Reina d'Oriente/Quarto cantare

Quarto cantare

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Terzo cantare

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QUARTO CANTARE
Benché pe’ templi i’ t’abbia, Signor mio,
tanto pregato, ch’io me ne vergogno,
ancor ti prego, onnipotente Dio,
che mi soccorra, eh’i’n’ho gran bisogno;
si ch’io possa fornire el mio disio
della presente storia, ove ’1 cor pogno,
e dammi grazia ch’io dica si bene,
che piaccia a chi per ascoltarmi vene.
2
Io vi contai, signori e buona gente,
siccome nella ròcca della Spina
menato preso fu ’l re d’Oriente
da quella potentissima reina.
Or vi dirò siccome fu valente
la moglie, che di fuor campò tapina,
ch’a la madre del re scrisse il tenore,
e per gente mandò allo ’mperadore.
3
Quando lo ’mperador vide l’oltraggio
che la figliuola aveva ricevuto,
tre legioni di franco baronaggio
mandò subitamente in suo aiuto,
diecimilia pedoni di vantaggio
con un buon capitan molto saputo,
il qual cerchiò la ròcca atorno atomo
e non se ne partia notte né giorno.

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4
Quando la donna d’Oriente intese
che a quella ròcca preso era ’1 figliuolo,
a tutta gente debb’esser palese
se la senti nel cor letizia o duolo.
Poi che fornita fu di quello arnese
che bisognava, menò grande stuolo
di gente seco, e tanto cavalcòne,
che giunse ove el figliuolo era in prigione.
5
E domandò come gli era fornita
la ròcca, ch’esser forte dimostrava.
Fulle risposto: — Ell’è si ben guernita,
che tutto ’1 mondo non cura una fava. —
E la reina saputa ed ardita
da piú parte d’intorno ordinò cava;
e fu la prima che mai si facesse
a terra, che per cave s’arrendesse.
6
Tre mesi e piú fatt’era giá l’assedio,
quando le cave giunsono alle mura;
poi che tagliato fu ’1 forte risedio,
fe’ dare una battaglia forte dura;
e per la cava intrár, sicché rimedio
non ebbon contro alla gente sicura:
si che la ròcca co’ lo re acquistorno,
e molti prigionieri ne menomo.
7
Tornossi a Roma la gente romana,
di che a lo ’mperador fu gran dolcezza:
la figlia, il re con sua madre sovrana,
in Oriente andar con allegrezza.
E quella donna, che fu si villana,
si fèro incarcerar con molta asprezza,
e incatenar con molti suo’ baroni,
ohe della ròcca menarno prigioni.

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8
Poi la reina vecchia ebbe chiamato
il suo figliuolo, e poi si fe’ mostrare
s’egli era vero quel gli era contato
che avessi quell’uccel da pizzicare.
E, poi che l’ebbe il suo cuore appagato,
una gran festa si fe’ apparecchiare
di giostra e d’armeggiare e di schermire,
e molti gran signor vi fe’ venire.
9
Perché tal festa era cotanta magna,
de’ carcerati non era menzione.
La donna un di col suo guardian si lagna,
e d’un servigio umilmente il pregòne.
— Ciò che vi piace ed a vostra compagna —
rispose, — fuor che trarvi di prigione. —
Diss’ella: — Un guanto in piazza alto m’appicca,
e poi mi sappi dir chi lo ne spicca. —
10
La guardia poi la mattina per mancia
fe’ suo volere, e poi guardò da canto.
Giungendo in piazza, disse il re di Francia:
— Battaglia dimandar si de’ quel guanto. —
Appresso corse e spiccòl dalla lancia,
poselsi in capo dicendo: — lo mi vanto
di questo guanto osservar la proposta. —
La guardia tornò e disse la risposta.
11
Ed ella tosto scrisse a quel signore,
dicendo: «La reina Galatea
è ’ncarcerata per colpa d’amore,
come se fossi pessima giudea.
Onde ti priego col tuo gran valore
di trarmi di prigion cotanto rea;
ché tu ’l de’ far, però che ’l promettesti,
quando di piazza il mio guanto prendesti».

