Osservazioni sopra alcune particolari petrificazioni nel Monte Misma/Annotazioni

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Osservazioni sopra alcune particolari petrificazioni nel Monte Misma
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ANNOTAZIONI


(i) Mi sia qui permesso di soggiungere ad erudizione di chi nella Geologia non fosse per avventura versato, che le opinioni de’ naturalisti de’ tempi nostri sulla conformazione del nostro Pianeta sono trè. Altri, detti Plutonisti, opinano che la Terra in origine fosse tutta in una soluzione ignea pel calorico, che in essa agiva liberamente. Ed analogo a questa è l’opinione del cel. Buffon, il quale immaginò essere il nostro Globo un pezzo di Sole, staccatosi dall’urto di una Cometa, che gl’impresse i trè moti, nel nostro Pianeta conosciuti. Altri, chiamati Vulcanisti, suppongono un fuoco nel centro della Terra, il quale, emergendo pei vulcani, ne abbia cangiata tutta o quasi tutta la crosta. Altri finalmente, detti Nettunisti pensano che in principio tutto fosse acqua, equabilmente sparsa sopra tutta la superficie del Globo, e che porzione di essa per chimica azione siasi cangiata in aria, e il resto, succeduta essendo la precipitazione e la deposizione delle sostanze, da cui risultarono i terrei sedimenti e le stratificazioni, ed indi, mercè le occorse catastrofi, le montagne, siasi ritirato a formare i mari.

Tutte e trè queste opinioni hanno de’ rinomatissimi [p. 40 modifica]apologisti e de’ grandi seguaci, i quali, della propria sentenza persuasi, cercano maestrevolmente confutare l’altrui, con ardite immaginazioni e con ingegnosi raziocinj, i quali reciprocamente ventilati e ribattuti fanno in ultima analisi conoscere essere assai poco quel che sappiamo, in confronto del molto che ancor ci resta a sapere, onde aver una lusinga fondata di cogliere giustamente nel segno.

(2) Lapis Cotarius Wallerii spec. 83 (b) e spec. 86 (b). Essa è qui disposta in guisa da riempire gli interstizj e le fessure maggiori della roccia calcare, di cui è formato il corpo della montagna, e da frastagliare a guisa di filoni il grande nocciolo e le sue adiacenze da un fianco all’altro.

(3) Piz è derivativo da Spiz, parola tedesca che significa cima, cresta, ecc.

(4) Ueber den Bau der Erde in dem Alpen-Gebirge ecc.

(5) Memoria Mineralogica sulla Valle di Fassa ecc.

(6) Non disaggradevole, almeno al lettor patrio, sarà, mi lusingo, che qui io faccia alcun cenno sul vecchio monasterio, che di Abbazia diede il nome a questa villetta. Essa, che localmente appartiene a Vallalta, adiacenza di Valle Seriana, ebbe un cenobio di Cisterciensi, fondatovi da Gregorio vescovo di Bergamo nel secolo XII. Il prelato essendosi trovato con s. Bernardo al consiglio generale di Pisa, poscia in Milano, ottenne dal s. Abbate alcuni individui dell’ordine, all’uopo di fondare anche nel contado di Bergamo un monasterio di tale istituto, siccome altrove erasi fatto.

I monaci spediti scielsero, piuttosto che altra, l’erema situazione di Vallalta, come la più atta al ritiro, [p. 41 modifica]all’orazione ed alla contemplazione, che eglino in que’ tempi professavano eminentemente.

