Storia di Torino (vol 2)/Libro VI/Capo V

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Capo Quinto


Piazza, palazzo e teatro Carignano. — Gioseffina di Lorena, principessa di Carignano, avola del re Carlo Alberto. — Collegio dei Nobili costrutto dai Gesuiti; varie fasi del medesimo. — Accademia Reale delle Scienze. — Musei. — Via dei Conciatori. — Lagrange. — Luigi Ornato.


Due strade s’aprono a diritta di piazza Castello. L’una, via Nuova, principalissima, di cui già abbiamo parlato; l’altra dell’Accademia delle Scienze, che muta presto questo bel nome nell’altro ben volgare di strada de’ Conciatori, che non ha più da gran tempo niun senso ragionevole, non trovandosi in quella strada un solo conciatore di pelli.

Dopo la prima isola della strada di cui parliamo, si stende la piazza Carignano, che ha da un lato il palazzo, dall’altro il teatro di questo nome. Segue l’antico collegio dei Nobili, ora palazzo della Reale Accademia delle Scienze e dei R. Musei. Tutto il [p. 700 modifica]sito compreso fra piazza Castello e il caffè di S. Filippo apparteneva ai Gesuiti. In aprile del 1678 avendo essi offerto a Madama Reale Maria Giovanna Battista di costrurre a proprie spese un collegio de’ Nobili, affinchè i giovani patrizi non fossero più obbligati di cercare educazione nel collegio di Parma od in altri luogi fuori Stato; quella principessa gradi tale offerta, e fe’ loro dono d’un sito di tavole 309 nel nuovo ingrandimento, in un angolo appartato della città, coll’obbligo d’edificarvi un collegio per l’educazione della nobiltà, scuole pubbliche, ed una chiesa in onore di S. Giovanni Battista; poi in gennaio dell’anno seguente, considerando che il sito donato alla compagnia era troppo rimoto, pensò di assegnargliene un altro più concentrico, che fu appunto la parte de’ fossi già donata al marchese di Agliè, in cui si dovesse fabbricar la chiesa (casa dell’Economato); i siti già donali al marchese di S.Maurizio, conte Cagnollo, conte e presidente Truchi, tramediati dalle strade dell’Anitra (del Giardino) e del Putetto (della Verna); tutto ciò mediante il pagamento del giusto prezzo da farsi mercè la vendita del sito loro donato nel 1678.1

Cominciavano i Gesuiti le grandiose fabbriche, le quali non erano ancor terminate nel 1688; e nel medesimo tempo il principe Emmanuele Filiberto di Carignano alzava il suo magnifico palazzo, adoperando il medesimo architetto padre Guarino Guarnii, [p. 701 modifica]e comprava nel 1683 dalla compagnia il sito per formare una piccola piazza innanzi al palazzo. Ma i padri non si diedero pensiero di fabbricar la chiesa nel sito stato loro prescritto in piazza Castello. Pare che invece intendesser costrurla dove poi fu fabbricato il teatro; ma anche questo disegno rimase ineseguito.

Negli annali del collegio de’ Nobili convien distinguere tre periodi. Nel primo l’insegnamento era interno e indipendente. Nel secondo, cominciato negli ultimi tempi del regno di Vittorio Amedeo ii quando già era declinato il favor de’ Gesuiti, e che il re colla restaurazione della Università, e colla fondazione del collegio delle Provincie aveva ampiamente provveduto all’istruzione de’ suoi popoli, e specialmente all’unità ed alla purezza dell’insegnamento teologico, i convittori del collegio dovean recarsi alle scuole dell’Università; nel terzo erano sottentrati ai padri della Compagnia direttori secolari.

Più tardi, soppresso il collegio, il vasto palazzo accolse l’Accademia Reale delle Scienze, i musei di storia naturale, e quel museo egiziano che c’invidiano Londra e Parigi, e i musei d’antichità, di anatomia, di patologia, e il medagliere Lavy.

Troppo nota è la fondazione dell’Accademia delle Scienze verso la metà del secolo scorso per opera dei celebralissimi Saluzzo, Cigna e Lagrange, perchè [p. 702 modifica]noi qui la raccontiamo. Rimandiamo chi fosse curioso di leggerne i particolari all’opera che scrisse sulle accademie del Piemonte il chiarissimo professore Tommaso Vallauri.

Il teatro Carignano fu rifatto dal principe Luigi di Savoia Carignano, nel 1752, ed ornato di facciata sui disegni dell’architetto Borra.

