Rivista di Cavalleria - Volume I/IV/Istruzione delle reclute a cavallo III

Istruzione delle reclute a cavallo (parte III)

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Istruzione delle reclute a cavallo (parte III)
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ISTRUZIONE DELLE RECLUTE A CAVALLO




(Continuazione, vedi fascicoli primo e secondo).




TERZO PERIODO.


Art. V.


Premessa. — L’istruttore abbia presente quanto è detto all’articolo VI (pag. 149) «per incominciare questa istruzione (cavalcare sulle strade, salto degli ostacoli artiticiali, cavalcare in terreno vario) non è necessario esaurire quella dell’articolo precedente, è anzi conveniente di farle procedere di pari passo». Ne consegue che la separazione degli esercizi di questo periodo in due articoli, non è stata fatta perchè debbano eseguirsi secondo l’ordine in cui si trovano descritti nel Regolamento, ma perchè quelli dell’articolo VI possono farsi soltanto in campagna.

Intanto è bene far rilevare che, durante il 3° periodo, l’istruttore deve gradatamente sostituire alle passeggiate, consigliate per il 2° periodo, il cavalcare sulle strade ed in terreno vario e il salto degli ostacoli artificiali.

Montare in briglia. — Sarà bene che qualche graduato monti in briglia insieme alle reclute e che queste non lascino tutte contemporaneamente il filetto. L’istruttore ne dovrà così sorvegliare poche alla volta e potrà occuparsi specialmente del modo con cui agiscono colle braccia quelle che montano in briglia. Sarà bene tenerle riunite per poterle facilmente correggere.

Vari modi di impugnare le redini. — Dopo qualche giorno che le reclute cavalcano a redini divise si incomincierà a far cavalcare le migliori a redini riunite. Questo è il modo che dovrebbe diventare normale pel soldato di cavalleria. Il guidare a due redini1 si dovrà insegnare soltanto qualche giorno prima di insegnare il maneggio [p. 406 modifica]delle armi a cavallo. Ciò per stare nel Regolamento; ma sarebbe desiderabile che questo venisse modificato e che al soldato fosse insegnato il modo di servirsi della mano destra per venire in aiuto alla sinistra nel guidare il cavallo.

Il Regolamento suggerisce pure (pag. 169 ultima linea e pag. 183 ultimo capoverso del N. 235) di pigliare talvolta due redini per mano. Questo modo induce facilmente il cavaliere ad aprire le braccia, distaccando i pugni più del necessario, anche quando debba semplicemente voltare il cavallo.

Ciò non solo è esteticamente poco bello, ma quando il cavallo fa un movimento irregolare, il cavaliere si trova squilibrato poichè è difficile che le due mani, non essendo fra di loro a contatto, sentano contemporaneamente il movimento irregolare dell’anteriore.

Questo succede anche ad un cavaliere provetto, che abbia il cavallo bene appoggiato sulla mano, a maggior ragione deve succedere ad una recluta che non conosce ancora che cosa voglia dire appoggio sulla mano.

Tale inconveniente si può evitare, se, dopo prese le due redini per mano si fanno passare nella mano sinistra le estremità delle redini destre, e nella mano destra le estremità delle redini sinistre. Questo modo è di impiego utilissimo, specie in campagna; ed è di vero aiuto nei salti perchè permette di appoggiare i pugni lateralmente al collo del cavallo, evitando così di disturbarlo colle redini. La parte delle redini compresa fra i due pugni deve essere tenuta così corta da appoggiare sul collo del cavallo facendo ponte.2 Essa serve di sostegno alle braccia del cavaliere e quindi anche al busto, se il cavallo non andasse sicuro al salto.

Tenendo invece le redini divise, o due redini per mano, è facile disturbare il cavallo nel salto e sarebbe anche facile di perdere l’equilibrio se il cavallo rifiutasse l’ostacolo; e questo anche appoggiando i pugni lateralmente al collo, perchè non essendo essi sostenuti, facilmente scivolerebbero lungo le spalle del cavallo. [p. 407 modifica]

Il modo di impugnare le redini a ponte può essere anche utilmente impiegato in filetto con quelle reclute che hanno il vizio di attaccarsi alla bocca del cavallo, che lo disturbano col continuo movimento dei pugni, o che lo fanno incapucciare credendo di farlo parere più bello.

Il soldato non sorvegliato, cioè in manovra od isolato, abbandonerà la posizione dei pugni regolamentari, che è costretto a tenere sotto gli occhi del superiore, cioè da fermo sull’attenti, ed in moto in cavallerizza, e ne adotterà facilmente una più pratica e più comoda.

