Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo II

Libro I - Del Regno del Latio

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Libro I - Capitolo I Libro I - Capitolo III

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Del Regno del Latio.
Cap. II.


Chi diede di Latio il nome à quella Regione di quà dal Tevere; dove, come piace à Fabio Pittore nel sopracitato luogo, hebbe i suoi primi natali la Trionfante Roma, fù Saturno Caspio, chiamato per altro Nome Sabatio Saga, Figliolo di Cuso, Nipote di Camo, Pronepote di Noe, che dal Sacro Cronista vien detto Sabatcha, che perseguitato dall’empio Giove Belo, Padre di Nino, e Figlio di Nembrotte, se ne fuggì in queste nostre Contrade, e perciò in questo mi dilungo dal Bardi, il cui intendimento è, che questo Saturno sia figlio di Noe; se però non intendesse di Saturno Egittio, dico Camo, che allhora sarei seco. Che il detto Sabatio sia il nostro Saturno, lo dice Beroso, quando narra la prima fuga di lui ne monti Caspi, e trà li Battriani, & Armeni più remoti, per schivar [p. 9 modifica]la Tirannia del crudo Belo, Sabatius (egli dice) delitescebat in Battrianis Sagis, Torello Sarayne conferma l’istesso con le seguenti parole, Postquam paulo post, & Saturnus, qui, & Sabatius Saga dictus est, frater Nembrot Saturni Babilonici, & Patruus Iovis Beli, in Italiam concessit fugiens arma Iovis. Leandro Alberti, l’Annio, Gio. Christostomo Zanco, & il dottissimo Padre Maestro Felice Ciatti chiaro splendore della mia Francisca Religione con altri molti gravi Autori sono del medesimo parere, e trà viventi, Pompeo Angelotti fondato nell’Autorità di Monsignor Vittorij in un Sonetto dell’Istoria di lui manoscritta.

Se ne stava il patiente Sabatio nascosto ne’ sopr’accennati Monti perseguitato dall’ambitioso Nipote, che non poteva adempire la vorace brama di solo regnare, se non prima estinto il nostro Saturno; cercava perciò d’ucciderlo; ma perchè fù la fuga di lui repentina, e segreta, non commise tanta sceleragine. Dovendo poi egli render il debito alla Natura, col far passaggio all’altra vita, doppo haver regnato nella Babilonia XLIII Anni, lasciò per precetto testamentario à Nino suo figliolo soccessore del Regno, e della crudeltà paterna, ch’in esterminio mandar dovesse Sabatio Saga, Iussit filio Nino, ut Sabatium Sagam funditus deleret, dice Beroso. Aspettava tempo più opportuno l’afflitto Sabatio, ò per la recuperatione del Regno, ò per più sicuro scampo della sua persona, ma non vedendovi piega; lasciando al governo de gli Armeni Barzane suo figlio, s’imbarcò per la Sarmatia, Regno così chiamato da Sarmata nipote di Semo. Trascorse ancora nell’Eusino, e fatta rilosutione megliore, e di maggior sicurezza, poiche non poteva tanto guardarsi dall’insidiose mani del nuovo Tiæranno, se non con la partenza; in compagnia di molti seguaci, con la moglie, e fameglia se ne venne veloce à vele spiegate con Navi in Italia, entrando per il Tevere à trovar Giano suo Bisavolo, che molto prima vi era giunto, come accennò Ovidio dicendo,

Causa ratis superest, Tuscum rate venit in amnem
Primus oberrato Falcifer Orbe Deus.

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Hac ego Saturnum memini tellure receptum,
Cœlitibus Regnis à Iove pulsus erat.

E Vergilio dice:

Primus ab athereo venit Saturnus Olimpo
Arma Iovis fugiens, & Regnis exul ademptis;
Is genus indocile, & dispersum montibus altis
Composuit, Legesq. dedit, Latiumq. vocari
Malis, his quoniam tutus latuisset in oris.

Fuga anco registrata da S.Agostino col paere di Eohemero (altri intendono Omero) con le seguenti parole, Et quæ ad hanc rem pertinentia subsequuntur, totam de hoc Euhemerus pandit historiam, quam Ennius in latinum vertit eloquium. Giunse in Italia Sabatio Saga, sicuro dalla persecutione di Semiramide, che regnava nell’Assiria per la morte di Nino suo Consorte, di quel Nino, che diede principio all’Idolatria per la Statua, che eresse à Belo suo Padre, perchè come riferisce Pietro Comestore, Mortuo Belo Ninus in solatium doloris Imaginem Patris sibi fecit, cui tantam exhibebat reverentiam, ut quibuslibet reis, qui ad eam confugissent, parceret. Il corpo di questo Belo fù posto in un’Urna di vetro, con oglio (direi Balsamo) così ritrovato da Serse, narra Claudio Eliano Prenestino, Xerxes Darij filius effosso vetusti Beli monumento, vitream urnam reperit, ubi iacebat in oleo cadaver. Fù Sabatio nell’Anno MMM. CXCV. del Mondo da Giano cortesemente ricevuto, che conoscendo la buona natura del Nipote, l’ingiusta persecutione fattali da Belo, e dal Figlio, li dissaggi sufferti, gl’assegnò il lato destro del Tevere per le sue Colonie, & il monte Capitolino per suo Albergo, e Regia, con il governo de gl’Aborigini, restandosene egli nel Gianicolo, quindi Macrobio Aurelio disse, Hic igitur Ianus cum Saturnum Classe provectum excepisset hospitio, & ab eo edoctus, peritiam ruris ferum illum, & rudem ante fruges cognitas iustum, in melius redegisset, Regni cum societate remuneravit, e furono ambedue così conformi nel giusto governo, che forse per questo ben spesso cambiorno il nome di Saturno in Giano, e di Giano in Saturno, com’hà fatto il Middendorpio. Fabio Pittore, che registra quest’istessa venuta, è di parere, che Giano per divisione del Regno conceduto a [p. 11 modifica]Saturno, vi stabilisse, come per linea divisiva, il Tevere; patto osservato ancora molti secoli doppo per separatione trà Latini, e Toscani al tempo d’Ascanio, dice Livio. Ecco le parole di Fabio, Paulo post frementibus undique contra se armis, toto prius pererrato Orbe Saturnus ad Ianum se contulit, eum comi hospitio Ianus receptum, Latio, et Aboriginibus præfecit, et more, quamvis tunc finientis Aurei sæculi, intra fines sese quisque continuit. Ianus in Etruria, Saturnus in Latio, Tiberimque fines Imperÿ esse instituit. E più sotto segue, Etruria a Ianiculo Ianus, Latium à Saturno Saturnus cognominavit. E Sesto Aurelio Vittore dice, Igitur Iano regnante apud Indigenas rudes, incultosq. Saturnus Regno profugus, cum in Italam venisset, benigno exceptus hospitio est. Che Saturno edificasse Roma, la parte dico del Capitolio, con nome di Saturnia, lo dice Vergilio quando vuole dimostrare, che ella indifferentemente nel Latio, e nella Toscana era fabricata.