Da un decreto, che lungamente si conservò, nell’archivio di quel cenobio, si raccoglie che la fabbrica della chiesa e del monasterio s’incominciò nel 1135, e fu presso che compita nel 1136. In esso documento, siccome accenna l’erudit. sig. Arciprete Ronchetti nelle sue Memorie Storiche della Città e Chiesa di Bergamo, tomo III. pag. 64, il prelato fondatore racconta » che, essendo egli indegno monaco ed umile vescovo della Chiesa di Bergamo, coll’autorità e favore di Papa Innocenzo, e col consenso e consiglio de’ venerabili suoi fratelli chierici, del suo avvocato, e de’ nobili e saggi cittadini, avea fabbricato nella detta valle (Vallalta) ne’ fondi del suo vescovato una Chiesa in onore di S. Benedetto, sotto la cura di Ansoino uomo onesto e religioso, assegnato loro in padre e rettore, con ordine che tutti vivessero sotto l’ombra e tutela del vescovo di Bergamo. «

Si descrivono poscia in questa antica carta i campi, i prati, i boschi e gli acquedotti di proprietà vescovile in detta valle, donati a desso monasterio coll’appendice di libbre tredici di cera bianca lavorata, da contribuirsi annualmente in perpetuo al vescovo, alla quale donazione quasi contemporaneamente il prelato aggiunse l’altra della cappella di s. Salvatore in Bergamo con tutte le sue rendite: largizioni queste, che ancora con altre molte, confermate vennero da Papa Innocenzo II. nel 1138, e nel 1185 da Urbano III., unitamente alla giurisdizione sulla chiesa di s. Lorenzo in Trento, e di s. Giorgio in Teze.

[p. 42 modifica]Da questo cenobio scelti vennero i monaci, che Altemano vescovo di Trento ricercò, ed adoperò nella istituzione di un monasterio dell’ordine in quella città presso la mentovata chiesa, vicino al ponte sull’Adige; quindi sì quella, che questo restarono sotto la dipendenza del monasterio di Vallalta.

Questo fiorì lungamente per uomini in santità e dottrina distinti; ed è ad essi che noi dobbiamo la coltivazione di quegli eremi luoghi, ora divenuti incomparabilmente più fruttiferi ed utili. Debbe essere stato soppresso questo cenobio nel secolo decimosesto, se vogliam credere al cenno, che ne fa lo storico nostro fra Celestino nella sua Istoria quadripartita di Bergamo; ma altri credono ciò avvenuto nel secolo susseguente.

Venne quindi secolarizzata l’Abbazia, e convertita in Commenda, che servì poscia lungamente di appanaggio a’ prelati veneti; l’ultimo de’ quali fu il cardinal Cornaro. Durante la vita di questo dignitario ecclesiastico il Veneto Senato avea con decr. 2 settembre 1773, fissata la vendita dell’Abbazia, disponendone il capitale alla pubblica zecca, onde coi prò fosse accresciuta la congrua ai parrochi più poveri della diocesi. E nel 1792, morto essendo il detto cardinale, il Governo si dispose ad effettuare questa saggia Sovrana disposizione.

Molti de’ coloni, i quali da secoli avuta avevano gran parte de’ fondi in affittanza, ricorsi, onde non esserne spogliati, ottennero dalla generosa paternità del Principato d’essere considerati quali livellarj perpetui, e liberi da qualsivoglia aumento di contribuzione in avvenire. Il nuovo compratore de’ possessi dell’Abbazia [p. 43 modifica]ricever dovette essi coloni sotto tale denominazione e condizione; e versò nel pubblico erario il convenuto capitale; il cui frutto ebbe fedelmente il suaccennato uso lodevolissimo. Poco dopo essi coloni dal pubblico acquistatore redimettero in perpetuo i fondi livellati, e comperarono il resto dell’Abbazia.

Il fabbricato del monasterio ora è convertito per la massima parte in abitazione colonica: e la chiesa, la quale è di struttura antica, analoga appunto al gusto del secolo XII, fu alterata in occasione che, non ha guari, si pensò a ristorarla. E officiata da un cappellano in dipendenza della prepositurale di Albino, che ne è la parrocchia.