E questa posizione naturale la prendiamo noi stessi, senza accorgersene, quando montiamo a cavallo: il pugno nella direzione dell’avambraccio e le dita nella direzione della spalla del cavallo.

Da questa posizione, ritraendo il pugno colle unghie verso il corpo, il cavaliere ha molta maggiore azione per far diminuire l’andatura o per fermare il cavallo, di quando ha il pugno davanti al corpo, leggermente arrotondato, come è detto nel regolamento. È più facile pel cavaliere voltare il cavallo poichè il pugno si trova più vicino alla posizione dalla quale deve iniziare il movimento che fa voltare il cavallo; e queste azioni arrivano più gradatamente sulla bocca del cavallo poichè la posizione del braccio resta naturale e non forzata.

Il regolamento austriaco ha il porto delle redini come avevamo noi una volta, cioè: la redine destra del filetto che passa fra pollice ed indice, e viene ad incrociarsi sopra le altre.

E noi ricordiamo che tale era, difatti, la posizione del pugno che pigliavano allora i nostri soldati in manovra.

Questo modo è assai pratico, se si tiene il pugno colle unghie in giù, in modo che le redini vengano a trovarsi nello stesso piano.

L’azione delle redini essendo così eguale sulla bocca del cavallo, esso piglia facilmente l’appoggio sulla mano; mentrechè se il pugno è tenuto colle unghie nel senso verticale le redini destre riescono più alte delle redini sinistre e quindi è più difficile pel cavallo pigliare l’appoggio sulla mano, più facile pel cavaliere il romperlo. Questa posizione di pugno ha per di più il difetto di ridurre il cavaliere a rilevare, senza necessità, il cavallo.

I francesi montano sempre a quattro redini riunite; introducono l’anulare fra le redini del morso ed il medio fra quelle del filetto, in modo che queste riescano più alte di quelle del morso.

Questo modo di portare le redini, secondo il regolamento, avrebbe il vantaggio di:

1° Condurre il cavallo sul filetto cedendo il mignolo;
2° Condurre il cavallo sul morso cedendo il medio;
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3° Condurre il cavallo con le quattro redini sentendo l’appoggio, tanto col dito mignolo che col dito medio.

Il regolamento francese consiglia, con questo porto di redini, di agire sulle redini colla mano destra, anche quando si abbiano le armi alla mano. Vuole cioè che il soldato si serva delle due mani per essere sempre padrone del proprio cavallo.

E se un nostro soldato, colle redini riunite, non riuscisse a padroneggiare bene il proprio cavallo vogliamo sperare che, prima di pigliare le redini divise, si servirà della mano destra sopra tutte e due le redini di destra invece che su quella solo del filetto.

Il nostro Regolamento non precisa come deve essere tenuto il pugno in briglia, ma è bene che sia tenuto il più basso possibile.

Guidare a due redini. — Il Regolamento dice: «si guida a due redini nel maneggiar le armi, nello esercitare e nello sfilare» (pag. 132. Sarebbe stato meglio che vi fosse stato aggiunto: «a galoppo,» perchè non si capisce proprio come si possano fare questi esercizi a passo o trotto con i cavalli sul morso. Alcuni dicono che è necessario conservare questo modo di portare le redini, poichè, in combattimento, se l’avversario con un colpo di sciabola taglia le redini del morso, il soldato può sempre ricorrere a quelle del filetto per guidare il cavallo. Bisognerebbe però credere che l’avversario cessasse i suoi attacchi proprio quando chi ha avuto le redini tagliate è in balia del suo cavallo. Ma questo pericolo poteva esistere quando il cavaliere portava il pugno all’altezza del mento. Il soldato di cavalleria dei giorni nostri, porta il pugno sinistro più basso possibile, lo appoggia anche sul collo del cavallo e quindi questo taglio di redini non lo deve impensierire3. Deve però avere un porto di redini che permetta al [p. 409 modifica]cavallo di portarsi rapidamente e velocemente all’attacco e questo non l’ottiene tenendo il cavallo colle sole redini del morso.

Sarebbe desiderabile che venisse adottato un solo modo di portare le redini: a redini riunite, servendosi anche della mano destra, quando sia necessario, per guidare il cavallo. In casi eccezionali il soldato potrebbe impugnare la redini: a ponte.