Il palazzo che appartenne ai principi di Carignano ora è demaniale, ed è sede del Consiglio di Stato, e dell’Amministrazione delle poste. È notabile per più rispetti, e quelli che non hanno un odio forsennato per la linea curva, vedranno volontieri e l’atrio, e gli scaloni, e la gran sala a cui riescono.

Lunga serie di principi nobilitò questo palazzo, vieppiù ora nobilitato dallo splendore della corona reale posta sul capo di Carlo Alberto, ultimo suo abitatore; dalle aite opere di lui, parte compiute, parte incominciate; dalla fondata speranza che continuando a reggere ed avviare i suoi popoli per le vie d’un giusto e considerato, ma incessante e sicuro progresso, secondo il debito di Re cristiano e di Re Italiano, rendendo sempre più amabile, tranquillo, amico a libertà, seguace di miti consigli, promovitor del commercio e dell’industria, fautore dell’arti e delle lettere il suo governo, farà gloriosa e beata questa nobil parte d’Italia, ed avrà potente influenza sulle sorti future dell’intera penisola.

Una illustre memoria di questo palazzo, che [p. 703 modifica]sarebbe troppo gran peccato lasciare in dimenticanza, quella si è della principessa Giuseppina Teresa di Lorena Armagnac, avola dei Re, la quale, bellissima di sembianti, bellissima d’ingegno, dell’arti e delle lettere singolarmente si dilettava, e ai loro cultori altrettanto benigna porgevasi, men protettrice che amica, quanto suol fare il Re suo nipote; se non che morte troppo presto la giunse, e dopo molti mesi d’un morbo de’ più crudeli, la spense il 9 di febbraio 1797 alle 3 1ꞁ4 del mattino. Morì in età di quarantaquattro anni, assistita dal padre Germano, teatino, suo confessore, e dal teologo Tardi, vicario di corte, visitata del continuo, e con celesti parole confortata dalla venerabile regina Clotilde. Non volle essere imbalsamata, ma ordinò che il suo corpo fosse vestito del sacco delle Umiliate, fra le quali era descritta, e sepolto senza alcuna pompa allato a quello del marito.

Lo stile dell’antica corte, e probabilmente di molte corti era questo, che quando il male dell’augusto ammalato era disperatissimo, si pagava l’onorario de’ medici e chirurghi sì ordinarli che consulenti, primachè fosse passato di vita, e che da un fatto irrevocabile e funesto le loro fatiche fossero dichiarate infruttuose.2

Nella terza isola della via de’ Conciatori, a sinistra, la casa che ora appartiene ai conti di Costigliole apparteneva una volta al tesoriere Lagrange, [p. 704 modifica]ed è quella in cui nacque ed abitò l’immortale matematico di questo nome.

L’ultima casa che fa lato alla piazza di Carlo Felice, sebbene di nuova costruzione (casa Cardone) merita un pietoso ricordo. Qui moriva Luigi Ornato, uno di quegli ingegni che hanno potenza di operar cose grandi, che nulla dal loro canto trascurano per far fruttificare quel talento che dal maestro evangelico hanno ricevuto, ai quali nondimeno la sorte contraria, la vita sbattuta da disgrazie, fatta amara dalla perdita della salute, e quel che è peggio, degli occhi, ricide il mezzo d’acquistar quella fama che tanti conseguono così leggermente. Ho avuto la sorte di conoscere Luigi Ornato, e d’apprezzarne l’ingegno e il sapere, e ciò che in lui non era punto men bello, il cuore; ed ora mi nacque desiderio di rimediare, per quanto può la povera mia penna, agli oltraggi della fortuna, illustrandone la memoria. E però io pregava il mio amico e collega cavaliere Luigi Proyana del Sabbione, compagno ed amico di Ornato, a comunicarmi quant’egli ne sapeva. Il che cortesemente eseguì colla lettera che segue, e che qui inserisco:


« Luigi Ornalo nacque in Caramagna il 13 di aprile 1787 da Paolo Ornato e da Teresa Cappelli, onesti, civili ed agiati proprietarii di quel borgo. — Nel 1792 uno de’ suoi zii materni, D. Felice Cappelli, [p. 705 modifica]professore nelle scuole comunali d’Orbassano, e quindi d’umanità e rettorica in Carignano, prese a curare l’educazione del fanciullo Luigi, il quale in quell’età di cinque anni già era in caso di spiegare lodevolmente la prosa di Cicerone, e possedeva la lingua francese. — Dieci anni dopo incirca, fu chiamato a Torino da un altro suo zio, l’avvocato Cappelli, e venne ammesso ad una scuola di matematica tenuta gratuitamente in casa sua dal conte M. S. Provana del Sabbione. Parimenti il conte Prospero Balbo ed il conte Filippo Grimaldi lo invitarono alle lezioni che spiegavano ad una brigata di giovani studiosi, quegli di scelta letteratura, questi di fisica esperimentale. In tutte queste riunioni Luigi Ornato ebbe sempre da’ suoi condiscepoli la palma di primo. Ed era giusta la lode: perciocché quando egli giunse in Torino, era sorprendente il tesoro di cognizioni che già possedeva: che oltre alla lingua nativa ch’egli maneggiava in prosa ed in versi con una squisitezza da dilettarne i più severi maestri, oltre allo scrivere lodevolmente nella latina e nella francese, era già avviato in quella de’ Greci, ed aveva da se compiuto un primo corso di algebra fino al calcolo differenziale. A questi studi aggiungansi la cognizione della parte scientifica della musica, e l’ornamento della calligrafia.