Ha sulla destra del coro una piccola cappella, ora usata a sacrestia, ove sono da mirarsi due belle arche sepolcrali di bardiglio, alquanto elevate da terra, e che appartengono all’illustre antichissima famiglia Suardi. Questi due monumenti, perfettamente simili, sono del gusto del secolo XIV, bene intagliati, ambidue con istemmi e geroglifici gentilizj del casato, il tutto ben conservato. Uno di essi è senza iscrizione; e l’altro ne conserva una incisa in caratteri gotici, da cui raccogliesi che un certo Nobilis Dominus Lanfrancus de Suardis vi è sepolto, passato all’altra vita il dì vigesimoprimo di gennajo del mille trecento trenta.

(7) Cioè a dire un calcareus rudis spec. I. (A), che passa al marmor unicolor album spec. 8. (b) Wall.

(8) Ubi testacea et lithoophyta fossilia existunt in magna copia, ibi quondam fuere maris littora, aut abyssus; cum sint mera vestigia maris omni historia antiquioria. Diluvium vero non demonstrant, sed tantum longioris aevi rudera. [p. 44 modifica]Linneus (Systema Naturæ tom. III. pag. 162, edit. Vindobonæ 1770.)

(9) Lithomarga Ludwigii, Marga tophacea Wall. spec. 34 (a).

(10) Si possono leggere su questo articolo il Dictionaire universel des fossiles propres, et fossiles accidentales del sig. Bertrand, e la sua altra opera Recueil de divers traitès sur l’Histoire Naturelle de la Terre, et des fossiles: les Lettres Phylosophiques de Bourguet: l’Index Testac. Gualtieri: e l’Enciclopedia T. IV. ediz. di Livorno (corn-diz. pag. 228) e moltissimi altri autori.

(11) Siffatta distruzione del guscio non è parimente successa in certe altre conchiglie bivalve, le quali si hanno copiosamente in una calcaria stratificazione, che dall’altura di Dossena sulla sinistra del Brembo mirasi corrispondere con declivio rettilineo ad un’altra identifica piena de’ medesimi impietrimenti, che dassi a vedere nell’imo della vallata sulla destra dello stesso fiume, fra le ville di San Giovanbianco e di Cornello. Avvene fra queste alcuna, che sembra di fresco tolta dal suo elemento. Tanto sono ben conservate le sembianze originali del suo vestito, sebbene sostanzialmente essa non sia che carbonato di calce, siccome carbonato di calce è quello, di cui vedesi riempiuta.

(12) Calx vi calcifica mutat corpora aliena in calcariam substantiam etc. Linneus Systema Natu. T. III. pag. 154 della sopracitata edizione.

(13) Veramente il sig. Bertrand nel citato suo Dizionario de’ fossili chiama specie di Ammoniti quelle, che a mio corto pensare van meglio dette varietà o sottospecie. [p. 45 modifica](14) Il sig. Cuvier, parlando de’ quadrupedi annovera ventidue specie perdute, affatto differenti da quelle, che ora noi conosciamo. Ed altri naturalisti hanno trovato un numero incomparabilmente maggiore di specie d’animali marini, de’ quali non esistono più i prototipi, se non se nella classe degli impietrimenti.

(15) Habitant hæc (Hammonites a-t) totidem distinctæ species procul dubio in abysso pelagi inter deperditas numeratæ, nec testæ in ullo museo visæ (Linneus nell’opera sopracitata Tomo III. pag. 162).

( 16 ) Appunto per distinguere le une dalle altre si è convenuto comunemente fra i naturalisti di chiamare conchiglie Pelagiche quelle, che vivono nel più cupo fondo del mare, e Litorali quelle, che si hanno non molto lungi dal lido, o certamente a mediocre profondità.

(17) Il sig. Desaillier d’Argenville, parlando della scoperta del sig. Bianchi, dice che » il primo, il quale ci abbia fatto conoscere i Corni d’Ammone microscopici fu il signor Bianchi, che li trovò sulle spiagge marine di Rimini unitamente ad altri nautili parimente microscopici. « E cita la figura de’ medesimi nell’Index Testac. del Gualtieri. Secondo poi esso sig. d’Argenville se ne sono trovati di alquanto più grandi nelle sabbie del Berghen in Norveggia, come dice anche Hoffmann (Conchyliologie Desaillier d’Argenville T. I. p. 606-731.)

