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rivista di cavalleria 416


Il Mazzucchelli, pubblicò nel 1805 in Milano un libro: Scuola equestre nel quale troviamo un capitolo intitolato: Sul modo di cavalcare all’inglese. Noi vi leggiamo: «Larghi debbono essere ì tempi del trotto e così vibrati che in cento minuti si possano scorrere le venti miglia ed in soli quattro minuti si compia il miglio trattandosi di breve cammino».

Da quanto dice il Mazzucchelli del cavallo inglese e del modo di cavalcare all’inglese si deve dedurre che era uomo pratico, poichè, quantunque nè l’uno nè l’altro formassero il suo ideale equestre tuttavia finisce per confessare che cavalcando in Inghilterra si divertì molto.

Il conte d’Aure che, come abbiamo visto, è stato il propugnatore, in Francia, della equitazione di campagna, nel suo Corso di equitazione pubblicato nel 1853 dice: «L’antica equitazione non considerava il gran trotto come una andatura da domandarsi ad un cavallo da sella.... Alcun principio non fu dunque indicato per evitare le reazioni di una andatura che non era in uso. Si spingeva l’esclusione del gran trotto a questo punto che negli attacchi il cavallo del postiglione era costantemente tenuto al galoppo mentrechè gli altri marciavano al gran trotto.

Ai giorni nostri a causa dei cangiamenti apportati nelle nostre razze.... si è ammesso il gran trotto come necessità per il cavallo da sella. Ma più il trotto è brillante e sviluppato più è duro e faticoso pel cavaliere; diviene dunque necessario di cercare i mezzi di attenuare le reazioni di una’andatura che in molti casi il cavallo può sostenere più facilmente che il galoppo; e nella quale egli raggiunge lo stesso grado di celerità.

Per evitare simili scosse l’uomo che monta a cavallo porta per istinto il corpo avanti e si solleva sulle staffe per lasciare la sella nel momento in cui ha luogo la reazione.

Questo modo, quando è esagerato, fa perdere al cavaliere la posizione regolare e gli può anche far prendere una abitudine ridicola. Ma un fatto certo è che egli evita così una successione di scosse molto faticose e questo modo di trottare, che nel linguaggio volgare si chiama trotto all’inglese permette al cavaliere poco esperto di marciare più presto e più a lungo di quello che cercando di conservare una posizione più in sella e più regolare attende e riceve un colpo che scuote la sua posizione e lo rende altrettanto poco grazioso. Lo svantaggio resta adunque a quest’ultimo. Ma poichè il gran trotto è una andatura ammessa ed in uso, perchè non studiare di evitare queste scosse in modo razionale ed in modo di non perdere sul cavallo, nè la possibilità di guidarlo, nè i punti di aderenza che debbono legarci a lui?

.....Questo lavoro (trottare all’inglese) non può essere considerato