Hanc Ianus Pater, hanc, Saturnus condidit Urbem
Ianiculum huic, illi fuerat Saturnia nomen

Et Ovidio.

Inde diu genti mansit Saturnis nomen,
Dicta fuit Latium terra latente Deo.

E Sesto Aurelio dice, Sed Urbem Saturnus, cum in Italiam venisset, condidisse traditur. Lo conferma ancora Giulio Solino dicendo, Quis ignorat, vel dictum, vel conditum à Iano Ianiculum, à Saturno Latium, atque Saturniam. Et Hisidoro Hispalente ancora, In Italiam autem à Iano Ianiculum, à Saturno Saturnia, atque Latium conditum, eo quod ibi fugiens latuisset. Parimente Arnobio, Ianus Ianiculi conditor, et Civitatis Saturnia Saturnus Auctor. Seguono quest'oppinione Bartolomeo Isernacense, Tommaso Fazzello, Andrea Scotto, Niccolò Perotti, e altri molti.

Sono quasi tutti conformi li Scrittori intorno all'origine del nome Latio, e unitamente affermano, perchè Saturno latuit, si nascondè in esso. Così dice Herodiano, Cuius etiam Saturnum ipsum ab Iove filio pulsum fuisse hospitem pradleant, quod et ibi latuisset nomen Latio inditum. Paolo Diacono, Saturnus, quia in Italia latuit, ab eius latebra [p. 12 modifica]Latium appellatum est. L'Abbate Uspergense replica le medesime parole di Paolo Papia, Latium pars Italiæ dictum, quod Saturnus à Iove fugiens, ibi latuerit. Paolo Merula, Latium dictum putatur à Saturno, qui patria profugus in his locis latuisse fertur. Nicolò Perotti finalmente dice, Dictum Latium, quod illic latuerit Saturnus Iovem filium fugiens. Non voglio in questo luogo dimostrare quel Saturno fosse questo fuggitivo, perchè si dirà altrove; e per adesso mi basta in prova, che Latium dicatur à latendo, come Arnobio conferma: benchè, come registra il Perotti, alcuni siano di pensiero così chiamarsi, quia latet inter præcipitia Alpium, et Appennini. In quello nostro Latio fù fondata, et hebbe i suoi natali la famosa Roma, come s'è accennato, così giudica Fabio Pittore dicendo, Prima igitur origo Roma fuit Collis Capitolinus, antea Saturnia dictus. Conferma ciò Lucio Sempronio, qual dice Ubi est Mons Capitolinus aureo saeculo à Saturno habitatus, ubi et nunc Aurea Roma Terrarum caput. L'istesso par che affermasse Plinio quando scrisse, Saturnia ubi nunc Roma est, corroborato ancora da Giustino Historico con queste parole, Itaq. Italia regis nomine Saturnia appellata est, et mons, quæ inhabitabat, Saturnus, in quo nunc veluti à Iove pulso sedibus suis Saturno, Capitolium est.

Stando dunque sicuro, e d'animo quieto Saturno nel suo governo nel Latio, destinò alla cura della Sabina Sabo suo figliuolo, che à quei Popoli diede anco il nome, come, oltre à molti altri buoni Autori, spiegò chiaramente Silio Italico nè seguenti versi:

Ibant, et læti pars Sanctum voce canebant
Auctorem gentis, pars laudes ore ferebant
Sabe tuas, qui de patrio cognomine primus
Dixisse populos magna ditione Sabinos

E fù nell'Anno del Mondo MMM. CC. XVI.. Questo Sabo fù poi il Dio Tutelare, benchè falso, de' Sabini, come Fauno de' Latini, e Quirino de' Romani, dice Polidoro Virgilij. (Io non credo però fosse il primo) Fece molti beneficij al Mondo Saturno, insegnò l'arte dell'Agricoltura, il modo di potar le vite, e gl'arbori, inventò le Falci da mietere, e da tagliar il grano, com'anco insegnò il costume, e riti [p. 13 modifica]de' Sacrificij (quantunque Cicerone dica, Principem in sacrificando Ianum esse voluerunt, e Pomponio Leto n'attribuisca l'inventione nel Latio à Fauno) e ridusse al vivere civile le rozze genti; in somma in XLII. Anni di governo fece grand'opre: e se prima di lui haveva fatta qualche cosa Gomero Gallo, fù però con minor esperienza, e maestria. Basta dir solamente che con la sua giustitia, e modo retto di vivere si diede il nome all'Età dell'Oro, come si cava da Giustino, qual dice, Italiæ cultores primi Aborigines fuere, quorum Rex tanta iustitia fuisse dicitur, ut neque servierit sub illo quiquam, neque quisquam private rei habuerit, sed omnia communia, et indivisa omnia omnibus fuerint, velutis unum cuntctis patrimonium. E Claudiano poeticamente per tempo futuro così la descrive

Tunc Tellus communis erit, tunc limite nullo
Discernetur Ager, nec vomere sulcus obunco
Findetur. subitis messor gaudebit aristis,
Rorabunt querceta favis, stagnantia passim
Vina fluent, oleiq. lacus, nec murice tinctis
Velleribus quæretur honor, sed sponte rubebunt
Attonito pastore greges, pontumq. per omnem
Ridebunt virides gemmis nascentibus algæ.

