Piccola morale/Parte quarta/X. Il povero
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X.
IL POVERO.
Io non so se da molti siasi posto mente alla dura significazione di questa parola, povero! A farne conveniente stima bisogna scompagnarla da certe altre parole con cui siamo usati talvolta accoppiarla, e che ne modificano notabilmente il concetto; il povero non è il povero diavolo, il pover’uomo, o somiglianti. Non bisogna ancora considerarla ne’ varii atteggiamenti che le concede il vezzo, la ricchezza, e la versatilità somma della nostra lingua; povero non è poverino, poveretto, poverello; è un grado più basso. Anche i superlativi, che più? i peggiorativi stessi ne migliorano la condizione, meglio essere poverone che povero, meglio che povero poveraccio.
Povero! Considerate questa parola nuda, irta, sgradevole; consideratela un poco, e sappiatemi dire che idee vi risveglia nella mente e nell’animo. Non vi sentite scorrere per l’ossa alcun che di freddo, come il ribrezzo che previene la febbre? Non vi sentite tormentare da una specie d’impazienza di movervi dal posto ove siete per andarvene altrove, quasi aveste vicino alcun che di malefico e pestilenziale? Non vi sembra che il sole scotti più dell’ordinario, s’è di state; o che il gelo vi punga più intenso, se sia d’inverno? Non udite zufolarvi all’orecchio alcun che di simile a vagiti di bamboli che non hanno chi loro dia il latte, a sospiri affannosi di chi trangoscia sotto carichi enormi; e lo stesso silenzio non vi sembra che abbia alcun che di straordinariamente cupo e desolato? Girate l’occhio alle pareti e le vi si mostrano nude, lo alzate al soffitto e vi trovate alcun che di fosco, il pavimento vi apparisce ineguale e traballante. Terribile predominio di una parola sopra la fantasia di chi ne penetri il vero significato!
Povero equivale a quantità negativa nella somma sociale; manca ad esso l’autorità, la preponderanza, la forza; non ha in somma valore alcuno. Quando anche abbia in sè qualità evidentemente pregevoli si considerano come impronti ingegnosi in una moneta di falsa lega. Bello, gagliardo, dolcemente parlante; a nulla ciò tutto gli torna; vecchio è il proverbio, ma pur bisogna ripeterlo perchè vero: uomo senza denari è uomo morto. Ha del morto tutte le parti fino al puzzo. Non però la riverenza che comunemente tributasi a’ trapassati; e nemmeno la buona raccomandazione di quelle lodi, che si leggono, il più delle volte con offesa della verità, sul coperchio delle sepolture. Il povero è cadavere gettato a caso ad ingrassare le ortiche del cimitero. Ricordomi di un passo di Euripide nella sua tragedia Ifigenia in Tauride. Ifigenia domanda al fratello Oreste, approdato allora allora in quell’isola, e da lei non conosciuto, che le dica il suo nome; e l’altro, che aveva certe sue buone ragioni per non iscoprire il proprio nome, le risponde presso a poco del seguente tenore: cercate un nome in cui siano comprese tutte le umane miserie, e l’odio degli dei; un none atto ad esprimere ciò che vi ha di più infelice e di più doloroso; e senza che lo udiate dalla mia bocca, avrete da per voi stessa notizia del mio nome. Ecco di qual maniera il figlio d’Agamennone definiva esattamente, senza volerlo, l’idea racchiusa in questa parola povero.
