Capitolo 5

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§ 5.

Dalle considerazioni svolte nel § precedente risulta che, se per brevità si pone

,

,


l’equazione (3) del detto §, in virtù del Lemma (I), dà, indicando con M un fattore di proporzionalità,

(1) , ,


dove e sono le sole due radici variabili della citata equazione (3), le altre essendo quelle che abbiamo designate con e che sono sempre le stesse, qualunque sia il punto del piano cui si riferiscono i valori delle funzioni lineari u.

Le formole (1) conducono alla conoscenza dei valori che queste funzioni prendono nei punti della conica inviluppo. Infatti, facendo in esse , si trova che nel punto di contatto della conica stessa colla retta , le dette funzioni u hanno i valori dati da

(2) , .


Le medesime formole (1) conducono eziandio a trovare la forma che assumono le equazioni di condizione (4) del § precedente in certi casi particolari, che non abbiamo creduto opportuno di accennare prima d’ora, per non complicare il discorso. Non faremo una completa ana lisi di questi casi, ma ne citeremo due, di maggiore interesse.

Si può supporre, in primo luogo, che le radici fisse sieno tutte eguali fra loro. In tal caso si ha

,

[p. 26 modifica]epperò le formole (1) diventano

,


donde, pel Lemma (III), si traggono le equazioni:

per .


Dunque, quando le radici fisse son tutte eguali fra loro ed a , le altre condizioni (4) del § precedente sono surrogate da queste altre

(3)

Si può, in secondo luogo, particolarizzare ancor più l’ipotesi or fatta, supponendo che il valor comune delle radici fisse sia . In questo caso, dovendo l’equazione avere tutte le radici infinite, bisogna che il suo primo membro si riduca ad una costante. Ponendo questa costante si ha

,


donde

,


dove è una funzione intera di , del grado , a coefficienti arbitrarii. Quest’ultima equazione si scinde nelle equazioni separate

(4)


le quali sono appunto quelle che tengono luogo delle (4) del § precedente nel caso attualmente supposto. Verificandosi il quale l’equazione

,

[p. 27 modifica]liberata che sia dai denominatori, si abbassa spontaneamente al 2° grado, per la mutua elisione di tutti i termini che contengono potenze di superiori alla seconda. Si giungerebbe, per un cammino inverso, alle stesse equazioni (4) eguagliando a zero i coefficienti di nella precedente equazione, liberata dai denominatori.

Osserviamo ancora che rappresentando, come dianzi, con una funzione intera di , di grado , a coefficienti arbitrarii, e moltiplicando ordinatamente le equazioni (4) del § precedente per

,


si ottiene

,


ossia, in forza del Lemma (II),

,


vale a dire, scrivendo per disteso,

(5) .


Quest’unica equazione equivale, per l’arbitrio degli coefficienti della funzione al sistema delle equazioni (4) del § precedente, dalle quali essa venne ricavata. Viceversa si possono da quest’unica equazione ricavare tutte le equazioni citate. Per ottenere la prima, ad esempio, non si ha che da porre

.


Se, in particolare, si pone eguale al prodotto di dei binomii

, ,
[p. 28 modifica]le quantità
,


riescono tutte nulle ad eccezione di quelle quattro nelle quali è posto eguale ad una delle a non comprese in . Per tal guisa l’equazione (5) si converte in una relazione fra sole quattro delle funzioni lineari u. Con questo artifizio si può, in caso di bisogno, esprimere linearmente delle funzioni u per mezzo delle tre rimanenti, e ritornare così all’uso di tre sole coordinate omogenee indipendenti. Riparleremo, nel seguente §, di tale riduzione, considerandola da un punto di vista più generale.

Col medesimo artifizio si possono dimostrare dei teoremi geometrici di che vogliamo dare un esempio.

Sia . In questo caso le relazioni identiche sono in numero di tre, e la loro coesistenza deve esprimere che le rette1

, , , , ,


sono sei tangenti d’una sola e medesima conica, vale a dire che sono così disposte da dar luogo al teorema di Brianchon. Per dimostrar ciò, stabiliamo di far succedere queste sei rette nell’ordine indicato dagli indici delle corrispondenti funzioni u, e, poichè è nel caso attuale funzione di 2° grado, poniamo successivamente nell’equazione (5)

,
,
.


Si ottengono così tre relazioni distinte, la prima fra le funzioni , , , , la seconda fra le funzioni , , , , la terza fra le funzioni , , , , relazioni che scriveremo così

,
,
,
[p. 29 modifica]ciascuna parentesi rappresentando una certa funzione lineare delle due funzioni u che vi sono racchiuse: per esempio si ha

.


Queste tre identità insegnano che le rette congiungenti i vertici opposti dell’esagono formato dalle sei rette, disposte nell’ordine indicato, possono essere rappresentate dalle equazioni

, , .


Ora si ha identicamente

,


dunque le congiungenti anzidette si segano in un solo e medesimo punto.

(Per verificare l’identità precedente basta porre in luogo di l’espressione equivalente : si ottiene così una relazione fra le sole quattro funzioni , , , la quale è identica a quella cui si perviene ponendo .)

Note

  1. Usiamo in questo esempio gli indici 1, 2, 3, 4, 5, 6 invece degli indici 0, 1, 2, 3, 4, 5.