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12
E, ricevuta la lettera e letta,
la pose in mano a lo re d’Oriente.
Ed el si scusa e po’ co’ molta fretta
liberò lei con tutta la sua gente:
perché, sappiate, s’ella era soletta,
secento cavalieri avea presente,
e’ quali ebbon ogni loro arnese,
e gli altri suoi morirò alle difese.
13
E, quando ella si vide liberata,
rendéne grazie a cui si convenia,
e di presente si si fu avviata
al torniamento de la baronia.
Poi corse ad uno albergo e lussi armata
con arme travisate, ch’ell’avia,
ed a ferir nel torniamento andava,
Scavalcando quanti ne trovava.
14
Dando e togliendo, quel di fu mestieri
che rimanesse a lei quel campo adorno;
ciascun dicia: — Chi è quel cavalieri
c’ha fatto si ben d’arme in questo giorno?
E molti, per uscirne di pensieri,
quando si disarmò, furonle intorno,
e quattro re di lei innamoráro,
i qual per astio a morte si sfidáro.
15
E, quando questo pervenne a l’orecchia
de lo re d’Oriente, la mattina
disse alla madre: — D’arme s’apparecchia
tutta la gente per questa reina. —
Rispose allora la reina vecchia:
— Che s’accomiati questa paterina;
e questi signor poi si partiranno:
s’ella qui sta, ci potrebb’esser danno. —

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16
Poi li mandò a dir ch’ella venisse
al palagio del re sanza fallire.
Andò ’l messaggio, ritornò e disse:
— La donna dice che non vuol venire. —
E la reina allora maladisse
chi l’avea fatta di prigione uscire;
e poi co’ re si mosse in su la sera,
ed andò fino a lei, dove la era.
17
E disse: — Donna, per lo tuo migliore,
partiti quinci e vanne alla tua via:
io non potre’ raffrenar il furore
che ti vien contro della gente mia. —
Rispose quella donna traditore:
— Di grazia v’addi mando in cortesia
che mi scorgiate fin fuor della porta,
si ch’io non sia da vostra gente morta. —
18
E lo re disse: — Molto volentieri,
quanto bisogna, ne verrem con teco. —
Disse la madre: — Io vo’ piú cavalieri,
ché ’l re n’ha qui forse dugento seco. —
Rispose quella: — Non mi fa mestieri,
ché n’ho secento ben armati meco. —
E la reina e ’l re sanza paura
l’accompagnaron fuori delle mura.
19
E quando dilungati fur due miglia,
e la reina allor prese connato;
e quella donna in persona la piglia,
com’ella avea con sua gente ordinato.
E ’l re con la reina e lor famiglia
fur presi e tolto lor l’arme da lato.
E tanto va, che nel suo paese entra,
in una terra chiamata Valentra.

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20
E tutta quella gente incatenata
subitamente si fa incarcerare,
e disse al re: — Quando fu’ innamorata,
ti presi per tenerti a solazzare,
e nella ròcca mia fui assediata,
e poi sa’ quel che mi facesti fare.
Si ch’io farò di te aspra vendetta,
or ch’io non son dell’amor tuo costretta, —
21
E la sposa del re, non ritrovando
il re né la reina per le strade,
a’ forestier mandò di botto il bando
che subito sgombrassin la cittade.
Onde, per ubbidir il suo comando,
ciascun si ritornò in sue contrade:
sentendo poi che il re non si sapea,
per tutto l’Oriente si piangeva.
22
E lo re, eh’è in pregion sanza conforto,
volendo scrivere allo ’mperadore,
disse la guardia: — Messere, egli è morto,
e tutta Roma è ad arme in grand’errore. —
E lo re, come savio e molt’accorto,
scrisse alla donna sua tutto il tenore,
si come o dov’egli era imprigionato,
ed un corrier segreto ebbe mandato.
23
Come la donna sua senti l’effetto,
non potre’dir com’ella fu dolente,
e fe’ venir di tutto il suo distretto
a piè ed a cavai di molta gente,
e con molti baron sanza difetto,
mastri di guerra, mosse incontanente;
e tanto cavalcò per tal partito,
che giunse ov’era ’n prigione il marito.

