Piano regolatore di Roma 1883 - Relazione/Conclusione
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Elenchi riassuntivi delle opere principali | Piano regolatore di Roma 1883 - Relazione | ► |
Conclusione
L’esposizione critica di tutte le parti del vasto disegno per l’ampliamento e pel regolamento edilizio di Roma, speriamo che sia riuscita abbastanza chiara, da far comprendere all’Onorevole Consiglio, non solamente l’indole e lo scopo di tutte e singole le opere, ma anche il nesso che sì procurò avessero fra loro.
La Commissione crede che l’assieme delle proposte abbia il pregio dell’unità di concetto, e che soddisfi all’intento di poter gradatamente ottenere la desiderata trasformazione della Capitale del Regno, ed il suo ampliamento, rendendo la città capace di accogliere oltre 425,000 abitanti; nell’atto istesso che si provvede ai più imperiosi bisogni della circolazione, e si conserva alla vecchia città il suo carattere, rispettando e ponendo anzi in evidenza maggiore tutto ciò, che s’incontra di monumentale e di artistico. Certamente la mole dei lavori, ai quali darà luogo l’approvazione del descritto piano regolatore è di tale imponenza, da sgomentare qualunque pensi alla spesa relativa. Ma singolare condizione del problema! Ognuno che esamini partitamente il piano, passa a poco a poco dalla impressione della sua vastità alla convinzione, che esso pecchi piuttosto per difetto che per eccesso; e chi vorrebbe aggiungere una nuova strada, che pur sarebbe importante pel transito; chi stima sia stata troppo negletta la correzione di tanto irregolari strette o risvolte delle vie della vecchia città; chi desidera sia assegnata maggior larghezza alle arterie del movimento; chi vuole infine piazze più spaziose, chi più frequenti. La stessa Commissione infatti nell’esame del piano presentatole, ha dovuto alquanto piegare a questa successione di idee; e se forse era da prima disposta a stralciare, come eccessiva, qualche apertura, o qualche correzione di strade, che il disegno indicava, ha poi terminato col domandare l’aggiunta di opere di grande momento nel senso edilizio, e nelle conseguenze economiche.
Nè ciò deve recar meraviglia; imperocchè non è il piano di una contrada, o d’una Regione di Roma, che si vuole dal Comune, ma dell’intiera città, per una popolazione doppia di quella che conteneva nel 1870, con i comodi chiesti dalla vita odierna nei grandi centri degli affari e dei traffici, cogli abbellimenti e le agiatezze indispensabili al decoro della Capitale del Regno. D’altronde i piani regolatori per l’assetto edilizio e per l’ampliamento delle città che ne abbisognano, sono autorizzati da una legge provvida, la quale più che ad impegnare immediatamente i Comuni all’esecuzione delle opere, è intesa ad impedire che vi si pongano inciampi con nuove costruzioni, per fatto di privati proprietari, o di speculatori, i quali, con qualche spesa e miglioria nei beni propri o appositamente acquistati, riescono a procacciarsi enormi guadagni, appena la necessità costringa i Comuni a domandare il diritto di espropriazione. Esempi vari sì potrebbero citare, e in questi ultimi mesi assai frequenti: tantochè sarebbe preferibile non avere un progetto di piano regolatore, di quello che avendolo, non farlo quanto più presto si possa approvare per gli effetti legali. E che lo spirito della legge sia quello di sopra indicato, ce lo dice la relazione fatta dal Ministero al Re, nel presentargli per la firma la legge del 25 giugno 1865 sulla espropriazione per pubblica utilità. Ivi dopo avere accennato allo scopo dei piani regolatori si danno le seguenti spiegazioni:
«Vuolsi dunque redimere questa parte dell’abitato dallo stato miserando in cui si trova e conquistarlo alla civiltà? Sarebbe cosa non pur malegevole ma quasi impossibile, lo espropriare tutti gli edifizi dell’intiero quartiere; i mezzi finanziari farebbero difetto ai municipi; nè lo consentirebbe l’interesse medesimo degli abitanti, i quali in gran numero e a un tratto verrebbero ad essere privi di tetto, senza forse poter trovare ove ricoverare.