Età in vero fortunata, e felice, onde ragionevolmente di Saturno Virgilio disse, Aureus hanc vitam interris Saturnus Agebat. Morì Saturno nel primo Anno di Semei Quinto Rè de gli Assirij, ne gl'Anni del Mondo MMM. CC. XXVII. E Noe visse doppo di lui Anni otto, dice Beroso, Eius Anno primo (parlando di Semei) cum Sabatius obiit. Ianus Pater senissimus filium suum Cranum Coritum creavit, octavoque post anno obiit, ò pure come si computa nelle Tavole di Eusebio, visse Noe Anni Sedici fino al XVII del sudetto Semei; benche il Marliano sia di contrario parere, dicendo, che Noe fosse il primo à far passaggio all'altra vita. Cœterum Iano defuncto, ad eum solum (intende Saturno) Imperium pervenit. Honorò Noe la morte del suo Pronipote, perchè se prima il Latio solamente, e Roma haveva nome Saturnia, volse che l'Italia tutta fosse universalmente Saturnia chiamata: tanto si cava da [p. 14 modifica]Dionisio, che dice, Ante adventum Herculis in Italiam, sacer erat Saturno is locus (intende del Capitolio) dictus ab Incolis Saturnius, quia et universa ora, quam nunc vocatur Italia, dicata erat huic Deo, vocata à suis hominibus Saturnia, ut licet videre in Sibyllinis Carminibus, et aliis Oraculis à Diis redditis. Tertulliano, che con ragione vuole, che nissuno scriva più fedelmente di Saturno, che gl'Italiani, dice, Si quaras rerum argumenta, nusquam invenio fideliora, quam apud ipsam Italiam, in qua Saturnus polis multas expeditiones, postquam Attica hospitia consedit, exceptus quam Iano (ut Salii volunt) Mons, quem coluerat, Saturnius dictus, Civitas, quam debellaverat, Saturnia usuqe nunc est. Fece in oltre Giano stampar monete con l'impronta della Nave, sopra la quale Saturno venuto era in Italia, e scampato dal tirannico furor di Belo, il che fù spiegato da Ovidio ne i seguenti due versi.

