco l’apprezzamento che si fa comunemente sull’interpunzione alfieriana. Se è pure innegabile che, in alcuni casi, un modo piú logico e comune aiuterebbe la comprensione del lettore non molto assuefatto allo stile teso — e talvolta approssimato — del singolare scrittore, è anche da riconoscere, in molti altri, che certe particolaritá sono dovute al gusto della vibrata apostrofe drammatica, delle espressioni concise e sentenziose.
Gli errori del Didot, oltre alcuni8 di quelli registrati nell’errata dei singoli volumi, sono i seguenti:
I, CVIII comme Pallade | come Pallade |
» 98 Policine | Polinice |
II, 94 Romani, all’ire or vi movete? è tarda:
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Romani, all’ira or vi movete? È tarda: Nella copia Polidori il verso era: Romani, all’ire or vi movete? È tardi: Nella tendenza, costante e visibilissima da una elaborazione all’altra, di adeguarsi ad un piú alto ideale di lingua poetica, l’autore probabilmente ha eliminato quel comune È tardi, dimenticandosi di toccare il resto, perché quella era la correzione che piú gli si imponeva.
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» 136 O Padre | O padre |
» 236 Scena Terza | Scena Quarta |
» 238 Scena Quarta | Scena Quinta |
» 245 Scena Quinta | Scena Sesta |
III, 149 d’ambízione | d’ambizione |
» 163 si dubbi accenti | sí dubbi accenti |
» 173 A che piú tardi Ad arrenderti a me! |
A che piú tardi Ad arrenderti a me? |
» 238 a tuoi piedi | a’ tuoi piedi |
» 295 personnaggio | personaggio |
» 381 foffrir | soffrir |
» 415 presagj orrendi Ascoltai di sua bocca? |
presagj orrendi Ascoltai di sua bocca! |
IV, 100 ne dubbio | né dubbio |
» 191 Saúlle |
Saulle — L’accento, in questa forma, c’è solo qui. Perciò ho creduto di unificare.
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» 194 Abner la da | Abner la dà |
» 215 E al signor laudi... al signor, io?
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E al Signor laudi... Al Signor, io?... Tutte le altre volte che questa parola ricorre è sempre scritta colla maiuscola.
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IV, 232 Né quiéte | Ne quíete |
» 437 Scipione | Sofonisba |
V, 58 Scena Quinta | Scena Quarta |
» 110 Non pianger donna |
Non pianger, donna
Ho accettato questa correzione, perché l’uso del vocativo preceduto dalla virgola è assolutamente costante. |
» 153 Poiche tu | Poiché tu |
» 197 su i casi suoi suoi | su i casi suoi |
» 329 congiura | Congiura |
» 350 Mical (2 volte) | Micol |
» 416 non necessario di figli |
La parola figli va in corsivo, come lo sono tutte quelle riprese dal testo.
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» 418 quá e la ritoccate | quá e lá ritoccate |
» 423 sonnettucci | sonettucci |
A p. 229 del V vol., nel Bruto secondo, a. III, sc. 2 c’è una solenne distrazione dell’Alfieri. Invece di chiamare la moglie di Bruto figlia di Catone, l’ha chiamata sorella. L’Autore conosceva esattamente la parentela di Porzia con Catone minore; tanto che nell’atto seguente ne fa, per bocca di Bruto, un simbolo della piú alta virtú romana. Passando all’esame delle successive stesure dei due versi in discussione ho trovato, tra gli autografi e le copie della Biblioteca Laurenziana, queste lezioni:
Alfieri 262, p. 129 | dove di Caton la sorella è la moglie di Bruto |
Alfieri 282, p. 224 | Dove a Bruto consorte è del gran Cato La fida suora |
Alfieri 292 c. 360 v. | dove consorte A Bruto sta del gran Caton la suora. |
È chiaro che, avvenuta la distrazione nella prima stesura in prosa, l’Autore se l’è portata dietro fino all’ultima elaborazione e alla stampa. Perciò è buon criterio non correggere — come ha fatto il Milanesi — ma lasciare la lezione originale. Altrimenti bisognerebbe ritoccare molti luoghi di poemi e romanzi che contengono errori o distrazioni simili a questa. Solo al commentatore resta il compito di avvertirla, nelle sue note.
Ecco ora gli errori dell’edizione Milanesi con a fianco la lezione del Didot.
Milanesi, vol. II | Didot, vol. I |
468 abymes | XXVIII abîmes |
» pére |
XXVIII pere. Gli accenti gravi vengono di regola eliminati. Cosí anche: Grece, pere, Thebes, diademe, mere, viperes.