«D’altronde ragione e umanità non consentono, che i proprietari riedificando i loro edifizi ne conservino quella viziosa disposizione, che è causa permanente di malattie, e di altri gravi sconci, e per cui la potestà pubblica sarebbe poi obbligata a far distruggere, pagando costruzioni, che l’utile generale esigeva non si fossero eseguite nè rinnovate.
«A questa bisogna si provvede assai acconciamente disponendo, che possano i Comuni formare piani edilizi da approvarsi dall’autorità competente, ai quali i proprietari aventi case o terreni, in essi piani compresi debbano uniformarsi, quando vogliano, o debbano ricostruire i loro edifizi, o modificare altrimenti le loro proprietà.
«I municipi corrisponderanno ai proprietari una congrua indennità per quella parte di area, che diventerà suolo pubblico, e per parità di ragione questi pagheranno il prezzo di quella parte di suolo pubblico, che dovranno occupare inoltrando i loro edifizi.
«Come scorgesi è questa una specie di espropriazione, la quale ha luogo gradualmente, a misura che si pon mano alla riedificazione od alla riparazione delle esistenti costruzioni.
«Il vincolo che per tal guisa viene dai piani regolativi imposto alle proprietà private, e che suolsi appellare servitù di allineamento, è già conosciuto in Italia, ed è ammesso dalle leggi di Francia e della stessa libera Inghilterra.
«Mercè di questa disposizione, diventa possibile ed agevole l’esecuzione di grandi lavori, che colla espropriazione immediata non si sarebbero nemmeno intrapresi; e se giovano alla salute ed al comodo della universalità dei cittadini, tornano non meno utili agli stessi proprietari, i cui edifizi non avrebbero potuto acquistare aria e luce, qualora la ricostruzione delle case esistenti non fosse stata predisposta e coordinata da un piano generale.
«E di questi vantaggi, che dall’esecuzione dell’opera pubblica derivano ai singoli edifizi, non è in tale caso tenuto conto nel fissare l’indennità, ond’è questo un compenso al danno, che soffrono i proprietari, per avere i loro beni vincolati, finchè non viene il giorno della ricostruzione.»
È anche da notare che il progetto ministeriale di detta legge imponeva l’obbligo ai Comuni di formare i piani edilizi, e per la loro esecuzione non era determinato alcun limite di tempo. Ma il Parlamento temperò queste disposizioni, cambiando l’obbligo in facoltà per i Comuni, e limitando a 25 anni il vincolo alle proprietà derivante dai suddetti piani.
E in quanto all’esecuzione diretta di qualunque parte del piano, fu lasciata la più grande libertà ai Comuni coll’art. 92 della legge così concepito:
«L’approvazione del piano regolatore equivale ad una dichiarazione di pubblica utilità, e potrà dar luogo alle espropriazioni delle proprietà nel medesimo comprese, osservate le prescrizioni della presente legge.»