At bona posteritas Puppim formavit in ære
Hospitis adventum testificata Dei

Da Plutarco, che disse, Qua vulgata opinio est in honorem hoc fit Saturni navigio Italiam advecti. E Macrobio lo dimostrò più chiaro, dicendo, Cum primis quoque Ǣra signaret, servavit et in hoc Saturni reverentiam, ut quoniam ille navi fuerat avectus, ex una quidem parte sui Capitis effigies, ex altra verò Navis exprimeretur, quo Saturni memoriam etiam in posteros propagaret. E Tertulliano dice, che perciò Saturno fù fatto Nume tutelare de gli Erarij, Ab ipsa primum Tabula, et Imagine signatus nummus, et inde Ærario præsidet. Da tutto questo si cava, che Giano fosse l'inventore di simili monete, e non Saturno, come vuole Alessandro ab Alexandro, che scrisse, in Latio Saturnus areum nummum reperisse traditur. E ben vero, che à lui, e alla sua consorte chiamata Opis, ò Rhea, come narra Pomponio Leto, fù alzato un superbo Tempio nel Monte Capitolino. Giano doppo la morte di Saturno, pieno d'anni, non potendo, ò non volendo solo reggere cosi vasto Impero, che prima haveva diviso, scorgendosi hormai giunto al fine de' suoi giorni, fece Prencipe del Latio Crano suo figlio, per altro nome chiamato Cronico. Benche il Samoteo gli dia il [p. 15 modifica]principio del governo doppo la morte del Padre. In questa occasione si riunì il diviso Regno d'Italia. Crano per riverenza del vecchio Padre fù detto Giano Iuniore, di cui intese quell'Autore, che disse Ianum fuisse filium Noe, che doppo l'Impero di molti Anni, hebbe per soccessore Aurunco (altri dicono) Aurunno suo figlio; fù nell'Anno MMM.CC.LX. del Mondo. Questo diede il nome ad una famosa Colonia nel Latio: & havendo regnato anni XLIII gli succedè Moloc Tagete, & à lui doppo XLII. anni di Regno, seguì il suo figlio Sicano. Non sò determinatamente, s'al tempo di quello, che governò Anni XXX. ò pure al tempo di Enachio, ch'altretanti stette nel Regno, per loro impotenza, ò dapocagine, suscitarono quei Giganti, che crudelmente travagliarono la nostra Italia, onde al pensiero del Bardi, fondato nell'autorità di Orosio Lib. I. Cap. 7. furono forzati gl'Italiani oppressi dalle crudeltà, che dà Giganti à loro si facevano, chiamare in aiuto Osiride, da Andrea Angelo stimato figliolo del nostro Saturno, Sabatius genuit Osiris Principem Ægipti. Da Diodoro in più luoghi, Giove giusto chiamato; da altri detto Apis, così dice Strabone, Memphis Ægiptiorum Regia Apidis Templum habet, qui idem est, quod Osiris, da cui l'Italia per un tempo fu detta Apennina. Era di tanta stima questo nome Apis, appresso i Greci, che per quanto narra il Boccaccio, vi era di pena la testa à qualunque lo nominava. Questo debellato i Tiranni, sedati i rumori, e posto in pacifico stato il Regno, lo governò diec'Anni, e nel suo tempo terminò affatto, e s'estinse l'ultima scintilla del Secol d'Oro; quale pretendesi rinovato (come piace al Samoteo) nel tempo del nostro Augusto Ottaviano, Innovato est Aureum Sæculum tempore Octaviani Augusti, quando cæpit Monarchia Romanorum. Se ne ritornò Osiride in Egitto; ma prima della partenza lasciato haveva il Regno d'Italia à Lestrigone figlio di Nettuno suo fratello; e questo fù ne gl'Anni del Mondo MMM. CD. LIII.. Ed egli da Trifone a tradimento fù miserabilmente ucciso, et in più parti diviso, Osiridem Ægipto iustè regnantem (dice Diodoro) à Triphone fratre impio, atque nefario interemptum, quem ille in sex et viginti [p. 16 modifica]partem dissectum, etc. Fù questo empio fratricidio universalmente sentito con grandissimo dispiacere, che per farlo palese, e per manifestare il giovamento, ch'il Mondo haveva ricevuto dal saper di lui, e per haver insegnata alle genti la perfetta Agricoltura; gl'Egittij l'adorarono per Dio, ma con sembianza di Bove di varij colori, così registra Costantino Manasse, Longè verò studiosissimè inter alios cultus, Apim venerabantur, qui variis coloris Bos erat, denotando forsi la Terra, che coltivata di varij colori s'ammanta, e si riveste. Lestrigone stabilì la sua Sede in Formia, dice Plinio, ò pur Hormia, hoggi Mola in Regno; ma si fece sperimentare così crudele nel governo, che dà Greci fù detto Antropofago, che in nostra lingua suona divoratore di carne humana; perciò Hercole Libio, ò Egittio figlio di Osiride, e di Cerere (vuole il Fazello) partendo dalla Spagna nell'Anno del Mondo MMM. CD. XCVIII. e giunto nel nostro Latio, scacciò i Lestrigoni, e Tiranni, che v'havevano regnato anni in circa quarantacinque, e ne pigliò egli l'Impero assoluto, e vi edificò alcune Colonie, dandogli il suo nome, come fù frà l'altre Herculea, over Herculano, così chiamata, perchè Hercole vi sbarcò con molte Navi, come piace al Mazzella, hoggi della la Torre del Greco, vicino à Napoli. Tivoli, forse per l'istessa caggione, fù detto Herculeo, come piace al Perotti. Anzi Andrea Scotti narra, ch'era tanta l'amicitia, che li Tiburtini havevano con Hercole, che risolverono, che la loro Città fosse chiamata Herculeo. Frà Volsci ancora fù plausibilmente accettato in Sessa, per quanto dimostra Lucio Sacco Autor moderno, e edificò Sezza, come à bastanza prova il Ciammariconi Setino; à quali due Città, per quanto questi due virtuosi registrano, lasciò Hercole l'impresa del Leone, e fù avanti la venuta di Christo nostro Salvatore M. D.CC. Anni. Due Porti di Mare ancora pigliarono il nome da Hercole, uno nè Brunij, vicino à Locrensi, hoggi detta Gerace in Calabria, e l'altro nè confini della Liguria, e Toscana, al presente chiamato porto Hercole.

Qual fosse quest'Hercole, di cui si raggiona, non è facil cosa il determinarlo; perchè essendo stati nel mondo più [p. 17 modifica]Hercoli, come dimostra Arriano, e Pausania, anzi quaranta tre, scrive il Perotti per parere di Varrone. Varro treis, et quadraginta Hercules nominat, si richiede in ciò altra chiarezza. E perciò è da sapere, che l'Hercole, di cui discorriamo, fù figlio di Osiride, detto Giove, e di Cerere, ò pure Alcmena figlia di Elettrione, dal cui alto valore, e famosi gesti tutti quelli che facevano prodezze non ordinarie, s'usurpavano il nome d'Hercole; così segue il Perotti, Verumtamen omnes, qui robure, et fortitudine præstiterunt, hoc nomine ab Hercule Aclmenæ filio appellato fuisse affirmant. Governò Hercole l'Italia Anni XXX. e havendo richiamato dal Tanai Tusco suo figlio havuto da Araxa e creatolo Prencipe hastato d'Italia, egli (benchè vecchio) se n'andò à i Celtiberi, e lui, doppo maravigliose fatighe di guerra, finì i suoi giorni. A questo Tusco, che diede il nome di Tuscia all'Etruria, doppo XXVII. Anni di Regno, soccedè Altheo suo figlio, in cui, doppo il governo di sett'Anni, terminò la descendenza d'Hercole à regnare assolutamente in tutta l'Italia; perche Atlante Italo, per altro nome detto Kitim, Nipote di Iapeto chiamato Atlante Mauro, e figlio di Iavano, havendo prima discacciato Hespero suo fratello dalla Spagna, s'incamminò verso l'Italia, dove similmente vi ritrovò Hespero, che n'haveva il possesso, non sò in che modo fatto soccessore d'Altheo (da questo Hespero pigliò la Spagna, e l'Italia il nome di Hesperia) ne potendo, ò pure non volendolo quì comportare, doppo la Signoria d'Undeci Anni, anco lo discacciò, e diede il nome d'Italia à questa nostra Hesperia, tanto spiega Dionisio per sentimento d'Antioco Siracusano, dicendo, Quod Regnum tandem Italo delatum, à quo mutato nomine dicti sunt Itali, e più oltre, Italia verò post nominata est à viro præpotente Italo, hunc Anthiocus Siracusanus ait, bonum, et sapientem fuisse, et propinquarum Regionum hominibus, partim oratione persuasis, partim vi coactis, totam eam terram sub iugum suum redigisse. Riferisce l'istesso Dionisio per parere di Hellanico, che l'Italia si chiamasse Vitalia, e con progresso di tempo fosse detta Italia; donde poi havesse quel nome, dice fosse per un Giovenco, ò Vitello fuggito [p. 18 modifica]da Hercole, e da lui in più parti cercato, onde tutta quella Regione dal Vitello scorta fù appellata Italia. Sesto Pompeo inclina in parte à questa oppinione, mentre è di senso, che l'Italia venga chiamata dalla moltitudine de Buovi, che in essa si trovano, Italia dicta, quod Magnos Italos, hoc et Boves habeat. Se bene immediatamente segue, Italia ab Italo Rege, eadem ab Attilio putatur appellata. Per lo che si discopre la commune oppinione essere, che Italo habbia dato il nome all'Italia, e la conferma Aristotile, che dice, Tradunt enim periti homines illorum locorum fuisse Italum quemdam Oenotria Regem, à quo, mutato nomine, pro Oenotriis Itali sunt vocati. E da Suida, che scrive, Iidem Latini Itali dicti à Principe quodam Italo, e fù nell'Anno del Mondo MMM.D.LXIII. conforme alle Tavole di Eusebio, che scrive Athlas frater Promothei præcipuus Astrologus, qui ob eruditionem istius disciplina etiam Cœlum sustinere affirmatus est. Ma perche il Samoteo gli dà il principio ne gl'Anni XII. di Mancaleo Duodecimo Re de gl'Assiri, ne segue, che fosse nel MMM.D.LXXIII. Di questo Atlante scrive il Pagnino le seguenti parole, Eo quippe tempore, quo Moises natus est, fuisse reperitur Athlas ille magnus Astrologus, Promothei frater, maternus avus Mercuriis Maioris, cuius nepos fuit Trimegistus ille Mercurius.