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» Bajazzette | XXIX Bajazette |
473 gliela (piú volte) | XLII glie la |
475 Argia | XLVII Argía |
» di Emone | XLVIII d’Emone |
477 parce que | LIII parceque |
» n. discipulorum |
LIV n. discipularum. È citazione oraziana: dalle Satire I, sat. X, 91.
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478 aperçois | LV apperçois |
478 scena seconda | LVI scena 2a |
479 Muore la donzella | LVII More la donzella |
» maestria (piú volte) | LVIII maestría |
» in iscena | » in scena |
480 energia (piú volte) | LXI energía |
» odïosi | LXII odiosi |
481 fantasia | LXIV fantasía |
483 n. di un quadro | LXVIII n. d’un quadro |
484 O coscïenza | LXX O coscienza |
485 Sono nèi | LXXIII Sono nei |
486 formule | LXXVIII formole |
487 voerlo — È uno dei pochi refusi di questa edizione, tipograficamente corretta.
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LXXXI volerlo |
488 maggiori dei suoi | LXXXII maggiori de’ suoi |
492 che il libro | XCV che libro |
493 l’armonia | XCVIII la armonia |
494 è questa una | XCIX e questa è una |
495 non mi inganno | CI non m’inganno |
497 Effraimiti | CVIII Effraimíti |
457 sapere la lor parte | CXIII saper la loro parte |
458 travia | CXVI travía |
459 perché, ec. | CXIX perchè, etc. |
» ognuno il sa | » ognuno li sa |
» gustate, sentite | » gustate, e sentite |
» gl’Italiani | » gl’italiani |
Milanesi, vol. I | Didot, vol. I |
4 d’intorno (piú volte) | 9 dintorno |
5 m’odii (piú volte) | 10 m’odj |
7 n. glielo (piú volte) | 13 n. glie lo |
23 aiuto |
44 ajuto — Si registrano molti casi del genere: paja, gioja, patrizj, tutti scritti dal Milanesi colla i comune.
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27 d’attorno (piú volte) | 51 dattorno |
35 Alfin (piú volte) | 67 Al fin |
36 indugerà | 70 indugierà |
55 vie piú | 106 vie più |
57 purch’ei | 110 pur ch’ei |
59 risonare | 113 risuonare |
62 finchè | 119 fin che |
63 Ben altro è il fallo; e ben di voi piú degno
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120 Ben altro è il fallo; è ben di voi piú degno
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73 malgrado | 140 mal grado |
Milanesi, vol. I | Didot, vol. II |
165 Componeasi un volto
Impavido, ma in core, entro ogni vena, Lo scellerato giudice tremava. (Virginia, a. III, sc. 7) |
Il Milanesi, in nota alla stessa pagina 165, sospetta che si tratti di errore e che un volto si debba correggere in volto. Ma è una dimostrazione, quest’ipotesi, soltanto della sua scarsa penetrazione linguistica: perché componeasi un volto è espressione piuttosto comune per dire si foggiava artificiosamente un aspetto sicuro, ma questa sicurezza non era nell’intimo della coscienza.
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Milanesi, vol. I | Didot, vol. II |
194 fortuna | 104 Fortuna |
207 Oh padre | 129 O padre |
217 parlògli | 146 parlogli |
232 O fera | 175 Oh fera |
241 oblio (piú volte) | 194 obblio |
251 dentro oggi | 212 dentr’oggi |
255 affinché | 221 affin che |
282 Averno | 279 averno |
283 echeggiar | 283 eccheggiar |
285 Scena XIII | 285 Scena Ultima |
316 Dell’orribil reggia | 348 Della orribil reggia |
322 non temer | 359 non temere |
Milanesi, vol. I | Didot, vol. III |
336 labbra | 8 labra |
344 gl’incresce | 24 gli incresce |
364 taccio | 57 tacio |
380 d’amarla | 93 di amarla |
384 Ben quattrocento | 100 Ben quattro cento |
388 Né | 107 ne (= a noi) |
404 di un passo | 137 d’un passo |
416 siete | 159 sete |
427 Turnon | 183 Tournon |
449 Fuorché ei | 225 Fuorch’ei |
460 vigibil | 248 vigil |
471 ch’il trasse | 270 chi ’l trasse |
478 chieggo | 332 chieggio |
483 gioisce | 341 gioísce |
501 segno ell’è | 377 segno ella è |
501 messaggier |
377 messagger. Sono grafie incostanti; ma è chiaro che bisogna mantenere quello che l’Autore ha voluto.