Abbiamo detto ch’esso è quantità negativa, che non ha peso alcuno nella bilancia dei nostri giudizii. Notate però che ciò deve stimarsi detto soltanto riguardo al bene, chè quando trattasi del contrario l’esser povero equivale anzi a gravissimo pondo. Mi spiego. Al vedere del povero nasce prontissima la presunzione di avere sottocchi l’uomo inerte, il buono da nulla, o per lo meno il dissipatore. Non parlo di quelli, e non credo mica che siano pochi, pe’ quali tanto vale la povertà quanto la disposizione ad ogni più brutto eccesso. Ne volete una pruova? Che proposte vituperose non fannosi talvolta a certuni, solamente perchè si sa ch’ei sono poveri? Questi giudizii anticipati, che pur non possono a meno di cagionare una grande indignazione negli animi onesti, hanno una qualche giustificazione nell’ordine naturale delle nostre idee. Siccome non è facile che la mente comprenda di colpo, e alle prime, i motivi di certe smisurate sproporzioni che passano tra uomo e uomo (motivi che domandano lunghi ragionamenti e non poco studio delle vie per le quali è passata la nostra specie prima di ridursi alla condizione attuale), crediamo che l’intimo stato nel quale vediamo caduto alcuno de’ nostri simili sia non altro che colpa di lui, o per lo meno mancanza di egregie doti atte a cavarnelo da quella bassezza. Chi, per esempio, veggendo gli avanzi di una nobile fabbrica occupati dall’erbe parassite, e mezzo sepolti nel fango, nou crede che quella distruzione fosse cagionata o da violento scuotimento della terra, o da furia di nemico? Similmente al vedere questa nobile creatura, ch’è l’uomo, ridotta in tanta gramezza pensiamo che ciò sia per sua colpa, e quasi per un qualche scrollo venuto da cattive opere, non sapendo noi pensare d’un primo tratto che come altri con capelli bruni ed altri con biondi vengono a questo mondo, così altri ci nascano esorbitantemente provveduti d’ogni cosa, altri d’ogni cosa mancanti. Il ripetiamo: a comprendere la convenienza di simili ineguaglianze è necessaria una serie di ragionamenti che non si possono presentare alla mente d’un primo tratto.
Eppure potrebbesi continuare a considerar il povero come un composto di privazioni, o negazioni che dir si vogliano; ente vacuo di qualità, tolto l’esistere ed il soffrire. Chi non ha denari non ne abuserà certamente a corrompere l’altrui innocenza; chi è spoglio d’autorità non potrà impiegarla a danno del vero; a cui non sono concesse onorificenze è tolto alimento all’arroganza; la necessità delle cose più indispensabili al vivere è un ottimo svegliarino dell’ operosità. Se qualcuno poi volesse essere più liberale nel giudicare de’ più miseri tra’ suoi fratelli potrebbe aggiugnere: Tizio non ha denari? vuol dire che non fu usuraio, che non gli piacquero i rei guadagni; non è in sommi gradi? significa che non gli andò a sangue l’adulazione, che non ebbe cuore di farsi innanzi colla rovina degli altri. Se gli fuggirono le sostanze dal detto al fatto, perchè correre subito coll’immaginazione al giuoco, alle crapule, e agli altri dissipamenti ? Finchè non se ne sappia il vero, sarebbe più misericordioso il pensare che lo avessero tratto a quella estremità la troppa buona fede, e la compassione soverchia. Forse che di tali casi non sonosi dati, e non si danno in ogui luogo e in ogni tempo? A chi cadde da qualche posto eminente non vogliasi subito, e prima che la cosa sia messa in chiaro, attribuire magagne corrispondenti a quella caduta. Finchè non si venga nella esatta cognizione della cosa, stiasi sul credere che fosse cagione di ciò un qualche equivoco, di que’ che non mancano d’imbrogliare le faccende di questo mondo. In somma, dacché i poveri non hanno verun’altra proprietà, guardiamoci con ogni diligenza di non rapir loro l’onore.
Bisogna però confessare che in questa parte le ingiustizie sono molto frequenti! Chi si cura di esaminare se ciò che si dice di un tale sia vero o falso, quando quel tale non sia persona d’importanza per altre ragioni oltre quella di cui si tratta? Pure appunto per questo dovremmo usare di ogni nostra sollecitudine a chiarirci del vero, e tenerci oltremodo guardinghi nel proferire giudizio. Che direste di chi desse per via una spinta ad un cieco? O di chi intronasse di rimproveri le orecchie di un moribondo? O di chi facesse correre senza dargli respiro un assetato? O intimasse di rivedere le ragioni di un anno a chi casca di sonno? Di tal maniera operano coloro che non si dauno cura di appurare quanto si dice a danno de’ poveri. Sono poveri, non vi sembra che basti? Non possono nulla da per loro: hanno bisogno di chi adempia al loro difetto, di chi subentri alla loro difesa.
Dichiarando e inculcando questi principii ne sembra avere eccitato gli animi gentili ad una specie di carità che può farsi da tutti anche senza porre le mani in tasca, e dalla quale i poveri possono trarre vantaggi non meno considerabili di quelli che sono loro procacciati dal denaro.