Aggiustare le redini. — Nel Regolamento austriaco è prescritto di aggiustare le redini dopo voltato il cavallo (§ 85) il che vuol dire che nel girare si può lasciar scorrere la redine dalla parte opposta al giro. In questo modo si pratica quanto dal nostro Regolamento è prescritto a pag. 102; ma in briglia cambia il modo di aggiustare le redini nelle mani (pag. 135). Questo sistema è possibile per raccorciare od allungare tutte le redini assieme e da fermo, ma in moto non è pratico, per cui sarà bene di abituare la recluta ad allungare una redine nel modo stesso che già gli si è insegnato in filetto.

Azione delle braccia. — Il regolamento dice: «Solo nel caso delle quattro redini divise il pugno destro concorre a condurre il cavallo». Perchè limitare a questo porto di redini soltanto il concorso del pugno destro, per guidare il cavallo? In pratica poi abbiamo limitato ancora maggiormente questa facoltà poichè non abituiamo il soldato a portare la mano destra sulla redine destra del morso per padroneggiare il cavallo, quando oppone qualche difficoltà. Noi vediamo giornalmente soldati che vogliono vincere il loro cavallo mantenendosi impassibili con le redini divise; e non s’accorgono che sono essi appunto che impediscono al cavallo di ubbidire, poichè agiscono, senza accorgersene, colla redine destra del filetto e colla sinistra del morso. Abituiamo il soldato, fin da recluta, a servirsi della mano destra sulla redine destra del morso per meglio guidare il cavallo. E questo anche quando il soldato abbia la lancia o la sciabola nella mano destra. In moto, a trotto e galoppo, nessuno può accorgersi di questo movimento del braccio4 destro; i nostri cavalli saranno più calmi nelle righe, e potremo quindi manovrare più arditamente.

Il regolamento francese dice: «L’uso delle redini è una delle basi dell’equitazione, l’istruttore porrà quindi gran cura nell’esercitarvi i cavalieri da fermi». (252).

Nel voltare raccomanda di «non produrre colle redini un effetto [p. 410 modifica]retrogrado, assolutamente nocivo alla conservazione delle andature» perciò il soldato deve avanzare il mignolo, diminuendo così l’azione dal morso. Le gambe devono spingere come in linea retta.

Azione delle gambe. — Il regolamento austriaco dice che: «le gambe non dovranno mai agire per pressione continua..... quando un cavallo ha capito l’azione delle gambe bisognerà immediatamente tralasciare la pressione e rinnovarla solo se necessita; ma non dovrà mai degenerare in un continuo e dannoso batter di polpacci (§ 27).

Il conte d’Aure nel suo Cours d’équitation dice: «è di regola che quando le gambe determinano il movimento in avanti la mano non deve contrariarlo, impedirlo.... Le gambe devono sempre precedere l’azione della mano.

Azione del peso del cavaliere. — Il piegamento del busto si converte ordinariamente in una inclinazione del busto, perchè le reni restano rigide e spinte avanti. L’istruttore insisterà quindi perchè la recluta, nel piegare il busto, curvi le reni. Così solamente si resta uniti al cavallo, qualunque sia l’atteggiamento che esso prende.

Il manuale tedesco dopo aver descritti i movimenti del busto che debbono accompagnare ì movimenti del cavallo dice: «in tutti questi movimenti lo spostamento del busto deve essere invisibile e sensibile soltanto pel cavallo.»

Nè il Regolamenio francese, nè quello austriaco fanno cenno della azione del peso del corpo. E ciò io credo vantaggioso poichè, specialmente se trattato nell’istruzione delle reclute, può indurre l’istruttore a richiedere alla recluta certi movimenti del busto dannosi per l’equilibrio e per l’estetica.

Appoggio sulla mano. — Uso studiatamente tale espressione in luogo della regolamentare «sulla bocca» perchè parmi che questa abbia contribuito a far credere che invece di ottenere l’appoggio spingendo il cavallo sulla mano si debba ottenerlo tirando sulla bocca del cavallo; invece di agire colle gambe si debba agire colle braccia, invece di ottenere l’appoggio per l’impulsione del treno posteriore e pel susseguente distendersi del collo ed avanzarsi della parte inferiore della testa del cavallo, si debba lasciare inerte il posteriore e far contrarre l’incollatura del cavallo.

In luogo di leggero appoggio sarebbe meglio che il regolamento dicesse giusto appoggio.

«Le sottilità bizantine ed in ogni caso assai poco precise dei professori della finezza della mano, che essi considerano come qualche cosa di misterioso inaccessibile ai profani» (Gustave Le Bon), non dobbiamo insegnarle ai nostri soldati.