Dalle citate parole di Suida io piglio certezza, che la Provincia, dove fondò il suo Regno Atlante Italo, sia il nostro Latio. Si corrobora questo mio senso da quello che dice Beroso, quale (come dirremo più sotto) narra, che Atlante dasse Eletra sua figlia magiore per moglie à Cambo figlio di Blascone, che edificò Monte Fiascone, dice Andrea Angelo, Alcæus genuit Blasconum, à quo Mons Flasconus, Principem Tusciæ. Restò Cambo ancor egli Prencipe de' Toscani, con nome di Corito, chiamato ancora Giano Iuniore, che osservato dal Samoteo, per dimostrare la differenza trà questo, et il primo Giano, dice, Considera unum Ianum priscum, plures verò posteriores. Da questo hebbe i suoi principii la Città di Corneto, dice Andrea Angelo, ma lo fà fratello, e non figlio di Blascone. Ne segue dunque, che in quello, come in altro tempo ancora il Principato di Toscana diviso fosse dal Latio, e si [p. 19 modifica]conclude, se Atlante Italo pigliò il possesso del Latio, e gli diede il suo nome, che il Latio nostro fosse il primo da lui chiamato Italia, e che i Latini i primi fossero (come dice Suida) ad esser chiamati Italiani.

Non deve dispiacere il pensiero di Fabio Pittore, qual narra c'Hespero fuggendo l'ira del fratello, fosse raccolto da Toscani, e per il suo alto valore fosse fatto Protettore, e Difensore di quel Regno, per esser Cambo ancora giovenetto. Venendoli poi incontro Atlante colmo di furore, e di sdegno, se gli fece avanti Cambo con i suoi Toscani, et impedì il maneggio dell'Armi trà fratelli; anzi con aiuto, e conseglio oprò, ch'egli in Roma, allhora chiamata Saturnia, possedesse il Monte Aventino, e vi fabbricasse un Castello, che fù poi detto Capena, e che à questa Reggione dasse il il nome d'Italia: queste sono le parole di Fabio, Sequens hunc Aventinus fuit habitatus ab Atlante Italo è Sicilia advecto contrà Fratrem suum Hesperum, in cuius tutela erat Etruriæ Imperium, adhuc Iano puero, et immaturo ad munera Regia, et Regni. Porrò Italus dimicare à Iano, et Etruscis prohibitus in Aventino consedit, ad cuius radices, iuxtà Tiberim, ope, atque consilio Iani Capenam oppidulum condidit, et Regionem eius permissu Italiam dixit. Morì indi à poco Hespero, et Atlante pigliò il governo di tutta l'Etruria, con la tutela ancora di Cambo, Mox Hespero fratre rebus humanis excepto, Italus in tutelam Ianum, et Etruriam. Seguita Fabio (ma notisi, che non v'aggiunge Latium, perche lo possedeva, e già si chiamava Italia) suscipiens, omnem circa Tiberim Regionem, extinctis ultrò, citròq. aliis cognominibus, à se Italiam nuncupavit.