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503 fuor che | 380 fuorchè |
506 M’imita (piú volte) | 385 M’imíta |
509 Pe’ buoni stessi | 392 Pe’ buoni stassi |
511 pattuisce | 396 pattúisce |
512 assevra | 397 assévra |
513 l’aita | 398 l’aíta |
514 in ammenda e forse | 401 in ammenda ei forse |
517 lugubri | 407 lugúbri |
519 Qual incognita | 411 Quale incognita |
Milanesi, vol. I | Didot, vol. IV |
560 Bandini | 69 Bandíni |
563 sguainar | 74 sguaínar |
572 cordardo | 93 codardo |
575 leggieri abitator | 100 leggeri abitator |
576 udía |
101 udia — Il Mil. non segue una norma sicura: talvolta accenta questa parola, piú di frequente la lascia senza accento. Invece dorria, uscia sono accentate nel Mil., senza accento nel Didot.
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595 non dritto e inopportuno | 135 non dritto o inopportuno |
598 no so | 141 non so |
608 neghittoso |
160 negghitoso. Questa parola, sebbene non citata dal Tommaseo-Bellini, è mantenuta nelle prime ed. alfieriane9
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609 rumor | 162 romor |
617 O figlio | 178 O Figlio |
Milanesi, vol. II | Didot, vol. IV |
8 Samuél | 196 Samúel |
34 leone | 246 Leone |
35 ei estende | 247 ei stende |
55 maggio |
285 Maggio — I nomi dei mesi, nelle lettere di dedica, generalmente sono iniziati dalla maiuscola nel Didot e dalla minuscola nel Milanesi
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63 Tremâr | 297 Tremar |
68 Sérbati | 305 Serbati |
70 Tumultuar | 303 Tumultúar |
71 gl’invidi | 310 gli invidi |
77 insomma (piú volte; ma ricorre anche staccato)
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322 in somma |
» ci ode | 323 c’ode |
80 viltá spartana (piú volte) | 327 viltá Spartana |
122 inseparabil’io | 404 inseparabil io |
Milanesi, vol. II | Didot, vol. V |
143 Foro | 10 foro |
157 Venia |
97 Venía — Nel Mil. l’accento è oscillante
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159 arrecâr | 41 arrecar |
166 avvenia | 54 avvenía |
170 annunzii (piú volte) | 63 annunzj |
172 che ascolto? | 66 Che ascolto? |
181 io tremo | 83 Io tremo |
191 strascina | 101 strascína |
173 ogni dí! | 104 ogni dí? |
202 ti spinge | 120 spigne |
207 chieggo | 128 chieggio |
212 furie | 137 Furie |
223 prostrati | 159 prostráti |
231 innalzava | 173 inalzava |
234 Che parli? Iniqua |
178 Che parli? iniqua — Anche quest’uso delle maiuscole dopo gli interrogativi è saltuario nell’Alfieri; uso che però il Mil. non sempre segue nelle sue oscillazioni. Riporto qui appresso qualche altro esempio.
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242 servir? Né un giorno | 196 servir? né un giorno |
244 possa! Oh qual | 198 possa! oh qual |
251 allaccio? Sconfitto | 211 allaccio? sconfitto |
265 giovanili | 238 giovenili |
266 O dura | 240 Oh dura |
278 Padri (piú volte) | 265 padri |
Milanesi vol. II | Didot, vol. III |
500 dalle persecuzíoni | 287 delle persecuzioni |
502 avrebbe | 293 averebbe |
503 di Egisto | 295 d’Egisto |
504 ch’egli (piú volte) | 298 che egli |
504 sulla semplice (piú volte) | 298 su la semplice |
505 squarciare il capo | 299 squarciar il capo |
510 sacrifizio (piú volte) | 318 sagrifizio |
Milanesi, vol. II | Didot, vol. V |
517 ambizione | 292 ambizion |
528 che ella | 322 ch’ella |
532 che è un solo | 335 che è uno solo |
532 un’aristocrazia | 335 una aristocrazia |
536 Demarista è donna e madre |
344 Demarista è donna, e madre, e donna. È una alterazione assai grave. Il Mil. non ha inteso che l’Alfieri — con quel suo modo epigrafico — voleva dire è donna, cioè instabile e irrazionale; e il fatto di essere madre non annulla e supera la sua fragile muliebritá, quindi, pur madre, resta ancora donna.