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Le idee esposte dal conte d’Aure su questa importantissima questione5 cavalleristica, possono riassumersi così: «L’appoggio sulla mano deve essere tanto più forte quanto più veloce è l’andatura.

È col sostegno che si offre alla bocca del cavallo che si aumenta la velocità del cavallo da corsa. È ancora questo appoggio che un cavaliere inesperto provoca o lascia prendere, ciò che ha per conseguenza che il cavallo scappi.»

Il regolamento austriaco dice: «L’appoggio sulla mano si ottiene facilmente con un cavallo ben conformato, ma con un cavallo la di cui conformazione è meno buona si otterrà solo con una posizione di testa e di collo appropriata alla conformazione del cavallo.» L’istruttore deve quindi suggerire ad ogni recluta il modo più acconcio perchè il cavallo sia appoggiato sulla mano.

Mezza fermata. — «Il rallentamento della velocità si può dunque produrre colla resistenza della mano o col suo difetto d’appoggio. Le resistenze e l’abbandono della mano hanno per iscopo di condurre il cavallo a prendere sulla mano il sostegno costante che deve servire a dirigerlo ed a mantenere le sue andature regolari. Queste resistenze e questi abbandoni alternati si impiegano come abbiamo detto in casi eccezionali. In casi normali il contatto fra la mano del cavaliere e la bocca del cavallo deve essere costante e più o meno marcato in ragione dello spostamento della massa» (D’Aure) Ho trascritto queste poche righe poichè parmi che le idee ivi esposte non si trovino nel nostro regolamento. Circa l’azione dei pugni un esperto cavaliere mi scrive «per fermare il cavallo o fargli rallentare l’andatura non reputo giusto che si debbano alzare contemporaneamente i pugni, perchè mai, a meno di circostanze eccezionalissime, il cavaliere deve alzare le mani. Questo deve farsi soltanto in caso di pericolo evidente, per avere maggiore azione, ma insegnato al soldato come regola va tutto a detrimento del cavallo il quale soffre più di quanto si crede nelle reni e nei garretti.» [p. 412 modifica]

Queste sofferenze si traducono giornalmente in minor lavoro utile pel cavallo e non gli permettono di sviluppare completamente i suoi mezzi di velocità; nel complesso riducono i nostri cavalli fuori servizio prima del tempo.

Noi sentiamo spesse volle ripetere alla recluta: cedete oppure trattenete. E la recluta ordinariamente cede o trattiene quando a lui giunge la voce dell’istruttore, non quando è il momento di cedere o di trattenere; cioè agisce colle braccia a caso, non al momento opportuno. L’istruttore deve evitare queste correzioni, ma invece deve fare capire alla recluta ciò che così chiaramente espone il conte d’Aure, restando inteso che quando si vuole diminuire l’andatura il pugno deve agire dallo avanti allo indietro nel momento in cui il cavallo raccorcia il collo e ritrae l’incollatura, quando cioè è finito il movimento di impulsione; volendo aumentare l’andatura, perchè non abbia a troncare l’appoggio la mano deve avanzarsi quando il cavallo allunga il collo e porta avanti il naso, cioè quando inizia il movimento d’impulsione.

Intera fermata. -— Mantenendolo diretto, dice il Regolamento; ciò si otterrebbe più facilmente se i cavalli in maneggio non marciassero sempre nel piego. Siccome i cavalli all’esterno debbono marciare colla incollatura e colla testa ben diretta, l’istruttore farà bene di insegnare alla recluta, anche in maneggio, a raddrizzare il proprio cavallo. Se noi ricordiamo che in manovra le andature debbono diminuirsi gradatamente, converremo che la fermata ripetuta con forza crescente finchè si sia ottenuto lo scopo (ultimo capoverso) non deve essere la regola, ma l’eccezione e quindi potremo farla eseguire alla recluta individualmente non ad una intera sezione contemporaneamente.

Al N. 292, capoverso 3°, è detto «le mani basse e ferme» se questo vale per i graduati a maggior ragione devesi insegnare ai soldati. Terranno i pugni alti e non fermi in campagna, se così li hanno tenuti in maneggio. Le andature devono essere radenti e non rilevate, quindi l’azione dei pugni deve farsi di regola in senso orizzontale.