Non crediamo superfluo aver rammentato le disposizioni della legge, e le ufficiali dichiarazioni sullo spirito della medesima, perchè i Signori Consiglieri possano comprendere la grande differenza che la legge sulle espropriazioni fa tra le opere, che si vogliono eseguire immediatamente, e quelle per le quali si vuole soltanto avere la facoltà di esecuzione a tempo. Per le prime è necessario stanziare in antecedenza i mezzi per le spese dell’esecuzione, se vuolsi ottenere il Decreto di pubblica utilità, il quale rende obbligatoria l’esecuzione stessa in un termine determinato e relativamente breve. Per le seconde basta farle approvare col procedimento dei piani regolatori, per avere la facoltà di eseguirle, se ed in quanto lo permettano le condizioni finanziarie del Comune richiedente, o le risorse benché indeterminate che possano aversi in un lasso ben lungo di anni. Così pertanto rimane dimostrata la convenienza del piano proposto per la riforma edilizia della nostra città, quantunque assai vasto; ed è giustificata puranco la ulteriore estensione, che la maggioranza della Commissione ha opinato gli si debba dare, perchè riesca veramente completo. La Commissione ha avuto dal Consiglio l’incarico esplicito di esaminare un progetto di piano regolatore della città, e di riferire sulla convenienza ed opportunità edilizia delle opere in esso segnate: purtuttavia non potendo dimenticare che essa si volle composta di tutti consiglieri, questo solo fatto la conduceva naturalmente al quesito amministrativo, se il Comune di Roma avrà i mezzi, o come se li potrà procurare, per l’esecuzione del piano; e in difetto di mezzi sufficienti, se convenisse restringere, a poche e di più evidente necessità attuale, le opere eseguibili del piano medesimo. Ma noi ci guardammo, e non l’avremmo potuto, dallo entrare in un campo di esclusiva competenza del Sindaco e dell’Amministrazione comunale, la quale solamente dal Consiglio sarà invitata ad esporre il suo concetto economico sulla proposta trasformazione edilizia della città.
Tuttavia noi stimammo prezzo dell’opera indicare con una specie di generica classificazione, le opere diverse che, secondo il nostro parere, dovrebbero eseguirsi in un prossimo e breve spazio di tempo, come indispensabili fin da ora ed urgenti; e quelle che converrebbe mandare ad effetto in tempo più lungo, iniziandole possibilmente in un secondo periodo; infine quelle per le quali basterà che i proprietari vincolati dalla servitù di allineamento, non possano comprometterne l’esecuzione. Queste certamente al termine dei 25 anni del vincolo legale del piano, se straordinarie risorse economiche del Comune non avranno permesso di compierle, si troveranno iniziate nei punti, dove i proprietari stessi, per volontarie o necessarie ricostruzioni, avranno dovuto porre gli stabili secondo le linee regolatrici. Sicché questi punti costituiranno tanti capisaldi, e sarà facile ottenere una proroga di tempo per la validità del piano (lo che dalla stessa legge sulle espropriazioni è consentito), o compilare un successivo piano regolatore, che sarà il complemento del concetto e del disegno di quello di cui ora ci occupiamo.
Comprendiamo che in atto pratico non potrà forse seguirsi in tutto l’ordine accennato, e non domandiamo che tale ordine sia dal Consiglio assolutamente prescritto.
Crediamo utile peraltro di raccomandare, alla Municipale Amministrazione, che salvo i casi, nei quali per favorevoli o accidentali circostanze convenga dare esecuzione a parziali lavori, che si pensava poter rimandare ad epoca più remota, si facciano convergere tutte le forze e le risorse finanziarie a dare compimento alle opere edilizie della prima classe, e poi alle altre della seconda, le quali riassumiamo negli elenchi Seguenti:
1a CLASSE.
1. Prosecuzione della via Nazionale sino al Ponte Sant’Angelo.
2. Allargamento della via dei Chiavari e dei Pettinari per accedere al Ponte Sisto, e sistemazione delle due vie, che dal Ponte Sisto conducono alla Piazza di S. M. in Trastevere alla via Garibaldi.
4. Prosecuzione della via di Ripetta e della Scrofa.
5. Nuovo ponte sul Tevere all'Orso.
6. Nuovo ponte alla Regola.
7. Via che dal ponte alla Regola va a S. Francesco a Ripa e alla stazione di Trastevere, passando per la via di S. Crisogono, e innanzi la fabbrica dei tabacchi.