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536 nessun’altra | 346 nessuna altra |
536 ch’ov’egli | 346 ch’ove egli |
539 contro | 355 contra |
540 ch’è stato | 356 che è stato |
541 s’impaccia | 359 si impaccia |
545 di Euricléa | 369 d’Euricléa |
546 un’atrocitá | 372 una atrocitá |
546 virtú ch’egli | 375 virtú che egli |
547 d’infiammare | 375 di infiammare |
554 piccoli | 397 piccioli |
554 che elle potranno | 398 ch’elle potranno |
La lunga nota — quando si aggiungano anche le caratteristiche generali della grafia settecentesca citate in principio e generalmente non rispettate dal Milanesi — dimostra esaurientemente che non si tratta soltanto di lievi e rarissimi ritocchi, ma di alterazioni piuttosto notevoli; e in qualche caso, che ho procurato di commentare nella nota, anche veramente gravi.
Nei versi che riporto più sotto10 il Milanesi ha rimesso le dieresi al loro posto. Il Didot invece non ha quell’accento acuto che, come abbiamo avvertito in principio, sostituisce il segno della dieresi. Io ho seguito ancora il Didot perché nell’Alfieri la sensibilitá musicale è piuttosto scarsa, e — come talvolta ha fatto versi di misura sbagliata — può anche talvolta non avere avvertito la intonazione piú regolare e consueta. Da notare che ho confrontato molti di questi versi nella copia Polidori; anche in quella penultima redazione non portano nessun segno.
Milanesi | Didot | |
I, 166 — | II, 50 | Le violenze, le rapine, l’onte |
» 173 — | » 63 | E di tribun sediziose voci |
» 179 — | » 74 | Ambizion, non l’amor tuo. Ma poni |
» 188 — | » 92 | Sedizioso duol di finta madre |
» 206 — | » 127 | Ubbidiente sua cresciuta prole |
» 212 — | » 137 | Al glorioso domator di Troia |
» 215 — | » 143 | Torbidi giorni, irrequiete notti |
» 225 — | » 162 | Cosí ti turba? L’inquieto sguardo |
» 226 — | » 165 | Parlar, d’Elettra la quiete e il senno |
» 227 — | » 166 | Di amata madre ossequiosa figlia |
» 228 — | » 169 | La tua primiera ubbidiente ancella |
» 245 — | » 201 | Mosso da iniqua ambizion la figlia |
» 253 — | » 216 | Nel traditor tante fiate e tante |
» 261 — | » 235 | Dal suo cospetto, che odiosi troppo |
» 264 — | » 241 | Tu da feroce ambizion di regno |
» 264 — | » 241 | Chiedevi già Tu, smanioso, tutta |
» 269 — | » 250 | Feroce troppo, impaziente incauto |
» 294 — | » 304 | A noi giovare altra fiata ci puote |
» 297 — | » 311 | Desio piú dolce, e ambizioso meno |
» 306 — | » 329 | Chiederti osai breve udienza in questo |
» 324 — | » 362 | Obbróbeiosi i giorni miei nel limo |
II, 70 — | IV, 310 | De’ traviati cittadini molti |
» 163 — | V, 48 | Traviati dal ver, ne mai sarebbe |
» 260 — | » 229 | E i rimorsi e il perpetuo terrore |
» 260 — | » 230 | Di un dittator perpetuo! Terrore? |
- ↑ In cinque volumi, piú il cosí detto volume di scarto; che è il primo della serie, poi rifatto con una perfezione quasi assoluta.
- ↑ I, LXIV.
- ↑ Ringrazio qui pubblicamente il dott. Jahier, direttore della Marucelliana, e gli impiegati addetti che mi hanno facilitato la consultazione dell’opera.
- ↑ Firenze, Le Monnier, 1855: in 2 voll.; giá citato.
- ↑ Anche F. Maggini ha confermato la bontá di questa edizione e l’ha riprodotta integralmente presso lo stesso editore; collo svantaggio, rispetto al Milanesi, che molti dei segni di interpunzione, specie alla fine del verso, non sono stati impressi per insufficienza tipografica.
- ↑ I, LXIII e LXIV.
- ↑ a. II, sc. 4.
- ↑ Mi esprimo cosí perché talvolta nell’errata si registra come errore ciò che nel testo appare già corretto. Per esempio: a II, 122, l’errata corregge argivi in Argivi, mentre il testo ha già la maiuscola. Cosí a III, 11 odiosi in odiosi; a III, 69 di che temi, in di che temi?, tutti già corretti nel testo.
- ↑ Del resto sono attestate in antico le forme negghienza, negghettoso; e ad esse è facilmente riconducibile il rifoggiamento arcaico dell’Alfieri.
- ↑ Mi limito ad un gruppo di versi in cui l’iato è impossibile o fortemente improbabile.