« All’età di ventanni incirca, Luigi fu nominato [p. 706 modifica]professore e vice ispettore de’ paggi imperiali in Torino, carica che gli fu procacciata dallo stesso M. S. Provana, e ch’egli ritenne fino alla caduta di Napoleone nel 1814. Allora il conte Prospero Balbo, che singolarmente amava ed apprezzava Luigi Ornato, lo nominò vice bibliotecario della Regia Accademia delle Scienze, della quale egli era presidente, persuaso, com’egli soleva dire, che i lavori intrapresi dal giovine Luigi non penerebbero ad aprirgli nell’Accademia istessa un posto maggiormente elevato. Ma le vicende politiche dell’anno 1821 attraversarono questi disegni. Luigi Ornalo, fattosi volontario compagno d’esiglio del conte Santorre Santa Rosa, portò, dopo molte peregrinazioni, il suo domicilio in Parigi. Quivi, abbracciato con soverchia alacrità lo studio della lingua greca e della filosofia platonica, egli non tardò a provare le conseguenze di uno studio eccessivo. Assalito da una malattia d’occhi che i maestri dichiararono fotofobia, s’arrese àgli impulsi del proprio cuore ed agli inviti che da ogni parte riceveva di tornare in patria per curarvi la propria salute. Tornò infatti nel 1832 recando seco molti lavori incominciati, e quasi tutti stati interrotti dalla violenza del male: ma i progressi di questo resero vani tutti gli sforzi dell’arte per vincere quella ripugnanza della luce che gli occhi suoi avevano fin dal primo insulto provala. Visse nondimeno, o per dir meglio trascinò penosamente [p. 707 modifica]per altri dieci anni la sua esistenza; penosamente dico, perciocché sebbene egli conservasse sempre la stessa lucidità di mente, e che talvolta in qualche momento di calma egli potesse rimettersi allo studio, facendosi leggere le memorie radunate, mai non si riebbe a segno di poter riprendere i suoi lavori, e condurli a compimento. Fu Ornato uomo di vita illibatissima, e professava alta e sincerissima religione.

« Morì inopinatamente, compianto da’ molti antichi e nuovi amici, addì 29 ottobre 1842; e mentre alcuni mesi di miglioramento facevano sperare a’ poco veggenti ed a lui stesso una impossibile guarigione.

« Le opere sue giovanili sono: Molte poesie, alcune bernesche.— Saggio di poesie tratte in volgare dal greco (stampate in Torino 1817). — Una traduzione di Plauto, in versi (non compiuta, ma molto stimata dal conte Prospero Balbo). — Lavori preparatore, e saggio di un primo libro della Storia della lega Lombarda. — Molti lavori staccati di cose matematiche, tra gli altri Tavole sovra le probabilità, della vita, opera eseguita a richiesta della Civica Amministrazione di Torino.

« Le opere posteriori all’anno 1821 sono: Marco Aurelio Antonino lib. xii (i sei primi sono pronti per la stampa: agli altri sei desiderava aggiungere nuove correzioni). — Il Crizia di Platone, non terminato, e promesso dall’autore all’abate Claudio [p. 708 modifica]Dalmazzo. — Versione di un trattato del Jacobi sopra il sistema dello Spinoza. — Un commento sovra un passo matematico del Mennone di Platone, ms. che Luigi Ornato pochi giorni prima di morire volle consegnare al professore Bertini, il che non potè eseguire. — Versione del trattato del Jacobi, intitolato: Delle cose divine, ms. pronto per la stampa con note del traduttore. Sta presso il principe Della Cisterna. — Molte carte sparse: forse presso la sorella di Luigi Ornato. »


Note

  1. [p. 713 modifica]Archivi camerali. Contratti, vol. cviii, 320.
  2. [p. 713 modifica]Cerimoniale degli arcivescovi.