8. Nuova via fra le piazze di Fontana di Trevi e del Pantheon.
9. Strada che dalla via degli Astalli va alla via Montanara.
10. Allargamento della via Tomacelli.
11. Prosecuzione della via del Corso fino al Foro Romano, e alla via Labicana, e allargamento di questa.
12. Via Cavour da S. M. Maggiore al Fôro Romano.
13. Viadotto a traverso il Fôro Romano dalla via Cavour alla via di S. Teodoro.
14. Via dello Statuto da S. Lucia in Selci alla via Merulana.
15. Parziale demolizione del Ghetto secondo che lo permetta lo stato di nuove abitazioni.
16. Acquisto del terreno pel passeggio esterno.
17. Mercati e loro collegamento colla strada ferrata.
18. Prolungamento della via dei Serpenti fino al Colosseo.
19. Allargamento della via di S. Lorenzo, dal termine del Quartiere al Castro Pretorio fino al luogo della nuova porta S. Lorenzo, e apertura di questa.
21. Ugualmente l'apertura delle grandi strade interne darà luogo alla esecuzione delle fogne costituenti la prima serie di opere pel risanamento del sotto suolo.
22. Finalmente si eseguiranno nel primo periodo gli edifizi di carattere governativo, secondo l'ordine che sarà dal Governo determinato.
2a CLASSE
1. Demolizione complementare del Ghetto e conseguente sistemazione del suolo.
2. Due ponti suburbani sul Tevere.
3. Trasporto del Mattatoio e del Campo Boario al Testaccio.
4. Ponte sul Tevere a Porta Portese.
5. Prosecuzione della via Larga fino al Tevere.
6. Ponte sul Tevere alla metà della Longara.
7. Prosecuzione della via della Longara.
8. Allargamento della via Longaretta.
9. Prolungamento della via del Babuino e Due Macelli, passando sotto il giardino del Quirinale fino alla via Nazionale.
11. Prolungamento della via del Tritone.
12. Compimento delle Piazze di Fontana di Trevi e del Pantheon, e sistemazione delle strade che da queste piazze si collegano colle prossime arterie.
13. Ponte sul Tevere dietro la Piazza del Popolo.
14. I viali più importanti del passeggio interno di circonvallazione.
15. I raccordamenti delle strade coi due lungotevere, e delle relative fogne coi collettori bassi; e sistemazione del piano degli stessi lungotevere.
16. Seconda serie di opere per la riforma della fognatura pel bonificamento del sottosuolo.
17. Compimento della fognatura e delle strade dei nuovi quartieri.
3a CLASSE
E qui la Commissione pone fine a questa relazione soddisfatta se col presente lavoro potrà risparmiare al Consiglio la necessità di una minuta e lunga discussione sopra ogni proposta del piano regolatore e se avrà contribuito a metterlo in grado di prendere sollecitamente le sue definitive deliberazioni in argomento così importante, per sé stesso, e per le molteplici sue conseguenze.
Crederemmo però di mancare al nostro dovere se omettessimo di dichiarare che, nel piano regolatore datoci ad esaminare, avendo sempre trovata l’applicazione di quelle massime e principii direttivi che a suo luogo esponemmo, ed ai quali dicemmo doversi conformare quello della città di Roma, il nostro còmpito fu reso assai più facile. E da nostra parte, e speriamo altresì dalla Vostra, Onorevoli Signori Consiglieri, tributiamo specialissima lode allo Egregio Capo Ingegnere dell’ufficio tecnico Municipale Signor cavaliere Alessandro Viviani il quale a lungo, e così bene, a parer nostro, studiò quest’opera del riordinamento ed ampljamento di Roma, e seppe dagli involontari indugi trarre saggiamente occasione d’introdurvi, mano mano, quanto di meglio e di possibile a farsi suggerirono a lui, la meditazione e le manifestazioni della pubblica opinione.
Roma, 27 aprile 1882.
LA COMMISSIONE
Francesco Nobili-Vitelleschi Presidente. |
Antonio De Vecchis, Segretario. |