(18) La figura de’ nostri Belenniti coincide perfettamente colla descrizione, che di questa fossile conchiglia ci somministra il Dictionnaire d’Histoire Naturelle, in 24 vol. in 8.° Paris an XI ― 1805 ― all’articolo Belenniti.

(19) Nel suo Systema Mineralogicum etc. Tom. II. observat. 3. pag. 449. [p. 46 modifica](20) La qualche somiglianza tra li Belenniti e gli Ortoceratiti ha indotto alcuna fiata a prendere gli uni per gli altri; al che forse può aver dato motivo anche la comunione del nome generico di Helmintholithus dato da Linneo promiscuamente all’uno e all’altro di questi vermi-conchiglia. Ma sono bastantemente marcate le caratteristiche differenze loro, perchè bene esaminandoli non si abbia a prendere abbaglio.

(21) Il Belennite conosciuto presso gli antichi sotto il nome di Ceraunites, di Coracias, di Corvinus lapis, di Lapis Lyncis o Lyncarius secondo Dioscoride, Teofrasto, e Plinio, fu da quest’ultimo chiamato anche Datylus Ideus dall’essere desso stato rinvenuto sul monte Ida. Riportò dappoi varj altri nomi, fra i quali quello di Lapis fulminaris, e di Tonitrui cuneus dall’essere stato ben anche creduto un corpo formato nelle nuvole. Il signor Woodward nella sua Geografia Physica, ed i di lui seguaci Scheuchzer, e Monier sospettano che il Belennite sia originario del regno minerale; e dietro questi Langius nella sua Historia Lapid. figurat., ed Assaltus in notis ad Mercati metallurgiam lo vollero uno stalattite prodotto dal fluor minerale. Finalmente Libavius in Singul. B. III. lib. 8, cap. 18, e Gesnero in Corollar. ad Epiphan. credettero che questo fossile fosse un Succino pietrificato. Luidius nella sua Tehnograph. Lithooph. Britan. mostrò dubitare che i Belenniti abbiano origine dal corno del pesce Narvallo, Narval, o dai Penacchj di mare Penicilla marina, oppure da’ Dentali, Dentalia. E Volckman gli ebbe piuttosto per raggi e spine di un animale marino. Bourguet sostenne che denti fossero della Balena americana da Rondelet descritta sotto il nome di [p. 47 modifica]PhySeter, o del Cocodrillo Alligator parimente d’America (Lett. philos. sur la format. des Sels): opinione adottata anche dagli Enciclopedisti. Altri come Klein e Sievers pensarono che fossero spine o raggi di Echini aculei vel radii Echinorum; e Fischer e Buffon loro seguaci persino asserirono possedere degli Echini forniti di queste spine. Fra i più moderni Rosinus De Belemnitibus, J. Th. Klein De Tubul. Marin., Breyn De Polythalamiis, ed Ehrhat De Belemn. Svev., Wolch De Stat. Reth., e Daumer nella sua Mineralogìa sostengono doversi i Belenniti collocare fra i Testacei, e potersi essi considerare quali tuboli Tubulos marini particolari peculiares, o noccioli, nucleos, generati ne’ Testacei, siccome sembra credere anche Allioni nella sua Orycto. Pedemon. Ma svaniscono cotali opinioni in confronto di un attento esame, che si faccia è sulla interna struttura e sulla tessitura esteriore di questo Elmintolite. Wallerio stesso, che dapprima classificato avea il Belennite fra gli informi marini animali, Holothuriæ, abbandonò il suo parere meliora a N. V. Linnè iam edoctus. (Wall. Systema Mineralogicum, T. II. observat. 3. in calce, pag. 451.)