Riunione ― Piego ― Galoppo riunito. — Questi esercizi si facevano quando la ferma per la cavalleria era di cinque anni ed il periodo d’istruzione, per le reclute, di un anno; rimasero sul regolamento quando la ferma per la cavalleria fu ridotta a 4 anni ed il periodo di istruzione a 6 mesi; vi restano ancora colla ferma di tre anni e col periodo ridotto a 4 mesi. I mezzi dei quali, possono disporre i reggimenti per le istruzioni delle reclute sono sempre gli stessi; ma il numero di esse è duplicato; il reclutamento degli uomini è sempre lo stesso; il materiale cavalli ha subito una sensibile trasformazione, ma non in senso favorevole agli esercizi dei quali ci occupiamo. Sarebbe [p. 413 modifica]desiderabile che in questo punto il nostro regolamento venisse semplificato essendo sufficiente che le reclute conoscano il passo, trotto e galoppo raccorciato, e non riunito, per poter manovrare nelle righe dello squadrone. Nelle conversioni e nei cambiamenti di direzione non dovranno mai chiamare i cavalli nella riunione, ma bensì dovranno raccorciare od allungare l’andatura secondochè si trovano all’ala verso cui si gira od all’ala opposta6. È quindi inutile perdere del tempo per eseguire esercizi difficili, che non trovano applicazione in manovra e che ritardano il progresso dell’istruzione delle reclute.

Ma se l’istruttore avrà fatto in maneggio l’esercizio che abbiamo suggerito al capo: «Cavalcare in sezione» le reclute avranno già eseguito, la riunione da fermo, il passo e trotto riunito.

Di fatti quaudo non si fanno partire i cavalli delle sezioni contemporaneamente, ma successivamente ad una andatura più veloce, per quei pochi passi durante i quali la recluta trattiene il proprio cavallo, ne succede una riunione naturale prodotta dal cavallo, che assecondando il suo istinto vorrebbe seguire da vicino quello che lo precede, e dalla recluta, che per avere la distanza comandata lo trattiene. Questo succede ancora più facilmente quando si cavalca sulle strade.

Questa riunione naturale mette in sella la recluta e non danneggia il cavallo. Se vorremo far eseguire la riunione da una recluta cadremo nell’inconveniente lamentato da Simone, citato da Senofonte «ciò che un cavallo fa per forza, non lo impara e di più non può esser bello, come non lo sarebbe un uomo che si volesse far ballare a colpi di frusta e di pungiglione» Abbiamo già detto che negli altri eserciti il cavallo è chiamato al piego soltanto quando si deve girare, ed appena ha girato è chiamato colla testa sulla linea retta. Sarebbe desiderabile che anche dal nostro Regolamento venisse adottata tale prescrizione, poichè, lasciando da parte la questione cavalleristica, non ci obbligherebbe più di ripetere ai nostri soldati che il cavallo nelle righe deve essere diretto a tutte le andature. Finchè ciò non sia facciamo questo esercizio con moderazione, specialmente da fermo: infatti il vecchio Ross affermava che il cavallo oppone maggiore difficoltà a piegare da fermo che in moto. Il conte d’Aure, nel capo: «Posizione del cavallo, dice: «esso deve conservare un certo grado di rigidità». Difatti: i cavalli molto piegati spinti a buon galoppo, specie in campagna, non sono divertenti. Nel Regolamento francese è detto: quando il cavaliere ha compreso come il cavallo parte a galoppo, cessa poco a poco di mettere il [p. 414 modifica]cavallo a mezza anca in dentro e prende il galoppo mantenendo il cavallo diretto quanto più è possibile (243) dal passo al galoppo di maneggio si passa più facilmente che dal trotto al galoppo di maneggio». Come si vede il Regolamento francese chiama questa andatura da maneggio, per far chiaramente capire che non si usa in manovra od in campagna... ...«al galoppo ordinario invece si deve arrivare allungando gradatamente il trotto» e questo è appunto quello che succede in manovra, dove anche nei casi eccezionalissimi in cui si dovesse prendere, da fermi o dal passo, il galoppo vi si arriva sempre passando pel trotto.

Quando le teorie del Boucher venivano ciecamente applicate anche nei nostri esercizi di piazza d’armi, il colmo dell’abilità di uno squadrone era di aprire le righe di galoppo!

Fino a che la riunione, il piego, il galoppo riunito non vada a far parte dell’istruzione degli anziani, assieme alle andature laterali, procuri l’istruttore di non domandare una esecuzione più esatta di quanto la recluta può dare e di quanto l’equitazione pratica possa richiedere.

Appoggio. — Il regolamento francese dice che è bene scomporlo, insegnando alla recluta prima a far spostare le anche del suo cavallo attorno alle spalle, poi le spalle attorno alle anche. Vale a dire che prima insegnano a voltare il cavallo sulle spalle e poi sulle anche7.