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24
E la cittá con la sua gente serra,
si che non vi può né entrare né uscire;
e sei mesi vi fece si gran guerra,
che i cittadin, che non poter soffrire,
aprir le porte e diedero la terra;
e la sposa del re, piena d’ardire,
liberò la sua gente, e poi ne mena
presa colei che gli ha tenuti in pena.
25
E, passando una selva molt’alpestra,
e quella donna falsa e frodolente,
si come d’arte magica maestra,
un fuoco fe’ venir subitamente,
ch’ardea la selva a sinistra ed a destra;
onde color temeano fortemente,
e disser: — Poi che non possiam passare,
torniamo a dietro e passerén per mare. —
26
E, quando giunti furono alla riva,
e quella donna, che campar s’ingegna,
fe’ che per mar l’esercito veniva,
ed ogni legno avea di Roma insegna.
Un messaggier. che dinanzi appariva,
a lo re d’Oriente si rassegna,
dicendo: — 1 roman vegnon per difesa
di questa donna che menate presa. —
27
E lo re sopra a ciò prese consiglio,
e la reina cominciò a parlare:
— Da poi che Dio n’ha tratti di periglio,
a me parrebbe di lasciarla andare. —
Mandárla via, e poi non giro un miglio,
che quel navilio tutto quanto spare:
allor s’avvidde il re del convenente,
e tornòne co’ suoi in Oriente.

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28
E, giunto a casa, il re fece bandire
per tutto ’1 suo con gran comandamento,
che ciascun gisse alla corte ad udire
il re, che far voleva parlamento.
E, quando fur venuti, prese a dire,
tutto dal fine allo ’ncominciamento,
gl’inganni e ’l tradimento che gli avea
fatti quella regina Galatea.
29
Quando la gente suo detto riguarda,
gridaron tutti ad una voce, forte:
— Mandisi l’oste di gente gagliarda,
che con vittoria tornino alla corte!
Tutta sua terra si disfaccia ed arda,
e diasi a lei co’ suo’ seguaci morte! —
Il re gli ringraziò delle proposte,
e di presente fògli bandir l’oste.
30
E quando fue tale novella nota
a quella, come l’oste era bandita,
perché di Macometto era di vota,
subitamente a Roma ne fu ita,
e inginocchiossi a piè della sua rota,
dicendo: — Se tua forza non m’aita,
dallo re d’Oriente, che mi sprona,
ch’i’son per perdere avere e persona,
31
dappoi che’l m’ha bandita l’oste addosso:
ond’io ti priego che in mia difensione,
poi ch’io da lui difender non mi posso,
mandi un de’ tuo’ baron per mio campione. —
Rispose Macometto: — Gli è giá mosso
quel de la sinagoga, Ronciglione,
di cui temerá tanto il re co’ suoi,
che ’l non s’impaccerá de’ fatti tuoi.