Acquietato nè suoi pensieri Atlante, collocò in matrimonio Eletra sua primogenita à Cambo, come s'è accennato, e creò Regina del Latio, e sue Colonie Roma sua figlia minore, Romam filiam Italus primò Subreginam Aboriginibus sacrat, dice Beroso; e Fabio, Suscepto igitur Italus Italia Imperio, tùm filiam suam Romam nomine Siculis, et Aboriginibus in Latio præfecit. Et egli se ne ritirò à governare la Toscana con Cambo, ancora giovene; anzi per schivare le moleste cure del Regno, doppo haver' [p. 20 modifica]egli governato XIX. Anni in circa, creò Corito Morgete suo figlio, e fù ne gl'Anni del Mondo MMM.D.XCII. così afferma il Barrio1, Cum autem consenuisset Italus, regnavit Morges. E se il Sabellico per sentenza di Antioco Siracusano è di senso, che Morgete reggesse il Latio doppo Roma, e non la Toscana, Roma ante Morgetem regnavit; altri sono di contrario parere; perche Morgete governò la Toscana XX. Anni, et hebbe per soccessore Cambo con l'istesso titolo di Corito, che poi se gli conservò per antonomasia. Da questa Roma pigliò il nome la Trionfante Roma, che prima chiamavasi Saturnia, e perciò direi s'ingannassero per motivo di qualche passione quelli Autori citati dal Colonna2, cioè Varrone, e Virgilio, ch'attribuirono il nome, e la prima fondatione à Romolo. Cefalone Gergitio, Apollodoro Ateniese, e Demagora, quali dissero fosse edificata da Romolo figlio d'Enea, e ne pigliasse il nome. Heraclide Lembo, o Demaste Sigeo, che vogliono da Ulisse, et Enea edificata fosse, partendo da' Molossi3 per Italia, e la chiamassero Roma, da Roma donna Troiana. Callia Siracusano, che dona il principio ad una moglie del Rè Latino chiamata Roma. Alcinio, qual disse, che d'Enea, e Tirrenia nacque Romolo, dal quale si generò Alba, e da Alba, Romo, ch'edificò, e diede à Roma il nome. Dionisio Calcidense, ch'assegnò la fondatione à Romo figlio d'Ascanio Troiano. Antigono, che pretende ricevesse il nome da Romo figlio di Giove. E Senagora, ch'è di senso (come registra Dionisio Alicarnass.) che Roma pigliasse il nome da Romo, uno de' tre figli di Circe, et Ulisse. Come anco quelli s'ingannano, che dicono Roma fosse stata fabricata da Pelasgi, dandoli il nome di Roma per il valore mostrato nelle guerre; e quelli, che dissero Roma haver havuto il principio, et il nome da Romo Tiranno de' Latini. Aggiungo finalmente il parere di Salustio, che ne da la fondatione à Troiani, dicendo, Urbem Romam sicut accepi, condidere, atque habuere Troiani, qui Ænea Duce profugi incertis sedibus vagabantur. Da questo forse si mossero poi alcuni à chiamarla (benche falsamente) Eneipoli.

Lasciando da parte la varietà accennata di gravi Autori circa il principio di Roma, che per esser del Capo del Mondo, deve [p. 21 modifica]apportar stupore à chi legge, mentre fà verificare il commun Proverbio, Quot capita, tot sententiæ. Dirò solamente, ch'io prendo dalla narrata antichità non poca maraviglia di quelli che lasciatosi trasportare dal troppo affetto, affermano che le Città fabricate da Enea, Compagni, e suoi Successori, avanti à Romolo, sieno più antiche di Roma, come con manco sode raggioni, altri avanti al tempo della suddetta Regina possono dare verace principio d'altra Città prima di Roma; mentre li primi alberghi di Giano, e di Saturno antecedenti ad ogn'altra Colonia d'Italia, sono l'istessa Roma; se però quelli non volessero intendere di Roma di sette Colli, cinta di mura, e con l'istesso nome, che questo si potrebbe concedere, ma di ciò ne lascio il pensiero, à chi la pretende; à me basta dire, che dovendo Roma esser Capo dell'universo, e per la Monarchia Temporale, e per l'Ecclesiastica, dovea esser fabricata, e fondata dal Capo del Mondo rinascente, dico da Noe.

Soccedè à Roma nel Regno del Latio Romanesso suo figlio, nel MMM.DC.XIX. Anno del mondo (questo fù figliuolo di Sicano già Rè de Celtiberi) conservò il nome di Roma alla parte del Capitolio, e dell'Aventino pigliato da Roma sua madre, e fù acclamato da Latini Aborigini col nome di Saturno, e da li à poco, havendo governato An. LXXI. morì; restando nel Regno Pico Prisco4 suo figliolo, cosi dice l'Aldovrando5, Picus etiam Rex Latinorum Saturni filius, Fauni Pater, che fù il primo che del Pico uccello si servisse ne gl'Augurij; e perciò favolosamente si disse, ch'egli da Circe Maga trasmutato fosse in uccello, così notò Servio, Hoc autem ideò fingitur, quia Augur fuit, et domi habuit Picum, per quem futura noscebat, quod Pontificales indicant libri. La caggione di questa Favola l'assegna l'Aldovrando, che dice, Qui à Circe adamatus, cum spreto eius coniugio, Canentem Nimpham duxisset uxorem, ab irata Dea virga percussus, in Avem sui nominis mutatus fertur. Governò Pico LVII. e gli succedè Fauno Prisco, quale al parer di Suida, fù anco chiamato Giove. Moglie di lui fù Fatua6, cosi chiamata da Caio Basso, dice Lattantio, perche prediceva le cose future (dice Giustino) [p. 22 modifica]Fauni fuit uxor nomine Fatua, quæ assiduè divino spirito impleta, velut per furorem, futura a præmonstrabat. Pomponio Leto vuole, che li fosse sorella, Fauni soror Fatua, vaticinatrix. Ma Lattantio, seguitando il parere di Giustino, vuole che li fosse moglie, e perche s'imbriacò, il Marito la battè tanto crudelmente con verghette di Mirto, che l'uccise, Fatua alii dicunt fuisse uxorem Fauni, quæ, quia contra morem, decusq. Regium clàm vini ollam ebiberat, et ebria facta erat, virgis mirtheis à viro usque ad mortem cæsa. Ma poi pentitosi della usata crudeltà, per il gran desiderio, che di lei haveva, l'adorò per Dea; e per questo mi dò à credere, che Fauno fosse stimato primo inventore del culto de' Dei nel Latio, al parer del Leto, anzi egli lo giudica il primo Rè, dicendo, Faunus omnium Regum antiquissimus in Latio fuit. Questa Fauna fù ancora chiamata la Dea Bona,della quale tanto si burla Arnobio7, dicendo, Fauna Fatua, Fauni uxor, Bona Dea quæ dicitur, sed vino melior, et laudabilior potu. Di questo Fauno narra Plutarco, ch'egli dasse albergo ad Hercole, quando da Spagna conduceva li buovi di Gerione, ma perche il crudele soleva sagrifigare li suoi hospiti à Mercurio, di cui vanamente si reputava figlio, volendo far l'istesso d'Hercole, fù da lui ucciso. La varietà del tempo mi dà per sospetto questo racconto. Dirò quello registra Alessandro, che li ciechi Gentili stimarono questo crudele per Semideo, e li fecero sacrificij, ma di capre, Fauno quoquè Capram immolabant, quamvis semideo. Fù suo soccessore, doppo XXX. Anni di Regno, Amno Faunigena nell'Anno del Mondo MMM.DCC.LXXVII. questo possedè il Lago di Perugia, e diede per moglie à Trasimeno figlio di Tirreno, Agellina sua figlia, onde per l'avvenire questo Lago (e segue ancora) si chiamò il Lago Trasimeno. Morì Amno doppo haver regnato LIV. Anni , et hebbe il Regno Vulcano, che visse XXXVI. Anni, a cui seguitò Marte Latino, detto Giano Iuniore: e fù il quarto c'havesse havuto il nome di Giano, governò XXIII. Anni. Doppo lui, regnò Cecolo8, chiamato Saturno Iuniore. Questo, come piace à Solino, e Vergilio, edificò nel Monte Arentino, vicino alli Popoli Gabij, la città di Preneste, hoggi [p. 23 modifica]detta Pelestrina, Patria di Claudio Eliano antichissimo scrittore. Città nella quale si adorava la Fortuna sfortunata9, diceva Clitomaco per parere di Carneade Filosofo, per le Sorti vane, e sciocche, ch'ivi si facevano, come registra il Garzoni10.