Noi abbiamo trasportato le volte sul posto nell’istruzione degli anziani, ma l’istruttore potrà sempre insegnare a far spostare separatamente le spalle e la groppa prima di far l’appoggio. Praticamente il movimento si fa per raddrizzare il cavallo spostando le spalle, o spostando la groppa. E questo ha ancora numerose applicazioni in manovra, sia da fermo che in moto; mentre non lo ha l’appoggio, poichè il regolamento di esercizi è ora informato a principii cavalleristici che condannano anche l’appoggio fatto sia pure per chiudere gli intervalli8.

Passare e saltare la barriera — «Quando si salta è bene attaccarsi alla criniera per non aggiungere il disturbo del morso alla fatica dell’azione» (Senofonte). Più chiaramente non si potrebbe esprimere l’idea che il cavallo nel salto, non deve essere disturbato dalla mano del cavaliere. Invece di tante spiegazioni sarebbe assai meglio far vedere alla recluta, che nel saltare avesse ancora qualche difetto, un suo compagno od un anziano che saltasse bene, invitandolo ad imitarlo. [p. 415 modifica]

Trotto di manovra. — Nel manuale per la cavalleria tedesca troviamo che il trotto all’inglese viene insegnato durante il periodo in filetto; credo che sia bene poichè anche se la recluta viene ad attaccarsi per i primi giorni alla bocca del cavallo l’inconveniente è minore che in briglia. Molte reclute senza che loro venga insegnato, dopo che hanno acquistato equilibrio in sella trottano facilmente ed abbastanza elegantemente all’inglese. Hanno innato il sentimento del cavallo e l’istruttore farà bene di assecondarlo, e, meglio ancora, di svilupparlo.

Il miglior modo di far imparare alle altre il trotto di manovra è di fare montare in sezione un anziano od un sottoistruttore, che sia bene seduto nel fondo della sella, e di invitarle ad imitarlo.

Quando la recluta fa abbastanza correttamente il movimento del busto gli si insegna come deve stare equilibrato in sella.

Il Regolamento dice: mantenere le ginocchia fisse contro la sella; se bene osserviamo, questo induce il soldato ad appoggiare le ginocchia più in alto del punto in cui corrispondono naturalmente. Tutto il corpo viene così a rimanere più sollevato di quanto è necessario, e per conseguenza la base si allontana altrettanto dal fondo della sella invece di rimanervi più vicino che sia possibile.

Ad evitare tale inconveniente conviene non preoccuparsi delle ginocchia, ma lasciare che il movimento di elevazione e di abbassamento del busto succeda sulla parte centrale delle coscie. In questo modo il cavaliere non deve cercare appoggio sulle staffe; il che è altra causa di spostamento in alto di tutto il busto.

La rotazione attorno alla parte centrale o media della coscia permette al cavaliere di trottare all’inglese anche senza staffe, e colle staffe trotta lungamente senza aver bisogno di appoggiare su di esse, nè di mantenere le redini tese per trovare appoggio sulla bocca del cavallo. Appoggiandosi sulle coscie il cavaliere non si stanca, per quanto lunga sia la trottata, nè il cavallo si irrigidisce, poichè il cavaliere resta più elastico che quando la rotazione avviene attorno alle ginocchia, e l’appoggio sulle staffe.

Perchè il cavaliere non si irrigidisca, conviene che il busto sia piegato avanti, non inclinato, cioè curvi le reni invece di restare irrigidito e colle reni spinte avanti.

Quando la recluta abbia preso una conveniente attitudine al trotto di manovra si faccia trottare senza staffe. È il modo più semplice per convincere la recluta che si può trottare di manovra senza appoggiare sulle staffe. Il movimento di rotazione, trottando senza staffe, viene forzatamente a farsi sulla parte centrale della coscia che è la parte la quale ha veramente aderenza colla sella. In questo modo si preparano le reclute a cavalcare in terreno vario. [p. 416 modifica]

Il Mazzucchelli, pubblicò nel 1805 in Milano un libro: Scuola equestre nel quale troviamo un capitolo intitolato: Sul modo di cavalcare all’inglese. Noi vi leggiamo: «Larghi debbono essere ì tempi del trotto e così vibrati che in cento minuti si possano scorrere le venti miglia ed in soli quattro minuti si compia il miglio trattandosi di breve cammino».

Da quanto dice il Mazzucchelli del cavallo inglese e del modo di cavalcare all’inglese si deve dedurre che era uomo pratico, poichè, quantunque nè l’uno nè l’altro formassero il suo ideale equestre tuttavia finisce per confessare che cavalcando in Inghilterra si divertì molto.