(22) Allioni asserisce egli pure nella sua Oryct. Pedem. Sopraccitata che il Belennite è una conchiglia pelagiana, vale a dire abitatrice, seppur sussiste, degli abissi del mare (Bertrand Dictio. Oryct., pag. 70.); ed il citato Dictionnaire d’Histoire Naturelle dice che i Belenniti sino ad ora non si sono da noi trovati che fossili.

(23) Linneus Systema Naturæ etc. Tom. IH. pag. 170.

(24) Petrosilex cequabilis Wall. spec. 122.(a), (b), (c).

(25) Silex æquabilis spec. I15 viridescens vel colore ferreo Wall. [p. 48 modifica](26) Anche qui siami lecito di fare un cenno di storia politico-patria rapporto a questo rinomatissimo santuario, sul quale si ha molto di favoloso, e pochissimo di certo e comprovato.

La chiesa di S. Maria di Misma anche dalla sua struttura appare di data molto antica, e fabbrica certamente de’ bassi secoli. È adorna di un quadro rappresentante Maria Vergine Assunta: pittura del celebre nostro Moroni; e la quale vuolsi un capo d’opera di questo insigne pennello. Nel resto la chiesa non ha, a mio credere, cosa nè antica nè moderna, la quale possa l’altrui curiosità interessare.

S’inganna certamente lo storico nostro P. Calvi (Effemeridi ecc. Tom. I. pag. 46) coll’asserire, che la chiesa e prepositura di S. Maria di Misma sia stata una casa degli Umiliati, non essendovi in vero alcun documento, a cui una tale opinione si appoggia, anzi contrastandovi tutti que’ pochi, che ce ne restano. Trovo al certo meglio fondata l’altra, che risulta dall’opera Sinopsis rerum ac temporum Ecclesiæ Bergomensis etc., in cui tra le parrocchie della diocesi vengono riportate alcune distinte ed insigni per antichi collegi di canonici, e fra esse appunto quella sul monte Misma» Parochiæ, quas inter multæ olim collegiis canonicorum insignes, nempe in monte Misma etc.» pag. 14.

In un rotolo antico, cioè del 1304, esistente nell’archivio parrocchiale di Cenate (favoritomi in esempio dall’attuale proposto insigne oratore sig. D. Gio. Magri) leggesi che un certo sacerdote Giacomo canonico di S. Maria di Misma fu chiamato al Sinodo Diocesano tenuto in Bergamo in detto anno dal vescovo Giovanni (certamente della famiglia Scanzia ossia da Scanzo).
[p. 49 modifica]Ed in un altro rotolo di data anteriore esistente pur esso in quell’archivio trovasi pubblicato sulla piazza di Casco l’elenco dei fondi posseduti da’ signori prebendi canonici, e dall’abbate da Terzo prevosto di S. Maria di Misma. Casco è una contrada della vasta comunità di Cenate alle radici del Misma lungo la strada, che al santuario conduce; e viene rammentata in varie antiche carte sino nel 774 (Codex Diplomaticus etc. pag. 540 del cel. nostro antiquario canonico Mario Lupi).

Trovasi fatta menzione del detto prevosto da Terzo anche in una decisione pronunciata dai due vicarj vescovili Guido da Mazzanica, ed Alberto da Premolo canonici della cattedrale di Bergamo nel 1294. Un certo Offredo da Terzo chierico di S. Maria di Misma affrontato avea con villanie in que’ contorni esso prevosto da Terzo per nome Guiscardo, e poco dopo ferito in una coscia, mentre da quella chiesa tornava alla sua casa in Terzo. Chiamato l’offensore Offredo e comparso innanzi ai sumentovati vicarj, dimostrò con lunghe prove e molte testimonianze che per tema d’essere ucciso, e con sola intenzione di difendersi, gli aveva avventato un colpo di coltello e ferito in una gamba. Per la qual confessione bene convalidata il feritore da Terzo fu dai detti vicarj liberato dal giudizio. Ne esiste il documento nell’archivio della cattedrale.