Finiti li giorni di Cecolo, pigliò possesso del Regno Pico Iuniore nel MMMCM.XXVI. che al parere d'alcuni Scrittori, diede nome al Piceno, hoggi Marca Anconitana, et alli Picenti Popoli vicini à Salerno11. Per la morte di Pico, che occorse doppo il governo di XXXIV. Anni, pigliò la cura del Regno Fauno Iuniore suo figlio, persona molto benigna, per quello si puol argomentare dall'accoglienze cortesemente fatte da Evandro, quando lo ricevè amorosamente assieme con Carmenta sua madre, che venivano da Grecia, e gli concedè un Colle nel Latio, dove Evandro fabricò un Castello detto Pallante. Ma l'Annio vuole gli concedesse un Castello chiamato col significato di Roma, cioè Valentia, Evandrum excepit Hospitio, et Oppidum Romam, Valentiam dictum, illi concessit. Questo Fauno fù pronipote di Marte, dice Iodoco, Faunum Pronepotem, ut dicunt, Martis, ma prima di lui l'accennò Dionisio quando disse, Fortè tum apud Aborigines Regnum à Maioribus acceptum tenebat Faunus à Marte, ut referunt, oriundus, Vir fortis, ac prudens, et Romanis post tamquam unus Indigetum sacris honoratus, et carminibus. Hebbe per moglie Marica, stimata per Dea da Minturnesi, che gli raccomandarono caldamente Mario per la prosperità della sua fortuna, mentre era perseguitato da Silla, così riferisce S.Agostino, Omitto, quod Marius à miserantibus Minturnensibus Maricæ Deæ in luco eius comendatus est. Di Marica, e Fauno nacque Latino, dice Vergilio

Hunc Fauno, et Nympha genitum Laurente Marica
accepimus

intendendo di Latino. E perciò con poca cagione Giustino, benche forse fomentato dal parere di Suida, che dice, Thelaphus enim filius Herculis cognomento Latinus, chiamò Latino bastardo d'Hercole, con dire, che nel passaggio che per Italia fece, quando conduceva li Buovi di Gerione, come s'è accennato, [p. 24 modifica]violò la figliola, e ne nacque Latino, Ex filia Fauni, et Hercule, qui eodem tempore, extincto Gerione, armenta victoria præmia per Italiam ducebat, stupro conceptus Latinus procreatur, overo come ad altri piace, nato d'una Giovene, che poi à Fauno fù sposata. No sò in vero con qual caggione procuri Giustino di macchiare li Natali d'un tanto Rè, mentre li tempi di questo, e di Hercole sono cosi differenti, osservazione fatta da Dionisio, che dice, Sed hæc aliis facta sunt temporibus. Ancora Hesiodo registrato dal Vives hà variato nel dire, che Latino fosse figlio di Ulisse, e Circe, Hesiodus dicit Latinum fuisse filium Circes, et Ulissis. L'errore di Giustino si fà chiaro con Sesto Pompeo, che chiama Latino figlio di Telemaco, e di Circe, e ciò per parere di Galata Scrittore antico, qual narra, ch'egli pigliasse l'Impero doppo la morte d'Enea. Galatas scribit eum post obitum Æneæ Imperium Italiæ pervenisset ad Latinum Thelemachi, Circesq. filium. Anzi dà nome di Roma alla moglie di Latino, e pure, altri buoni Autori vogliono si chiamasse Amata. La caggione per la quale Latino sia chiamato figlio di Circe, è notata da Lattantio, che vuole Marica esser l'istessa che Circe, onde potemo affermare l'errore di Scrittori, che in vece di Fauno registrarono Ulisse. Questo Latino diede il nome alle genti del Latio, dice Suida, Eos, quì olim Cætii appellabantur, Latinos appellavit. Di questo senso è Paolo Diacono, dicendo, Regnante Latino, qui Latina correxit linguam, et Latinos de suo nomine appellavit. E' dell'istesso pensiero Cassiodoro, qual dice, Latinus regnavit An. XXXII. à quo Latini sunt appellati. Et il Samoteo ancora, A quo primum Aborigines Latini dici cœperunt. Il che vien confirmato dal Genebrardo, quasi con l'istesse parole del Diacono, Filius Latinus Latinam linguam corripit, et Latinos de suo nomine appellatos relinquit. Osservo in proposito quella parola, correxit, et corripit, cioè corresse, e riformò, non dice, instituit, perche il parlar Latino non hebbe origine dal Rè, ma dalla Reggione del Latio, cosi piace à Sesto Pompeo, Latinè loqui à Latio dictum est, quæ loquutio adeò est eversa, ut vix ulla pars eius maneat innoxia. Lo conferma il Perotti, A Latio Latinus deducitur [p. 25 modifica]undè Latina lingua. Dal che mi faccio lecito d'argomentare non esser vero, che i Latini cosi fossero chiamati dal Rè Latino, ma ben si dal paese che habitavano, come disse Vergilio,

Inferretquè Deos Latio, genus undè Latinum.