Il conte d’Aure che, come abbiamo visto, è stato il propugnatore, in Francia, della equitazione di campagna, nel suo Corso di equitazione pubblicato nel 1853 dice: «L’antica equitazione non considerava il gran trotto come una andatura da domandarsi ad un cavallo da sella.... Alcun principio non fu dunque indicato per evitare le reazioni di una andatura che non era in uso. Si spingeva l’esclusione del gran trotto a questo punto che negli attacchi il cavallo del postiglione era costantemente tenuto al galoppo mentrechè gli altri marciavano al gran trotto.

Ai giorni nostri a causa dei cangiamenti apportati nelle nostre razze.... si è ammesso il gran trotto come necessità per il cavallo da sella. Ma più il trotto è brillante e sviluppato più è duro e faticoso pel cavaliere; diviene dunque necessario di cercare i mezzi di attenuare le reazioni di una’andatura che in molti casi il cavallo può sostenere più facilmente che il galoppo; e nella quale egli raggiunge lo stesso grado di celerità.

Per evitare simili scosse l’uomo che monta a cavallo porta per istinto il corpo avanti e si solleva sulle staffe per lasciare la sella nel momento in cui ha luogo la reazione.

Questo modo, quando è esagerato, fa perdere al cavaliere la posizione regolare e gli può anche far prendere una abitudine ridicola. Ma un fatto certo è che egli evita così una successione di scosse molto faticose e questo modo di trottare, che nel linguaggio volgare si chiama trotto all’inglese permette al cavaliere poco esperto di marciare più presto e più a lungo di quello che cercando di conservare una posizione più in sella e più regolare attende e riceve un colpo che scuote la sua posizione e lo rende altrettanto poco grazioso. Lo svantaggio resta adunque a quest’ultimo. Ma poichè il gran trotto è una andatura ammessa ed in uso, perchè non studiare di evitare queste scosse in modo razionale ed in modo di non perdere sul cavallo, nè la possibilità di guidarlo, nè i punti di aderenza che debbono legarci a lui?

.....Questo lavoro (trottare all’inglese) non può essere considerato [p. 417 modifica]che come uno studio il quale può e deve trovare nella cavalleria la sua applicazione soltanto eccezionalmente.

Così cercare di evitare le scosse del trotto negli esercizi militari sarebbe una assurdità, perchè giammai nelle manovre si marcerà ad una andatura così allungata9.... Il trotto all’inglese potrà impiegarsi da cavalieri isolati nel servizio di corrispondenza.»

Il De Cristoforis nel suo libro: «Che cosa sia la guerra» scriveva: «Perchè dunque non si introduce il trotto all’inglese a cui il cavaliere resiste più a lungo che nel trotto comune e che perciò permetterebbe nelle marcie di abbandonare il perpetuo passo e di trottare!»

Il De Cristoforis non era cavaliere, ma era attento osservatore, che vedeva tutte le questioni militari dal lato pratico. Non legato da abitudini o da pregiudizi a nessuna scuola, ragionava in fatto di equitazione pratica assai meglio del più ardito cavaliere dei suoi tempi.

Dice il regolamento che il trotto all’inglese non si usa negli sfilamenti, noi speriamo di vedere un bel giorno scomparire lo sfilare di trotto, perchè non è bello, è anticavalleristico, ed è causa di osservazioni sempre non esatte.

Se si dovesse continuare a sfilare di trotto si adotti almeno il trotto di manovra anche per gli sfilamenti.