È poi verissimo ciò, che nel tomo II. pag. 74 dell’opera » Vetera Humiliatorum monumenta etc. scrive della prepositura di Misma il rinomatissimo nostro cav. Tiraboschi ....» ac veteris sane domus vestigia supersunt quam claustralium fuisse fert incolarum traditio «, cioè essere costante antichissima tradizione che quivi abbiano [p. 50 modifica]soggiornato de’ claustrali, ed apparirvi tutt’ora le vestigia dell’edificio, in cui eglino abitavano.

Su di tali vestigia attualmente vedonsi fabbricati il fenile e ’l rustico casolare, ove soggiorna un mandriano, che colà lunga pezza dell’anno si trattiene ad alimentare il suo armento col prodotto di quelle erte praterie, le quali una porzione costituiscono del pingue patrimonio della prevostura di S. Maria di Misma.

Per quale ragione poi abbia cessato in Misma quel collegio di canonici, ed in che tempo questa prepositura passata sia alla chiesa prepositurale di s. Martino di Cenate, io non lo so. Ciò debbe però essere successo prima del 1488, giacchè si trova che in tale anno Guidone de’ Cucchi era prevosto di S. Maria di Misma e rettore della chiesa di S. Martino suddetta, siccome raccogliesi da certa differenza di possesso fondiale insorta fra questo prevosto ed il sindaco della comune, la quale fu poi composta dal giureconsulto Oliverio Agosti.

Nel documento usato dal proposto Cucchi a prova della legittimità de’ suoi possessi vengono nominate due altre chiese appartenenti al collegio de’ canonici, e alla prepositura di S. Maria di Misma, una sotto il titolo d’Ogni-Santi nella contrada chiamata Plasso alla metà circa d’una delle falde meridionali del Misma per andare al santuario, ove ora non restano che scarse vestigia, e l’altra nella ridetta contrada di Casco sotto la invocazione di s. Ambrogio; la quale diroccata unitamente ad un picciolo ospizio, che quivi avevano parimente essi canonici, venne consecutivamente rifabbricata.

Nel 1591 Leon Cucchi pronipote del lodato Guidone rinunciò a favore della ora estinta compagnia di Gesù [p. 51 modifica]la prepositura, o vogliam dire Abbazia di Misma, e tutti i di lei possessi, onde facilitare in Bergamo la introduzione di questo religioso istituto, il quale però non v’ebbe mai luogo.

Comunque però fosse l’affare di questa rinuncia, Leon Cucchi, e ’l di lui successore Patrizio Personeni continuarono a godere dell’una e degli altri. E non fu che dopo la morte di quest'ultimo, che il beneficio di S. Maria di Misma venne smembrato effettivamente dalla prevostura di s. Martino di Cenate, e goduta qual semplice Abbazia dal cardinal Vidiman, da un ab. Paolucci, da un ab. Priuli e da altri sino al 1750, in cui il benemerito prevosto Anton-Maria Tiraboschi potè, con bolla pontificia, e con ducale del Principe riunirla all’antica chiesa di s. Martino di Cenate, co' privilegi, e colle distinte decorazioni, che le sono annesse.

(27) Il ch. cavalier Amoretti mio amico singolarissimo possiede un corpo selcioso rilevato, affatto simile a serpente messosi a spirale, da lui trovato nella pietra calcare, da cui lo fece staccare collo scarpello, a Tramona presso Mendrisio al sud del lago di Lugano. Nel Journal des Mines (num. 235) leggesi che poco lungi da Francfort trovaronsi molti serpenti petrificati a rilievo entro il Grauvake. Ebel pure (Part. I., pag. 374) parla di serpenti impietriti ritrovati nel canton di Glaris.

(28) Che il nostro Globo sia stato primitivamente tutto coperto dall’acque è sentenza comunissima fra i geologi moderni; e fra gli antichi Seneca, Talete, e lo stesso sacro scrittore Mosè sono quelli, nelle cui opere questa sentenza vedesi più dichiaratamente enunciata.