Lo confermò ancora il Sabellico con queste parole, Latini à Latio sunt, non à Latino Aboriginum Rege. E ben vero che li Troiani cortesemente da Latino ricevuti, lasciando il primo nome, furono da questo Rè chiamati Latini, tanto piace à Dionisio, Nec ita multo post veteri appellatione, unà cum Aboriginibus à loci Rege Latini nuncupati sunt. Morì Latino nella guerra contro Turno Rè de Rutuli, non lasciò altri figli, che Lavinia già sposata ad Enea Troiano, che restò assoluto Signore del Regno de' Latini, del quale al parer di Giustino per lungo tempo ne fù capo Alba, hora Albano, Quæ trecentis Annis Caput Regni fuit. E lo conferma il Floro, dicendo, Alba tun erat Latio Caput. Città, ch'al sentimento di Solino, fù fondata da Ascanio assieme con Fidena et Anzo. Enea visse nel Regno III. Anni, à cui succedè Ascanio, che doppo haver regnato XXXVIII. An. non havendo figli, lasciò (dice Servio) à Silvio Postumo il Regno, per essergli frstello, figlio di Lavinia, Ascanius sine liberis reliquit Silvio Postumo Regnum Albæ. Doppo soccessivamente regnarono Enea Silvio, Latino Silvio, Alba Silvio, Athi, ò pure Epito Silvio, Capi Silvio, Capeto Silvio, Tiberino Silvio, che diede nome al Tevere, prima Albula detto, Agrippa Silvio, Arenulo, ò Aremulo, ò pure Romulo Silvio, Aventino Silvio, Proca Silvio, Amulio, e Numitore Silvij Fratelli, e Zij di Romolo, e Remo, quali questi furono Rè de Latini, come registrano gravi Autori, Greci, e Latini.

Note

  1. Gabriele Barrio (1506-1577) fu uno storico ed umanista originario di Francica in Calabria. Sacerdote appartenente all'ordine mendicante dei Minimi o Paolotti, fu autore della prima storia della Calabria nell'opera De antiquitate et situ Calabriae. Libri quinque pubblicata nel 1571.
  2. Gerolamo Colonna (1534-1586), appartenente al ramo napoletano della nobile casata dei Colonna, fu autore di una raccolta dei frammenti del poeta romano Ennio dal titolo Q. Ennii poetae vetustissimi quae supersunt fragmenta ab Hieronimo Columna conquisita, disposita et explicata, ad Ioannem filium, e pubblicata postuma dal figlio Giovanni nel 1590.
  3. Popolazione di origine greca, stanziata a nord dell'Epiro; secondo la mitologia greca erano discendenti di Molosso, figlio di Neottolemo, uno dei figli di Achille. Dopo la guerra di Troia, Neottolemo si recò nell'Epiro, dove decise di dimorarvi dopo aver scacciato le tribù barbare verso nord.
  4. Secondo la mitologia romana, Pico fu uno dei primi sovrani del Lazio, e fondatore di Alba Longa e Laurentum. In una versione della sua storia narrata da Virgilio, durante una partita di caccia sul monte Circeo fu visto dalla maga Circe che se ne innnamorò, ma vedendosi rifiutata costei lo trasformò in un picchio.
  5. Ulisse Aldovrandi (1522-1605) fu un celebre naturalista bolognese, autore di diverse opere e trattati sugli animali, tra cui un Ornithologiae hoc est de avibus historiae libri XII pubblicato nel 1599 ed a cui fa riferimento il Teoli.
  6. Fatua, nota anche con il nome di Fauna o Fenta Fauna era nella mitologia romana identificata come la controparte femminile del dio Fauno, e per questo a volte considerata come sua consorte o sorella. Così come Fauno prediceva agli uomini il loro destino, o fata, lo stesso Fatua fsceva per le donne; il nome di queste divinità viene infatti dal latino fari (parlare).
  7. Con lo scopo di convincere il proprio vescovo in merito alla sincerità della sua conversione, il retore pagano Arnobio scrisse nel IV secolo un'opera dal titolo Contra gentes, nel quale si scaglia contro tutti i culti pagani mettendoli in ridicolo.
  8. Ceculo, narra Virgilio, fu figlio di Vulcano, e così chiamato perchè trovato in fasce presso alcuni fuochi che gli tolsero la vista.
  9. Ci si riferisce al celebre e bellissimo Tempio della Fortuna Primigenia costruito intorno al II secolo a.C. sulle pendici del Monte Ginestro, presso Palestrina.
  10. Tommaso Garzoni (1549-1589) fu autore cinquecentesco di opere enciclopediche molto apprezzate in tutta Europa, tra le quali La piazza universale di tutte le professioni del mondo pubblicata a Venezia nel 1585, ed a cui fa riferimento il Teoli.
  11. Nonostante il fraintendimento rispetto alla comune origine mitologica, il Teoli si dimostra un attento conoscitore delle migrazioni e degli spostamenti degli antichi popoli italici dell'Italia centrale. In questo caso l'autore è a conoscenza del fatto che la popolazione dei Picentini, deportata dai Romani in Campania, dove fondarono la colonia romana di Picentia, fosse originaria del popolo dei Picenti, che abitavano la regione denominata Picenum, comprendente gran parte delle Marche e dell'Abruzzo meridionale.