Note

  1. Nell’ultima edizione (1896) si è ripetuta la stessa svista fatta nell’edizione precedente (1891), cioò le due figure 37, 38 non corrispondono alla dicitura del regolamento.
  2. Uso questa espressione per averla imparata da un appuntato. Nell’anno 1896 al Campeggio mi recai, seguito dall’appuntato e dal trombettiere, a saltare alcuni ostacoli costrutti presso l’accampamento. Domandai all’appuntato se il suo cavallo avrebbe saltato la macerie più alta (m. 1,10 almeno). Avendomi risposto affermativamente gli domandai come avrebbe condotto il suo cavallo all’ostacolo. Egli mi rispose faccio un ponte colle redini sul collo del cavallo; metto i pugni a fianco del garrese, conduco ben diretto il cavallo contro la macerie e lascio che esso faccia da sè fino a che sia giunto a terra dall’altra parte.
    Messo alla prova, superò l’ostacolo con una sicurezza inappuntabile. Egli aveva perfettamente capito come il cavaliere deve portare il cavallo al salto, ma per esser sicuro in sella si valeva di un mezzo molto pratico, quantunque non contemplato dal Regolamento.
  3. Sarebbe bene che molte parti della nostra bardatura fossero convenientemente raccorciate e ingentilite. Ne guadagnerebbe l’estelica, la massa cavalli ed il cavaliere verrebbe a trovarsi maggiormente a suo agio. Queste modificazioni sono reclamate da molti anni e speriamo che presto sieno effettuate. La causa di tale ritardo credo provenga da ciò che il materiale nostro deve subire l’approvazione di persone estranee all’arma. Il tenente generale La Roche Ayuion scriveva: «Il fouet aggiunto alle redini..... ha ancora l’inconveniente, e di attorcigliarsi nello staffile destro, e di disporsi sotto le cosce del cavaliere, venendo così ad imbarazzare l’azione della briglia.» Questa modificazione reclamata nel 1828 credo sia stata attuata da pochi anni in Francia; pare adunque che si vada lentamente non soltanto in Italia.
    Le redini del nostro filetto sono così lunghe che impugnate a metà come prescrive i regolamento sono anticavalleristiche. Hanno ancora all’estremità l’anello dentro il quale si passavano una volta le redini del morso ecc.... È necessario raccorciarle come si usano nella cavalleria tedesca.
    Il cavalcare a due redini si usa, dice il Regolamento, nel maneggio delle armi, nello esercitare, nello sfilare, e quindi sarà bene ricordarselo quando ai facciano le andature laterali con gli anziani.
  4. Uso a disegno la dicitura «azione delle braccia» e non della mano, perchè non è il solo pugno che agisce, ma tutto il braccio. Volendo agire col solo pugno si irrigidisce troppo il braccio del soldato. Perchè la recluta capisca facilmente l’azione delle braccia bisogna che l’istruttore procuri di spiegargli da piedi, quanto dice il nostro Regolamento a pag. 103, 104, 133.
  5. Queste idee possono essere appena accennate in questo scritto. Troverebbero sede opportuna in un lavoro sull’equitazione, nel quale ad imitazione del nostro Tomo 2°, fossero riuniti i principii sui quali è basata l’equitazione. Si eviterebbero così molte spiegazioni. Il nostro Regolamento d’istruzione dice che «la conoscenza dei soli regolamenti non basta per un ufficiale» ed io consiglio perciò la lettura del Cours d’équitation del conte d’Aure, adottato nel 1853 in Francia per la scuola di Saumour dove il conte d’Aure era caposcudiere.
    Egli da 20 e più anni, con gli scritti e con l’esempio lottava contro la scuola del Baucher, il quale alla stessa epoca aveva in Francia e in tutta Europa molti ammiratori. Per Baucher stavano tutti gli appassionati dell’equitazione di maneggio, pel conte d’Aure i pochi appassionati per l’equitazione di campagna. Ma nel 1853, quando le teorie del conte d’Aure trionfarono, anche Baucher si era modificato. Nel 1871 aveva pubblicato: Methode d’équitation sur des noveaux principes, nel quale rinunciava ai suoi vecchi principii.
  6. Sul regolamento francese troviamo questi esercizi «Allungare il passo e rallentarlo allungare il trotto e rallentarlo». Sono due esercizi di equitazione pratica che l’istruttore farà bene di insegnare al soldato e che sarebbe desiderabile venissero introdotti nel nostro regolamento, aggiungendo: allungare il galoppo e raccorciarlo.
  7. Non hanno come da noi, la volta sul centro, nè fanno come da noi la volta intera, ma soltanto un quarto oppure la metà. E questa è equitazione pratica, quantunque anche la volta sulla groppa non dovrebbe avere più ragione di esistere.
  8. I regolamenti austriaco e tedesco prescrivono di non fare andature laterali col solo morso.
  9. Come vede il lettore, le idee si sono molto modificate dal 1853 in poi; ma occorsero molti anni prima che fosse accettato dalle cavallerie europee il trotto all’inglese che ora troviamo tanto comodo e naturale.
    Lo impieghiamo in manovra sempre, quantunque il conte d’Aure, che non era un retrogrado, credesse ciò impossibile. La nostra cavalleria fino al 1872 manovrava al trotto di scuola. Per far strada la cadenza del nostro trotto di manovra è tenuta anche da chi monta distinti cavalli da caccia, ed in campagna romana si sente spesso ripetere: quel trottarello che fa tanto bene al cavallo. Darebbe segno di non essere cavaliere di campagna chi tenesse un trotto più allungato.