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32
Ed ella si pardo lietamente,
poi ebbe Macometto ringraziato;
e quel dimonio giunse in Oriente,
ch’agevol cosa gli era esserv’andato.
Perché sappiate di suo convenente,
i’ vi dirò com’egli era adobbato:
forma avea di giogante, sua grandezza
quindici braccia e quattro di grossezza,
33
ed era tutto ner come carbone,
gli occhi avea rossi come foco ardenti.
E cavalcava un orribil roncione,
sei braccia grosso e lungo piú di venti.
Quattro leon legati avie a l’arcione,
e un’anca, di dolor, mordea co’ denti
semila porci all’intorno, con zanne
fuor della bocca piú di quattro spanne.
34
E come fu nella cittá reale,
e que’ porci si sparser per la terra,
la gente fuggia su per le scale,
e per paura in zarnbra ognun si serra;
e’ porci divoravan per le sale
ciò che trovavan, se ’l libro non erra.
Uomini e donne erano sbigottiti,
e molti per temenza son luggiti.
35
Giugnendo in piazza l’orribil giogante,
lá dove molta gente armata avea,
perché egli avea si feroce sembiante,
sbigottiva chiunque lo vedea.
Giudicandosi morto, il re davante
gli venne e dimandòl quel che volea;
ed e’ rispose: — lo sono un de’ Balbani
di Macometto, iddio degli romani,

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36
e! qual dalla sua parte ti comando,
e del popol di Roma che m’aspetta,
che d’una, contro a cui mandato hai bando,
piú non t’impacci, eh’è nostra diletta;
conciosiacosach’io ne fare’, quando
facessi contra a ciò, aspra vendetta;
e s’tu andassi ad oste a sua cittade,
non torneresti mai in tuo’ contrade. —
37
E1 re, che vede sua gente smarrita,
perché si parta subito, rispuose,
dicendo: — Va’, ché ’n tempo di mia vita
non m’impaccerò piú di queste cose.
Ma fa’ che tosto sia la tua partita,
ché molte gente fai star paurose. —
Egli rispose: — Innanzi ch’io mi parta,
io ne vorrò miglior pegno che carta. —
38
Veggendo la reina dal balcone
quel dimonio parlar si aspramente,
di botto fu gittata in orazione,
dicendo: — Iddio, come veracemente
liberasti da man di Faraone
quel Moisé col popol tuo servente,
ben ch’io no’ ne sia degna come lui,
libera noi dalle man di costui. —
39
E, detta l’orazion, l’agnol di Dio
gli apparve e disse: — Non aver temenza,
ché ’l venir di costui, ch’è tanto rio,
permesso fue per molta altrui fallenza.
Ma, se tu vuoi vedere il tuo disio,
va’ francamente nella sua presenza,
dicendo: «Verbum ceno factum e 5 te»,
e vederai sue forze manifeste. —

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40
Poiché partito fu l’agnol veloce,
e la reina, come gli avea detto,
si fece in fronte il segno della croce,
ed andonne al vicar di Macometto.
E, come giunse a lui, ad alta boce:
— Ver bum caro — gridò; e ’l maladetto
con sua gente spari immantenente,
lasciando un corpo molto puzzolente.
41
Come fu dileguato Ronciglione
co’ porci, che l’andavan seguitando,
cominciáro a uscir fuora le persone,
ch’eran fuggite prima spaventando.
E* sacerdoti con gran divozione
andavan per la terra predicando,
dicendo: — Immaginate che governo
den’ far costor deH’anime d’inferno.
42
E immaginate che mille cotanti
son piú feroci gli altri che vi stanno!
E sempre stride e dolorosi pianti
fanno color che a quelle pene vanno.
Desiderate udire e’ dolci canti
che ’n paradiso e’ santi angioli fanno:
ma chi qui de’ peccati non si pente,
non puote andar fra si beata gente. —
43
E lo re d’ogni ingiuria rendè pace,
e per pietá la volle aver sofferta,
e ribandi colei che fu fallace
contro lui molto, ciò fu donna Berta,
ch’era gran tempo stata contumace,
dovendo della vita esser diserta;
la qual, pentuta de li suo’ peccata,
fe’ poi tal vita ch’ella fue beata.

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44
Tutta la gente s’era convertita,
battendosi con molta reverenza;
e la reina e ’l re tutta lor vita
al mondo fèr si aspra penitenza,
che poi, al tempo della lor finita,
in vita eterna andár con pazienza.
Alla qual ci conduca il Salvatore.
Antonio Pucci il fece al vostro onore